(061108) LETTERA APERTA A ROBERTO SAVIANO - DI
LORENZO MAZZOLI SEGRETARIO NAZIONALE FP CGIL
Pubblichiamo il testo di una lettera aperta inviata
da Lorenzo Mazzoli, Segretario nazionale Fp Cgil, a nome della Segreteria,
a Roberto Saviano, cronista e scrittore, autore di "Gomorra. Viaggio nell'impero
economico e nel sogno di dominio della camorra".
Lo scrittore ventisettenne racconta e denuncia la camorra con lo stile del
giornalismo di inchiesta, per esperienza diretta, andando sul luogo degli
agguati, nei negozi e nelle fabbriche, raccogliendo testimonianze.
Attualmente Saviano è costretto a vivere sotto
scorta.
La lettera aperta fa riferimento ad un'intervista
rilasciata dallo scrittore al quotidiano La Repubblica il 13 novembre scorso.
Lettera aperta a
Roberto Saviano
Caro Roberto,
la tua intervista rilasciata nei giorni scorsi
rappresenta, in modo inequivocabile, la pesantezza di una scelta
straordinaria di testimonianza civile che deve fare i conti con una realtà
spesso incapace di far germogliare i suoi frutti più belli.
Gomorra non è un libro; è molto di più. Innanzitutto coraggio, ma và molto
al di là. E’ denuncia circostanziata, ma supera il muro che solitamente
divide l’indagine del cronista specializzato dalle persone normali. E’
redatto con rara capacità individuale, ma è coinvolgente come se ognuno ne
avesse scritto un pezzetto facendolo diventare un fatto collettivo. E’
amaro, molto amaro, ma è uno stimolo a reagire. E’ stata una formidabile
molla motivazionale che ha portato tantissimi a “non fa i struzz” (come
hanno scritto i ragazzi “della molletta anticamorra” al cinema Trianon di
Napoli) tentando di capire meglio una parte delle realtà che tu descrivi.
Il successo delle vendite ne è testimonianza.
Da parte nostra sentiamo forte il richiamo per fare fino in fondo quanto è
possibile e la consapevolezza della durezza della prova.
Vorremmo individuare quello che possiamo fare concretamente come Categoria
che rappresenta quanti lavorano nelle pubbliche amministrazioni e nei
servizi alla persona, per spingere sul terreno della migliore
organizzazione nella tutela dei diritti dei cittadini ed anche per
sollecitarne l’orgoglio di essere investiti di una funzione fondamentale
per la legalità e la trasparenza. Come tu scrivi, a Casal di Principe il
Comune è commissariato. E’ l’evidenza della debolezza politica ed
istituzionale di fronte alle infiltrazioni malavitose. Non è il primo ente
a trovarsi in queste condizioni. Uno dei troppi in quella realtà. Ma non
possiamo rassegnarci.
Il tema, dunque, è come uscirne.
Le cose possono mutare, ma non cambiano per spinta inerziale, hanno
bisogno di forza, innanzitutto della forza della democrazia e delle
istituzioni.
Sviluppo e buona occupazione sono condizioni indispensabili, altrimenti la
prepotenza di chi “gioca a Shangai” con le persone non potrà essere messa
in discussione. Di fronte al bisogno di sopravvivere, per ogni individuo
che si trova in quelle condizioni la soglia dei diritti è vicina allo
zero.
E qui sta un punto decisivo. La forza collettiva.
Penso anch’io che è “beato quel paese che non ha bisogno di eroi”, ma
credo, allo stesso tempo, che il nostro è un paese che ha grande esigenza
di esempi positivi. E’ passato tanto tempo da quando lo spirito
democratico ed antifascista diede origine a quel bene prezioso che è la
nostra Costituzione.
L’Italia deve ritrovare i valori che la tengono insieme, deve ridarsi una
classe dirigente autorevole che sappia essere di servizio per il bene
collettivo e sia meno impregnata di voglia di apparire e di pensarsi
autorità, quando spesso lo è soltanto formalmente.
Quando Di Vittorio insegnò ai contadini di non tenere il cappello in mano
di fronte a chi li sfruttava indicò una strada. Ed il lavoro diventò lo
strumento fondamentale delle classi più umili per affrancarsi dallo
sfruttamento e diventare una forza, anche culturale.
L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro perchè fu questo il valore
universale coagulante, identitario di un paese che aveva subito lo Stato
fascista per due decenni.
Di fronte a tanta modernità che ci circonda, forse è il caso di fermarsi a
riflettere. Il mondo è a portata di computer e nello stesso tempo si
stanno spezzando i legami della solidarietà, l’uguaglianza sembra un tema
nostalgico.
Dobbiamo ritrovare la via che tiene insieme tutti, altrimenti ci si
smarrirà individualmente. Bisogna ridare un senso comune.
Quei bambini che in due corrono sullo scooter senza indossare il casco,
quei rifiuti che bruciano ai lati delle strade non possono far parte del
costume e del paesaggio di una parte del paese. Non ci può essere
indifferenza, né spocchiosa presa di distanza. E’ problema di tutti, così
come il mezzogiorno è questione nazionale.
Nessuno può sentirsi al riparo perché non c’è una linea invalicabile che
demarca il bene dal male.
Caro Roberto, tu hai avuto il merito di scrollare l’albero della passività
che rischia sempre di essere quello più grande.
L’equilibrio apparente nasconde l’intossicazione della speranza che manca.
Quella speranza va coltivata per cambiare le cose.
Dobbiamo farlo. Insieme.
P. La Segreteria Nazionale F.P. CGIL
Lorenzo Mazzoli
Roma, 15 novembre 2006
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