Avv. Emanuela Mazzola Via Tacito, 50 – 00193 Roma
ATTO STRAGIUDIZIALE DI INTIMAZIONE DIFFIDA E CONTESTUALE MESSA IN MORA
La F.P. CGIL — Federazione Lavoratori della Funzione Pubblica — Segreteria Nazionale, con sede legale in Roma Via Leopoldo Serra n. 31, C.F. 97006090589, in persona del Coordinatore Nazionale della FP CGIL Polizia Penitenziaria, Sig. Francesco Quinti, domiciliata presso l’Avv. Emanuela Mazzola con studio in Roma Via Tacito n. 50; PREMESSAI. L’odierno esponente è l’Organizzazione Sindacale della CGIL che promuove la libera associazione e l’autotutela solidale e collettiva delle lavoratrici e dei lavoratori che operano nelle pubbliche amministrazioni, nelle attività e nei servizi inerenti le funzioni pubbliche (Art. 1, comma I, dello Statuto). Organizza e tutela le lavoratrici e i lavoratori dipendenti (Art 1, comma II, dello Statuto). 2. La scrivente O.S. basa i propri programmi e le proprie azioni sui dettati della Costituzione della Repubblica e ne propugna la piena attuazione (Art. 2, comma I, dello Statuto). Si propone altresì di riaffermare il ruolo dello stato sociale come fondamento della vita democratica. Consegue il reale ed effettivo rinnovamento della Pubblica Amministrazione (Art. 1, comma III, dello Statuto). 3. Riconosce il diritto dei propri iscritti ad una piena tutela, sia in forma individuale che collettiva, dei propri diritti ed interessi economici oltre ché sociali, professionali e morali (art. 4, comma 5, dello Statuto). Oggetto di tutela, da parte dell’odierno esponente, sono sicuramente i diritti e le libertà che la Carta Costituzionale attribuisce ai lavoratori, tra i quali assumono rilevanza il fondamentale diritto al lavoro ed alla retribuzione, anche per ciò che concerne le prestazioni di lavoro straordinario. 4. Proprio con riferimento alla remunerazione delle prestazioni di lavoro straordinario, accade che l’Amministrazione intimata non riconosca il diritto a percepire la remunerazione dello straordinario al personale impiegato nell’ambito delle traduzioni e dei piantonamenti, durante i viaggi di servizio svincolati dalla custodia del detenuto. 5. In particolare, il diritto allo straordinario non è riconosciuto allorquando, come accade nei viaggi di ritorno dalle destinazioni, mancando il detenuto, il personale non effettui il servizio strettamente consistente nella scorta e controllo della persona. 6. In tale ricostruzione la P.A. ha dunque distinto tra il diritto allo straordinario, spettante per il tempo di lavoro eccedente l’orario di servizio consistente in attività di scorta del detenuto, e diritto alla percezione di una mera indennità per il c.d. servizio passivo, prestato in assenza del detenuto e dunque in mancanza di precipua attività di scorta. 7. In buona sostanza, nella ricostruzione della P.A. il personale non più addetto al servizio di scorta del detenuto non svolgerebbe effettiva attività lavorativa, per tale motivo non sussisterebbe il diritto allo straordinario, per il caso di superamento dell’orario di lavoro. 8. Risulta oltremodo contraddittorio l’agire della P.A.. Ed infatti non v’è chi non veda come il personale continui nel servizio e nella esecuzione della prestazione lavorativa. CONSIDERATO CHE
1. Il personale della scorta, anche dopo avere lasciato il detenuto, continua nell’espletamento della prestazione lavorativa la quale ha ad oggetto, se non più - e se non anche - la sorveglianza del detenuto, sicuramente la necessaria custodia dei beni dell’amministrazione. 2. In particolare poi per quanto riguarda la posizione del capo scorta, costui esercita altresì funzioni di responsabile del personale di scorta. Dal che è evidente che — anche in assenza del detenuto — è portatore di responsabilità gerarchiche inerenti il rapporto di lavoro. 3. Oltremodo contraddittorio risulta essere il comportamento della P.A. in considerazione della circostanza che è stato diversamente ritenuto lavoro straordinario, e dunque produttivo di remunerazione, l’attività delle unità cinofile. Per codeste unità, costituisce lavoro straordinario anche il tempo impiegato nel viaggio di ritorno, in considerazione della circostanza che il suddetto personale è chiamato a svolgere attività di custodia e cura del cane. 4. Il confronto con il trattamento riservato alle unità cinofile, circa il diritto alla percezione dello straordinario, configura manifestamente una ingiustificata ed illegittima disparità di trattamento. Proprio in considerazione della circostanza che non paiono sussistere differenze sostanziali nell’onere di custodia del cane, bene della Amministrazione, e l’onere di custodia degli altri beni, benché inanimati, della Amministrazione. 5. Un ulteriore elemento di riflessione è dato dalla circostanza che al personale delle scorte citato comunque venga riconosciuto il diritto a percepire l’indennità di missione. Con la conseguenza che codesto personale, ritenuto che in assenza del detenuto non esplichi attività lavorativa, non ha diritto allo straordinario, ma avrebbe diritto ad una indennità di missione che copre anche il periodo di c.d. lavoro passivo. Si tratta di una soluzione che non convince. Ove infatti si esaminino le ipotesi di indennità contrattualizzate si noterà che tali indennità sono predisposte e finalizzate a remunerare alcune specifiche e peculiari prestazioni lavorative, rientranti nel più ampio novero di prestazioni afferenti la singola qualifica professionale. Si tratta di emolumenti economici che si affiancano alla retribuzione, ordinaria e straordinaria, che presuppongono il diritto e la maturazione della retribuzione, e vengono riconosciute in considerazione di peculiari e specifiche prestazioni. Si tratta di indennità che non hanno vita propria, ma che accedono alla retribuzione e che in diversa misura e di diversa tipologia, danno pregio alle specialità lavorative esistenti all’interno del medesimo ruolo di appartenenza. 6. Da qui è evidente che non può esservi indennità in carenza di prestazione di attività lavorativa. 7. Con la conseguenza inevitabile che l’avere riconosciuto il diritto alla scorta a percepire la indennità per c.d. servizio passivo, comporta l’implicito ed inevitabile riconoscimento della prestazione lavorativa anche in assenza del detenuto. 8. Peraltro, non v’è chi non veda come la mancata qualificazione in termini di prestazione lavorativa della scorta, in assenza del detenuto, sia foriera di conseguenze aberranti. Ed infatti non è concepibile nel sistema la codificazione aggiuntiva - a mezzo di mera prassi - del c.d. servizio passivo. O l’attività espletata dal personale rientra nel servizio lavorativo o non vi rientra. Ove non vi rientri — poiché terza fattispecie non datur — allora gli operatori debbono considerarsi non più in servizio, con la conseguenza del venir meno di tutti gli obblighi che alla esecuzione del servizio la legge riconnette. 9. Circa le conseguenze aberranti, è legittimo il quesito circa la sussistenza o meno della responsabilità disciplinare del personale per il caso di deperimento dei beni dell’amministrazione, posto che secondo la P.A. ivi non vi sarebbe attività lavorativa. 10. L’illegittimo comportamento della Amministrazione ivi censurato, aggravato dalla persistenza e continuità della omissione, è fonte di conseguenze pregiudizievoli e dannose per gli operatori di polizia e, per quanto ivi di competenza, per quelli appartenenti alla scrivente O.S., i quali sono beneficiari di un ridotto reddito e subiscono oltremodo la privazione di essenziali componenti della propria produzione reddituale. 11. Non solo. L’impossibilità giuridica di coniare una figura estranea alla normativa inderogabile che disciplina ruoli e compiti degli appartenenti alla Polizia Penitenziaria, mediante la arbitraria introduzione della figura del c.d. servizio passivo, l’incertezza che ne caratterizza i confini, pone l’urgenza di rivedere la questione nel senso chiarito nella presente intimazione. Tutto quanto sopra premesso e considerato, la F.P. CGIL - Federazione Lavoratori della Funzione Pubblica - come in epigrafe domiciliata INTIMAIl Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, con sede in Roma, L.go Arenula n. 74 Nonchéil Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria presso il DAP, corrente in Roma, L.go Luigi Daga n. 2, a dare immediata e circostanziata risposta alla questione sollevata dalla odierna O.S. nonché a sollecitare con urgenza gli Uffici competenti a riconoscere il diritto a percepire la remunerazione straordinaria per il servizio espletato ed erroneamente qualificato quale servizio passivo. DIFFIDAIl Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, con sede in Roma, L.go Arenula n. 74 Nonchèil Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria presso il DAP, corrente in Roma, L.go Luigi Daga n. 2, dal perdurare nel circostanziato illegittimo comportamento in violazione della normativa vigente, della costituzione, foriero di disparità di trattamento, lesivo e pregiudizievole dei diritti degli appartenenti alla Organizzazione Sindacale scrivente. METTE IN MORAIl Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, con sede in Roma, L.go Arenula n. 74 Nonchèil Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria presso il DAP, corrente in Roma, L.go Luigi Daga n. 2, ad adempiere entro e non oltre giorni novanta dalla notifica del presente atto, con avvertimento che in difetto si farà ricorso all’Autorità Giudiziaria, per la più opportuna tutela dei diritti e degli interessi della O. S. istante e dei propri iscritti. Roma, 4 maggio 2006
p. la F.P. CGIL Nazionale Il Coordinatore Nazionale FP CGIL Polizia PenitenziariaFrancesco Quinti |