(060905) FINANZIARIA E LAVORATORI PUBBLICI:
INTERVISTA DI CARLO PODDA, SEGRETARIO GENERALE FP CGIL, A IL MANIFESTO
I pubblici: «Manovra equa o sarà sciopero»
Carlo Podda, segretario Fp Cgil: il governo finora non ci ha dato risposte,
non pazienteremo a lungo
Antonio Sciotto
Roma
I sindacati confederali si preparano a un tour de force unitario: domani a
Roma, i direttivi di Cgil, Cisl e Uil si riuniranno per decidere la piattaforma
di richieste da presentare al governo a meno di due settimane dal varo della
finanziaria (previsto il 29 settembre). Il dibattito sarà certamente caldissimo
per i tre mesi successivi, dato che il Parlamento deve approvare la manovra al
massimo entro il 31 dicembre, ma già si profilano alcuni capitoli roventi, come
quello del pubblico impiego. Carlo Podda, segretario generale dei lavoratori
pubblici Cgil, preannuncia una stagione di conflitti: «Se non avremo risposte
precise sulla finanziaria, lo diciamo chiaramente: il sindacato è pronto allo
sciopero». I temi più vicini alla categoria sono il contratto e la
stabilizzazione dei precari, ma cè anche la recente norma sulla
«esternalizzazione» dei servizi comparsa nelle bozze trapelate dai ministeri.
Iniziamo dalla finanziaria: come va il dialogo con il governo?
A me sembra che ci sia una sorta di «tic nervoso»: le dichiarazioni sono aperte
alle nostre posizioni, ma di concreto non c'è nulla. Non fanno cifre sui
contratti, non c'è tavolo sui precari: ogni volta ci dicono che vogliono
stabilizzarli, ma subito dopo spiegano che su tutto il 2007 c'è ancora il blocco
del turn over stabilito dalla finanziaria del 2005. Negli ultimi anni non mi è
mai accaduto di non sapere nulla sulla finanziaria a meno di due settimane dal
varo. Almeno il governo Berlusconi ci aveva detto che non avrebbe rinnovato i
contratti. Notizia pessima, ma ci diede modo di organizzarci. Qui mi pare che si
voglia fare un altro gioco: tirare la corda magari fino a Natale, per poi
convocare all'ultimo momento i tre segretari generali e metterli davanti al
fatto compiuto. Ecco: sia chiaro che non ci stiamo a farci prendere per il naso
così a lungo.
Quindi state già organizzando una «controffensiva»?
Certo, intanto ci sono le nostre proposte unitarie, quelle che stileremo con
Cisl e UIl lunedì (domani, ndr). Ci auguriamo che contengano un capitolo nutrito
sui contratti e il precariato nel pubblico. Con le categorie, comunque, stiamo
anche riflettendo sull'opportunità di preparare una grande assemblea dei quadri
e delegati, in ottobre. E, ovviamente, se non avremo risposte già entro fine
settembre, dobbiamo mettere in campo azioni conflittuali, lo sciopero. Ma dico
di più: se l'intera finanziaria non fosse soddisfacente, non esiterei a chiedere
alla mia confederazione di indire con Cisl e Uil uno sciopero contro la manovra.
Poi cè un'altra manifestazione in preparazione, quella del 4 novembre: «Stop
precarietà ora».
Sì, una settimana fa ci siamo riuniti per avviare l'organizzazione, e adesso il
ruolo sta anche ai singoli territori. Io ho aderito personalmente al manifesto,
come promotore, e ancora oggi credo che quanto vi è contenuto sia pienamente
valido. Ma quella è una manifestazione più generale, di movimento, che tocca un
tema serissimo, quello della precarietà. Non va confusa con eventuali iniziative
contro la finanziaria, non ci esime come sindacato dall'opporci con
manifestazioni ad hoc contro la manovra o per il lavoro pubblico. Stando alla
legge 30, ad esempio, dico che non sono d'accordo con modifiche parziali, che
tengano in vita i contratti cocoprò e cococò. Io, piuttosto, mi riconosco
pienamente nella posizione elaborata dalla Cgil prima delle elezioni e
presentata all'Unione e al governo: individuare l'intero campo del «lavoro
economicamente dipendente» e ripulirlo dalle forme ibride.
Il governo vuole «normare» le esternalizzazioni, fissando un tetto al 10%.
Siete d'accordo?
Attenzione, la parola esternalizzazione indica che si vogliono privatizzare
pezzi di servizio pubblico, e questo non ci vede per nulla d'accordo. E' vero
che allo stato attuale non esiste un tetto massimo, ma parlare del 10% vuol dire
arrivare a numeri superiori rispetto a quelli di oggi, sarebbero almeno 350 mila
lavoratori. Finora, e sono dati del ministero, non c'è stato alcun risparmio
dalle esternalizzazioni, né un aumento di efficienza. E poi, insomma, si può
parlare seriamente di privatizzare pezzi di pubblico proprio nei giorni della
bufera Telecom, esempio di uno sfascio post-privatizzazione? O nel governo c'è
molta auto-ironia, o non si rendono conto di quello che stanno facendo.
Roma, 17 settembre 2006
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