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Relazione di Antonella Morga
Care compagne cari compagni, invitate e invitati tutti, grazie per essere qui. Oggi si apre il nostro 8° Congresso regionale di Funzione Pubblica della Puglia, che si concluderà domani e spero sia occasione proficua per dibattere e per fornire, da categoria importante e forte quale siamo, un contributo fecondo al dibattito congressuale e all’elaborazione dei documenti finali. Abbiamo voluto tener questo nostro appuntamento in un luogo di lavoro, scelta non casuale, perché il lavoro, e in particolare il lavoro pubblico, è uno degli elementi essenziali per riprogettare il Paese. Stare tra le lavoratrici ed i lavoratori, in un posto di lavoro, che per effetto del decreto Sirchia sulla riforma degli IRRCS, rischiava di essere trasformato in fondazione, e che ha scampato questo pericolo anche grazie alla positiva posizione della nostra Giunta Regionale, è per noi motivo di orgoglio. Siamo alla conclusione di un prima fase del percorso congressuale che, cominciato ad ottobre scorso, ci ha visto organizzare nella nostra regione 279 assemblee di base che hanno coinvolto nel dibattito 9.597 iscritti, con una percentuale di adesione , rispetto al numero degli aderenti alla nostra O.S. pari al 60,66% e tenere tutti i congressi comprensoriali di categoria. Questo risultato, di cui deve andare fiera tutta la F.P. CGIL Puglia, ci pone al primo posto nella regione per numero di partecipanti alla discussione e al voto ed è superiore di circa il 50% rispetto al dato del precedente congresso del 2001. La straordinarietà di questo dato deriva dalla coinvolgente e forte partecipazione al dibattito che è stato alto e di grande qualità. Un obiettivo riuscito grazie al lavoro ingente che in questi mesi hanno sopportato le compagne ed i compagni, le/i segretari aziendali, le/i nostri dirigenti, svolto contemporaneamente agli altri impegni ordinari e straordinari, quali le iniziative a sostegno dei rinnovi contrattuali e dello sciopero generale del 25 novembre scorso. Ho partecipato a molte assemblee di base e a tutti i congressi comprensoriali e devo ammettere di aver trovato un livello di discussione, una qualità del dibattito, una rinnovata partecipazione delle donne, dei giovani, dei precari, di rappresentanti delle istituzioni ai vari livelli, della cultura, delle associazioni e degli utenti, che mostra una ottima salute della categoria e che ha colto la sfida di fare di questo congresso un importante occasione di confronto con il Paese. Ed è quello che mi auguro riusciremo a svolgere nelle nostre due giornate, grazie anche al contributo dai nostri tanti ed importanti ospiti.
I motivi della nostra proposta. A luglio quando abbiamo varato il documento e le tesi congressuali, di quello che dopo molti anni tornava ad essere un congresso unitario,ci siamo posti l’ambizioso obiettivo di parlare al paese, agli altri sindacati, alle istituzioni, ai movimenti, alla società civile e a quei partiti che ambiscono a vincere le future elezioni politiche del 2006, indicando le priorità per uscire dalla crisi e dal declino economico, sociale, morale, etico, ambientale, democratico e istituzionale che ormai ha segnato e devastato pesantemente il nostro paese, rimettendo al centro delle rivendicazioni il lavoro. Abbiamo anche per questo parlato di “riprogettare il paese”, una rivendicazione forte, ambiziosa ma l’unica possibile per portare l’Italia fuori da una crisi senza precedenti. L’abbiamo voluto proporre, forti della nostra autonomia, rivendicando di poter continuare a svolgere il ruolo che ha contraddistinto la nostra azione di 5 anni di opposizione alle politiche del centro-destra, consapevoli oggi, a fronte dell’aumentato consenso nel numero degli iscritti e della nostra storia centenaria, di essere uno tra i più rappresentativi e più amati soggetti sociali della nostra società. Per questo proponiamo e indichiamo strade e soluzioni che vadano anche aldilà delle scelte e delle azioni politiche svolte dai precedenti governi di centro-sinistra. Perché, anche se non ci fa piacere ricordarlo, abbiamo avuto Berlusconi al governo per responsabilità del centro-sinistra, il quale ha anche il triste primato di aver aperto su molte questioni varchi che oggi sono divenute vere e proprie emergenze sociali, come la precarietà del lavoro, su cui tornerò in seguito.
La globalizzazione, lo scenario internazionale, l’Europa, i movimenti.
La globalizzazione ha aumentato le disuguaglianze nel mondo perché guidata da una spregiudicata azione mercantile senza regole e senza diritti. Dice Carlo Podda nella 2°Conferenza Programmatica della F.P.: ”solo il permanere nel mondo di così forti differenziali di benessere sociale ed economico consente ad una globalizzazione, improntata fortemente alla finanziarizzazione dell’economia, di rastrellare in tempi di ore e giorni, i profitti di cui la stessa globalizzazione si nutre. E se l’assenza di regole sul mercato non basta, si prosegue con il ricorso alla guerra. Molti in questi anni ci hanno parlato dei profitti che verranno dalla ricostruzione e dall’acquisizione delle riserve petrolifere in Iraq”. E’ questo che può motivare morte e distruzione? Lo scenario internazionale risente della scelta sbagliata ed unilaterale di invadere da parte degli USA l’Iraq e la non condanna di quell’atto da parte del nostro governo che, pur non alleandosi direttamente, ne ha poi di fatto sostenuto l’azione. E’ stata questa un’ ulteriore violazione della nostra Carta Costituzionale che all’art. 11 prevede il ripudio della guerra. Ma anche questa scelta quanto ha risentito della decisione, a nostro avviso sbagliata, di appoggiare l’intervento militare italiano in Kosovo da parte del governo D’Alema? Purtroppo quel conflitto sbagliato, fuori da ogni regola internazionale non ha portato la democrazia in quel Paese, non ha pacificato il medio-oriente, non ha sconfitto il terrorismo, che invece da questo conflitto ha tratto nuova linfa e si è ancor di più irrobustito. Le torture di Abu Graib, il fosforo bianco, l’<annichiliscilo> dei nostri soldati andati lì non certo in missione di pace!. Mi chiedo e vi chiedo dove sta in tutto ciò il rispetto e la dignità dell’uomo? Per questo bisogna dire ”no alla guerra” ad ogni guerra e sostenere con forza quanto diceva Ghandi: ”non esiste una via alla pace, la pace è la via”. Anche per questo ritengo, come la gran parte del paese pensa, che il ritiro delle nostre truppe non sia più procrastinabile e debba diventare una delle priorità del futuro governo. Rispetto all’Europa, quello che rischia di diventare, se non si inverte immediatamente la linea che la porta ad essere non unione di diritti, di uguaglianze ma solo autorità economica, è qualcosa di ben diverso rispetto ai principi che l’hanno costituita. La Commissione Europea, negli anni presieduta da Romano Prodi, invece di avere la funzione di promuovere l’armonizzazione progressiva della legislazione sui diritti dei diversi stati membri, così come indica il trattato per la Costituzione europea, promuove una pericolosa direttiva come la Bolkestein. Noi ci siamo opposti con la veemenza necessaria a questa direttiva, siamo stati tra i primi a lanciare l’allarme sulla pericolosa possibilità che servizi pubblici come la salute, l’istruzione la cultura, l’acqua sarebbero state sottoposte alle regole di mercato per effetto della famosa clausola del diritto del paese d’origine. Le numerose azioni svolte nell’ambito del FSESP(sindacato dei servizi pubblici europei), le manifestazioni, da ultima quella tenutasi in diversi stati europei il 15 ottobre 2005,l’alacre e costante lavoro svolto dal nostro segretario generale Carlo Podda, dal nostro ufficio internazionale e da ultimo da Rosa Ravanelli ,che è presente ai nostri lavori, hanno in parte cambiato i contenuti della direttiva incriminata. Non basta e l’azione deve continuare fino a che non ne otterremo la cancellazione, magari puntando su aperture favorevoli come quelle che paiono venire dal presidente di turno della UE l’austriaco Schussel, che ha detto che la direttiva è da rifare. Sono stati anche questi i rischi che possono aver contribuito a bocciare, oltre le sicure strumentalizzazioni xenofobe, nazionaliste ed antieuropee, in Francia, in Danimarca e in Svezia la costituzione europea. Quello che di positivo si è contrapposto in questi anni alla follia bellica e alle invasioni globalizzanti sono certamente stati i movimenti internazionali e nazionali, a cui sicuramente la CGIL, con la straordinaria e milionaria manifestazione del 23 marzo 2002 e con la forte e convinta iniziativa messa in essere con il popolo della pace, ha dato un fondamentale contributo. In milioni in Italia come nel mondo abbiamo rivendicato pace,equità,giustizia e protezione sociale, un’idea di sviluppo che assuma come profilo la qualità e come limiti invalicabili i diritti umani e del lavoro,la sostenibilità ambientale. E’ anche per questo che continuiamo a rivendicare che il sindacato, i movimenti, la società civile, i soggetti della mediazione sociale devono tornare ad essere interlocutori autorevoli della politica perché si crei un evidente cambiamento nell’azione di governo.
Partecipazione, democrazia dal basso, nuovo protagonismo sociale.
Se i movimenti sono
stati la vera novità di questi anni bene ha fatto la CGIL a voler sancire
con essi uno stretto connubio ed a farsi da essi positivamente
contaminare. E’ stato senz’altro quest’insieme di forze a cui ,dopo la fase oscura della firma del “patto per l’Italia”, si sono di seguito aggiunte la CISL e la UIL, ma anche il nuovo vertice di Confindustria guidato da Montezemolo, che hanno determinato il nuovo fronte aperto di scontro sulle politiche economiche e sociali del Governo Berlusconi. Ma le novità delle reazioni alle politiche della destra le abbiamo sperimentate in tutti gli appuntamenti elettorali che si sono susseguiti dopo il 2001. Questi risultati sono stati il frutto di un risveglio, di una crescente convinzione che chi governava il paese non aveva la maggioranza del consenso elettorale e quindi “leccate le ferite”della sonora sconfitta dentro il variegato insieme delle forze del centro-sinistra era indispensabile reagire a quella che,sempre più, si mostrava come una “dittatura”parlamentare. Le primarie sono state l’ultimo segnale di quanto forte è il bisogno di cambiamento e di quanto è fondamentale che i partiti del centro-sinistra si facciano immediatamente carico delle vere priorità del paese e la finiscano di preoccuparsi delle forme partitiche della coalizione. Dei contenitori alla gente interessa poco, quello che conta sono i contenuti. E a proposito di contenuti mi corre l’esigenza di condividere una serie di osservazioni che da Foa ad Epifani sono state espresse a proposito della scalata di Unipol a BNL e del ruolo avuto dai vertici dei DS in questa vicenda . Dice Foa : ”Se la sinistra vuole continuare ad essere tale, deve pensare che a fronte degli smodati guadagni nelle mani di poca gente c’è sempre qualcuno che paga e in questo caso sono i milioni di persone che soffrono a causa della crescita dei prezzi, mentre i salari restano fermi, per il dissesto dei servizi pubblici, delle scuole, della sanità. Penso all’enorme quantità di persone che pagano per gli immensi guadagni dei pochi che non investono e non producono beni e servizi, ma traggono profitto dalla speculazione finanziaria e dall’aumento dei prezzi. Noi stiamo, la sinistra sta con i molti che pagano, non con chi guadagna fior di quattrini con la speculazione. E rispetto alla missione delle COOP penso che debbano autoriformarsi tenendo fede ai principi di onestà, efficienza, e solidarietà. Guai se si uniformassero alle multinazionali”. Stesso principio sostenuto anche da Guglielmo Epifani che aggiunge: ”La sinistra sia più vicina ai lavoratori, ai metalmeccanici più che ai banchieri”. E questo in sintesi ciò che chiediamo ai Ds e agli altri partiti del centro-sinistra: si faccia in fretta il programma e appaiano con chiarezza le scelte politiche, economiche, sociali, ambientali, istituzionali per portare le persone, in carne ed ossa, il paese, quello reale, non certo quello millantato dalle televisioni spazzatura, fuori dalla crisi.
Lo facciano ora con i
contenuti del nostro congresso anche perché “prevenire
Il paese e la sua crisi.
Quale è la condizione in cui si trova l’Italia. Con il rientro di Tremonti all’Economia il Governo ha costruito 3 manovre in poche settimane, con una stangata finale da 28 miliardi di euro, per evitare che il rapporto deficit-PIL sfondasse il tetto del 5%. Tutto questo da’ il senso di un’economia stremata, ormai al collasso, con una continua perdita di competitività e senza nessuna misura necessaria che porti ad un’inversione di tendenza. Avanzano le economie asiatiche e quella americana, crescono i nostri partners europei, mentre noi rimaniamo ben ultimi con una crescite di poco sopra lo 0. Quindi l’Italia è la grande malata d’Europa. E’ oggi un paese diviso, disgregato, insicuro, dove sono aumentate le disuguaglianze e si sono impoverite intere fasce sociali tra cui giovani, donne e anziani. Sei scioperi generali abbiamo messo in campo in questi 5 anni per rivendicare politiche economiche e sociali eque e redistributive, per chiedere un adeguato e pressante controllo sui prezzi e sulle tariffe che hanno impoverito la gran parte della popolazione. Niente di tutto ciò è avvenuto. Si è allargato il divario sociale tra quel 10% di ricchi che si distribuisce il 50% della ricchezza nazionale e il resto della popolazione. Questo ristretto numero di privilegiati è stato spudoratamente agevolato e sostenuto dal Governo, che continua, grazie anche al buon esempio che da’ il Presidente del Consiglio, a non pagare le tasse, ad usufruire di condoni, una tantum ed altre forme che hanno alimentato l’evasione fiscale, rendendo ancora più grave il divario economico con il resto della popolazione. Abbiamo assistito all’ennesima finanziaria approvata con voto di fiducia, che ha ancora una volta espropriato il Parlamento, che non rilancerà l’economia italiana, nonostante il salasso dei 28 miliardi di euro, che non produrrà sviluppo, non restituisce il fiscal-drag, non tutela il reddito dal lavoro dipendente e dei pensionati, che taglia la spesa sociale,salassa le AA.LL.e le Regioni, non finanzia i contratti del pubblico impiego. Un’ennesima manovra elettorale che però premia i soliti noti e gli “amici” dei governanti. Con l’ultima Finanziaria è stato colpito il lavoro pubblico e le PP.AA., a cui saranno tagliati circa 100.000 posti di lavoro, quei precari, quelli che lavorano al nostro fianco, spesso senza diritti e senza tutele e per la stabilizzazione dei quali abbiamo deciso di dare priorità alle nostre rivendicazioni. Oltre a non essere state stanziate le risorse per i rinnovi contrattuali scaduti e da rinnovare, ci hanno scippato anche le risorse del salario accessorio che è stato bloccato agli importi del 2004. Mentre plaudiamo alla positiva conclusione della vertenza relativa al contratto dei metalmeccanici,ci preoccupa la pressione esercitata da Confindustria,sostenuta da Pezzotta,di riaprire in tutta fretta il confronto sul modello contrattuale. E’ forse come dice Epifani un tentativo per rimettere in angolo la CGIL? Ma torniamo al rinnovo dei contratti del P.I. dove si è ormai superata la soglia di sopportazione. Mancano a tutt’oggi all’appello del riconoscimento del 2° biennio economico 2004/5 la gran parte dei comparti pubblici. Forse il 26 p.v. si riesce a chiudere, dopo le numerose manifestazioni svolte in tutte le regioni, il rinnovo della Sanità pubblica, mentre per la privata siamo ancora al ragionamento sulle quantità economiche;per le AALL, dopo inenarrabili ritardi, è stata finalmente licenziata la direttiva del comitato di settore e quindi attendiamo l’apertura del tavolo; per le Agenzie Fiscali abbiamo manifestato il 16 gennaio in tutta Italia per la chiusura della vertenza; per la dirigenza delle AALL è vergognoso il ritardo nella definizione ancora del primo biennio, a seguito di richieste di chiarimenti della Corte dei Conti, che stanno determinando ingiustificati e pretestuosi ritardi, mentre nulla è dato sapere per il secondo biennio; per tutta l’area della dirigenza medica, STPA, dell’area 1 abbiamo appena saputo della prevista convocazione per il 25 p.v.. Stessa difficoltà la registriamo nel comparto socio-sanitario e nei segretari comunali dove manca all’appello ancora il quadriennio normativo e il primo biennio economico. Si continua a portare, anche attraverso queste sistematiche azioni di messa in discussione del fondamentale diritto al contratto nazionale, l’attacco al lavoro pubblico, che ha assunto in questi anni le caratteristiche di una vera e propria campagna di aggressione. E dove è finito il Mezzogiorno ben ultimo capitolo dell’agenda politica del governo di centro-destra? Bisogna ripartire dalla centralità del Mezzogiorno per il suo rilancio, per un nuovo sviluppo occupazionale, politico e sociale. Bene hanno fatto CGIL,CISL,UIL, i Presidenti delle regioni meridionali e gli industriali, a Reggio Calabria lo scorso 17 dicembre,a condividere un patto per salvare e rilanciare il Mezzogiorno contro il Governo che lo ha dimenticato. Aiuta sicuramente il rilancio e il risveglio del SUD la reazione forte e straordinariamente partecipata dei giovani di Locri, seguita al barbaro omicidio del Vicepresidente della Regione Calabria Giuseppe Fortugno. In quella scioccante affermazione<ammazzateci tutti>c’è il senso ed il riscatto dalla mafia e dall’illegalità che possono portare le nuove generazioni meridionali. Lo stato sociale e i diritti fondamentali di cittadinanza in cinque anni di politiche liberiste sono stati devastati. La giustizia piegata e addomesticata per fini politici e personali di chi siede al Governo. La giustizia è un’altra delle emergenze dell’Italia. Le troppe leggi ad personam e la riforma dell’ordinamento giudiziario hanno reso questo diritto costituzionale non più uguale per tutti. Vanno azzerate tutte le leggi vergogna, vanno sospesi i decreti attuativi della riforma dell’ordinamento giudiziario, va fatta un seria politica di investimento sul personale e sulle strutture. Quale risposta obbiettiva ed imparziale può dare un amministrazione giudiziaria che vanta oltre 7.000 vuoti d’organico tra il personale amministrativo, per il quale ad oggi ancora non si è proceduto alla riqualificazione professionale, che non dà prospettive di stabilizzazione a 1.850 precari ex LSU, che taglia drasticamente risorse finanziarie tanto che i magistrati debbano fare le collette per comprare la carta ? La democrazia è stata offesa dai continui attacchi e dalla messa in discussione della Costituzione. La legge elettorale truffa e la riforma costituzionale recentemente approvata sono la dimostrazione di un disegno politico di sostituzione dello Stato costituzionale come l’avevamo conosciuto. Sono certa che il referendum abrogativo della riforma costituzionale, per cui dal 17 dicembre scorso è partita la raccolta delle firme e al quale comitato abbiamo come CGIL aderito da subito, spazzerà via questa brutta e pericolosa riforma, che rompe l’unità nazionale, che da’ al Presidente del Consiglio un potere spropositato, che relega il Capo dello Stato ad un ruolo meramente notarile. L’etica pubblica è stata, dai rappresentanti al Governo, messa sotto i piedi . Il non aver affrontato la legge sul conflitto d’interessi ha aperto varchi alla gestione personale della politica da parte del Presidente del Consiglio. Abbiamo, a partire da Berlusconi, il parlamento più inquisito d’Europa. E’ il caso di sottolineare che esiste una coerenza drammatica tra le famose affermazioni di Lunardi che, dice:”con la mafia bisogna convivere” e la scelta dell’illegalità diventata strumento di governo. Infatti quando si fanno le sanatorie, le finanziarie basate sui condoni emerge un’idea di governo dello Stato fondato sul principio dell’illegalità e si interviene non solo in maniera massiccia sui diritti fondamentali delle persone, ma si colpisce anche una cultura, una storia civile di questo Stato, si sollecita una parte nascosta presente in ognuno di noi che ci spinge a trasgredire a fronte dell’imperante impunibilità. E’ questa un’idea dello Stato che si muove attraverso due forme: la deregolamentazione più selvaggia e l’assenza di controlli. E’ questa la identica idea che ha generato la delega ambientale, ovvero il via libera allo sfascio! Il decreto legislativo di riordino della normativa ambientale passato, il 12 gennaio nelle commissioni Ambiente di Camera e Senato con l’opposizione del centro-sinistra, è palesemente incostituzionale. Sottrae competenze alle Regioni in materie di pertinenza quali acque e acquedotti, rifiuti, fognature, difesa del territorio, impianti di smaltimento, bonifiche. Da mesi ormai unitariamente il sindacato confederale e di categoria dell’Igiene Ambientale protestano contro questa nefasta riforma, che annulla il decreto Ronchi, che riporterà la politica dei rifiuti all’anno 0. Per questo abbiamo prolungato lo sciopero il 25 novembre scorso all’intera giornata, per questo sciopereremo e terremo una manifestazione nazionale il prossimo 27 gennaio a Roma. Con questa delega diminuisce la qualità dell’ambiente, si creano seri pregiudizi alla salute pubblica, si smantella l’assetto sazionatorio per la violazione delle leggi ambientali, si disegna un sistema di governo di carattere spiccatamente centralista, si scardina l’attuale sistema di controllo e di gestione. Lo stesso centralismo che ha guidato un'altra controriforma che si è abbattuta sul lavoro pubblico: la ripubblicizzazione del rapporto di lavoro dei Vigili del Fuoco attuatosi con la legge 252 del 2004. Questa legge ha cancellato la possibilità di fare dei VVF gli operatori dell’emergenza in un contesto di riforme costituzionali che li avrebbero meglio collocati nel sistema regionale di protezione civile, pur nella centralità di una collocazione a mio avviso fuori dal Ministero degli Interni. Andava in tal senso la naufragata, per motivi che ancora bruciano alla nostra storia sindacale, l’ Agenzia di Protezione Civile collocata nella Presidenza del Consiglio. Quel disegno non passò, prima per responsabilità di D’alema e del lavoro svolto nella commissione bicamerale, poi fu definitivamente sconfitto perché travolto dallo scandalo della missione “Arcobaleno”.
Non è stato
certo meno grave l’attacco portato dal Centro-destra a quello che è il
nostro straordinario patrimonio storico, archeologico, artistico e
culturale attraverso la “cartolarizzazzione”, una ignobile trovata per
vendersi anche i ”beni di famiglia”, quelli che rendono l’Italia tra le
nazioni più visitate dal turismo perché famosi nel mondo sono i nostri
Beni Culturali. Questo bollettino di guerra ha bisogno di essere messo in discussione attraverso politiche che vadano in segno diametralmente opposto e che, appunto come noi proponiamo, “riprogettino”il paese. Per risanare il paese, per ridargli speranza, per “riprogettarlo “c’è bisogno di un'altra maggioranza al governo e quindi è fondamentale e prioritario mandare a casa alle prossime politiche Berlusconi e il centro-destra. Con la proposta congressuale, attuale più che mai in questo momento di grande precarietà ed incertezza sociale e politica, diciamo che bisogna ripartire dal lavoro, dai saperi, dai diritti, dall’uguaglianza. Bisogna riportare centrale il lavoro nelle scelte della politica e del governo perché il lavoratore torni ad essere protagonista e si inverta la tendenza e l’esasperazione della precarietà introdotta dalla L.30. Per questo senza incertezze,che purtroppo continuiamo a registrare anche nel centro-sinistra, bisogna dire che la L.30 va abrogata” senza se e senza ma”.
Così come le
leggi Moratti che hanno reso la scuola pubblica, l’università, la ricerca
più deboli a tutto vantaggio delle scuole private ,che da ultimo e per un
ennesima volta con la legge finanziaria sono state premiate attraverso i
“bonus” della Ministra. Stessa decisione che ci aspettiamo anche per la Bossi-Fini e per la Gasparri. Bisogna fermare l’ondata reazionaria del centro-destra che ormai sta smantellando le conquiste e le riforme democratiche che facevano dell’Italia uno stato di opportunità e di garanzie, un riferimento internazionale. Aborto, droghe, carceri, manicomi: nulla viene risparmiato, stiamo tornando agli anni 50! In questo scellerato mix tra interessi di stato e di chiesa c’è un filo comune che unisce tutti questi passi. C’è bisogno con forza di riaffermare la laicità dello stato, perché la chiesa sta assumendo tratti di invasione nella politica estremamente pericolosi. E non vedo anche a sinistra una netta presa di distanza dalle affermazioni del cardinale Ruini. Anzi avverto anche in questo schieramento un imbarazzo, una sottomissione, una “redenzione” religiosa che ha colpito diversi esponenti storicamente laici, che non fa chiarezza nella distinzione del rapporto tra lo stato e la chiesa. Abbiamo anche per questo forse perso il referendum sulla procreazione assistita! Per fortuna le donne il 14 gennaio scorso sono” uscite dal silenzio”, si sono auto organizzate e in 200.000 a Milano hanno ripreso voce pubblica a sostegno della 194. Così come sui Pacs e sul concetto di” famiglie “ci aspettiamo una chiara ed evidente azione che riconosca queste unioni e dia loro riconoscimenti e pari diritti. Va in questo senso la revisione della legge regionale 17 dell’assessore alla Solidarietà della Puglia Elena Gentile, su cui tornerò in seguito. Sulla droga insieme a tante altre associazioni ed istituzioni locali abbiamo provato a smontare la riforma Fini, che potrebbe essere approvata in quest’ultimo scorcio di legislatura. Sul carcere continuiamo a fare iniziative e a lanciare l’allarme per una situazione arrivata alla soglia di guardia. 60.000 sono i detenuti presenti nelle carceri italiane a fronte di una capienza degli istituti penitenziari di 35.000 posti. Ad aggravare la situazione hanno contribuito la cancellazione della Gozzini, la approvazione della ex Cirielli, la decisione ultima del Parlamento, a cui hanno contribuito schieramenti trasversali, di cancellare per il momento la possibilità di intervenire con un atto di clemenza utile a dare una risposta a quella che è ormai diventata un’ emergenza. E ora siamo alla messa in discussione della riforma 180 e della proposta di Storace di riaprire i manicomi. Su questo fronte abbiamo provato in questi anni a tenere un’azione forte a difesa di una legge che fa scuola in tutto il mondo. E la nostra adesione larga e convinta al “Forum sulla salute mentale” che difende la legge Basaglia e che rivendica alle Regioni la sua piena e buona applicazione è il segno di come non va abbassata la guardia perché il tentativo di ritorno al passato, a norme oscurantiste è una realtà. E’ stato anche per questo che ci siamo fatti promotori e abbiamo voluto tenere in Puglia a settembre scorso l’ assemblea nazionale del Forum delle regioni meridionali che ha avuto un grande successo di pubblico e di tanti e qualificati interventi istituzionali. Insomma abbiamo un paese in “macerie” che va ricostruito, a cui bisogna restituire fiducia, crescita, sviluppo al quale va proposta una speranza di liberazione dal peggior governo liberista che la storia italiana del dopoguerra abbia mai avuto. C’è bisogno di uscire definitivamente dalla teoria, il cui innamoramento è stato per anni anche in ampi strati del centro-sinistra, ”meno Stato, più mercato” che tanti danni ha fatto alla nostra società. E non può essere certo la mediazione al ribasso di Rutelli, ovvero più Stato, più mercato, la soluzione. Le privatizzazioni, le liberalizzazioni sono costate di più, non hanno migliorato la qualità dei servizi,si sono rilevate meno sicure(basta vedere quanto di preoccupante sta avvenendo nelle Ferrovie ), hanno aperto il varco a situazioni, specie nel mercato del lavoro, di veri e propri fenomeni di dumping sociale e non hanno portato risparmi. Per questo noi proviamo con le nostre proposte ad indicare la strada e le soluzioni per uscire dalla crisi. Alcune, quelle che per noi possono rappresentare una priorità proviamo ad indicarle nel titolo del nostro congresso.
Il lavoro, la sua centralità, la qualità.
Primo obiettivo fondamentale per portare il paese fuori dalla crisi è quello di investire sulla qualità del lavoro. Il lavoro stabile e a tempo indeterminato deve diventare costanza delle scelte politiche del futuro governo e si devono superare tutte le forme di lavoro precario, una piaga che permea e rende insicure intere generazioni e numerose fasce sociali. Per questo come già detto prima la CGIL intende lanciare una forte iniziativa per un occupazione stabile e duratura, che elimini ogni forma di precarizzazione, che cancelli la L.30.
Più stato sociale.
Le tesi del nostro congresso affermano che il Welfare non deve essere un costo da contenere, ma un investimento nel patrimonio più importante del nostro paese: le persone. Gi obiettivi di sicurezza e di coesione sociale sono anche fattori attivi di uno sviluppo di qualità. Lo sviluppo del welfare può anche diventare un’occasione per efficientare il sistema. La disgregazione e il disagio sociale non sono solo causa di malessere per le persone che le subiscono, ma diventano fonte di insicurezza per intere comunità. Ecco perché per invertire il declino del paese c’è bisogno a nostro avviso di uno stato sociale rafforzato, inteso come fattore di sviluppo e di redistribuzione. Per realizzare ciò va portata la spesa sociale italiana ai livelli della media europea e va invertita la tendenza di questi anni che l’ha fatta ritrarre enormemente. Più protezione sociale, più garanzie per gli ultimi, per chi è senza diritti e senza lavoro, per gli immigrati, per i non autosufficienti, all’assistenza dei quali va previsto l’istituzione di un fondo nazionale ad hoc, per l’infanzia. La vertenza nazionale messa in campo dalla CGIL, FP ed FLC chiede il superamento per i nidi di servizi a domanda individuale, rilanciando l’obiettivo, stabilito dalla UE e da Lisbona, di rendere entro il 2010 il 33% della fascia formativa da 0 a 3 anni, dando immediata soluzione alle scuole per l’infanzia pubbliche. Potenziare e qualificare la spesa sociale e i servizi pubblici utili al suo espletamento per rendere lo stato sociale inclusivo. Per fare questo c’è bisogno di un maggiore ruolo del pubblico, di un privato accreditato che completi e si affianchi al pubblico, rispettando i contratti e riconoscendo i diritti di chi vi lavora . Per realizzare questo modello sociale, che noi vogliamo avanzato e per il quale guardiamo ad esempi quali la Svezia, c’è bisogno che nel nostro paese si faccia una attenta ed equa politica fiscale, improntata sulla progressività del prelievo, che ci sia un forte impulso alla lotta all’evasione fiscale e uno straordinario contrasto al lavoro nero e al sommerso. E’ necessario soprattutto spostare il carico fiscale e contributivo dal lavoro e dagli investimenti verso le rendite. Pagare le tasse è un dovere costituzionale e fondamento della democrazia.
Più diritti di cittadinanza, più servizio pubblico, più sviluppo.
Salute, istruzione, sicurezza sociale sono garantiti se c’è il servizio pubblico, che è esso stesso garanzia della cittadinanza. Bene abbiamo fatto a sottolineare e ad approfondire queste problematiche, che devono diventare priorità per tutta la confederazione, nella nostra Conferenza di Programma tenutasi a giugno scorso, non a caso prima dell’apertura formale del congresso nazionale. Sul valore del lavoro pubblico abbiamo vinto l’ultima campagna elettorale per il rinnovo delle RSU con uno slogan che racchiude il senso della nostra rivendicazione: ”Pubblico è meglio”. Le assi strategiche su cui si regge la nostra affermazione stanno nella sintesi delle 4 grandi opportunità di seguito elencate: 1) il lavoro pubblico garantisce i diritti fondamentali delle persone; 2) il lavoro pubblico produce sviluppo; 3) il lavoro pubblico è precondizione dell’insediamento economico e produttivo; 4) il lavoro pubblico è presidio e frontiera della legalità. Insomma al lavoro pubblico è affidata la gran parte del welfare, dello stare bene, del nostro paese. Noi abbiamo bisogno in particolare nel Mezzogiorno di ridefinire uno spazio pubblico. Perché è in particolare nel Sud, che si determina la contrazione degli spazi pubblici a seguito della frapposizione degli interessi privati di natura prevalentemente illegali e le attività economiche. Lo spazio pubblico è a nostro avviso nel Mezzogiorno quel luogo nel quale si definisce la capacità dell’intervento del ruolo pubblico nell’economia. Senza avere nostalgie per il sistema delle Partecipazioni Statali, penso che sia evidente a tutti che senza una guida da parte del pubblico nell’indirizzo delle politiche economiche, il mercato e le imprese non saranno in grado di autoregolarsi da sole. “C’è, quindi, bisogno ,come sostiene Carlo Podda, di una nuova politica economica del pubblico che non sia statalista-centralista. Abbiamo bisogno di un Stato, inteso come complessità delle istituzioni, che attribuisca un grande ruolo ai sistemi territoriali. Per questo le Regioni e le Autonomie Locali debbono riprendere la loro capacità di indirizzo dell’attività economica dei territori e per questo è utile, ragionare di un sistema delle Pubbliche Amministrazioni e non della Pubblica Amministrazione, come fosse un”moloch”indistinto. Così come abbiamo bisogno di tornare a separare l’amministrazione dalla politica, per restituire neutralità all’azione pubblica. Abbiamo bisogno specie al Sud di avere Pubbliche amministrazioni con missioni ridefinite, occupazione stabile, separazione dalla politica. Capaci di fare scelte nella selezione dei gruppi dirigenti improntate alla qualità e ai meriti professionali e non solo alle appartenenze politiche. Ancora cogenti sono i danni prodotti dalla legge Frattini sullo spoil-sistem ed è per questo che è necessaria un inversione di rotta, in una materia così delicata quale è questa, se sarà il centro-sinistra a conquistare il futuro governo del paese.
La nostra proposta per una Puglia dei cittadini.
Le proposte che sommariamente ho elencato sono esattamente trasferibili al confronto con la Giunta Regionale pugliese. Quella dell’aprile scorso è stata per la nostra Regione una grande e straordinaria vittoria per le tante novità che l’avevano caratterizzata: dalle primarie, al massiccio coinvolgimento dei movimenti, della società civile, al nostro essere direttamente scesi in campo a sostegno della candidatura di Vendola, con un programma da lui assunto quasi integralmente, dei tantissimi giovani, delle donne, della primavera pugliese che ritrovava nuova linfa per nuove vittorie. Scanzano e Melfi erano alle nostre spalle, ma erano anche la storia di un Sud che aveva voglia di rinascere, di contare. Il miracolo di esserci liberati del “reuccio”, dell’accentratore Fitto è stato il risultato a cui tutti abbiamo contribuito e del quale ancora oggi vogliamo provare a difenderne tutta la novità. Non tutto dall’inizio dell’esperienza del nuovo governo regionale è andato come ci saremmo aspettati. Forte e troppo agognata in noi era la necessità di un cambiamento radicale nella politica, il bisogno di tornare alla concertazione, alle scelte partecipate. Forse avevamo caricato di troppa attesa e di troppa tensione le nostre aspettative ed è per questo che le delusioni, le non risposte, le incomprensioni ci sono sembrate cocenti. La CGIL Funzione Pubblica e confederale hanno da subito e con nettezza posto le proprie critiche al Presidente Vendola chiedendo discontinuità rispetto al passato, liberi e forti della nostra autonomia. Dalla sanità, vero perno della vittoria elettorale, alla funzionalità della Amministrazione regionale, alle questioni ambientali, con particolare preoccupazione per l’emergenza ARPA, alle questioni del turismo e del ruolo degli APT, ai troppi e spregiudicati cambi di casacca di tanti funzionari e dirigenti per garantirsi sicura collocazione. Sulla delicata questione della sanità l’azione di critica è stata sinergica a quella confederale.
Dalla designazione dei
nuovi Direttori Generali a quella dei dirigenti sanitari e amministrativi,
non abbiamo guardato con favore ad una scelta basata sulle appartenenze di
partito piuttosto che sui meriti professionali. E certo questo non è
stato un buon biglietto di presentazione. Così come sulle linee del nuovo
Piano di Riordino Ospedaliero ci ha deluso un ritrovare troppo marcata
ancora l’attenzione sugli ospedali piuttosto che sui distretti e sulla non
più rinviabile integrazione socio-sanitaria, priorità su cui per altro sia
il Presidente che la Giunta si erano soffermati nella definizione della
legge n.12 del 12 agosto 2005. Purtroppo ci sono voluti mesi e qualche
critica aspra perché si comprendesse che sulla salute dei cittadini
pugliesi è così forte l’aspettativa che il confronto e la concertazione
devono vedere coinvolto in prima persona il Presidente. 1) fare fronte, pur nella difficoltà delle risorse determinatesi anche a seguito del buco di 73 milioni di euro ereditati da Fitto, alla stabilizzazione di tutto il precariato che ammonta a circa 4000 unità(ausiliari, autisti, infermieri, personale dei CUP, 118 e i 1300 della sanità privata rimasti per strada); 2) portare a conoscenza quanto prima il debito storico di ogni ASL, a partire da quella di Taranto che è tra i più alti, perché, e questo non è rassicurante, il vero deficit non è ancora definito; avere un quadro reale dell’ammontare della spesa farmaceutica utile alla verifica dell’impatto riveniente dall’esenzione introdotta sui tikets; 3) Dare indicazioni chiare ai vertici delle ASL per fare di ognuna di esse strutture trasparenti e non centri di potere ; 4) Ricomprendere nel “Decreto omnibus” le materie tenute fuori dalla legge 20/2005 di variazione al bilancio, quali l’accreditamento delle strutture private, l’adeguamento delle tariffe per le strutture ecclesiastiche, che avverrà non prescindendo dalla sottolineatura della centralità del servizio pubblico; 5) Avviare, appena terminata la fase di consultazione sul PSN( piano sanitario nazionale), la fase regionale del confronto su PSR(piano sanitario regionale)e sul PRO(piano di riordino ospedaliero); 6) Attivazione dell’integrazione socio-sanitaria e avvio dell’organizzazione dei distretti. Noi abbiamo chiesto che ci siano urgenti risposte sull’organizzazione del 118, che per la nostra regione è una vera emergenza sociale, e che, rispetto agli attacchi a leggi come la 194, la 180, le dipendenze patologiche poste in esser dal governo, ci siano prese di posizione chiare e forti a sostegno, per la salvaguardia, per la piena e buona applicazione di queste riforme, fari delle conquiste democratiche della nostra democrazia. Questa schiarita nei rapporti con la Giunta speriamo apra una nuova fase di relazioni sindacali anche nel comparto della sanità e a ricaduta in ogni struttura e in ogni ASL.
Sono stati
sicuramente segnali positivi la sigla del protocollo sulle relazioni
sindacali e le linee d’indirizzo relative all’art.7 del CCNL siglate con
l’Assessore Tedesco, così come la definizione dello accordo sugli OSS. Non vengono percepiti i segnali di cambiamento sulle liste di attesa; non viene attivata l’assistenza domiciliare per la insostenibile carenza d’organico; non parte l’integrazione tra sanità e sociale; tutto questo accresce la delusione. Per questo penso che anche da questo congresso deve partire forte l’appello a non mollare, a costruire con i cittadini, con le Istituzioni locali una forte alleanza a difesa del diritto alla salute.
E devo dire che
l’impegno preso dal Presidente Vendola e dall’assessore Tedesco, che sono
certa oggi ci ribadirà, ci porranno in una fase di attesa. Per la CGIL FP regionale e dei dipendenti regionali quel provvedimento continua a gridare vendetta e non sarà facile per noi recuperare un normale confronto e corrette relazioni sindacali con l’Assessore Minervini, nei confronti del quale rimane alto, in ogni caso, il rapporto di stima. Così come gli diciamo che sulle deleghe,sul decentramento delle funzioni agli EELL permane il silenzio nel confronto con le OOSS confederali e di categoria. Mi auguro che la sua presenza al nostro congresso sia foriera di riapertura del dialogo e di qualche notizia in merito. Importante e positivo invece è stato il giudizio espresso dalla categoria sull’operato degli Assessori Gentile e Losappio. Con Elena Gentile si è instaurato un confronto più che positivo visto che la concertazione sulla revisione della L.17 è stata superiore alle aspettative. Non credo che le OOSS della Puglia ricordassero un simile percorso negli anni addietro. Si è difatti realizzato che il provvedimento sia stato sottoposto al vaglio del sindacato,delle rappresentanze della cittadinanza attiva, degli operatori sociali, delle rappresentante dei genitori prima ancora del passaggio in Giunta, cosa che abbiamo accolto con il massimo di plauso. E questo nel metodo. Nel merito il disegno di legge titolato”Disciplina del sistema integrato dei servizi sociali per la dignità e il benessere delle persone e delle famiglie” è a nostro avviso una buona legge, certo suscettibile nei dettagli di possibili modifiche, che risponde a più di una esigenza, prima fra tutte quella di aver modificato la tanto contestata, anche da noi, legge sulla famiglia, la 5/2004. Avremo modo nella tavola rotonda di domani di affrontare con l’Assessora Gentile più nel dettaglio la positività del disegno di legge quadro sulle politiche sociali, ma alcune cose valgono la pena di una citazione. Prima fra tutte il riconoscimento delle famiglie di fatto, che come dicevamo in precedenza prelude alla definizione di una discussione nazionale sui Pacs; il superamento dei bonus e quindi un riconoscimento obbiettivo all’autodeterminazione della donna e alla legge 194 e un politica più organica della spesa sociale, che prova a tenere insieme infanzia, lavoro, casa, disabilità; sull’immigrazione la positività della proposta di un modello di integrazione che nei fatti superi la Bossi-Fini e possa rappresentare un esempio anche per le altre Regioni. E ciò a completamento della grande iniziativa diventata movimento nazionale, a cui convintamene da subito abbiamo aderito, contro la chiusura dei “lager”Cpt. Ora bisogna che si realizzi al più presto l’integrazione socio-sanitaria per rendere le novità della legge quadro evidenti e per far recuperare quanto prima la necessaria parte di protagonismo ai Comuni e alle Province. Sulle questioni ambientali sembra essersi aperta definitivamente una positiva e nuova fase, dopo la recente firma del protocollo d’intesa tra l’Assessore all’Ecologia Losappio e CGIL, CISL e UIL. E per questo che da noi non può che arrivare a Michele un cordiale e caloroso apprezzamento. Con tale accordo la Regione si impegna ad un confronto preventivo sulle più importanti scelte in materia ambientale, prima che le stesse assumano la veste di provvedimenti legislativi, tanto da decidere insieme ai sindacati le strategie su inquinamento, rifiuti, politiche energetiche. Come Funzione Pubblica regionale plaudiamo anche all’annunciata possibile revisione della legge istitutiva dell’ARPA, su cui molto abbiamo insistito e per la quale, come l’Assessore ha promesso, auspichiamo una riorganizzazione, a partire dal completamento della pianta organica, attraverso la stabilizzazione di tutto il precariato impiegato a vario titolo nell’Agenzia. Abbiamo già dato atto all’Assessore del giudizio positivo espresso rispetto alla solerzia e alla determinazione con cui ha cominciato a farsi carico del problema facendo introdurre nella legge di variazione al bilancio le risorse necessarie. Così come fidiamo non si protragga troppo oltre la nomina del futuro Direttore Generale, che per noi deve rispondere in termini di professionalità e competenza al mandato delicato che andrà a svolgere. Rimane da superare in materia di rifiuti la gestione commissariale straordinaria per passare quanto prima alla gestione ordinaria e alla programmazione di un territorio che si muove in maniera non organica, dove in assenza di coordinamento da parte degli ATO, in ogni realtà si rischia l’emergenza, come sta già avvenendo in diversi comuni del territorio tarantino. Bene l’aver puntato al forte investimento per la raccolta differenziata, su cui non mi farei però troppe utopistiche illusioni rispetto al raggiungimento del 55%,e l’aver bloccato l’eccesso di termovalorizzatori su cui la precedente giunta di centro-destra aveva già aggiudicato le gare. Ma su tutta questa materia urge l’apertura di un tavolo, di cui il Presidente si è già fatto carico. Non ho fatto per niente cenno finora al tema dei beni comuni e degli emendamenti che su questa tesi e sulle altre voteremo domani alla fine dei nostri lavori. Voglio non a caso riprenderlo ora che parlo del governo della regione per dire che sull’acqua in Puglia si è fatta una scelta rivoluzionaria. Aver detto no alla privatizzazione dell’AQP e l’aver messo a presiedere quell’Ente un difensore del bene comune acqua, come il professor Riccardo Petrella, è stata per me, che ho lottato insieme a Carlo Podda contro la privatizzazione dell’Acquedotto Pugliese, un’importante e straordinaria soddisfazione. Perché come diciamo nei nostri emendamenti i beni comuni sono indisponibili alle privatizzazioni. La funzione pubblica è anche Autonomie Locali. In questo comparto falcidiato economicamente dalle finanziarie di Tremonti e c. abbiamo provato a tenere un profilo alto del nostro ruolo in tutta l’importante e straordinaria contrattazione territoriale che ha realizzato i Piani Sociali di Zona. Forte è stata la sinergia e il lavoro unitario svolto con la confederazione, con il sindacato dei pensionati, ma anche con il sindacato della conoscenza. E il non scontato risultato di riuscire quasi in tutto il territorio a rispettare i tempi di attuazione previsti dal Piano Sociale Regionale è il segno di come la pratica utilizzata ha colto l’obiettivo ed è per questo che anche per il futuro va incrementata e potenziata. Il comparto AALL ha anche dato un principale e straordinario contributo alla “Vertenza infanzia” che da ultimo ci ha visto realizzare insieme alla CGIL e al sindacato della scuola l’ importante e partecipato convegno regionale dell’ottobre scorso. Abbiamo bisogno di riprendere in questo comparto quanto prima una riflessione a tutto campo, anche alla luce delle tante novità legislative intervenute sia a livello nazionale che regionale a partire dal delicato tema della riforma della Polizia Locale. Approfitto della presenza ai nostri lavori dell’Assessore Minervini per invitarlo a tenere su questa materia un profilo di confronto che eviti spinte a provvedimenti legislativi, in questa particolare fase politica e istituzionale a nostro avviso assolutamente inopportuni, dettati da spinte corporative. Abbiamo già fatto presente, la scorsa estate, quale è la nostra posizione, che a quanto mi risulta è condivisa anche da CISL e UIL. Così come in tutta la partita dei servizi all’impiego ci aspettiamo che le Province rilancino il ruolo pubblico di questi servizi e che la Regione quanto prima trasferisca le deleghe relative alla formazione professionale. Nelle Funzioni Centrali, pur riconoscendo il ruolo contrattuale che abbiamo svolto sui diversi tavoli regionali di contrattazione, penso che dobbiamo essere in grado di costruire maggiore sinergia con i territori provando a valorizzare e a rispettare le diverse energie. Ci siamo dati come segreteria regionale un modello sul quale, anche alla luce delle novità organizzative definite dai congressi, sarà il caso quanto prima di fare una verifica. Lo dovremo fare, necessitati, per l’INPS ma anche per i più importanti settori su cui abbiamo investito. C’è bisogno infatti in questo comparto di aver l’intelligenza di investire nelle tante energie che di questi comparti fanno parte e che spesso nei nostri territori finiscono per essere le cenerentole della nostra organizzazione. Abbiamo bisogno per questo come per gli altri comparti di fare un grande investimento in formazione soprattutto per dare alle RSU quel ruolo di Funzione Pubblica e di confederalità che stenta a prender piede. Come regionale su questo faremo la nostra parte, perché la formazione e la crescita dei quadri sono per noi vere priorità. Rispetto al comparto della sanità, alla fine di luglio abbiamo fatto, con la segretaria nazionale Rossana Dettori, un approfondimento che ha coinvolto tutte le componenti ,compresi i medici e la STPA. Penso che la traccia di quel lavoro,di cui esiste relazione scritta, sia estremamente attuale. Alla fine del nostro congresso andremo ad una urgente riunione con la confederazione, mentre per i medici e la STPA ci saranno approfondimenti contrattuali seminariali e procederemo ad una nuova organizzazione del settore. Queste mie considerazioni possono apparire delle pagelle, forse lo sono, ma sono anche il metro e lo strumento per provare a fare nel miglior modo possibile il nostro lavoro. Ora io penso che con chiarezza, indipendenza e autonomia dobbiamo continuare a svolgere il nostro mestiere, concertando, collaborando, costruendo insieme azioni e percorsi, ma anche agendo, quando vengono meno le condizioni positive, con l’attivazione del conflitto. Sta molto in questo il nostro essere diversi, l’avere alle spalle una storia fatta di 100 anni di lotte e battaglie per il lavoro, le conquiste sociali, l’ aver raggiunto come categoria il nostro 25° compleanno.
I rapporti unitari
Non ho lasciato apposta tra le ultime questioni da affrontare l’importanza e l’esigenza che ha per la nostra regione la necessità di recuperare uno stabile e costruttivo rapporto unitario. Ritengo infatti molto importante la tradizione di un storia nazionale unitaria della categoria ed il positivo rapporto che si coltiva e si rinnova ogni tre anni con l’elezione delle RSU per non sentirmi impegnata a realizzare questa pratica anche da noi. Del resto, al di là della forma, ormai diverse sono le vertenze su cui procediamo uniti e tanti e positivi risultati sono stati ottenuti per il paziente e faticoso lavoro unitario svolto. Certo siamo diversi, e in un passato non molto recente in questa regione hanno pesato le diverse scelte e le differenti,anzi sarebbe più preciso dire opposte posizioni, nel giudizio politico alla Giunta presieduta da Fitto. Ora colgo con favore il ritrovarci d’accordo su molte questioni. Abbiamo bisogno di avere un luogo, un momento in cui proviamo a metter assieme tutti i nostri gruppi dirigenti territoriali e darci delle coordinate a cui provare a dare conseguenzialità nelle azioni che compiamo. Questo deve valere per tutti i comparti,come per le troppo spesso problematiche e complicate organizzazioni degli scioperi, su cui vorrei misurare un ‘etica di appartenenza diversa dal passato. Così come penso, ma questo lo sanno molto bene le compagne ed i compagni della mia organizzazione che me lo sentono ripetere fino alla nausea, che nella contrattazione integrativa va invertita una tendenza che fa di questa lo strumento per distribuire esclusivamente salario aggiuntivo, straordinari e professionalità senza riscontri organizzativi . O siamo capaci di imporre tutti assieme, pur nel contraddittorio delle differenti storie e convinzioni, che il lavoro pubblico ha futuro se su di esso si investe anche attraverso una contrattazione di qualità, se proviamo a preoccuparci di coinvolgere l’utenza nel miglioramento dei nostri servizi,a proporre, come tra non molto saremo chiamati a fare in sanità, modelli organizzativi che valorizzino il merito, il disagio, l’impegno professionale, che avviino percorsi di selezione a lavori stabili, che si venga via dalla obbligata e spesso silente accettazione delle esternalizzazioni, date con appalti, che spesso hanno ingenerato fenomeni illegali o il lavoro pubblico continuerà ad essere criminalizzato. Mi scuserete la crudezza e l’estrema franchezza con cui vi parlo, ma è questo il mio modo di intendere il rapporto unitario. E se la sfida lanciata verrà colta non potrà che fare bene al futuro dei lavoratori che rappresentiamo.
La organizzazione interna.
Sono passati poco più di due anni dalla mia elezione a segretaria generale e quando mi insediai provai a darmi un programma che ho fatto in modo di far diventare, in questi anni, azione condivisa. Non ho ereditato una categoria tranquilla e neanche in particolare stato di buona salute, ma soprattutto grazie ad un gestione collegiale e partecipata, oggi la Funzione Pubblica pugliese è diventata una delle categorie più importanti e sicuramente la più confederale della regione. Con tenacia, costanza e certezza di operare nel bene e nell’interesse dell’organizzazione, abbiamo rinnovato la gran parte dei gruppi dirigenti e nominato nell’arco di questi due anni tre nuovi segretari generali, tra cui una donna, operazioni che si sono completate negli ultimi congressi territoriali. Abbiamo affrontato scelte difficili e complicate come quella che ha riguardato la sfiducia per motivi politici di un componente della segreteria regionale e la lunga, lacerante e non nobile vicenda che ha coinvolto un intero gruppo dirigente della F.P. di Foggia. Alla fine è prevalsa anche in quel territorio il senso dell’organizzazione,il bene prioritario per la CGIL dimostrato dalle migliaia di compagne e compagni che hanno reso possibile e democratico lo svolgimento dei congressi e che hanno reso naturale l’elezione del nuovo segretario generale, con un consenso quasi plebiscitario. Non era scontato qualche mese addietro pensare che sarebbe andata così. Di sicuro ha pagato la nettezza delle scelte, delle decisioni poste in essere sempre unitariamente e con il massimo di sinergia da tutti i livelli della CGIL, di categoria e confederale. Ma un merito particolare va nella gestione della fase congressuale ai compagni Di Biasi e D’Alberto, che oggi voglio ufficialmente ringraziare, e ad Antonio Bonanese che ha saputo reggere la complessità della sfida che gli avevamo assegnato. Oggi la Funzione Pubblica di Foggia ha un risoluto segretario generale e un gruppo dirigente quasi completamente rinnovato. Non voglio però dimenticarmi del lavoro fatto dagli altri territori e dalla crescita che tutti hanno contribuito a determinare nella tenuta, nonostante le funestate vicende accennate prima, del numero degli iscritti. Grazie a Peppino Catucci, a Totò Cortese, a Filomena Principale a Riccardo Carone. Ma grazie ancora alle compagne e ai compagni delle segreterie territoriali, delle segreterie aziendali, delle RSU, ai 16.697 iscritti, donne e uomini, che fanno della F.P della Puglia una categoria sana e forte. Sono soprattutto, come donna, orgogliosa della crescita che le compagne hanno avuto nella categoria. Abbiamo in quasi tutti i direttivi applicato la norma antidiscriminatoria, con la presenza di oltre il 40% di donne . Ma nei rinnovati direttivi le novità sono rappresentate anche da una nuova presenza dei giovani, di precari, e di appartenenti al privato sociale e convenzionato. E quella del rinnovamento dei quadri penso una delle sfide poste dalla tesi n.10 del nostro congresso e in particolare dalle incalzanti e pungenti sollecitazioni di Paolo Nerozzi, che la nostra categoria sta provando a raccogliere. Perché la funzione di ogni buon sindacalista è, fra le tante, quella di costruire la propria successione. Non è per superficialità che ho soprasseduto alle tante altre specificità del nostro lavoro che facciamo quotidianamente e che avrebbero meritato citazione:la Difesa e la vertenza dell’Arsenale di Taranto, per cui nel congresso provinciale ci siamo fatti carico di mettere in essere una importante vertenza territoriale e nazionale;la struttura aziendale della Regione con cui abbiamo ritrovato totale sinergia nelle azioni sindacali; i tanti settori delle Funzioni Centrali . E’ la relazione congressuale spesso una sintesi necessitata, il cui dubbio, in ogni caso, rispetto agli obiettivi posti, rimane.
Sono ormai alle battute finali, quelle molto spesso dei saluti, dei ringraziamenti. Le prime persone a cui voglio dire grazie sono le compagne ed il compagno, l’unico uomo, dell’apparato tecnico che lavorano in ombra, di fianco a noi quotidianamente e senza la cui presenza, l’impegno alacre e costante il nostro lavoro faticoso non sarebbe possibile. Per questo devo un grosso grazie a Lina D’Ambrosio, che in tanti frangenti mi fa da ombra. Ma tanti grazie a Teresa, Patrizia, Claudia, Mimosa e a Pasquale. Un sentito grazie a Mimmo Pantaleo senza la cui costante collaborazione, il confronto vivace, gli stimoli continui non saremmo l’importante e unita categoria che siamo. Mimmo è una straordinaria risorsa non solo per tutta la CGIL ma per l’intero territorio pugliese. Grazie a Carlo Podda e Paolo Nerozzi. Grazie a Biagio e Giustina. Voglio concludere con le parole del poeta Tonino Guerra, che a sua volte le ha prese a prestito da un antico e sconosciuto poeta indiano: ”Il corpo del povero cadrebbe subito in pezzi se non fosse legato dal filo dei sogni”. Queste parole furono fatte proprie anche da Sergio Cofferati nella chiusura della bellissima manifestazione del 23 marzo 2002 il quale aggiunse che :”Nei nostri sogni c’è un paese moderno e civile, con una democrazia forte e una società più giusta. Con il vostro coraggio, con la vostra passione civile, quella che ci da’ la forza, sono sicuro che li realizzeremo”. Buon congresso a tutte e tutti voi. |