(051216) SANITA’:
A STORACE LA 194 NON BASTA ORA VUOLE METTER MANO ALLA 180! - COMUNICATO FP CGIL
COMPARTO SANITA’ Una ne fa e cento ne pensa. Dopo la 194, il ministro Storace decide di
provarci con la 180 (la legge che ha abolito i manicomi). Non si può giocare con la sofferenza delle persone. Ma a questo governo le persone non interessano, interessa smantellare completamente lo stato sociale e negare i diritti che gli italiani hanno conquistato in anni di battaglie civili. Come la 194, così la 180 è un bersaglio non meramente simbolico; è un tentativo di accreditarsi presso chi pensa che i problemi si risolvano a colpi d’ascia, anziché affrontarli nel loro farsi quotidiano, anziché sostenere con risorse adeguate soluzioni umane, che sono possibili, come è dimostrato laddove la “legge Basaglia” viene applicata correttamente. Cavalcare il disagio di utenti e familiari a scopi propagandistici è invece profondamente scorretto. Il disagio c’è, è innegabile, e in molti casi insostenibile. Ma le risposte non sono modifiche di legge. Né c’è bisogno di nuovi manicomi. Le vere risposte riguardano la rete dei servizi per la salute mentale, l’offerta di trattamenti non ospedalieri 24 ore su 24, la costruzione di pratiche non lesive dei diritti, sia all’interno dell’ospedale che sul territorio, il rafforzamento del servizio pubblico e un’attenzione continua a ciò che fa davvero la differenza: il rapporto quotidiano degli operatori con chi presenta difficoltà psicologiche o esistenziali. Almeno nel campo della salute mentale, l’Italia ha dimostrato di non avere bisogno di istituzioni totali. È necessario semmai mettere sotto osservazione quelle che ancora esistono, come molte cliniche e comunità private, veri e propri territori franchi, troppo spesso accreditate con superficialità e che prosperano senza alcun controllo reale. Come gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, come le Residenze per anziani, come le stesse carceri e i CPT, in cui la salute mentale e non solo degli internati è a rischio continuo e crescente, in rapporto diretto a tutte le violazioni del diritto e della persona che essi subiscono. È necessario mettere sotto osservazione anche quei servizi pubblici ospedalieri che ricorrono in maniera routinaria alla contenzione fisica, è necessario capire perché i consumi di psicofarmaci crescono in maniera incontrollata, è necessario interrogarsi ancora una volta sull’utilità e il danno di pratiche violente come l’elettrochoc. È necessario elaborare il nuovo progetto-obiettivo sulla salute mentale, che manca dal 2000. È necessario che le Regioni e le ASL destinino realmente il 5% dei fondi sanitari alla salute mentale, e verifichino il buon uso di questi fondi. È necessario sostenere e incoraggiare i Comuni e tutte le altre realtà territoriali, associative e cooperative che lavorano nel campo. È necessario valutarne correttamente l’operato. È necessario investire del problema la comunità tutta, perché il disagio psicologico non è mai soltanto il disagio di un individuo, ma è qualcosa che riguarda e chiama in causa ciascuno di noi. C’è molto da fare, il cammino per arrivare ad una prassi realmente umana e rispettosa dei diritti degli utenti non è certo concluso, ma la direzione è segnata, ed è in quella direzione che bisogna muoversi. Le facili soluzioni, le battute estemporanee, il tentativo di occultare nuovamente il problema rinchiudendolo entro mura “protette” e confinandolo nelle mani dei “tecnici della psiche”, sono manierismi smaccatamente strumentali, subordinati a logiche di interessi costituiti, mentre trascurano il solo interesse legittimo e inviolabile in tutta questa faccenda: quello degli utenti e di chi ne condivide le difficoltà.
29 dicembre 2005 |