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ACCORDO QUADRO EUROPEO – STRESS DA LAVORO


Pubblichiamo di seguito lo schema di accordo quadro sullo stress da lavoro, risultato della negoziazione del dialogo sociale imprenditori – CES e una nota di commento di Luisa Benedettini che, per la Confederazione, ha seguito l’andamento dei negoziati.

Allegato 1

Schema di accordo quadro sullo stress da lavoro
(Proposta finale congiunta, 27 maggio 2004)

traduzione a cura di Monica Ceremigna –(fa fede il testo in inglese)


1. Introduzione

Lo stress da lavoro è stato identificato a livello europeo, nazionale ed internazionale come elemento di preoccupazione sia per gli imprenditori che per i lavoratori. Avendo individuato la necessità di una specifica azione congiunta su questo tema e anticipando una consultazione della Commissione sullo stress, le parti sociali europee hanno incluso l’argomento nel programma di lavoro 2003-2005 del dialogo sociale.

Lo stress può potenzialmente colpire qualsiasi posto di lavoro e qualunque lavoratore, indipendentemente dalla grandezza dell’impresa, dal settore di attività o dal tipo di relazione contrattuale o di lavoro. In pratica, tuttavia, non tutti i posti di lavoro e non tutti i lavoratori ne possono essere necessariamente colpiti.

Affrontare il problema dello stress da lavoro può portare ad una maggiore efficienza e ad una migliore salute e sicurezza sul lavoro, con il conseguente beneficio economico e sociale per le imprese, per i lavoratori e per l’intera società. La diversità all’interno della forza lavoro è un’importante elemento da considerare nell’affrontare i problemi legati allo stress da lavoro.

2. Obiettivo

Lo scopo del presente accordo è:

- aumentare la consapevolezza e la comprensione degli imprenditori, dei lavoratori e dei loro rappresentanti sullo stress da lavoro;

- portare la loro attenzione sui segnali che possono indicare problemi relativi allo stress da lavoro.

Obiettivo di questo accordo è fornire agli imprenditori e ai lavoratori una guida per identificare e prevenire o gestire i problemi derivanti dallo stress da lavoro. Non si vuole colpevolizzare il singolo individuo a causa dello stress.

Pur riconoscendo che le molestie psicologiche nei posti di lavoro sono potenziali elementi di stress legati al lavoro e che le parti sociali dell’UE, nel programma di lavoro 2003-2005 del dialogo sociale, esploreranno la possibilità di negoziare uno speciale accordo su tali temi, questo accordo non tratta di violenza, mobbing e stress post-traumatico.



3. Descrizione dello stress e dello stress da lavoro

Lo stress è una condizione, accompagnata da sofferenze o disfunzioni fisiche, psichiche, psicologiche o sociali, che scaturisce dalla sensazione individuale di non essere in grado di rispondere alle richieste o di non essere all’altezza delle aspettative.

L’individuo può ben adattarsi ad affrontare un’esposizione alla pressione a breve termine, cosa che può anche essere considerata positiva, ma ha una maggiore difficoltà a sostenere un’esposizione prolungata a una intensa pressione. Inoltre i singoli individui possono reagire differentemente ad una stessa situazione data oppure possono reagire diversamente a situazioni similari in momenti diversi della propria vita.

Lo stress non è una malattia, ma un’esposizione prolungata ad esso può ridurre l’efficienza nel lavoro e può causare malattie.

Lo stress derivante da motivi esterni all’ambiente di lavoro può portare a cambiamenti nel comportamento e ad una riduzione dell’efficienza nel lavoro. Tutte le manifestazioni da stress nel lavoro non possono essere ritenute correlate al lavoro stesso. Lo stress da lavoro può essere causato da fattori diversi, come ad esempio il contenuto del lavoro, la sua organizzazione, l’ambiente, la scarsa comunicazione, eccetera.


4. Identificare i problemi di stress da lavoro

Considerata la complessità del fenomeno, questo accordo non intende dare una lista esaustiva dei potenziali indicatori dello stress. Tuttavia un alto grado di assenteismo e di ricambio del personale, frequenti conflitti interpersonali o lamentele dei lavoratori sono alcuni dei segnali che possono indicare un problema di stress da lavoro.

L’identificazione dell’esistenza di un problema di stress da lavoro può richiedere l’analisi di elementi quali l’organizzazione del lavoro e dei suoi processi (accordi sul tempo di lavoro, grado di autonomia, incontro tra capacità dei lavoratori e requisiti del lavoro, carico di lavoro, eccetera), le condizioni lavorative ed ambientali (esposizione a comportamenti offensivi, rumore, calore, sostanze pericolose, eccetera), la comunicazione (incertezza sulle aspettative del lavoro, prospettive occupazionali, cambiamenti futuri, eccetera) e fattori soggettivi (pressioni emotive e sociali, sensazione di inadeguatezza, percezione di mancanza di sostegno, eccetera).

Se viene identificato un problema di stress da lavoro, bisogna agire per prevenirlo, ridurlo o eliminarlo. La responsabilità di definire misure appropriate spetta all’imprenditore. Tali misure debbono essere portate avanti con la partecipazione e la collaborazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti.

5. Responsabilità degli imprenditori e dei lavoratori

Secondo la direttiva 89/391, tutti gli imprenditori hanno l’obbligo legale di proteggere la salute e la sicurezza occupazionale dei lavoratori. Questo obbligo si applica anche ai problemi di stress da lavoro quando essi rappresentino un rischio per la salute e la sicurezza. Tutti i lavoratori hanno un obbligo generale di attenersi alle misure protettive determinate dall’imprenditore.

La gestione dei problemi di stress da lavoro può essere effettuata all’interno di un generale processo di valutazione dei rischi, attraverso una politica sullo stress separata e/o specifiche misure mirate all’identificazione di fattori di stress.


6. Prevenire, eliminare o ridurre i problemi di stress da lavoro

La prevenzione, l’eliminazione o riduzione dei problemi derivanti dallo stress da lavoro può comprendere diverse misure. Queste possono essere collettive, individuali o entrambe. Possono essere introdotte nella forma di misure specifiche mirate all’individuazione dei fattori di stress oppure come parte di una concreta politica sullo stress che preveda sia misure preventive che di risposta.

Qualora la presenza di esperti all’interno dei luoghi di lavoro dovesse risultare insufficiente, possono essere designate consulenze esterne, nel rispetto della legislazione europea e nazionale, degli accordi e delle pratiche collettive.

Una volta posti in atto, i provvedimenti antistress dovrebbero essere regolarmente rivisti, per accertarne l’efficacia, per verificare se essi utilizzino al meglio le risorse e se siano ancora appropriati o necessari.

Tali provvedimenti potrebbero includere, ad esempio:

- misure di comunicazione e gestionali, come chiarire gli obiettivi dell’impresa ed il ruolo di ciascun lavoratore, assicurando l’adeguato sostegno manageriale agli individui e ai gruppi, coniugando responsabilità e controllo sul lavoro, migliorando l’organizzazione ed i processi lavorativi, le condizioni e l’ambiente di lavoro,

- formazione dei dirigenti e dei lavoratori per aumentare la consapevolezza e la comprensione dello stress, le sue possibili cause e il modo per affrontarlo e/o adattarsi al cambiamento,

- dare informazioni e consultare i lavoratori e/o i loro rappresentanti secondo la legislazione dell’UE e nazionale, le pratiche e gli accordi collettivi.

7. Realizzazione e follow up

Nel contesto dell’articolo 139 del Trattato, questo accordo quadro volontario europeo vincola i membri di UNICE/UEAPME, CEEP e CES (ed il comitato EUROCADRES/CEC) alla sua applicazione secondo le procedure e le pratiche specifiche della gestione e del lavoro negli stati membri e nei paesi dell’area economica europea.

Le parti firmatarie inoltre invitano le proprie organizzazioni nei paesi candidati ad applicare questo accordo.

L’attuazione di questo accordo dovrà avvenire entro tre anni dalla data della sua firma.

Le organizzazioni affiliate riferiranno sull’applicazione di questo accordo al Comitato Dialogo Sociale. Durante i primi tre anni dalla data della firma dell’accordo, il Comitato Dialogo Sociale preparerà una tabella annuale che riassumerà l’implementazione in atto dell’accordo stesso. Una relazione completa sulle azioni intraprese per la sua realizzazione sarà preparata dal Comitato Dialogo Sociale durante il quarto anno.

Le parti firmatarie valuteranno e rivedranno l’accordo in qualsiasi momento dopo i primi cinque anni seguenti la firma, qualora richiesto da una di esse.

In caso di problemi sul contenuto di questo accordo, le organizzazioni affiliate interessate possono rivolgersi singolarmente o congiuntamente alle parti firmatarie, le quali singolarmente o congiuntamente replicheranno.

Nell’applicazione di questo accordo, i membri delle parti firmatarie evitano oneri inutili sulle piccole e medie imprese.

L’applicazione di questo accordo non costituisce una valida ragione per la riduzione del livello generale di protezione dei lavoratori nel settore da esso interessati.

Questo accordo non pregiudica il diritto delle parti sociali a concludere, al livello appropriato, incluso quello europeo, accordi che adeguino e/o completino l’accordo stesso in modo da tenere in considerazione le specifiche necessità delle parti sociali coinvolte.

 

Risultati del negoziato sullo stress da lavoro tra CES e UNICE/UEAPME, CEEP

Le trattative sullo stress da lavoro sono parte del programma di lavoro del dialogo sociale tra le parti sociali europee 2003-2005. Il negoziato è iniziato il 18 settembre 2003 e terminato il 27 maggio 2004, secondo il periodo di 9 mesi che il Trattato lascia alle parti sociali per le trattative (Art. 138-4).

La delegazione CES ha deciso, sebbene non all’unanimità, di raccomandare al Comitato esecutivo una valutazione positiva su questo accordo.

Bisogna notare che, come avvenuto per l’accordo quadro sul telelavoro, questo schema di accordo quadro europeo sullo stress da lavoro non risolve alcuni dei problemi incontrati dal dialogo sociale europeo allo stato attuale:

1. la base dell’accordo avviene su un minimo denominatore comune, cosa che può non essere di immediato beneficio per tutti gli affiliati, in particolare per quei paesi in cui esistono già condizioni più favorevoli sia legali che contrattuali;

2. la necessità di lanciare una riflessione interna alla CES sui risultati del dialogo sociale europeo nel caso di trattativa e/o accordi volontari tra le parti, per discuterne la natura, lo stato e gli obblighi e i diritti che ne derivano. Il problema di un’efficace applicazione dell’accordo quadro esiste, specialmente per quanto riguarda gli impegni delle organizzazioni nazionali affiliate alle parti firmatarie.

Il Comitato Esecutivo della CES, il 9 e 10 giugno 2004, ha discusso del progetto di accordo quadro sullo stress da lavoro e, dopo il dibattito, ha approvato la seguente procedura di adozione finale del progetto di accordo:

 le organizzazioni affiliate dovranno esprimere la propria opinione per iscritto entro la fine del mese di luglio 2004.

Sulla base delle risposte ricevute la segreteria della CES preparerà una proposta finale per l’adozione alle organizzazioni affiliate entro la fine di agosto 2004.


Roma, giugno 2004


Allegato 2


Commento a cura di Luisa Benedettini – responsabile del Coordinamento nazionale salute e sicurezza

Una chiave di lettura e di valutazione del progetto di accordo quadro sullo stress è, in primo luogo, quella della verifica dei contenuti dell’accordo alla luce del mandato assegnato alla CES all’inizio del negoziato. In secondo luogo, quella verifica deve tener conto anche delle posizioni espresse dall’UNICE, preliminarmente e nel corso della trattativa, sui nodi più significativi del problema stress.

Esaminiamo in estrema sintesi le posizioni in campo.

Il mandato alla CES evidenziava alcuni obiettivi prioritari,

1) ottenere una definizione e una descrizione di “stress lavorativo” capace di far emergere, contestualmente, i fattori lavorativi che lo possono generare, in particolare quelli legati all’organizzazione del lavoro, i possibili danni alla salute per i lavoratori e i costi per le stesse imprese. L’UNICE avrebbe voluto una definizione duplice: stress positivo (quello sul lavoro) e stress negativo (stato patologico del singolo lavoratore che prescinde da cause lavorative);

2) avere un campo di applicazione ampio riguardante tutte le dimensioni di impresa, i settori pubblici e privati e tutte le tipologie contrattuali, in modo da evidenziare anche l’impatto socio economico del problema e la necessità per le parti sociali di farsene carico. L’UNICE, considerando lo stress un problema di salute mentale individuale e negandone l’origine lavorativa, ha puntato a negare o circoscrivere l’estensione del fenomeno e, soprattutto, l’obbligo per le imprese di porvi rimedio se non con “buone pratiche”, peraltro facoltative, quali la messa a disposizione di tecniche di supporto psicologico individuali per reagire allo stress;

3) quale riferimento normativo fondamentale per una corretta ed efficace gestione del rischio stress lavorativo la CES ha indicato la direttiva quadro 89/391 su salute e sicurezza e altre direttive e orientamenti comunitari pertinenti. L’UNICE ha tentato i tutti i modi di evitare il riferimento esplicito alla direttiva quadro perché corollario di quel riferimento sarebbe stato l’obbligo per l’azienda di valutare il rischio stress, di individuarne le cause e di adottare misure di prevenzione secondo una gerarchia prefissata che privilegia l’informazione, la formazione, le misure collettive e, solo alla fine, le misure individuali

4) su richiesta esplicita dei sindacati nei cui paesi già esiste una normativa specifica per la prevenzione e la tutela dei lavoratori e lavoratrici rispetto allo stress e alle molestie psicologiche la CES ha puntato ad ottenere una clausola di non regresso rispetto a situazioni di maggior tutela dopo l’entrata in vigore dell’accordo quadro;

5) ottenere espliciti impegni delle parti nell’attuazione dell’accordo nei singoli stati membri

6) ottenere procedure di reinserimento lavorativo dei lavoratori colpiti da stress.

Come emerge esplicitamente dalla lettura dell’accordo - salvo il punto 6 sul reinserimento lavorativo, tema sul quale non si trova alcun riscontro nell’accordo quadro, anche a causa della forte differenziazione dei sistemi normativi e contrattuali vigenti negli stati membri – si può ben dire che gli esiti della trattativa segnano una sostanziale assolvimento del mandato per la CES e un sostanziale arretramento dell’UNICE rispetto alle posizioni iniziali.

In particolare, l’accordo, se confermato, potrebbe essere utilmente “speso“ per scalzare, nel nostro paese, la posizione assolutamente rigida assunta dalla Confindustria italiana che, nel corso di tutta la trattativa, ha cercato di condizionarne gli esiti minacciando la non applicazione dello stesso in Italia.