(050904) INTERVISTA DI CARLO PODDA A  LIBERAZIONE: "AL CONGRESSO  IL CONTRIBUTO SU DEMOCRAZIA, PRECARI E BENI COMUNI"

Pubblichiamo di seguito il testo dell'intervista rilasciata sabato 24 settembre a Fabio Sebastiani da Carlo Podda, Segretario generale Fp Cgil, al quotidiano Liberazione.



Carlo Podda è il segretario del sindacato dei pubblici dipendenti della Cgil (Fp-Cgil). La sua organizzazione ha deciso di affrontare il quindicesimo congresso della Cgil presentando alcuni emendamenti a temi centrali del dibattito, come democrazia, precarietà e politica economica.

Come vi comporterete al congresso della Cgil?

Premesso che ognuno sarà libero di votare la tesi che più ritiene opportuna, noi pensiamo di presentare alcuni emendamenti. Li abbiamo elaborati come segreteria, ma sono il frutto dei ragionamenti fatti e condivisi nella conferenza di programma di fine giugno.

Su quali temi avete incentrato la vostra attenzione?

Tre le questioni al centro della nostra riflessione. La prima riguarda la privatizzazione e il rapporto pubblico/privato, nella quale noi sosteniamo, con più forza di quanto faccia la tesi numero quattro, la necessità di acquisire il concetto di bene comune e per questa via affermare che siamo contrari alla privatizzazione di acqua, salute, istruzione e cultura. Sosteniamo la necessità che per quanto riguarda i servizi pubblici di rilevanza generale, come ad esempio l'energia, le privatizzazioni vengano valutate a partire dai risultati prodotti per gli utenti. Occorrerebbe chiedersi, insomma, cosa sono servite se non hanno prodotto un miglioramento qualitativo e una convenienza sui costi o addirittura un ampliamento del servizio.

Alla conferenza programmatica parlaste anche di precarietà nel pubblico impiego. Anche su questo c'è un emendamento?

Chiediamo il superamento del precariato nel lavoro pubblico, anche attraverso una legge. Nella pubblica amministrazione sono almeno trecentomila i lavoratori precari. A dirlo è la Ragioneria generale dello Stato.

C'è un vostro punto di vista anche sulla democrazia?

Per quanto riguarda le tesi sulla democrazia, il nostro emendamento innanzitutto prevede come ineliminabile il vincolo del mandato attraverso il voto dei lavoratori. Abbiamo però aggiunto la richiesta di una legge sulla rappresentanza che partendo dal testo già esistente nel Pubblico impiego progredisca verso la questione del referendum; ovvero preveda la validazione di tutti gli accordi e piattaforme da parte delle rappresentanze sindacali unitarie e la possibilità di chiedere un referendum abrogativo dell'intesa da parte di un congruo numero di lavoratori o di una loro rappresentanza sindacale.

In che modo queste vostre proposte dovrebbero migliorare il profilo del congresso?

Il motivo principale è che nonostante il grande passo in avanti rappresentato dal congresso a tesi, e non su documenti contrapposti, ci sembra che nell'organizzazione ci sia il rischio di ricostruire posizionamenti e schieramenti. Il congresso rischia di non essere quella grande occasione di confronto che tutti auspichiamo ma di conta e nient'altro. Vorremmo provare ad approfondire la discussione di merito, insomma.

Ma con il "documento dei 12" il passo è andato in tutt'altra direzione...

Il cosiddetto documento dei 12 poteva essere strumentalizzato e male interpretato. La lettura che io do è che quel documento garantisce tutti i pluralismi del congresso. Così ha specificato il segretario generale Guglielmo Epifani nel corso dell'ultimo direttivo nazionale.

Tra i temi di questo congresso c'è anche quello dei contratti. Cosa pensi di questa fase in cui la Confindustria, e Cisl e Uil, prova a forzare la mano alla Cgil?

Continuare a discutere della difesa e del miglioramento delle condizioni materiali dei lavoratori avendo come riferimento i soli contratti è un errore. Il contratto non basta. Va messo mano al fisco e ai servizi. E' così che viene fuori una considerazione chiara sul potere d'acquisto. Certo, rimane intatta la questione della redistribuzione del reddito dalle imprese verso i lavoratori.

Non siete allarmati dal fatto che all'Economia è tornato Tremonti?

L'accordo siglato a maggio, chiuso con Siniscalco, vale un miliardo di euro e bisogna che ci sia una norma in finanziaria che renda disponibili quei soldi. Ma dovranno anche decidere le risorse per il nuovo del quadriennio perché a dicembre ci aspetta una nuova scadenza. Quel che si dice è che il governo non intende mettere un euro che è uno. Non sottovaluterei che sia tornato a fare il ministro Tremonti, che ha sempre messo grandi ostacoli alla conclusione dei contratti.

 

24 settembre 2005