Il Ministro del
Lavoro e delle Politiche Sociali
Circolare n. 9 del 18 marzo 2004
(Gazzetta Ufficiale n. 75 del 30 marzo 2004)
Oggetto: Il
lavoro a tempo parziale
5/26052/70/SUB-P.T.
1.
Il sostegno legislativo al lavoro a tempo parziale
Il decreto
legislativo n. 276 del 10 settembre 2003 ha introdotto, con l'articolo 46
e in adempimento di quanto previsto all'articolo 3 della legge delega n.
30 del 2003, rilevanti modifiche alla disciplina del rapporto di lavoro a
tempo parziale. Disciplina contenuta, come noto, nel decreto legislativo
n. 61 del 2000, così come modificato dal decreto legislativo n. 100 del
2001.
Come illustrato
nella Relazione tecnica di accompagnamento al decreto n. 276 del 2003, le
modifiche introdotte sono volte a favorire il ricorso a questa tipologia
contrattuale, che in tutti i Paesi europei ha dimostrato di fornire
occasione di lavoro di qualità rispetto a prestazioni flessibile o
atipiche prive di tutele adeguate per i lavoratori, soprattutto per le
fasce deboli altrimenti escluse dal mercato del lavoro (donne, giovani in
cerca di prima occupazione e anziani). Tali modifiche sono attuate
principalmente mediante una nuova regolamentazione degli strumenti di
flessibilità del rapporto a tempo parziale, attraverso la valorizzazione
del ruolo della autonomia collettiva e, in mancanza di questa, della
autonomia individuale, fermo restando il rispetto di standard minimi di
tutela del lavoratore secondo quanto previsto dalla direttiva 97/81/CE.
Per facilitare la
lettura della nuova disciplina del lavoro a tempo parziale, si allega alla
presente circolare il testo consolidato del decreto legislativo n. 61 del
2000, così come modificato dal decreto legislativo n. 100 del 2001 e ora
dal decreto legislativo n. 276 del 2003.
Si ritiene,
comunque, doveroso puntualizzare come il lavoro a tempo parziale
largamente valorizzato dal legislatore comunitario, venga ancora
utilizzato in Italia in misura ridotta rispetto agli altri paesi a causa
di una regolamentazione eccessivamente rigida e formalistica che si è
inteso superare con le nuove disposizioni contenute nel decreto
legislativo 276. Pertanto, nel presupposto che la promozione del lavoro a
tempo parziale passi necessariamente attraverso una notevole
semplificazione normativa, la riforma Biagi agli incentivi normativi già
previsti, ne aggiunge di nuovi -eliminando inutili appesantimenti
burocratici e restituendo alla contrattazione collettiva e individuale
piena operatività- al fine di valorizzare pienamente tutte le
potenzialità dell'istituto e consentire allo stesso di contemperare
impegni lavorativi e responsabilità familiari oltre a rappresentare un
canale di accesso al mercato del lavoro regolare.
2.
Ambito di applicazione e modalità tipologiche
Le modifiche
introdotte dal decreto legislativo n. 276 del 2003 non si applicano ai
rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche per
espressa previsione dell'articolo 3, comma 1, della legge n. 30 del 2003,
nonché in base all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 276 del
2003. L'eventuale armonizzazione tra settore pubblico e settore privato,
ipotizzata dall'articolo 86 dello stesso decreto legislativo n. 276 del
2003, è subordinata a un confronto tra Ministero della Funzione pubblica e
organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti delle
amministrazioni pubbliche e impone un espresso intervento legislativo di
modifica del quadro previgente. Le modifiche introdotte alla disciplina
del decreto legislativo n. 61 del 2000 trovano dunque applicazione
esclusivamente per il settore privato.
In base all'articolo
46, comma 1, lettera q), del decreto legislativo n. 276 del 2003,
che ha abrogato l'articolo 7 del decreto legislativo n. 61 del 2000, la
disciplina del rapporto di lavoro a tempo parziale è ora integralmente
applicabile al settore agricolo.
Nel tentativo di
estendere il più possibile il raggio di azione del nuovo lavoro a tempo
parziale è possibile stipulare detto contratto anche con riferimento ad
ogni ipotesi di contratto a termine. Sebbene il decreto non lo affermi
espressamente, non si ravvisa, in linea di principio, neppure una
incompatibilità tra il rapporto a tempo parziale e il contratto di
apprendistato o di inserimento ove la peculiare articolazione dell'orario
non sia di ostacolo al raggiungimento delle finalità – formative ovvero di
adattamento delle competenze professionali – tipiche di questi contratti[1].
3.
Definizioni
L'articolo 1 del
decreto legislativo n. 61 del 2000, che contiene la definizione di lavoro
a tempo parziale, è stato modificato[2]alla
lettera a) del comma 2 per adeguare le disposizioni in materia
di lavoro a tempo parziale a quelle recentemente dettate in materia di
orario di lavoro con il decreto legislativo n. 66 del 2003. E' lavoro a
tempo parziale il contratto con orario inferiore a quello normale, come
definito dalle norme di legge e contratto collettivo. Più precisamente, il
lavoro a tempo pieno è ora definito, attraverso il rinvio all'articolo 3,
comma 1, del citato decreto legislativo n. 66 del 2003, come orario
normale fissato in 40 ore settimanali ovvero il minor orario previsto dai
contratti collettivi. Per quanto non esplicitamente richiamato deve
intendersi come orario normale, ai sensi del comma 2 del citato articolo 3
del decreto legislativo n. 66 del 2003, anche quello stabilito dai
contratti collettivi con riferimento alla durata media delle prestazioni
lavorative per un periodo non superiore all'anno. Per l'individuazione
dell'orario normale giornaliero, ex articolo 1, comma 2, lettera c), la
contrattazione collettiva ben potrà dettare, ai sensi dell'articolo
articolo 1, comma 3, una definizione specifica di tale orario che,
ovviamente, avrà valore ai soli fini del lavoro a tempo parziale di tipo
orizzontale.
Rimangono, invece,
invariate le altre definizioni contenute nel comma 2 del citato articolo 1
del decreto legislativo n. 61 del 2000.
I contratti
collettivi nazionali e territoriali stipulati da organizzazioni
comparativamente più rappresentative, nonché i contratti collettivi
aziendali, non più con la necessaria assistenza dei sindacati che hanno
negoziato e sottoscritto il contratto nazionale applicato, possono
stabilire le condizioni e le modalità della prestazione lavorativa nel
rapporto di lavoro a tempo parziale. Permane la facoltà per i contratti
collettivi nazionali di prevedere, per specifiche figure o livelli
professionali, modalità particolari di attuazione della disciplina rimessa
alla contrattazione collettiva [3].
Tale disposizione
consente, quindi, una regolamentazione differenziata riguardo ai contenuti
applicativi degli aspetti demandati alla contrattazione ad esempio con
riferimento al lavoro supplementare, clausole flessibili ed elastiche e
via dicendo.
4.
Forma e contenuto.
Non è stata
modificata la norma che disciplina la forma del contratto a tempo
parziale. E' pertanto richiesta la forma scritta ai soli fini della prova.
Il contratto di lavoro a tempo parziale deve indicare puntualmente la
durata della prestazione e la collocazione oraria della stessa con
riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all'anno. Tale ultima
prescrizione può essere derogata solo ove le parti introducano nel
contratto una clausola di tipo flessibile o di tipo elastico, che sono
ammissibili nei limiti previsti dalla legge (vedi infra). Come
vedremo successivamente, la mancanza di tali indicazioni non comporta,
così come stabilito già dalla disciplina previgente, la nullità del
contratto [4].
L'articolo 85, comma
2, del decreto legislativo n. 276 del 2003 ha tuttavia abrogato l'obbligo,
contenuto nell'articolo 2 del decreto legislativo n. 61 del 2000, di
inviare alla Direzione provinciale del lavoro competente per territorio
copia del contratto di lavoro a tempo parziale entro trenta giorni dalla
sua stipulazione. Si ricorda, peraltro, l'obbligo generale di comunicare
l'assunzione entro 5 giorni dalla stessa, previsto dall'articolo 9
bis, comma 2, del
decreto legge n. 510 del 1996, convertito dalla legge n. 608 del 1996.
Tale obbligo dovrà essere adempiuto contestualmente alla assunzione con
l'entrata in vigore, subordinata all'emanazione del decreto
interministeriale di cui all'articolo 4 bis, comma 7, del decreto
legislativo n. 181 del 21 aprile 2000, della nuova formulazione
dell'articolo 9 bis come modificato dall'articolo 6, comma 3 del decreto
legislativo n. 297 del 2002[5].
5.
Modalità del rapporto di lavoro a tempo parziale
Lavoro supplementare
Il lavoro
supplementare è definito, ex articolo 1, comma 2, lettera e), come
il lavoro reso oltre l'orario concordato nel contratto individuale entro
il limite del tempo pieno.
La nuova
formulazione dell'articolo 3, comma 1, prevede espressamente che nel
part-time di tipo orizzontale sia consentito il ricorso al lavoro
supplementare e che il lavoro supplementare possa essere svolto in ogni
ipotesi di contratto a tempo determinato.
Ciò non esclude che
il lavoro supplementare possa ipotizzarsi anche nel lavoro a tempo
parziale di tipo verticale o misto, tutte le volte che la prestazione
pattuita ai sensi dell'articolo 2, comma 2, sia inferiore all'orario
normale settimanale.
Nel lavoro a tempo
parziale di tipo orizzontale, la regolamentazione del lavoro supplementare
rimane affidata ai contratti collettivi stipulati dai soggetti individuati
dall'articolo 1, comma 3, del decreto legislativo n. 61 del 2000, così
come modificato dall'articolo 46, comma 1, lettera b). Rispetto alla
precedente formulazione, è stato tuttavia eliminato il riferimento al
contratto collettivo effettivamente applicato. Pertanto, può ritenersi che
il datore di lavoro che applichi un contratto che non regolamenta il
lavoro supplementare possa mutuare la regolamentazione contenuta in un
contratto diverso da quello applicato.
Alla autonomia
collettiva è conseguentemente rimessa l'individuazione del numero massimo
di ore di lavoro supplementare effettuabili, le causali nonché le
conseguenze del superamento dei limiti massimi consentiti[6].
La nuova formulazione non predetermina il periodo di riferimento entro cui
detti limiti massimi devono essere stabiliti, e non vincola le parti del
contratto collettivo ad individuare
causali di tipo oggettivo di ricorso al lavoro supplementare, di modo che
possono essere previste anche causali di tipo soggettivo.
In ipotesi di
superamento dei limiti consentiti al lavoro supplementare il termine
"conseguenze" deve essere interpretato nel senso che tali conseguenze non
devono essere di natura necessariamente economica (per esempio riposi
compensativi).
L'articolo 46, comma
1, lettera i), del decreto legislativo n. 276 del 2003 ha, inoltre,
abolito il comma 6 dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 61 del 2000;
conseguentemente è stata abrogata la disciplina legale sussidiaria che
prevedeva, in caso di superamento dei limiti consentiti e in assenza di
specifica previsione del contratto collettivo, una maggiorazione del 50
per cento sulla retribuzione oraria globale di fatto, nonché la previsione
legale che attribuiva alla contrattazione collettiva la facoltà di
regolamentare il consolidamento dell'orario di lavoro svolto in via non
meramente occasionale.
In presenza della
regolamentazione collettiva non è necessario, in base alla esplicita
previsione di legge, il consenso al lavoro supplementare da parte del
lavoratore. L'eventuale rifiuto non può in ogni caso integrare un
giustificato motivo di licenziamento.
Il venir meno del
riferimento all'illecito disciplinare, contemplato dalla normativa
previgente, deve essere interpretato nel senso che l'illegittimo rifiuto a
rendere la prestazione supplementare può acquisire rilevanza disciplinare.
In mancanza di
regolamentazione collettiva il lavoro supplementare è comunque ammesso su
base volontaria, ma è venuto meno, in forza dell'articolo 46, comma 1,
lettera e) del decreto legislativo n. 276 del 2003, il limite del
10 per cento rispetto all'orario concordato, previsto dalla originaria
formulazione dell'articolo 3, comma 2 del decreto legislativo n. 61 del
2000. In assenza di regolamentazione collettiva, e previo accordo
individuale, il lavoro supplementare è pertanto ammesso senza limiti,
fermo restando quello del tempo pieno.
A fronte del
principio di libertà della forma non è richiesto che il consenso, a
differenza che per le ipotesi di lavoro flessibile ed elastico, sia
prestato con una forma predeterminata. Pertanto, il consenso, oltre che
essere manifestato per fatti concludenti, potrà essere anche
preventivamente acquisito, ad esempio all'inizio del turno/settimana/mese.
La necessità del
consenso, per contro, comporta che il rifiuto, in questa ipotesi, non può
costituire né giustificato motivo oggettivo di licenziamento né un fatto
disciplinarmente rilevante.
La disciplina legale
non prevede una maggiorazione per il lavoro supplementare. I contratti
collettivi hanno tuttavia facoltà di introdurre una maggiorazione per il
lavoro supplementare sulla retribuzione oraria globale di fatto.
I contratti
collettivi possono stabilire che l'incidenza sugli istituti retributivi
indiretti e differiti della retribuzione per le ore supplementari, sia
applicata attraverso una maggiorazione forfetaria della retribuzione
oraria globale di fatto.
La nuova disciplina
del lavoro supplementare è immediatamente applicabile. Riguardo alle
discipline vigenti nei contratti collettivi, in considerazione della
espressa abrogazione della disciplina transitoria introdotta dall'articolo
3, comma 15, del d.lgs. n. 61 del 2000, decadono tutte le clausole dei
contratti collettivi (nazionali, territoriali o aziendali) vigenti alla
entrata in vigore del d.lgs. n. 276 del 2003 incompatibili con la nuova
disciplina di legge ovvero stipulate sul presupposto o, comunque, in
applicazione della norma legale coeva. Verranno meno, di conseguenza,
anche le clausole dei contratti individuali apposte in applicazione della
disciplina collettiva oramai caducata.
Il lavoro straordinario
Nel lavoro a tempo
parziale di tipo verticale o misto è ammesso il ricorso al lavoro
straordinario [7]. E' possibile il
ricorso al lavoro straordinario anche nella ipotesi in cui il rapporto a
tempo parziale sia stipulato a termine[8].
Il lavoro
straordinario è disciplinato dalle regole vigenti, legali e contrattuali,
per i lavoratori a tempo pieno. Sarà possibile il ricorso al lavoro
straordinario solo ove il tempo pieno settimanale sia stato raggiunto. In
caso contrario, la variazione in aumento dell'orario potrà essere gestita
mediante il ricorso a clausole elastiche ovvero mediante il ricorso al
lavoro supplementare.
Come per i
lavoratori a tempo pieno non è previsto alcun obbligo di forma per la
richiesta di effettuazione di lavoro straordinario.
Clausole flessibili
Nel contratto di
lavoro a tempo parziale deve essere inserita una puntuale regolamentazione
della collocazione oraria della prestazione con riferimento al giorno,
alla settimana al mese o all'anno
[9].
Il datore di lavoro
non può modificare unilateralmente la collocazione della prestazione
lavorativa rispetto a quella contrattualmente stabilita. Le parti del
contratto individuale hanno la facoltà di stipulare un patto, in forma
scritta, avente ad oggetto una clausola flessibile
[10]. Il patto può essere
stipulato anche quando il rapporto di lavoro a tempo parziale è
stipulato a termine [11].
Il patto può essere
stipulato contestualmente o successivamente all'assunzione
[12]. Nella stipulazione di detto
patto il lavoratore può chiedere di farsi assistere da un rappresentante
sindacale in azienda da lui indicato
[13].
La regolamentazione
del lavoro flessibile è demandata all'autonomia collettiva che individua
le condizioni e le modalità di esercizio del potere unilaterale del datore
di lavoro di variare la collocazione temporale della prestazione
[14].
La disciplina legale
prevede in favore del lavoratore un preavviso di due giorni lavorativi
[15]. Le parti, anche del
contratto individuale, possono stabilire una diversa misura del preavviso
ma non eliminarlo completamente.
In caso di lavoro
flessibile il lavoratore ha inoltre diritto a specifiche compensazioni. La
determinazione della forma e della misura di tali compensazioni è rinviata
alla autonomia collettiva tenuto conto che l'articolo 3, comma 1, lettera
b), della legge delega n. 30 del 2003 prevede che sia comunque
prevista una maggiorazione di carattere retributivo da riconoscere al
lavoratore.
La nuova
formulazione del testo di legge non ripropone il requisito del contratto
effettivamente applicato. Anche, in questa ipotesi, pertanto, può
ritenersi che il datore di lavoro che applichi un contratto che non
regolamenta il lavoro flessibile possa mutuare la regolamentazione
contenuta in un contratto diverso da quello applicato. In tal caso,
occorre tuttavia che il contratto individuale di lavoro indichi
espressamente quale sia il contratto collettivo cui si intende far
riferimento. E ciò per l'evidente esigenza di rendere edotto il lavoratore
della disciplina contrattuale cui è assoggettato.
In mancanza di una
regolamentazione per via collettiva le parti possono, comunque accordarsi
per lo svolgimento di lavoro flessibile[16]
ma devono regolamentarne condizioni e modalità, nonché stabilire le forme
e la misura della compensazione.
Il rifiuto del
prestatore di lavoro di stipulare la clausola flessibile non costituisce
in ogni caso, e cioè anche indipendentemente dal fatto che esista o meno
regolamentazione collettiva della materia, giustificato motivo di
licenziamento [17].
L'articolo 46 del
decreto legislativo n. 276/2003, modificando il testo previgente, ha
abolito la regolamentazione legale del diritto di ripensamento con cui era
possibile per il prestatore di lavoro recedere dal patto di flessibilità
[18].
Infine, si
sottolinea, che non integrano una ipotesi di clausola flessibile le
previsioni dei contratti collettivi, stipulati dai soggetti individuati
dall'art. 1, comma 3, del d.lgs. n. 61
del 2000 come
modificato dall'art. 46, comma 1 d.lgs. n. 276 del 2003, che, nel
determinare le modalità della prestazione lavorativa a tempo parziale,
prevedano che la stessa possa essere programmata con riferimento a turni
articolati su fasce orarie prestabilite di modo che ove tale indicazione
sia recepita nel contratto individuale (per relationem) deve essere
considerato soddisfatto il requisito della puntuale indicazione della
collocazione temporale della prestazione con riferimento al giorno, alla
settimana, al mese e all'anno ([19]).
Clausole elastiche
L'articolo 46 del
decreto legislativo n. 276 del 2003 ha introdotto, limitatamente al
part-time verticale e misto, la facoltà per le parti del contratto di
lavoro di stipulare una clausola elastica relativa cioè alla variazione in
aumento della prestazione lavorativa. Tale clausola si differenzia dalla
clausola flessibile perché non concerne dunque, semplicemente, la
collocazione del monte ore concordato ma attiene invece alla possibilità –
vietata dalla normativa previgente – di ampliare il numero di ore
concordato.
La clausola elastica
è regolamentata dalla medesima disciplina prevista per la clausola
flessibile ma all'autonomia collettiva è demandata, oltre che la
regolamentazione delle condizioni e modalità di esercizio del potere
datoriale di variare in aumento la prestazione lavorativa, anche
l'individuazione dei limiti entro cui è legittimo il ricorso al lavoro
elastico.
In assenza di
regolamentazione collettiva tali limiti devono essere previsti dalle parti
del contratto individuale che stipulino il patto avente ad oggetto la
clausola elastica.
La clausola elastica
determina un incremento definitivo della quantità della prestazione, a
differenza dello straordinario o del supplementare ove si verifica un
aumento temporaneo della prestazione, riferito ad ogni singola giornata
nella quale viene richiesta una prestazione aggiuntiva. Tale incremento
può ovviamente essere delimitato nel tempo e potrebbe anche essere solo
eventuale.
6.
La trasformazione del rapporto.
Datore di lavoro e
lavoratore possono accordarsi per trasformare il rapporto da tempo pieno a
tempo parziale o viceversa. Il rifiuto da parte del lavoratore di
trasformare il rapporto non integra in nessun caso un giustificato motivo
di licenziamento [20].
L'accordo con cui le
parti stabiliscono la trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo
parziale deve essere stipulato in forma scritta e deve essere convalidato
davanti alla Direzione Provinciale del Lavoro competente per territorio
non essendo più prevista la facoltà per il lavoratore di richiedere
l'assistenza di un rappresentante sindacale in azienda da lui indicato
[21]. L'atto di convalida ben può
intervenire successivamente alla stipula dell'accordo e non presuppone la
necessaria presenza del lavoratore.
Nell' ipotesi di
trasformazione a tempo pieno di un rapporto a tempo parziale, così come
nell'ipotesi di aumento o diminuzione definitivi della durata della
prestazione dedotta nel contratto, non sono previsti obblighi di forma né
di convalida in sede amministrativa.
Si ricorda,
peraltro, che l'articolo 4 bis, comma 5, del decreto legislativo n. 181
del 2000, come modificato dall'articolo 6, comma 1, del decreto
legislativo n. 297 del 2002, la cui entrata in vigore è subordinata
all'emanazione del decreto interministeriale di cui all'articolo 4 bis,
comma 7, del decreto legislativo n. 181 del 21 aprile 2000, prevede
l'obbligo di comunicare, entro cinque giorni, ai servizi competenti, la
trasformazione del rapporto da tempo parziale a tempo pieno[22].
La nuova disciplina
legale del rapporto di lavoro a tempo parziale ha abolito il diritto
legale di precedenza per la trasformazione del rapporto da tempo parziale
a tempo pieno nell'ipotesi di nuove assunzioni a tempo pieno, per mansioni
uguali o equivalenti in unità produttive site nello stesso ambito comunale
[23]. Tale diritto, però, può
essere inserito dalle parti nel contratto individuale
[24].
E' rimasta invariata
la precedente regolamentazione del diritto di precedenza nel passaggio da
tempo pieno a tempo parziale eccezion fatta per il venir meno dell'obbligo
legale, da parte del
datore di lavoro, di motivare adeguatamente l'eventuale rifiuto a fronte
di una specifica richiesta del lavoratore
[25].
7.
Computo dei lavoratori part time
Ai fini delle
disposizioni di legge e di contratto collettivo i lavoratori assunti con
contratto di lavoro a tempo parziale devono essere computati
nell'organico. aziendale in proporzione al tempo effettivo di lavoro. A
tal fine dunque occorre considerare anche l'eventuale lavoro supplementare
o quello prestato in virtù di clausole elastiche.
8.
Sanzioni
L'articolo 8, comma
1 del decreto legislativo n. 61 del 2000 è rimasto invariato coerentemente
con il permanere del requisito della forma scritta esclusivamente a fini
probatori.
In difetto di prova,
relativamente alla stipulazione del contratto di lavoro come contratto a
tempo parziale, il lavoratore potrà chiedere che il rapporto di lavoro sia
dichiarato a tempo pieno dalla data in cui la mancanza della forma scritta
sia giudizialmente accertata, fermo restando il diritto alla retribuzione
per la prestazione effettivamente resa nel periodo anteriore.
L'articolo 46, comma
1, lettera r), del decreto legislativo n. 276 del 2003 ha
modificato il secondo comma dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 61
del 2000.
La nuova
formulazione ribadisce che l'assenza di indicazioni puntuali,
relativamente alla collocazione e alla durata della prestazione lavorativa
nel contratto a tempo parziale, non comporta la nullità dello stesso.
Nell'ipotesi di
mancata o imprecisa indicazione della durata, il lavoratore potrà agire
per far dichiarare che il rapporto di lavoro è a tempo pieno dalla data
della sentenza. Rimane il diritto alla retribuzione per la prestazione
effettivamente eseguita ma il lavoratore ha diritto ad un equo
risarcimento per il periodo anteriore alla sentenza.
Nell'ipotesi in cui
manchi o sia indeterminata la definizione della collocazione oraria questa
potrà essere definita in giudizio.
Come parametro si
rinvia alle determinazioni dei contratti collettivi in materia di clausole
elastiche o flessibili, in quanto utili a determinare la collocazione
della prestazione. In
mancanza dovrà
tenersi conto delle responsabilità famigliari del lavoratore, della
necessità che questi possa avere di integrare il reddito derivante dal
rapporto a tempo parziale mediante lo svolgimento di altra attività
lavorativa nonché delle esigenze organizzative del datore di lavoro. Anche
in questa ipotesi, fermo restando il diritto alla retribuzione per la
prestazione effettivamente resa, è previsto un ulteriore emolumento, a
titolo di risarcimento del danno, da liquidarsi con valutazione equitativa,
per il periodo anteriore alla sentenza. Si preserva la facoltà per le
parti di introdurre successivamente clausole elastiche o flessibili.
Le controversie
relative alla mancanza della forma scritta, ovvero alla omessa o imprecisa
indicazione della collocazione oraria della prestazione o della sua
durata, possono essere risolte anche mediante le procedure di
conciliazione e arbitrato previste dai contratti collettivi nazionali
stipulati da organizzazioni comparativamente più rappresentative.
L'articolo 46, comma
1, lettera s) del decreto legislativo n. 276 del 2003 ha inoltre
introdotto nell'articolo 8 del decreto legislativo n. 61 del 2000 il comma
2 bis. In base a tale norma lo svolgimento del lavoro flessibile o
elastico in violazione delle previsioni legali nonché, ove esistenti, di
quelle contrattuali, attribuisce al lavoratore uno specifico diritto alla
corresponsione di un ulteriore emolumento a titolo di risarcimento del
danno.
A fronte della nuova
regolamentazione del diritto di precedenza nel passaggio da tempo parziale
a tempo pieno, non più previsto per legge, ma eventualmente solo sulla
base del contratto individuale, la sanzione prevista dall'articolo 8 comma
3, che prevede la corresponsione, in caso di violazione del diritto, di un
risarcimento pari alla differenza fra l'importo della retribuzione
percepita e quella che sarebbe stata corrisposta a seguito del passaggio
nei sei mesi successivi, integra il contratto individuale qualora le
parti, introducendo il diritto, abbiano omesso di predeterminare la
conseguenza della sua violazione.
A fronte
dell'abrogazione dell'obbligo di comunicazione alla Direzione Provinciale
del Lavoro deve ritenersi implicitamente abrogata anche la relativa
sanzione prevista dal comma 4 dell'articolo 8 del decreto legislativo n.
61 del 2000.
Per le violazioni
antecedenti al 24 ottobre 2003, trova applicazione il principio di
irretroattività delle leggi che prevedono sanzioni amministrative di cui
all'articolo 1 della legge n. 689/1981. Ne consegue che, anche nel caso di
emissione di ordinanza di ingiunzione, avente ad oggetto violazioni
anteriori all'entrata in vigore della nuova disciplina, troveranno
applicazione le sanzioni riferite alla violazione dell'obbligo di
comunicazione alla Direzione Provinciale del Lavoro.
A tal riguardo è
significativa la decisione della Suprema Corte n. 16699 del 26 novembre
2002, la quale stabilisce che "in materia di illeciti amministrativi,
l'adozione del principio di legalità, di irretroattività e di divieto di
applicazione dell'analogia, risultante dall'articolo 1 della L. n.
689/1981, comporta l'assoggettamento della condotta considerata alla legge
del tempo del suo verificarsi, con conseguente inapplicabilità della
disciplina posteriore più favorevole"; inoltre la medesima pronuncia
chiarisce che la nuova disciplina non opera "limitatamente ai rapporti
non esauriti, per essere ancora in corso i relativi procedimenti, né in
relazione alle violazioni commesse precedentemente, ma per le quali
l'ordinanza ingiunzione è stata emessa dopo l'entrata in vigore della
legge, atteso che l'ordinanza ingiunzione non è esercizio di un potere e
provvedimento amministrativo costitutivo, ma atto puramente esecutivo,
preordinato soltanto alla riscossione di un credito già per effetto della
violazione commessa".
8.
Trasformazione del rapporto in favore di lavoratori affetti da patologie
oncologiche.
Il decreto
legislativo n 276 del 2003, valorizzando il ruolo del contratto di lavoro
a tempo parziale come strumento per contemperare le esigenze di
competitività delle imprese con le istanze di tutela del lavoratore,
introduce anche una disciplina promozionale a favore dei lavoratori
affetti da patologie oncologiche.
L'articolo 46, comma
1, lettera t), del decreto ha infatti aggiunto al decreto
legislativo n. 61 del 2000 l'articolo 12 bis, tipizzando una
ipotesi speciale di trasformazione del rapporto in favore di lavoratori
affetti da patologie oncologiche, per i quali residui una ridotta capacità
lavorativa, anche a causa degli effetti invalidanti di terapie salvavita,
accertata da una commissione medica istituita presso l'azienda unità
sanitaria locale
territorialmente
competente, si prevede infatti il diritto alla trasformazione del rapporto
di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale verticale o
orizzontale.
La norma prevede,
inoltre, che, a fronte della richiesta del lavoratore, il rapporto di
lavoro a tempo parziale debba nuovamente essere trasformato in rapporto di
lavoro a tempo pieno.
Roberto Maroni
|
Decreto
legislativo 25 febbraio 2000, n. 61 "Attuazione della direttiva
97/81/CE relativa all'accordo-quadro sul lavoro a tempo parziale
concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES."
|
Testo
consolidato del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61 con le
modifiche apportate dagli articoli 46, comma 1 e 85, comma 2, del
decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.
|
Articolo 1
Definizioni. |
1. Nel rapporto di
lavoro subordinato l'assunzione può avvenire a tempo pieno o a tempo
parziale.
2. Ai fini del
presente decreto legislativo si intende:
a ) per "tempo
pieno" l'orario normale di lavoro di cui all'art. 13, comma 1, della
legge 24 giugno 1997, n. 196 e successive modificazioni, o l'eventuale
minor orario normale fissato dai contratti collettivi applicati;
b ) per "tempo
parziale" l'orario di lavoro, fissato dal contratto individuale, cui sia
tenuto un lavoratore, che risulti comunque inferiore a quello indicato
nella lettera a );
c ) per "rapporto
di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale" quello in cui la
riduzione di orario rispetto al tempo pieno è prevista in relazione
all'orario normale giornaliero di lavoro;
d ) per "rapporto
di lavoro a tempo parziale di tipo verticale" quello in relazione al
quale risulti previsto che l'attività lavorativa sia svolta a tempo
pieno, ma limitatamente a periodi predeterminati nel corso della
settimana, del mese o dell'anno;
d-bis) per
"rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo misto quello che si svolge
secondo una combinazione delle due modalità indicate nelle lettere c) e
d);
e ) per "lavoro
supplementare" quello corrispondente alle prestazioni lavorative svolte
oltre l'orario di lavoro concordato fra le parti ai sensi dell'art. 2,
comma 2, ed entro il limite del tempo pieno.
3. I contratti
collettivi nazionali stipulati dai sindacati comparativamente più
rappresentativi, i contratti collettivi territoriali stipulati dai
medesimi sindacati ed i contratti collettivi aziendali stipulati dalle
rappresentanze sindacali aziendali di cui all'articolo 19 della legge 20
maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, ovvero con le
rappresentanze sindacali unitarie, con l'assistenza dei sindacati che
hanno negoziato e sottoscritto il contratto collettivo nazionale
applicato, possono determinare condizioni e modalità della prestazione
lavorativa del rapporto di lavoro di cui al comma 2; i contratti
collettivi nazionali possono, altresì, prevedere per specifiche figure o
livelli professionali modalità particolari di attuazione delle
discipline rimesse alla contrattazione collettiva ai sensi del presente
decreto.
4. Le assunzioni a
termine, di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 230 e successive
modificazioni, possono essere effettuate anche con rapporto a tempo
parziale, ai sensi dei commi 2 e 3. |
1. Nel rapporto di
lavoro subordinato l'assunzione può avvenire a tempo pieno o a tempo
parziale.
2. Ai fini del
presente decreto legislativo si intende:
a) per "tempo
pieno" l'orario normale di lavoro di cui all'articolo 3, comma 1, del
decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, o l'eventuale minor orario
normale fissato dai contratti collettivi applicati (lettera come
sostituita dall' art. 46, comma 1, lett. a);
b ) per "tempo
parziale" l'orario di lavoro, fissato dal contratto individuale, cui sia
tenuto un lavoratore, che risulti comunque inferiore a quello indicato
nella lettera a );
c ) per "rapporto
di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale" quello in cui la
riduzione di orario rispetto al tempo pieno è prevista in relazione
all'orario normale giornaliero di lavoro;
d ) per "rapporto
di lavoro a tempo parziale di tipo verticale" quello in relazione al
quale risulti previsto che l'attività lavorativa sia svolta a tempo
pieno, ma limitatamente a periodi predeterminati nel corso della
settimana, del mese o dell'anno;
d-bis) per
"rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo misto quello che si svolge
secondo una combinazione delle due modalità indicate nelle lettere c) e
d);
e ) per "lavoro
supplementare" quello corrispondente alle prestazioni lavorative svolte
oltre l'orario di lavoro concordato fra le parti ai sensi dell'art. 2,
comma 2, ed entro il limite del tempo pieno.
3. I contratti
collettivi nazionali o territoriali stipulati da associazioni dei datori
e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle
rappresentanze sindacali aziendali di cui all'articolo 19 della legge 20
maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, ovvero dalle
rappresentanze sindacali unitarie possono determinare condizioni e
modalità della prestazione lavorativa del rapporto di lavoro di cui al
comma 2. I contratti collettivi nazionali possono, altresì, prevedere
per specifiche figure o livelli professionali modalità particolari di
attuazione delle discipline rimesse alla contrattazione collettiva ai
sensi del presente decreto (comma come sostituito dall' art. 46,
comma 1, lett. b).
4. Le
assunzioni a termine, di cui al decreto legislativo 9 ottobre 2001, n.
368, e successive modificazioni, di cui all'articolo 8 della legge 23
luglio 1991, n. 223, e di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 26
marzo 2001, n. 151, possono essere effettuate anche con rapporto a tempo
parziale, ai sensi dei commi 2 e 3 (comma come sostituito dall'art.
46, comma 1, lett. c). |
Articolo 2
Forma e
contenuti del contratto di lavoro a tempo parziale. |
1. Il contratto di
lavoro a tempo parziale è stipulato in forma scritta ai fini e per gli
effetti di cui all'art. 8, comma 1. Il datore di lavoro è tenuto a dare
comunicazione dell'assunzione a tempo parziale alla Direzione
provinciale del lavoro competente per territorio mediante invio di copia
del contratto entro trenta giorni dalla stipulazione dello stesso. Fatte
salve eventuali più favorevoli previsioni dei contratti collettivi di
cui all'art. 1, comma 3, il datore di lavoro è altresì tenuto ad
informare le rappresentanze sindacali aziendali, ove esistenti, con
cadenza annuale, sull'andamento delle assunzioni a tempo parziale, la
relativa tipologia ed il ricorso al lavoro supplementare.
2. Nel contratto
di lavoro a tempo parziale è contenuta puntuale indicazione della durata
della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell'orario
con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all'anno. Clausole
difformi sono ammissibili solo nei termini di cui all'art. 3, comma 7. |
1. Il contratto di
lavoro a tempo parziale è stipulato in forma scritta ai fini e per gli
effetti di cui all'art. 8, comma 1. Il datore di lavoro è tenuto a dare
comunicazione dell'assunzione a tempo parziale alla Direzione
provinciale del lavoro competente per territorio mediante invio di copia
del contratto entro trenta giorni dalla stipulazione dello stesso.
(parole abrogate dall'art. 85, comma 2). Fatte salve
eventuali più favorevoli previsioni dei contratti collettivi di cui
all'art. 1, comma 3, il datore di lavoro è altresì tenuto ad informare
le rappresentanze sindacali aziendali, ove esistenti, con cadenza
annuale, sull'andamento delle assunzioni a tempo parziale, la relativa
tipologia ed il ricorso al lavoro supplementare.
2. Nel contratto
di lavoro a tempo parziale è contenuta puntuale indicazione della durata
della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell'orario
con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all'anno. Clausole
difformi sono ammissibili solo nei termini di cui all'art. 3, comma 7. |
Articolo 3
Modalità del
rapporto di lavoro a tempo parziale. Lavoro supplementare, lavoro
straordinario clausole elastiche. |
1. Il datore di
lavoro ha facoltà di richiedere lo svolgimento di prestazioni
supplementari rispetto a quelle concordate con il lavoratore ai sensi
dell'art. 2, comma 2, nel rispetto di quanto previsto dai commi 2, 3, 4
e 6.
2. Il contratto
collettivo, stipulato dai soggetti indicati nell'art. 1, comma 3, che il
datore di lavoro effettivamente applichi, stabilisce:
a ) il numero
massimo di ore di lavoro supplementare effettuabili in ragione d'anno;
b ) il numero
massimo di ore di lavoro supplementare effettuabili nella singola
giornata lavorativa;
c ) le causali
obiettive in relazione alle quali si consente di richiedere ad un
lavoratore a tempo parziale lo svolgimento di lavoro supplementare.
In attesa delle
discipline contrattuali di cui al presente comma e fermo restando quanto
previsto dal comma 15, il ricorso al lavoro supplementare è ammesso
nella misura massima del 10 per cento della durata dell'orario di lavoro
a tempo parziale riferita a periodi non superiori ad un mese e da
utilizzare nell'arco di più di una settimana.
3. L'effettuazione
di prestazioni di lavoro supplementare richiede in ogni caso il consenso
del lavoratore interessato. L'eventuale rifiuto dello stesso non
costituisce infrazione disciplinare, nè integra gli estremi del
giustificato motivo di licenziamento.
4. I contratti
collettivi di cui al comma 2 possono prevedere una percentuale di
maggiorazione sull'importo della retribuzione oraria globale di fatto,
dovuta in relazione al lavoro supplementare. In alternativa a quanto
previsto in proposito dall'articolo 4, comma 2, lettera a), i contratti
collettivi di cui al comma 2 possono anche stabilire che l'incidenza
della retribuzione delle ore supplementari sugli istituti retributivi
indiretti e differiti sia determinata convenzionalmente mediante
l'applicazione di una maggiorazione forfettaria sulla retribuzione
dovuta per la singola ora di lavoro supplementare. In attesa delle
discipline contrattuali di cui al comma 2, le ore di lavoro
supplementare nella misura massima del 10 per cento previste dall'ultimo
periodo del medesimo comma 2, sono retribuite come ore ordinarie.
5. Nel rapporto di
lavoro a tempo parziale di tipo verticale è consentito lo svolgimento di
prestazioni lavorative straordinarie in relazione alle giornate di
attività lavorativa. A tali prestazioni si applica la disciplina legale
e contrattuale vigente, ed eventuali successive modifiche ed
integrazioni, in materia di lavoro straordinario nei rapporti a tempo
pieno. Salva diversa previsione dei contratti collettivi di cui all'art.
1, comma 3, i limiti trimestrale ed annuale stabiliti dalla legge 27
novembre 1998, n. 409, si intendono riproporzionati in relazione alla
durata della prestazione lavorativa a tempo parziale.
6. Le ore di
lavoro supplementare di fatto svolte in misura eccedente quella
consentita ai sensi del comma 2 comportano l'applicazione di una
maggiorazione sull'importo della retribuzione oraria globale di fatto
per esse dovuta la cui misura viene stabilita dai contratti collettivi
di cui all'articolo 1, comma 3. In assenza di previsione del contratto
collettivo, si applica la maggiorazione del 50 per cento. I medesimi
contratti collettivi possono altresì stabilire criteri e modalità per
assicurare al lavoratore a tempo parziale, su richiesta del medesimo, il
consolidamento nel proprio orario di lavoro, in tutto od in parte, del
lavoro supplementare svolto in via non meramente occasionale.
7. Ferma restando
l'indicazione nel contratto di lavoro della distribuzione dell'orario
con riferimento al giorno, alla settimana, al mese ed all'anno, i
contratti collettivi, di cui all'art. 1, comma 3, applicati dal datore
di lavoro interessato, hanno la facoltà di prevedere clausole elastiche
in ordine alla sola collocazione temporale della prestazione lavorativa,
determinando le condizioni e le modalità a fronte delle quali il datore
di lavoro può variare detta collocazione, rispetto a quella inizialmente
concordata col lavoratore ai sensi dell'art. 2, comma 2.
8. L'esercizio da
parte del datore di lavoro del potere di variare la collocazione
temporale della prestazione lavorativa a tempo parziale comporta in
favore del lavoratore un preavviso di almeno dieci giorni. I contratti
collettivi di cui all'articolo 1, comma 3, possono prevedere una durata
del preavviso inferiore a dieci giorni ma, comunque, non inferiore a 48
ore; in questo caso gli stessi contratti collettivi possono prevedere
maggiorazioni retributive stabilendone forme, criteri e modalità. Lo
svolgimento del rapporto di lavoro a tempo parziale ai sensi del comma
7, comporta altresì in favore del lavoratore il diritto ad una
maggiorazione della retribuzione oraria globale di fatto, nella misura
fissata dai contratti collettivi di cui al medesimo comma 7.
9. La
disponibilità allo svolgimento del rapporto di lavoro a tempo parziale
ai sensi del comma 7 richiede il consenso del lavoratore formalizzato
attraverso uno specifico patto scritto, anche contestuale al contratto
di lavoro. Nel patto è fatta espressa menzione della data di
stipulazione, della possibilità di denuncia di cui al comma 10, delle
modalità di esercizio della stessa, nonchè di quanto previsto dal comma
11.
10. Durante il
corso di svolgimento del rapporto di lavoro a tempo parziale il
lavoratore potrà denunciare il patto di cui al comma 9, accompagnando
alla denuncia l'indicazione di una delle seguenti documentate ragioni:
a) esigenze di carattere familiare; b) esigenze di tutela della salute
certificate dal competente Servizio sanitario pubblico; c) necessità di
attendere ad altra attività lavorativa subordinata o autonoma. La
denuncia, in forma scritta, relativamente alle causali di cui alle
lettere a) e b) potrà essere effettuata quando siano decorsi almeno
cinque mesi dalla data di stipulazione del patto e dovrà essere altresì
accompagnata da un preavviso di un mese in favore del datore di lavoro.
In ordine alla lettera c) i contratti collettivi di cui al comma 7
possono stabilire un periodo superiore ai cinque mesi, prevedendo la
corresponsione di una indennità. I medesimi contratti collettivi
determinano i criteri e le modalità per l'esercizio della possibilità di
denuncia anche nel caso di esigenze di studio o di formazione e possono,
altresì, individuare ulteriori ragioni obiettive in forza delle quali
possa essere denunciato il patto di cui al comma 9. Il datore di lavoro
ha facoltà di rinunciare al preavviso.
11. Il rifiuto da
parte del lavoratore di stipulare il patto di cui al comma 9 e
l'esercizio da parte dello stesso del diritto di ripensamento di cui al
comma 10 non possono integrare in nessun caso gli estremi del
giustificato motivo di licenziamento.
12. A seguito
della denuncia di cui al comma 10 viene meno la facoltà del datore di
lavoro di variare la collocazione temporale della prestazione lavorativa
inizialmente concordata ai sensi dell'art. 2, comma 2. Successivamente
alla denuncia, nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro è
fatta salva la possibilità di stipulare un nuovo patto scritto in
materia di collocazione temporale elastica della prestazione lavorativa
a tempo parziale, osservandosi le disposizioni del presente articolo.
13.
L'effettuazione di prestazioni lavorative supplementari o straordinarie,
come pure lo svolgimento del rapporto secondo le modalità di cui al
comma 7, sono ammessi esclusivamente quando il contratto di lavoro a
tempo parziale, sia stipulato a tempo indeterminato e, nel caso di
assunzioni a termine, limitatamente a quelle previste dall'art. 1, comma
2, lettera b ), della legge 18 aprile 1962, n. 230. I contratti
collettivi di cui all'art. 1, comma 3, applicati dal datore di lavoro
interessato, possono prevedere la facoltà di richiedere lo svolgimento
di prestazioni lavorative supplementari o straordinarie anche in
relazione ad altre ipotesi di assunzione con contratto a termine
consentite dalla legislazione vigente.
14. I centri per
l'impiego e i soggetti autorizzati all'attività di mediazione fra
domanda ed offerta di lavoro, di cui rispettivamente agli articoli 4 e
10 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, sono tenuti a dare,
ai lavoratori interessati ad offerte di lavoro a tempo parziale,
puntuale informazione della disciplina prevista dai commi 3, 7, 8, 9,
10, 11, 12 e 13, preventivamente alla stipulazione del contratto di
lavoro. Per i soggetti di cui all'art. 10 del decreto legislativo 23
dicembre 1997, n. 469, la mancata fornitura di detta informazione
costituisce comportamento valutabile ai fini dell'applicazione della
norma di cui al comma 12, lettera b ), del medesimo art. 10.
15. Ferma restando
l'applicabilità immediata della disposizione di cui al comma 3, le
clausole dei contratti collettivi in materia di lavoro supplementare nei
rapporti di lavoro a tempo parziale, vigenti alla data di entrata in
vigore del presente decreto legislativo, continuano a produrre effetti,
salvo diverse intese, sino alla scadenza prevista e comunque non oltre
il 30 settembre 2003. |
1. Nelle
ipotesi di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale, anche a tempo
determinato ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo 9 ottobre
2001, n. 368, il datore di lavoro ha facoltà di richiedere lo
svolgimento di prestazioni supplementari rispetto a quelle concordate
con il lavoratore ai sensi dell'articolo 2, comma 2, nel rispetto di
quanto previsto dai commi 2, 3 e 4 (comma come sostituito dall' art.
46, comma 1, lett. d).
2. I contratti
collettivi stipulati dai soggetti indicati nell'articolo 1, comma 3,
stabiliscono il numero massimo delle ore di lavoro supplementare
effettuabili e le relative causali in relazione alle quali si consente
di richiedere ad un lavoratore a tempo parziale lo svolgimento di lavoro
supplementare, nonché le conseguenze del superamento delle ore di lavoro
supplementare consentite dai contratti collettivi stessi (comma come
sostituito dall'art. 46, comma 1, lett. e).
3.
L'effettuazione di prestazioni di lavoro supplementare richiede il
consenso del lavoratore interessato ove non prevista e regolamentata dal
contratto collettivo. Il rifiuto da parte del lavoratore non può
integrare in nessun caso gli estremi del giustificato motivo di
licenziamento ( comma come sostituito dall'art. 46, comma 1, lett.
f).
4. I contratti
collettivi di cui al comma 2 possono prevedere una percentuale di
maggiorazione sull'importo della retribuzione oraria globale di fatto,
dovuta in relazione al lavoro supplementare. In alternativa a quanto
previsto in proposito dall'articolo 4, comma 2, lettera a), i contratti
collettivi di cui al comma 2 possono anche stabilire che l'incidenza
della retribuzione delle ore supplementari sugli istituti retributivi
indiretti e differiti sia determinata convenzionalmente mediante
l'applicazione di una maggiorazione forfettaria sulla retribuzione
dovuta per la singola ora di lavoro supplementare. In attesa delle
discipline contrattuali di cui al comma 2, le ore di lavoro
supplementare nella misura massima del 10 per cento previste dall'ultimo
periodo del medesimo comma 2, sono retribuite come ore ordinarie.
(periodo soppresso dall'art. 46, comma 1, lett. g).
5. Nel rapporto
di lavoro a tempo parziale verticale o misto, anche a tempo determinato,
e' consentito lo svolgimento di prestazioni lavorative straordinarie. A
tali prestazioni si applica la disciplina legale e contrattuale vigente
ed eventuali successive modifiche ed integrazioni in materia di lavoro
straordinario nei rapporti a tempo pieno (come sostituito dall'art.
46, comma 1, lett. h).
6. Comma
soppresso dall'art. 46, comma 1, lett. i.
7. Fermo
restando quanto disposto dall'articolo 2, comma 2, le parti del
contratto di lavoro a tempo parziale possono, nel rispetto di quanto
previsto dal presente comma e dai commi 8 e 9, concordare clausole
flessibili relative alla variazione della collocazione temporale della
prestazione stessa. Nei rapporti di lavoro a tempo parziale di tipo
verticale o misto possono essere stabilite anche clausole elastiche
relative alla variazione in aumento della durata della prestazione
lavorativa. I contratti collettivi, stipulati dai soggetti indicati
nell'articolo 1, comma 3, stabiliscono:
1) condizioni e
modalità in relazione alle quali il datore di lavoro può modificare la
collocazione temporale della prestazione lavorativa;
2) condizioni e
modalità in relazioni alle quali il datore di lavoro può variare in
aumento la durata della prestazione lavorativa;
3) i limiti
massimi di variabilità in aumento della durata della prestazione
lavorativa (comma come sostituito dall' art. 46, comma 1, lett. j).
8. L'esercizio
da parte del datore di lavoro del potere di variare in aumento la durata
della prestazione lavorativa, nonché di modificare la collocazione
temporale della stessa comporta in favore del prestatore di lavoro un
preavviso, fatte salve le intese tra le parti, di almeno due giorni
lavorativi, nonché il diritto a specifiche compensazioni, nella misura
ovvero nelle forme fissate dai contratti collettivi di cui all'articolo
1, comma 3 (comma come sostituito dall'art. 46, comma 1, lett. k).
9. La
disponibilità allo svolgimento del rapporto di lavoro a tempo parziale
ai sensi del comma 7 richiede il consenso del lavoratore formalizzato
attraverso uno specifico patto scritto, anche contestuale al contratto
di lavoro, reso, su richiesta del lavoratore, con l'assistenza di un
componente della rappresentanza sindacale aziendale indicato dal
lavoratore medesimo. L'eventuale rifiuto del lavoratore non integra gli
estremi del giustificato motivo di licenziamento (comma come
sostituito dall'art. 46, comma 1, lett. l).
10.
L'inserzione nel contratto di lavoro a tempo parziale di clausole
flessibili o elastiche ai sensi del comma 7 e' possibile anche nelle
ipotesi di contratto di lavoro a termine (comma come sostituto
dall'art. 46, comma 1, lett. m).
11. Comma
soppresso dall'art. 46, comma 1, lett. n.
12. Comma
soppresso dall'art. 46, comma 1, lett. n..
13. Comma
soppresso dall'art. 46, comma 1, lett. n.
14. I centri per
l'impiego e i soggetti autorizzati all'attività di mediazione fra
domanda ed offerta di lavoro, di cui rispettivamente agli articoli 4 e
10 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, sono tenuti a dare,
ai lavoratori interessati ad offerte di lavoro a tempo parziale,
puntuale informazione della disciplina prevista dai commi 3, 7, 8, 9,
10, 11, 12 e 13, preventivamente alla stipulazione del contratto di
lavoro. Per i soggetti di cui all'art. 10 del decreto legislativo 23
dicembre 1997, n. 469, la mancata fornitura di detta informazione
costituisce comportamento valutabile ai fini dell'applicazione della
norma di cui al comma 12, lettera b ), del medesimo art. 10.
15. Comma
soppresso dall'art. 46, comma 1, lett. n. |
Articolo 4
Principio di non discriminazione. |
1. Fermi restando
i divieti di discriminazione diretta ed indiretta previsti dalla
legislazione vigente, il lavoratore a tempo parziale non deve ricevere
un trattamento meno favorevole rispetto al lavoratore a tempo pieno
comparabile, intendendosi per tale quello inquadrato nello stesso
livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dai contratti
collettivi di cui all'art. 1, comma 3, per il solo motivo di lavorare a
tempo parziale.
2. L'applicazione
del principio di non discriminazione comporta che:
a) il lavoratore a
tempo parziale benefici dei medesimi diritti di un lavoratore a tempo
pieno comparabile in particolare per quanto riguarda l'importo della
retribuzione oraria; la durata del periodo di prova e delle ferie
annuali; la durata del periodo di astensione obbligatoria e facoltativa
per maternità; la durata del periodo di conservazione del posto di
lavoro a fronte di malattia; infortuni sul lavoro, malattie
professionali; l'applicazione delle norme di tutela della salute e
sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro; l'accesso ad iniziative
di formazione professionale organizzate dal datore di lavoro; l'accesso
ai servizi sociali aziendali; i criteri di calcolo delle competenze
indirette e differite previsti dai contratti collettivi di lavoro; i
diritti sindacali, ivi compresi quelli di cui al titolo III della legge
20 maggio 1970, n. 300 e successive modificazioni. I contratti
collettivi di cui all'art. 1, comma 3, possono provvedere a modulare la
durata del periodo di prova e quella del periodo di conservazione del
posto di lavoro in caso di malattia qualora l'assunzione avvenga con
contratto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale;
b) il trattamento
del lavoratore a tempo parziale sia riproporzionato in ragione della
ridotta entità della prestazione lavorativa in particolare per quanto
riguarda l'importo della retribuzione globale e delle singole componenti
di essa; l'importo della retribuzione feriale; l'importo dei trattamenti
economici per malattia, infortunio sul lavoro, malattia professionale e
maternità. Resta ferma la facoltà per il contratto individuale di lavoro
e per i contratti collettivi, di cui all'art. 1, comma 3, di prevedere
che la corresponsione ai lavoratori a tempo parziale di emolumenti
retributivi, in particolare a carattere variabile, sia effettuata in
misura più che proporzionale. |
1. Fermi restando
i divieti di discriminazione diretta ed indiretta previsti dalla
legislazione vigente, il lavoratore a tempo parziale non deve ricevere
un trattamento meno favorevole rispetto al lavoratore a tempo pieno
comparabile, intendendosi per tale quello inquadrato nello stesso
livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dai contratti
collettivi di cui all'art. 1, comma 3, per il solo motivo di lavorare a
tempo parziale.
2. L'applicazione
del principio di non discriminazione comporta che:
a) il lavoratore a
tempo parziale benefici dei medesimi diritti di un lavoratore a tempo
pieno comparabile in particolare per quanto riguarda l'importo della
retribuzione oraria; la durata del periodo di prova e delle ferie
annuali; la durata del periodo di astensione obbligatoria e facoltativa
per maternità; la durata del periodo di conservazione del posto di
lavoro a fronte di malattia; infortuni sul lavoro, malattie
professionali; l'applicazione delle norme di tutela della salute e
sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro; l'accesso ad iniziative
di formazione professionale organizzate dal datore di lavoro; l'accesso
ai servizi sociali aziendali; i criteri di calcolo delle competenze
indirette e differite previsti dai contratti collettivi di lavoro; i
diritti sindacali, ivi compresi quelli di cui al titolo III della legge
20 maggio 1970, n. 300 e successive modificazioni. I contratti
collettivi di cui all'art. 1, comma 3, possono provvedere a modulare la
durata del periodo di prova e quella del periodo di conservazione del
posto di lavoro in caso di malattia qualora l'assunzione avvenga con
contratto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale;
b) il trattamento
del lavoratore a tempo parziale sia riproporzionato in ragione della
ridotta entità della prestazione lavorativa in particolare per quanto
riguarda l'importo della retribuzione globale e delle singole componenti
di essa; l'importo della retribuzione feriale; l'importo dei trattamenti
economici per malattia, infortunio sul lavoro, malattia professionale e
maternità. Resta ferma la facoltà per il contratto individuale di lavoro
e per i contratti collettivi, di cui all'art. 1, comma 3, di prevedere
che la corresponsione ai lavoratori a tempo parziale di emolumenti
retributivi, in particolare a carattere variabile, sia effettuata in
misura più che proporzionale. |
Articolo 5
Tutela ed
incentivazione del lavoro a tempo parziale. |
1. Il rifiuto di
un lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno
in rapporto a tempo parziale, o il proprio rapporto di lavoro a tempo
parziale in rapporto a tempo pieno, non costituisce giustificato motivo
di licenziamento. Su accordo delle parti risultante da atto scritto,
redatto su richiesta del lavoratore con l'assistenza di un componente
della rappresentanza sindacale aziendale indicato dal lavoratore
medesimo o, in mancanza di rappresentanza sindacale aziendale nell'unità
produttiva, convalidato dalla direzione provinciale del lavoro
competente per territorio, è ammessa la trasformazione del rapporto di
lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale. Al rapporto di lavoro
a tempo parziale risultante dalla trasformazione si applica la
disciplina di cui al presente decreto legislativo.
2. In caso di
assunzione di personale a tempo pieno il datore di lavoro è tenuto a
riconoscere un diritto di precedenza in favore dei lavoratori assunti a
tempo parziale in attività presso unità produttive site entro 50 km
dall'unità produttiva interessata dalla programmata assunzione, adibiti
alle stesse mansioni od a mansioni equivalenti rispetto a quelle con
riguardo alle quali è prevista l'assunzione, dando priorità a coloro
che, già dipendenti, avevano trasformato il rapporto di lavoro da tempo
pieno a tempo parziale. A parità di condizioni, il diritto di precedenza
nell'assunzione a tempo pieno potrà essere fatto valere prioritariamente
dal lavoratore con maggiori carichi familiari; secondariamente si terrà
conto della maggiore anzianità di servizio, da calcolarsi comunque senza
riproporzionamento in ragione della pregressa ridotta durata della
prestazione lavorativa.
3. In caso di
assunzione di personale a tempo parziale il datore di lavoro è tenuto a
darne tempestiva informazione al personale già dipendente con rapporto a
tempo pieno occupato in unità produttive site nello stesso ambito
comunale, anche mediante comunicazione scritta in luogo accessibile a
tutti nei locali dell'impresa, ed a prendere in considerazione le
eventuali domande di trasformazione a tempo parziale del rapporto dei
dipendenti a tempo pieno. Su richiesta del lavoratore interessato, il
rifiuto del datore di lavoro dovrà essere adeguatamente motivato. I
contratti collettivi di cui all'art. 1, comma 3, possono provvedere ad
individuare criteri applicativi con riguardo alla disposizione di cui al
primo periodo del presente comma.
4. I benefici
contributivi previsti dall'art. 7, comma 1, lettera a ), del
decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con modificazioni,
dalla legge 19 luglio 1994, n. 451, possono essere riconosciuti con il
decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale previsto dal
citato articolo, da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata
in vigore del presente decreto, anche in misura differenziata in
relazione alla durata dell'orario previsto dal contratto di lavoro a
tempo parziale, in favore dei datori di lavoro privati imprenditori e
non imprenditori e degli enti pubblici economici che provvedano ad
effettuare, entro il termine previsto dal decreto medesimo, assunzioni
con contratto a tempo indeterminato e parziale ad incremento degli
organici esistenti calcolati con riferimento alla media degli occupati
nei dodici mesi precedenti la stipula dei predetti contratti. |
1. Il rifiuto
di un lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo
pieno in rapporto a tempo parziale, o il proprio rapporto di lavoro a
tempo parziale in rapporto a tempo pieno, non costituisce giustificato
motivo di licenziamento. Su accordo delle parti risultante da atto
scritto, convalidato dalla direzione provinciale del lavoro competente
per territorio, e' ammessa la trasformazione del rapporto di lavoro a
tempo pieno in rapporto a tempo parziale. Al rapporto di lavoro a tempo
parziale risultante dalla trasformazione si applica la disciplina di cui
al presente decreto legislativo.
2. Il contratto
individuale può prevedere, in caso di assunzione di personale a tempo
pieno, un diritto di precedenza in favore dei lavoratori assunti a tempo
parziale in attività presso unità produttive site nello stesso ambito
comunale, adibiti alle stesse mansioni od a mansioni equivalenti
rispetto a quelle con riguardo alle quali e' prevista l'assunzione.
3. In caso di
assunzione di personale a tempo parziale il datore di lavoro e' tenuto a
darne tempestiva informazione al personale già dipendente con rapporto a
tempo pieno occupato in unità produttive site nello stesso ambito
comunale, anche mediante comunicazione scritta in luogo accessibile a
tutti nei locali dell'impresa, ed a prendere in considerazione le
eventuali domande di trasformazione a tempo parziale del rapporto dei
dipendenti a tempo pieno. I contratti collettivi di cui all'articolo 1,
comma 3, possono provvedere ad individuare criteri applicativi con
riguardo a tale disposizione.
4. Gli
incentivi economici all'utilizzo del lavoro a tempo parziale, anche a
tempo determinato, saranno definiti, compatibilmente con la disciplina
comunitaria in materia di aiuti di Stato, nell'ambito della riforma del
sistema degli incentivi all'occupazione.
( Articolo
come sostituito dall'art. 46, comma 1, lett. o) |
Articolo 6
Criteri di
computo dei lavoratori a tempo parziale. |
1. In tutte le
ipotesi in cui, per disposizione di legge o di contratto collettivo, si
renda necessario l'accertamento della consistenza dell'organico, i
lavoratori a tempo parziale sono computati nel complesso del numero dei
lavoratori dipendenti in proporzione all'orario svolto, rapportato al
tempo pieno così come definito ai sensi dell'articolo 1; ai fini di cui
sopra l'arrotondamento opera per le frazioni di orario eccedenti la
somma degli orari individuati a tempo parziale corrispondente a unità
intere di orario a tempo pieno.
2. Ai soli fini
dell'applicabilità della disciplina di cui al titolo III della legge 20
maggio 1970, n. 300 e successive modificazioni, i lavoratori a tempo
parziale si computano come unità intere, quale che sia la durata della
loro prestazione lavorativa. |
1. In tutte le
ipotesi in cui, per disposizione di legge o di contratto collettivo, si
renda necessario l'accertamento della consistenza dell'organico, i
lavoratori a tempo parziale sono computati nel complesso del numero dei
lavoratori dipendenti in proporzione all'orario svolto, rapportato al
tempo pieno così come definito ai sensi dell'articolo 1; ai fini di cui
sopra l'arrotondamento opera per le frazioni di orario eccedenti la
somma degli orari individuati a tempo parziale corrispondente a unità
intere di orario a tempo pieno.
2. Comma
soppresso dall'art. 46, comma 1, lett. p.
|
Articolo 7
Applicabilità nel settore agricolo. |
1. Le modalità di
applicazione delle disposizioni di cui al presente decreto legislativo
ai rapporti di lavoro del settore agricolo, anche con riguardo alla
possibilità di effettuare lavoro supplementare o di consentire la
stipulazione di una clausola elastica di collocazione della prestazione
lavorativa nei rapporti a tempo determinato parziale, sono determinate
dai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati
comparativamente più rappresentativi. |
Articolo
soppresso dall' art. 46, comma 1, lett. q. |
Articolo 8
Sanzioni. |
1. Nel contratto
di lavoro a tempo parziale la forma scritta è richiesta a fini di prova.
Qualora la scrittura risulti mancante, è ammessa la prova per testimoni
nei limiti di cui all'art. 2725 del codice civile. In difetto di prova
in ordine alla stipulazione a tempo parziale del contratto di lavoro, su
richiesta del lavoratore potrà essere dichiarata la sussistenza fra le
parti di un rapporto di lavoro a tempo pieno a partire dalla data in cui
la mancanza della scrittura sia giudizialmente accertata. Resta fermo il
diritto alle retribuzioni dovute per le prestazioni effettivamente rese
antecedentemente alla data suddetta.
2. L'eventuale
mancanza o indeterminatezza nel contratto scritto delle indicazioni di
cui all'art. 2, comma 2, non comporta la nullità del contratto di lavoro
a tempo parziale. Qualora l'omissione riguardi la durata della
prestazione lavorativa, su richiesta del lavoratore può essere
dichiarata la sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro a tempo
pieno a partire dalla data del relativo accertamento giudiziale. Qualora
invece l'omissione riguardi la sola collocazione temporale dell'orario,
il giudice provvede a determinare le modalità temporali di svolgimento
della prestazione lavorativa a tempo parziale con riferimento alle
previsioni dei contratti collettivi di cui all'art. 1, comma 3, o, in
mancanza, con valutazione equitativa, tenendo conto in particolare delle
responsabilità familiari del lavoratore interessato, della sua necessità
di integrazione del reddito derivante dal rapporto a tempo parziale
mediante lo svolgimento di altra attività lavorativa, nonché delle
esigenze del datore di lavoro. Per il periodo antecedente la data della
pronuncia della sentenza, il lavoratore ha in entrambi i casi diritto,
in aggiunta alla retribuzione dovuta, alla corresponsione di un
ulteriore emolumento a titolo di risarcimento del danno, da liquidarsi
con valutazione equitativa. Nel corso del successivo svolgimento del
rapporto, è fatta salva la possibilità di concordare per iscritto una
clausola elastica in ordine alla sola collocazione temporale della
prestazione lavorativa a tempo parziale, osservandosi le disposizioni di
cui all'art. 3. In luogo del ricorso all'autorità giudiziaria, le
controversie di cui al presente comma ed al comma 1 possono essere
risolte mediante le procedure di conciliazione ed eventualmente di
arbitrato previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro di cui
all'art. 1, comma 3.
3. In caso di
violazione da parte del datore di lavoro del diritto di precedenza di
cui all'art. 5, comma 2, il lavoratore ha diritto al risarcimento del
danno in misura corrispondente alla differenza fra l'importo della
retribuzione percepita e quella che gli sarebbe stata corrisposta a
seguito del passaggio al tempo pieno nei sei mesi successivi a detto
passaggio.
4. La mancata
comunicazione alla direzione provinciale del lavoro, di cui all'art. 2,
comma 1, secondo periodo, comporta l'applicazione di una sanzione
amministrativa di lire trentamila per ciascun lavoratore interessato ed
ogni giorno di ritardo. I corrispondenti importi sono versati a favore
della gestione contro la disoccupazione dell'Istituto nazionale della
previdenza sociale (INPS). |
1. Nel contratto
di lavoro a tempo parziale la forma scritta è richiesta a fini di prova.
Qualora la scrittura risulti mancante, è ammessa la prova per testimoni
nei limiti di cui all'art. 2725 del codice civile. In difetto di prova
in ordine alla stipulazione a tempo parziale del contratto di lavoro, su
richiesta del lavoratore potrà essere dichiarata la sussistenza fra le
parti di un rapporto di lavoro a tempo pieno a partire dalla data in cui
la mancanza della scrittura sia giudizialmente accertata. Resta fermo il
diritto alle retribuzioni dovute per le prestazioni effettivamente rese
antecedentemente alla data suddetta.
2. L'eventuale
mancanza o indeterminatezza nel contratto scritto delle indicazioni di
cui all'articolo 2, comma 2, non comporta la nullità del contratto di
lavoro a tempo parziale. Qualora l'omissione riguardi la durata della
prestazione lavorativa, su richiesta del lavoratore può essere
dichiarata la sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro a tempo
pieno a partire dalla data del relativo accertamento giudiziale. Qualora
invece l'omissione riguardi la sola collocazione temporale dell'orario,
il giudice provvede a determinare le modalità temporali di svolgimento
della prestazione lavorativa a tempo parziale con riferimento alle
previsioni dei contratti collettivi di cui all'articolo 3, comma 7, o,
in mancanza, con valutazione equitativa, tenendo conto in particolare
delle responsabilità familiari del lavoratore interessato, della sua
necessità di integrazione del reddito derivante dal rapporto a tempo
parziale mediante lo svolgimento di altra attività lavorativa, nonché
delle esigenze del datore di lavoro. Per il periodo antecedente la data
della pronuncia della sentenza, il lavoratore ha in entrambi i casi
diritto, in aggiunta alla retribuzione dovuta, alla corresponsione di un
ulteriore emolumento a titolo di risarcimento del danno, da liquidarsi
con valutazione equitativa. Nel corso del successivo svolgimento del
rapporto, e' fatta salva la possibilità di concordare per iscritto
clausole elastiche o flessibili ai sensi dell'articolo 3, comma 3. In
luogo del ricorso all'autorità' giudiziaria, le controversie di cui al
presente comma ed al comma 1 possono essere, risolte mediante le
procedure di conciliazione ed eventualmente di arbitrato previste dai
contratti collettivi nazionali di lavoro di cui all'articolo 1, comma 3.
(comma come sostituito dall'art. 46, comma 1, lett. r).
2-bis. Lo
svolgimento di prestazioni elastiche o flessibili di cui all'articolo 3,
comma 7, senza il rispetto di quanto stabilito dall'articolo 3, commi 7,
8, 9 comporta a favore del prestatore di lavoro il diritto, in aggiunta
alla retribuzione dovuta, alla corresponsione di un ulteriore emolumento
a titolo di risarcimento del danno (comma introdotto dall'art. 46,
comma 1, lett. s).
2-ter. In
assenza di contratti collettivi datore di lavoro e prestatore di lavoro
possono concordare direttamente l'adozione di clausole elastiche o
flessibili ai sensi delle disposizioni che precedono (comma introdotto
dall'art. 46, comma 1, lett. s).
3. In caso di
violazione da parte del datore di lavoro del diritto di precedenza di
cui all'art. 5, comma 2, il lavoratore ha diritto al risarcimento del
danno in misura corrispondente alla differenza fra l'importo della
retribuzione percepita e quella che gli sarebbe stata corrisposta a
seguito del passaggio al tempo pieno nei sei mesi successivi a detto
passaggio.
4. La mancata
comunicazione alla direzione provinciale del lavoro, di cui all'art. 2,
comma 1, secondo periodo, comporta l'applicazione di una sanzione
amministrativa di lire trentamila per ciascun lavoratore interessato ed
ogni giorno di ritardo. I corrispondenti importi sono versati a favore
della gestione contro la disoccupazione dell'Istituto nazionale della
previdenza sociale (INPS). |
Articolo 9
Disciplina previdenziale. |
1. La retribuzione
minima oraria, da assumere quale base per il calcolo dei contributi
previdenziali dovuti per i lavoratori a tempo parziale, si determina
rapportando alle giornate di lavoro settimanale ad orario normale il
minimale giornaliero di cui all'art. 7 del decreto-legge 12 settembre
1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre
1983, n. 638, e dividendo l'importo così ottenuto per il numero delle
ore di orario normale settimanale previsto dal contratto collettivo
nazionale di categoria per i lavoratori a tempo pieno.
2. Gli assegni per
il nucleo familiare spettano ai lavoratori a tempo parziale per l'intera
misura settimanale in presenza di una prestazione lavorativa settimanale
di durata non inferiore al minimo di ventiquattro ore. A tal fine sono
cumulate le ore prestate in diversi rapporti di lavoro. In caso
contrario spettano tanti assegni giornalieri quante sono le giornate di
lavoro effettivamente prestate, qualunque sia il numero delle ore
lavorate nella giornata. Qualora non si possa individuare l'attività
principale per gli effetti dell'art. 20 del testo unico delle norme
sugli assegni familiari, approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 30 maggio 1955, n. 797 e successive modificazioni, gli
assegni per il nucleo familiare sono corrisposti direttamente dall'INPS.
Il comma 2 dell'art. 26 del citato testo unico è sostituito dal
seguente: "Il contributo non è dovuto per i lavoratori cui non spettano
gli assegni a norma dell'art. 2.".
3. La retribuzione
da valere ai fini dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e
le malattie professionali dei lavoratori a tempo parziale è uguale alla
retribuzione tabellare prevista dalla contrattazione collettiva per il
corrispondente rapporto di lavoro a tempo pieno. La retribuzione
tabellare è determinata su base oraria in relazione alla durata normale
annua della prestazione di lavoro espressa in ore. La retribuzione
minima oraria da assumere quale base di calcolo dei premi per
l'assicurazione di cui al presente comma è stabilita con le modalità di
cui al comma 1.
4. Nel caso di
trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di
lavoro a tempo parziale e viceversa, ai fini della determinazione
dell'ammontare del trattamento di pensione si computa per intero
l'anzianità relativa ai periodi di lavoro a tempo pieno e
proporzionalmente all'orario effettivamente svolto l'anzianità inerente
ai periodi di lavoro a tempo parziale. |
1. La retribuzione
minima oraria, da assumere quale base per il calcolo dei contributi
previdenziali dovuti per i lavoratori a tempo parziale, si determina
rapportando alle giornate di lavoro settimanale ad orario normale il
minimale giornaliero di cui all'art. 7 del decreto-legge 12 settembre
1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre
1983, n. 638, e dividendo l'importo così ottenuto per il numero delle
ore di orario normale settimanale previsto dal contratto collettivo
nazionale di categoria per i lavoratori a tempo pieno.
2. Gli assegni per
il nucleo familiare spettano ai lavoratori a tempo parziale per l'intera
misura settimanale in presenza di una prestazione lavorativa settimanale
di durata non inferiore al minimo di ventiquattro ore. A tal fine sono
cumulate le ore prestate in diversi rapporti di lavoro. In caso
contrario spettano tanti assegni giornalieri quante sono le giornate di
lavoro effettivamente prestate, qualunque sia il numero delle ore
lavorate nella giornata. Qualora non si possa individuare l'attività
principale per gli effetti dell'art. 20 del testo unico delle norme
sugli assegni familiari, approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 30 maggio 1955, n. 797 e successive modificazioni, gli
assegni per il nucleo familiare sono corrisposti direttamente dall'INPS.
Il comma 2 dell'art. 26 del citato testo unico è sostituito dal
seguente: "Il contributo non è dovuto per i lavoratori cui non spettano
gli assegni a norma dell'art. 2.".
3. La retribuzione
da valere ai fini dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e
le malattie professionali dei lavoratori a tempo parziale è uguale alla
retribuzione tabellare prevista dalla contrattazione collettiva per il
corrispondente rapporto di lavoro a tempo pieno. La retribuzione
tabellare è determinata su base oraria in relazione alla durata normale
annua della prestazione di lavoro espressa in ore. La retribuzione
minima oraria da assumere quale base di calcolo dei premi per
l'assicurazione di cui al presente comma è stabilita con le modalità di
cui al comma 1.
4. Nel caso di
trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di
lavoro a tempo parziale e viceversa, ai fini della determinazione
dell'ammontare del trattamento di pensione si computa per intero
l'anzianità relativa ai periodi di lavoro a tempo pieno e
proporzionalmente all'orario effettivamente svolto l'anzianità inerente
ai periodi di lavoro a tempo parziale. |
Articolo 10
Disciplina del part-time nei rapporti di lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche.
|
1. Ai sensi
dell'art. 2, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, le
disposizioni del presente decreto si applicano, ove non diversamente
disposto, anche ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche, con esclusione di quelle contenute negli
articoli 2, comma 1, 5, commi 2 e 4, e 8, e comunque fermo restando
quanto previsto da disposizioni speciali in materia ed, in particolare,
dall'art. 1 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, dall'art. 39 della
legge 27 dicembre 1997, n. 449, dall'art. 22 della legge 23 dicembre
1998, n. 448, e dall'art. 20 della legge 23 dicembre 1999, n. 488. |
1. Ai sensi
dell'art. 2, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, le
disposizioni del presente decreto si applicano, ove non diversamente
disposto, anche ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche, con esclusione di quelle contenute negli
articoli 2, comma 1, 5, commi 2 e 4, e 8, e comunque fermo restando
quanto previsto da disposizioni speciali in materia ed, in particolare,
dall'art. 1 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, dall'art. 39 della
legge 27 dicembre 1997, n. 449, dall'art. 22 della legge 23 dicembre
1998, n. 448, e dall'art. 20 della legge 23 dicembre 1999, n. 488. |
Articolo 11
Abrogazioni. |
1. Sono abrogati:
a) l'art. 5 del
decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni,
dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863;
b) la lettera a )
del comma 1 dell'art. 7 del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299,
convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451,
limitatamente alle parole: "alla data di entrata in vigore del presente
decreto ovvero sulla base di accordi collettivi di gestione di eccedenze
di personale che contemplino la trasformazione di contratti di lavoro da
tempo pieno a tempo parziale", nonché l'art. 13, comma 7, della legge 24
giugno 1997, n. 196. |
1. Sono abrogati:
a) l'art. 5 del
decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni,
dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863;
b) la lettera a )
del comma 1 dell'art. 7 del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299,
convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451,
limitatamente alle parole: "alla data di entrata in vigore del presente
decreto ovvero sulla base di accordi collettivi di gestione di eccedenze
di personale che contemplino la trasformazione di contratti di lavoro da
tempo pieno a tempo parziale", nonché l'art. 13, comma 7, della legge 24
giugno 1997, n. 196. |
Articolo 12
Verifica. |
1. Entro il 31
dicembre 2000 il Ministro del lavoro e della previdenza sociale procede
ad una verifica, con le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e
dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale,
degli effetti delle disposizioni dettate dal presente decreto
legislativo, con particolare riguardo alle previsioni dell'art. 3, comma
2, in materia di lavoro supplementare e all'esigenza di controllare le
ricadute occupazionali delle misure di incentivazione introdotte, anche
ai fini dell'eventuale esercizio del potere legislativo delegato di cui
all'art. 1, comma 4, della legge 5 febbraio 1999, n. 25. |
1. Entro il 31
dicembre 2000 il Ministro del lavoro e della previdenza sociale procede
ad una verifica, con le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e
dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale,
degli effetti delle disposizioni dettate dal presente decreto
legislativo, con particolare riguardo alle previsioni dell'art. 3, comma
2, in materia di lavoro supplementare e all'esigenza di controllare le
ricadute occupazionali delle misure di incentivazione introdotte, anche
ai fini dell'eventuale esercizio del potere legislativo delegato di cui
all'art. 1, comma 4, della legge 5 febbraio 1999, n. 25. |
Art. 12-bis
Ipotesi di
trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di
lavoro a tempo parziale. |
|
1. I lavoratori
affetti da patologie oncologiche, per i quali residui una ridotta
capacità lavorativa, anche a causa degli effetti invalidanti di terapie
salvavita, accertata da una commissione medica istituita presso
l'azienda unità sanitaria locale territorialmente competente, hanno
diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in
lavoro a tempo parziale verticale od orizzontale. Il rapporto di lavoro
a tempo parziale deve essere trasformato nuovamente in rapporto di
lavoro a tempo pieno a richiesta del lavoratore. Restano in ogni caso
salve disposizioni più favorevoli per il prestatore di lavoro.
(Articolo
introdotto dall'art. 46, comma 1, lett. t) |
[12]Articolo 3, comma 9,
d.lgs. n. 61/2000 così come modificato dall'articolo 46, comma 1,
lettera l) del d.lgs. n. 276/2003.
[14]Articolo 3, comma 7,
d.lgs. n. 61/2000 così come modificato dall'articolo 46, comma 1,
lettera j) del d.lgs. n. 276/2003.
[16]Articolo 8 ter,
d.lgs. n. 61/2000 introdotto dall'articolo 46, comma 1, lettera s)
del d.lgs. n. 276/2003.
[18]Articolo 3, comma 10, d.lgs.
n. 61/2000 ora modificato dall'articolo 46, comma 1, lettera l)
del d.lgs. n. 276/2003 che esplicita la possibilità di inserire clausole
flessibili ed elastiche nei contratti a termine.
|