Mezzogiorno e malgoverno. Prime riflessioni ed iniziative sul Mezzogiorno.


Di Antonio Crispi Dipartimento Mezzogiorno


Nel corso di questi anni, con il governo Berlusconi, questa è divenuta una “parola” vuota di “contenuti”.

Tutti gli indicatori, economici e sociali, sono lì a dimostrare come l’interruzione e la mancanza di una politica d'interventi a favore del Mezzogiorno, da parte di questo Governo, abbia dapprima bloccato un difficile processo di sviluppo (faticoso, problematico ma in sicura crescita) e poi, definitivamente sganciato questa parte del paese da una prospettiva di ripresa (peraltro ancora incerta), promovendo in aggiunta, un’azione alla Robin Hood al contrario, dove è il “saccheggio” delle risorse del Mezzogiorno a finanziare e mettere una “pezza” al buco nei conti dello Stato che l’Unione Europea era pronta a sancire.

In uno scenario dell’economia mondiale che si annuncia con un rallentamento della crescita e un aumento dell’inflazione, da cui non sfugge l’Europa e il nostro paese, il Governo Italiano vara, per il terzo anno consecutivo, una manovra economica correttiva di sette miliardi e mezzo d'euro, sempre negata, iniqua per gl’Enti locali e il Mezzogiorno, penalizzante per tutti i cittadini.

Il Governo ha imposto una riduzione delle spese degli enti locali, in corso d’anno, mettendo a rischio gli impegni già programmati, causando la messa in discussione della qualità o l’erogazione dei servizi, l’aumento della contribuzione a livello locale scaricando su Regioni, Comuni e Province la responsabilità del fallimento della propria politica economica. La drammatica situazione è frutto di una politica economica incentrata esclusivamente sulla riduzione delle spese, non accompagnatala da strumenti di rilancio dello sviluppo e da riforme strutturali.

In questo desolante quadro generale, gli Enti locali dovranno far fronte, tra l’altro al problema finanziario rappresentato dalla fine dei contributi statali per la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili, molto numerosi nelle aziende pubbliche. La questione è esplosiva per tutto il mezzogiorno, in particolare per la Campania e la Sicilia, Napoli e Palermo.

Di fronte alla realtà delle cose Berlusconi, non demorde, continua a prendere in giro gli Italiani con la promessa della riduzione delle tasse, nel frattempo un miliardo e 250 milioni d'euro d’incentivi sono stati tagliati alle imprese.

L’ottanta per cento del taglio riguarda le imprese del Mezzogiorno.

Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia le regioni più colpite.

Il provvedimento oltre al taglio alla 488 e ad altri incentivi, blocca le erogazioni del ministero delle Attività produttive pari ad un miliardo e 750 milioni che slitteranno al 2005, con gravi danni alle imprese e all’occupazione, aumentano le imposte su assicurazioni, banche e fondazione che, inevitabilmente aumenteranno i costi dei servizi e del danaro.

Il declino dell’Industria e del Paese è sempre più probabile.

Il Mezzogiorno in particolare vede il suo futuro definitivamente compromesso, se non si cambia sostanzialmente il provvedimento correttivo del governo, che tra l’altro non sappiamo come si rapporterà al DPEF, prima e alla finanziaria poi.

La difficoltà dell’economia meridionale è ancor più evidente, se paragonata a quella d'Irlanda e Grecia che sembra non risentire della congiuntura economica mondiale.

La mancanza di una politica, di una visione strategica dello sviluppo e del futuro meridionale, o meglio, l’avversione politica del Governo Berlusconi, verso il Sud, mette in discussione nello stesso tempo due obiettivi tra loro fortemente coincidenti: l’Europeizzazione del mezzogiorno, in una complessa fase d'allargamento dell’UE e il contrasto all’arretramento competitivo di tutto il paese, se a queste difficoltà si aggiunge l’assenza di una politica industriale, la mancata ricostituzione di un credito meridionale, con le banche oramai tutte di proprietà di quelle centro settentrionali, di una politica ambientale che nel sud ha una sua specifica rilevanza, di una condizione sociale inquinata dalla criminalità organizzata, di cui per la verità parla poco o niente la politica e le istituzioni meridionali, mentre essa è sempre presente in ogni appalto, in ogni iniziativa di spesa pubblica o privata, strozza le persone e il commercio, traffica in rifiuti, mostra ogni giorno la sua feroce presenza, regolando conti al suo interno, attaccando cittadine e imprese, mentre il ministro della giustizia, il leghista Castelli, predica la convivenza e non la persecuzione e la lotta ad oltranza alla criminalità organizzata.

La “crisi” ormai quotidiana, del governo Berlusconi è la cartina di tornasole del fallimento di un progetto politico che ha avuto nel ruolo e nelle scelte del ministro dell’Economia Tremonti la sintesi d'idea e azione senza che, da parte delle altre forze politiche di questa maggioranza, si sia stati in grado di intervenire a modificare anzi, se possibile, aggravandone gli effetti con “rivendicazioni” tutte interne ad un modello di “gestione del potere” per apparati e gruppi dirigenti.

E’ in questo “quadro”, evidenziato anche dal dibattito dell’ultimo direttivo Nazionale della FP CGIL, che s'inserisce la necessità d’iniziativa e d’azione della Cgil e il contributo della nostra categoria.

Nel settore pubblico, nei prossimi sei mesi, si contrarrà la spesa per 2.85 mld d'euro.

Negli Enti locali si abbatteranno tagli pari al 10% della spesa, rapportata a quella del triennio 2001-2003.

Saranno colpiti tutti i comuni che dovranno ridurre le uscite per circa 1.5 mld d'euro. Sono a rischio i bilanci già approvati e i servizi essenziali che vanno dal garantire le forme del Welfare locale, alla manutenzione delle strade, al trasporto e alle mense scolastiche, all’illuminazione pubblica, alle politiche culturali.

Questa riflessione, prima del periodo feriale, vuole definire le “direttrici” del lavoro del Dipartimento Mezzogiorno FP alla ripresa dell’attività a settembre quando, a fronte della predisposizione della legge finanziaria, al riavvio del confronto per i rinnovi contrattuali, all’avvenuto o meno confronto con Confindustria, l’appuntamento delle elezioni delle RSU, (solo per citarne alcuni) tutti i settori della nostra categoria saranno chiamati a rinnovare il loro impegno e le iniziative.

L’ultimo direttivo Nazionale ha visto l’intervento di compagni e compagne del mezzogiorno che tra l’altro hanno evidenziato la necessità di una ripresa di riflessione e iniziativa per la coesione e lo sviluppo del Mezzogiorno, unitamente alla Confederazione, come del resto in più occasioni di confronto tra noi ha sottolineato lo stesso Segretario Generale della FP, Carlo Podda, da tenersi tra settembre e l’inizio di ottobre, coinvolgendo Regionali e Aree metropolitane e che riguardano:

- Il rilancio delle politiche di coesione e di sviluppo locale a partire degli Enti, promovendo una verifica sulla efficacia dei cambiamenti avvenuti nella Pubblica Amministrazione, quali l’adozione degli sportelli unici e avviando un confronto a tutto campo con le Unioni Industriali meridionali per far emergere eventuali proposte delle Imprese del ruolo degli Enti Locali e per contrastare ogni volontà di superamento della P.A. quale attore fondamentale di coesione sociale e di sviluppo.

- In un paese dove il Governo fa della trasgressione costituzionale e legale la propria politica il tema della legalità e sicurezza và necessariamente rilanciato se si vuole un reale sviluppo del mezzogiorno, produttivo e sociale, bisogna rendere pienamente esigibili i diritti individuali e collettivi nel mezzogiorno, a partire dall’ attuazione dei PON Sicurezza del Mezzogiorno e dei progetti speciali definiti e avviati per tutte le regioni meridionali.

- La ripresa in Parlamento della discussione sulla Devolution e dei giochi di potere nell’ambito del Governo, può ulteriormente dividere il paese se la legge fosse approvata, così come licenziata dal Senato, concretizzando una riforma federalista priva di solidarietà e coesione tra le regioni ricche e povere del paese, con un centralismo espresso dagli atti del Governo (tagli agli Enti Locali, alla sanità, alla scuola) che nei fatti nega il ruolo stesso degli Enti Locali e il federalismo. D’altro canto va sottolineato il deficit di coinvolgimento dei soggetti sociali e quindi di confronto e partecipazione, nelle regioni meridionali nel definire Statuti e Regolamenti regionali. Si impone la ripresa della nostra iniziativa mettendo a confronto regioni a statuto speciale quali Sardegna e Sicilia con regioni a statuto ordinario quali la Campania e la Puglia per meglio definire e rilanciare la nostra proposta di federalismo solidale e coeso, così come abbiamo già concordato con il Dipartimento delle Politiche delle Riforme Istituzionali della Funzione Pubblica nazionale.

21-07-04