IL MINISTRO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
Distacco. Articolo 30 del decreto legislativo 10 settembre 2003 n.276. CIRCOLARE N. 3/2004
(pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 17 del 22 gennaio 2004)
Roma 15 gennaio 2004
Alle Direzioni Regionali del Lavoro Alle Direzioni Provinciali del Lavoro - LORO SEDI
Alla Regione Siciliana Assessorato Lavoro Ufficio Regionale del Lavoro Ispettorato del Lavoro - Palermo Alla Provincia Autonoma di Bolzano Assessorato Lavoro - Bolzano Alla Provincia Autonoma di Trento Assessorato Lavoro - Trento All' INPS Direzione Generale - Roma All'INAIL Direzione Generale - Roma Alla Direzione Generale AA.GG. R.U. A.I. - Divisione VII - Sede Al SECIN - Sede
Prot. n. 5/25084/MLAV/D
Oggetto: Distacco. Articolo 30 del decreto legislativo 10 settembre 2003 n.276.
L'istituto del distacco trova applicazione, per la prima volta, nel campo dei rapporti di lavoro privatistico in base ai contenuti di cui all'articolo 30 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276; la precedente previsione di cui all'articolo 8 della legge n. 236/1993 era strettamente connessa alla fattispecie "di evitare le riduzioni di personale". I requisiti di legittimità del distacco ai sensi dell'art. 30 del d.lgs. 276/2003 sono: a) la temporaneità del distacco; b) l'interesse del distaccante. Il concetto di temporaneità coincide con quello di non definitività indipendentemente dalla entità della durata del periodo di distacco, fermo restando che tale durata sia funzionale alla persistenza dell'interesse del distaccante. Quanto al profilo dell'interesse, l'art. 30 del d.lgs. 276/2003 ne consente una interpretazione piuttosto ampia, tale che il distacco può essere legittimato da qualsiasi interesse produttivo del distaccante che non coincida con quello alla mera somministrazione di lavoro altrui. Inoltre la sussistenza di tale interesse deve protrarsi per tutto il periodo di durata del distacco. In tale ottica, la formulazione della novella legislativa legittima le prassi di distacco all'interno dei gruppi di impresa, le quali corrispondono a una reale esigenza di imprenditorialità, volta a razionalizzare, equilibrandole, le forme di sviluppo per tutte le aziende che fanno parte del gruppo. Questa ipotesi è stata, in assenza di disposizioni legislative, oggetto della nota del Ministero del Lavoro del 11.04.2001 (n. 5/26183), che ha individuato anche per tale fattispecie interesse del distaccante e temporaneità come requisiti essenziali per la legittimità del distacco. Quanto agli oneri relativi al trattamento economico e normativo del lavoratore in distacco, essi restano a carico del distaccante, che ne rimane esclusivamente responsabile nei confronti del lavoratore, ma va detto che già in passato era consolidata la prassi di un loro rimborso da parte del distaccatario. Sul punto, si rammenta peraltro che la Cassazione a Sezioni Unite 13 aprile 1989, n. 1751, ha chiarito, che il rimborso al distaccante della spesa del trattamento economico non ha alcuna rilevanza ai fini della qualificazione del distacco genuino. In ultima analisi, poiché il lavoratore distaccato esegue la prestazione non solo nell'interesse del distaccante ma anche nell'interesse del distaccatario, la possibilità di ammettere il rimborso rende più lineare e trasparente anche l'imputazione reale dei costi sostenuti da ogni singola società. In questo senso l'importo del rimborso non può superare quanto effettivamente corrisposto al lavoratore dal datore di lavoro distaccante. Ciò che differenzia il distacco dalla somministrazione, infatti, è solo l'interesse del distaccante. Mentre il somministratore realizza il solo interesse produttivo della somministrazione a fini di lucro, il distaccante soddisfa un interesse produttivo diversamente qualificato, come l'interesse al buon andamento della società controllata o partecipata. A fronte della titolarità in capo al distaccante del trattamento economico rimane a suo carico anche il trattamento contributivo, che deve essere adempiuto in relazione all'inquadramento del datore di lavoro distaccante [1]. Per quanto riguarda, invece, l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, il relativo premio rimane a carico del datore di lavoro distaccante ma è calcolato sulla base dei premi e della tariffa che sono applicati al distaccatario [2]. Il datore di lavoro distaccante, salvo un diverso accordo fra le parti relativamente al trattamento economico e normativo, rimane poi responsabile ex art. 10 D.P.R. 1124/65 in caso di rivalsa dell'Istituto in occasione di un infortunio sul lavoro, integrante un'ipotesi di reato, occorso al distaccato presso il distaccatario quale soggetto incaricato della direzione e sorveglianza del lavoro ex comma 3 del medesimo art. 10 Quanto alla ipotesi disciplinata dall'art. 30, comma 3, prima parte, del d.lgs. 276/2003, il consenso del lavoratore vale a ratificare l'equivalenza delle mansioni laddove il mutamento di esse, pur non comportando un demansionamento, implichi una riduzione e/o specializzazione della attività effettivamente svolta, inerente al patrimonio professionale del lavoratore stesso. Non si applica in caso di distacco, per sua natura temporaneo, la disciplina del trasferimento. Nell'ipotesi in cui il distacco comporti lo svolgimento della prestazione presso un'unità produttiva la cui distanza rispetto a quella cui il lavoratore sia normalmente adibito sia superiore a 50 km il distacco potrà, comunque, intervenire solo per comprovate esigenze tecniche, produttive, organizzative o sostitutive. Nell'ipotesi di distacco di un lavoratore presso un altro soggetto il distaccante potrà stipulare un contratto a termine con un altro lavoratore ove sussistano le esigenze legittimanti l'apposizione del termine in base a quanto previsto dal d.lgs. n. 368/2000. Nell'ipotesi di distacco il lavoratore potrà svolgere la sua prestazione anche parzialmente presso il distaccatario, continuando a svolgere presso il distaccante la restante parte della prestazione [3].
Firmato
IL MINISTRO Roberto Maroni
[1]Cfr. Circ. Min. lav. 18 gennaio 1994 n. 4 [2]Cfr. Circ. Min. Lav. 21 aprile 1994 n. 58 [3]Cfr. Nota Min. Lav. n. 5/26183 cit., che richiama la sentenza della Cass. Civ. del 21 maggio 1998 n. 5102.
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