(061006) ITALIA PRECARIA, ECCO PERCHE' SAREMO IN
PIAZZA - ARTICOLO DI CARLO PODDA, SEGRETARIO GENERALE FP CGIL, PER L'UNITA'
Pubblichiamo il testo dell'Articolo di Carlo Podda pubblicato sull'Unità di giovedì 12 ottobre 2006 La nascita del coordinamento “stop precarietà ora” tenta di rispondere alla necessità di porre al centro della discussione la questione della precarietà. Spesso si tende a confondere il termine precarietà con quello del precariato inteso come sistema di regolazione dei rapporti di lavoro. Invece, i promotori della manifestazione del 4 novembre parlano di precarietà intendendo sottolineare l’ombra lunga che getta, sulle condizioni di vita un rapporto di lavoro ormai prevalente negli ultimi anni. Ma soprattutto si vuole sottolineare come la precarietà sia ormai il tratto distintivo della vita di tante persone. Un lavoro precario, cui si sommano un welfare incerto e non sufficientemente flessibile, ad una organizzazione dei tempi di vita delle nostre città, al grande tema della casa, segnano pesantemente le condizioni di tante persone, condannandole ad una solitudine sociale, che rende impossibile costruire anche la speranza di trovare una via d’uscita, una soluzione collettiva ad una condizione che sembra costruita apposta per farla vivere come se fosse un problema individuale. Il primo obiettivo è dunque togliere le persone da questa segregazione in una vita quasi normale, contrassegnata dall’avere quasi un lavoro, quasi un reddito, quasi una casa, quasi un welfare, quasi un sistema di relazioni. Bisogna dire con chiarezza che questa quasi inclusione è in realtà una reale esclusione per centinaia di migliaia di persone, per lo più giovani. Alle soluzione di questo problema è necessario dedicare impegno ed energie nella consapevolezza che ciascun soggetto sociale non può, da solo, garantire la soluzione di un problema così complesso. Qui sta l’opportunità straordinaria, rappresentata dalla diversità di quei tanti soggetti che hanno sottoscritto l’appello “Stop precarietà ora”. Ognuno di essi può infatti, a cominciare dall’organizzazione che rappresento, portare il proprio contributo alla soluzione del problema, a patto che tutti coloro che partecipano al comitato lo facciano con generosità. Ma se i singoli firmatari pensassero ad un uso del movimento che nasce il 4 novembre, piegato a esigenze politiche, o di parte l’opportunità di cui dicevo prima verrebbe a mancare sul nascere. Se qualcuno pensasse di fare di quella manifestazione un uso contro il Governo o la Legge Finanziaria, che personalmente trovo positiva nell’intenzione equitativa che la percorre, - anche se non mancano seri problemi per la mia categoria che saranno affrontati a partire dall’ assemblea nazionale unitaria di 5 mila delegati ed RSU prevista per il prossimo 23 ottobre p.v. a Roma, - sarebbero traditi gli obiettivi dell’iniziativa. A proposito del contributo che ciascuno deve portare, provo a spiegare perché sarò in piazza il 4 novembre. Per battere la precarietà che vanno affrontati, tra gli altri, i temi del rapporto di lavoro e del Welfare. Nel lavoro pubblico vi sono 350.000 precari. Essi contribuiscono a far funzionare il sistema di Welfare nazionale e locale, molti servizi del quale chiuderebbero senza il loro apporto. Vivono una condizione lavorativa svantaggiata, nella quale a parità d’impegno hanno meno salario, meno diritti ed un futuro previdenziale incerto o, addirittura nullo. Per ciò che riguarda il Welfare, e la necessità di estenderlo è necessario rimuovere quella visione cui lo condanna un Welfare concepito per sostenere i più deboli, e trasformarlo in Welfare dei diritti costruito intorno ai bisogni ed alle necessità individuali delle persone. Per fare questo è necessario, rendere stabile l’esigibilità del servizio,
stabilizzando il lavoro e abbandonando una politica di riduzione
dell’occupazione, che è funzionale, alla riduzione del servizio pubblico da un
lato, ed alle esternalizzazioni e privatizzazioni dall’altro. Solo la presenza
di un robusto Welfare pubblico, oltre a garantire l’universalità del diritto di
accesso a servizi resi, rende possibile l’esistenza di un Terzo settore in grado
di costruire un’ offerta di servizi più sofisticata di quelli offerti dal
pubblico: cioè integrativa e non sostituiva. Con questi obiettivi penso di dare un contributo alla costruzione di grande e duraturo movimento, che abbia l’obiettivo di superare strutturalmente la precarietà per come essa permea oggi la struttura sociale. Un movimento che non si presta, e che va anzi protetto, dai tentativi di piegarlo alla contingenza politica di queste settimane.
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