(060611) "PUBBLICO IMPIEGO, NESSUNA MORATORIA"
INTERVISTA DEL QUOTIDIANO IL MANIFESTO A CARLO PODDA SEGRETARIO GENERALE FP CGIL
Riportiamo di seguito il testo dell'intervista di
Antonio Sciotto de Il Manifesto a Carlo Podda, segretario generale della Cgil
Funzione Pubblica, pubblicata il 18 giugno scorso
_______________________
Antonio Sciotto
«Quello che abbiamo sentito in questi giorni sul pubblico impiego è
totalmente inaccettabile: all'ultimo incontro con il ministro dell'economia
Padoa Schioppa, il governo ci ha fatto capire che non ci sono soldi per il
rinnovo del contratto, ci propone di fatto una moratoria per il biennio
2006-2007. Se le cose stanno così, penso che sarà inevitabile mobilitarsi già da
settembre». Nessuno sconto al governo, solo perché è di centrosinistra: Carlo
Podda, segretario generale della Funzione pubblica, la più numerosa categoria
della Cgil, disegna il prossimo «autunno caldo». Al centro, oltre al tema del
contratto, anche quello della precarietà: Podda ha firmato, insieme al
segretario generale della Fiom Gianni Rinaldini, a quello della Flc Enrico
Panini, ad associazioni come l'Arci, e parlamentari di Prc, Pdci e sinistra Ds,
Giorgio Cremaschi della Rete 28 aprile e alcuni sindacati di base, un appello
contro la legge 30 (vedi sopra). La «coalizione» indice una grande assemblea per
il prossimo 8 luglio a Roma. In preparazione di una manifestazione a
ottobre-novembre. Parola d'ordine: «abrogare» (sì il verbo è proprio questo) la
legge 30, la riforma Moratti e la Bossi-Fini, per «riscrivere» daccapo nuove
leggi. Estendere i diritti, interrompendo il rischio di «continuità» rispetto al
governo Berlusconi.
Cominciamo dal contratto. Vi hanno detto che non ci sono risorse?
Sì, Padoa Schioppa ha fatto capire chiaramente che vuole proporci una
moratoria per questo e l'anno prossimo, non a caso fa continuamente riferimento
al 1992. Allora accettammo la moratoria, ma venivamo da aumenti sostanziosi
elargiti da Cirino Pomicino: oggi la situazione è completamente diversa, per
rinnovare gli ultimi bienni ci abbiamo messo rispettivamente 27 e 30 mesi. Ci
siamo già confrontati con Cisl e Uil: se il governo conferma questo indirizzo,
non potremo far altro che convocare delegati e dirigenti e indire una
mobilitazione già da settembre. Sia chiaro: abbiamo manifestato contro Tremonti,
e lo stesso possiamo fare nei confronti di Padoa Schioppa.
Cosa vi aspettate dal governo?
Innanzitutto, ovviamente, il rinnovo del contratto. E non ci dicano che non
possono trovare i soldi: l'ultimo rapporto del ministero della Funzione pubblica
parla di ben 140 mila consulenze attivate nelle istituzioni. Ben 13 superano il
milione di euro di retribuzione annua, e 35 i 500 mila euro. Le altre sono
comunque molto ricche. Si alimenta il clientelismo, e non ci sono soldi per i
dipendenti. Ma poi c'è l'altro tema caldissimo, quello della precarietà. Non
riguarda solo i lavoratori pubblici: nel nostro settore si traduce in precarietà
dei servizi al cittadino. Non si può continuare così: solo negli enti locali e
nella sanità, ben il 30% dei lavoratori sono a termine in varie forme, superano
i 300mila. Noi abbiamo detto: cominciamo dai centomila a tempo determinato,
perché tanto non cambia il costo per lo Stato; sono contratti che durano un anno
e vengono rinnovati costantemente, l'anzianità degli impiegati va dai 4 ai 12
anni. Per tutti gli altri si può pensare ad assunzioni graduali, a stock ogni
anno. L'importante è dare il segnale. Francamente non capisco come questo
governo voglia distinguersi da quello di centrodestra se non mette al centro i
servizi al cittadino, mezzo essenziale per realizzare l'uguaglianza dei diritti
e delle opportunità. Capiamo che Berlusconi, contrario all'uguaglianza tra figli
di operai e di professionisti, abbia fatto politiche di smantellamento, ma
dall'attuale esecutivo ci aspettiamo scelte diverse, che almeno riducano le
disuguaglianze. Si parla solo di cuneo fiscale, ipotizzando di lasciare le
briciole ai lavoratori, ma a campagna elettorale finita pare che non si voglia
più toccare la riforma dell'Irpef: non eravamo tutti contrari al secondo modulo
di Tremonti, che ha tolto 6 miliardi ai più poveri per regalarli ai ricchi? Per
non parlare del fiscal drag, che aspettiamo dal 2001. Ecco, non possono pagare
sempre gli stessi.
Presentate questa «piattaforma dei diritti», il prossimo 8 luglio.
Sì, proponiamo di abrogare tutte le leggi inique varate dal passato governo,
a partire dalla legge 30, dalla Bossi-Fini, dalla riforma Moratti. Per
riscrivere nuove leggi, sia chiaro. Per il pubblico, ad esempio, i cococò non
sono stati portati dalla legge 30, esistevano anche prima: e francamente non è
più tollerabile vedere collaboratori sottopagati e senza diritti lavorare fianco
a fianco con i dipendenti, facendo esattamente le stesse cose, sottoposti agli
stessi ritmi, orari e gerarchie. Partiamo dalle proposte di legge Cgil:
riformiamo il Codice civile, sopprimendo la figura del parasubordinato e
distinguendo chiaramente tra lavoratore economicamente dipendente e autonomo. Il
lavoro flessibile deve essere un'eccezione, e avere salari e contributi più alti
di quello a tempo indeterminato. Il tema della precarietà potrebbe esplodere
presto anche in Italia, come è avvenuto in Francia. Nel pubblico ci sono già
oggi lavoratori a rischio, basti pensare ai 40 mila cococò dei Comuni che non
potranno essere rinnovati per gli effetti della finanziaria Tremonti.
La mobilitazione sociale è necessaria?
Credo di sì, perché per ora i segnali non sono buoni. Noi ci aspettiamo che
la sinistra, tutta insieme, dia segni chiari di cambiamento. Non a caso
esponenti dei partiti di governo firmano il nostro appello, e spero che la
cosiddetta «sinistra radicale» sia coerente. Ma dagli stessi Ds mi aspetto che
non stiano zitti: non credo affatto che siano tutti d'accordo con le linee
economiche tracciate nel primo mese di governo, per quanto spesso solo dalle
pagine dei giornali. Noi non deleghiamo tutto alla politica, ai partiti: se ci
ascoltano, bene. Altrimenti dobbiamo farci sentire: cominciamo l'8 luglio e poi
in autunno. Non staremo zitti.
Roma, 20 giugno 2006
|