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Relazione di Luigi Veraldi
(segretario generale Funzione Pubblica CGIL Calabria)

                                  

Nell’avviare i lavori dell’8° Congresso della Funzione Pubblica CGIL Calabria porgo un saluto ai graditi ospiti presenti ed un caloroso e fraterno ringraziamento alle  delegate ed ai delegati,  per la loro presenza e per il lavoro svolto per permettere lo svolgimento di questo congresso. 

Un pensiero anche a tutte le  Compagne ed i Compagni che, a partire dalle Assemblee di base,  hanno concretizzato la loro azione, in vista di questo importante appuntamento congressuale ed hanno comunque continuato a profondere il proprio impegno nella attività ordinaria che, nella pratica quotidiana è diventata straordinaria, fronteggiando  accadimenti del mondo del lavoro, che sono andati ben oltre le abituali e  storiche questioni dei nostri Comparti e che hanno finito per materializzarsi in attacchi ai diritti contrattuali, al lavoro e alle persone, nella loro qualità di cittadini del nostro paese. 

Quindi un ringraziamento doppio per aver saputo occuparsi delle questioni congressuali,  inserendo, all’interno del dibattito, i problemi che quotidianamente trattiamo nell’ambito del nostro ruolo di rappresentanza e nelle nostre rivendicazioni per i diritti delle persone, anche nella loro condizione di cittadini e quindi in una vertenzialità che, proprio per questi motivi, ha assunto la connotazione marcata di contestuali rivendicazioni contrattuali e sociali allo stesso tempo. 

Questo dimostra quanto la nostra categoria sia, più che mai, impregnata di contenuto confederale e quanto la nostra attività intercetti interessi ed azioni di politica generale, che hanno bisogno di condivisione e sinergie del livello confederale regionale e territoriale. 

Il nostro ruolo, la nostra attività, non possono fare a meno di una opera congiunta con le Camere del lavoro, come quest’ultime, nella elaborazione politica delle piattaforme rivendicative di territorio, non possono non tenere in debita considerazione il ruolo ed il contributo della nostra Categoria. 

Il 15° Congresso della CGIL e le iniziative per il centesimo anniversario, dovranno servire anche  a rafforzare questa impostazione comune e non dovranno essere solamente considerati come appuntamenti che chiudono una fase, quella intercorrente tra il precedente congresso e quello odierno, ma come l’apertura di un’altra, nella quale vogliamo, appunto, confermare l’impegno per una proposta di riprogettazione del paese, che dovrà fare tesoro delle massicce denunce di questi ultimi anni. 

La messa in campo di una mobilitazione diffusa, che ha contato sulla più grande manifestazione pubblica della storia del nostro paese, quella del 23 Marzo, dovrà ricordare il momento della protesta, al quale è seguito quello delle proposte, che andranno formalizzate al nuovo governo, con il compito di ricreare le condizioni del rilancio, partendo dalla forte richiesta di ripristino dei diritti e delle libertà, messi a serio repentaglio dal Governo della Casa delle Libertà. 

Quindi creare le condizioni, necessarie nel nostro paese, per un nuovo corso,  per il quale , nel documento congressuale, vengono indicate alcune delle priorità come:lavoro,  saperi, diritti, e libertà.  

Queste importanti e propedeutiche condizioni, nel periodo tra i due Congressi, sono state pesantemente attaccate con il verificarsi di atteggiamenti e fatti, riguardanti la sfera politica,  quella sindacale e contrattuale, che hanno segnato profondamente il nostro paese ed  hanno scardinato il relativo assetto democratico, mettendo in discussione  libertà, diritti e valori fondamentali. 

Tra le risultanze negative degli ultimi anni,  annoveriamo anche la perdita di Compagni, con i quali abbiamo condiviso denuncia, mobilitazione e proposte per un paese migliore, fondato sui diritti delle persone e sulla ripresa economica, con lo sguardo rivolto alle questioni, che più da vicino ci riguardano, come quella dello sviluppo del Mezzogiorno,  opportunità per l’intera economia nazionale e non quindi zavorra assistenziale del Sud, a danno del resto del paese. 

In tutto questo, l’azione di questi Compagni, che non sono più, è stata esemplare e la Calabria ed il suo territorio perdono paladini per la tutela non solo dei lavoratori, ma anche per il rispetto dei diritti di cittadinanza dell’intera collettività.

 Il nostro Congresso non potrebbe dimenticarli, perché grazie alla loro opera, riusciamo, oggi, a celebrarlo all’insegna di posizioni, quelle delle rivendicazioni dei diritti del lavoro e sociali, sulle quali non arretreremo e grazie alle quali è stata possibile una crescita complessiva della F.P. CGIL Calabrese.  

Tutto ciò, testimoniato anche dai risultati raggiunti e stimabili attraverso l’indicatore di rappresentatività, quello costruito dal povero Massimo D’Antona, sul mix di una rappresentanza  sindacale fondata non solo sul dato associativo, ma anche sul consenso dei Lavoratori, attraverso la Elezione delle Rappresentanze Sindacali Unitarie e con il valore assegnato a quest’ultime non solo in termini negoziali, ma anche sotto l’aspetto di referente politico per l’intera nostra Organizzazione. 

Ebbene noi cresciamo in tutte e due i riferimenti numerico-politici : 

Iscritti       da  N.9.218      (2001)    a     N. 10.290       (2005)
RSU   da  Voti  N.8.837   \   40.514   Votanti   (2001) – 21%
          A    “    N.9.387   \   39.335        “       (2004) - 24% 

Questi dati  di avanzamento nell’ adesione,  testimoniano anche una crescita politica, che trova conferma nella vivacità dell’azione contrattuale e vertenziale della categoria, sia a livello Regionale che a quello Territoriale. 

Tali risultati, frutto di un lavoro comune, vogliamo offrirli alla memoria di due Compagne che con  azione, volontà  e determinazione hanno tenuto alto il ruolo della F.P. contemperandolo ai valori perseguiti dall’intera CGIL. 

Parlo delle compiante Compagne: 

Serenella Lucisano, Segretaria Generale della F.P. CGIL di Reggio C. – Locri nonché dirigente nazionale e regionale della nostra Categoria;  
Teresa Piscioneri, Segretaria della F.P. CGIL di Gioia T. nonché dirigente regionale della nostra categoria e del Dipartimento Confederale Regionale Politiche sociali e sanitarie. 

Nel corso dei nostri lavori, avremo modo di consegnare alle rispettive famiglie, una targa commemorativa e a rinnovare il nostro impegno ad avviare, in maniera definitiva, le iniziative che serviranno a ricordare meglio il ruolo sindacale svolto da

queste due compagne straordinarie e che allo stesso tempo, dovrà servire ad insegnamento, per la loro encomiabile opera, che così generosamente hanno messo a disposizione dei Lavoratori e della CGIL. 

Grazie Serenella.    Grazie Teresa.

 

Non posso staccarmi dalla grande considerazione per le due Compagne, della nostra categoria, senza rivolgere il pensiero ad un altro Compagno della CGIL che, nell’ultimo anno, abbiamo perso in maniera violenta. 

Michele Presta, Segretario Generale FLAI, modello di sindacalista della CGIL, che tanto ha dato all’intera Organizzazione, servendo i lavoratori più umili della nostra regione, quelli che da sempre hanno potuto contare su minori diritti rispetto ad altri settori. 

Lo voglio ricordare attraverso la sua ultima battaglia, quella sindacale, della manifestazione epocale dei Forestali con il risultato positivo ottenuto nel confronto con il governo centrale. 

Inoltre ricordo l’ultimo periodo,quello della riabilitazione a seguito di una lunga malattia. 

In quell’occasione si era rivolto a noi, per  essere consigliato sulla struttura più adeguata per un percorso riabilitativo. 

Proprio in quell’ ultima occasione, abbiamo imparato a conoscere ancora meglio Michele ed apprezzarlo, oltre che come sindacalista, anche come persona corretta e  premurosa. 

Oggi, per lui, con forza chiediamo giustizia, confidando nell’opera della Magistratura. 

Il nostro Congresso, diventa così un appuntamento ancora più importante, condito da queste emozioni e con attese cariche di significato, derivanti da un contesto regionale che è stato teatro di episodi, che hanno evidenziato, in tutta la loro drammaticità, come il fenomeno della illegalità, abbia determinato arretratezza culturale, sociale ed economica. 

L’omicidio del Vice Presidente del Consiglio Regionale On. Franco Fortugno, ha rappresentato una sfida alla politica, alle istituzioni, alle forze del lavoro, alla parte sana della nostra Regione, ben rappresentata dalla ribellione pacifica dei giovani di Locri, che saluto fraternamente non solo per la loro opera “di protesta”, ma anche per l’impegno a garantire la loro presenza al nostro Congresso, con la partecipazione alla Tavola Rotonda, di domani, sul tema: Legalità, Pubblica Amministrazione e Sviluppo. 

A questa delicata situazione, deve aggiungersi la pesante eredità lasciata dalla Giunta Regionale di centro destra e la gravità degli ultimi provvedimenti governativi centrali. 

Proprio queste tematiche, sono quelle che, in gran parte, hanno appassionato il dibattito congressuale, svolto nelle Assemblee      di base, (circa 200 su più di 500 posti di lavoro) con una buona partecipazione dei lavoratori che  è attestata sul 70%  degli iscritti (6.802 su 9.816). 

Una discussione che si è  sviluppata su tematiche già ben compendiate all’interno del Documento Congressuale unitario. 

Un dibattito che è stato molto articolato e comunque ha finito sempre per intrecciare: 

il valore del lavoro pubblico ed i servizi pubblici;
le problematiche delle esternalizzazioni dei servizi pubblici e i possibili processi di reinternalizzazione;
la Pubblica amministrazione ed il suo ruolo  nella ripresa economica del paese e nello sviluppo della nostra Regione. 

Questa caratterizzazione, è stata riportata in tutto l’iter congressuale della categoria, ed  è stata oggetto di approfondimenti in tutti i territori che hanno soffermato l’attenzione sui problemi del Mezzogiorno e del territorio calabrese.  

Si è confermata la condivisione per un documento congressuale unitario, che mette al centro dell’attenzione la rappresentanza del mondo del lavoro, coniugando, la stessa, con i diritti di cittadinanza che stanno in capo alle persone, nella loro qualità di lavoratori e comunque destinatari dei servizi pubblici. 

Questa considerazione, serve per chiarire la necessità di costruire basi solide, per la valorizzazione del lavoro di pubblico impiego, accompagnate da istanze di tutela del

potere di acquisto delle retribuzioni nette dei lavoratori, partendo dalla rapida conclusione dei rinnovi contrattuali in atto. 

I lavori congressuali, hanno evidenziato tra l’altro, l’anomalia del governo di centro-destra, che nel mentre a Maggio dello scorso anno si impegnava con un apposito accordo, al rinnovo del Biennio economico 2004-2005 dei CCNL dei Comparti pubblici, ora ne ritarda l’applicazione e addirittura come è comprensibile dalla lettura della Finanziaria 2006, ne scarica  parte dei relativi costi su quest’ultimo anno. 

Inoltre nella stessa finanziaria, viene previsto un aumento per il successivo Biennio, contenuto nel limite dell’1,7%, prevedendo tra l’altro per il 2006, risorse idonee alla sola copertura dell’Indennità di vacanza contrattuale. 

In altri termini, è chiara la posizione di un Governo che oltre a denigrare i Lavoratori  pubblici, attraverso le volgari affermazioni del capo del Governo, intende far pagare agli stessi, il fallimento delle politiche di mancato contenimento della spesa pubblica. 

L’iniziativa sindacale, dovrà continuare a rintuzzare tali operazioni e rilanciare  un’azione che metta al centro dell’interesse, la valorizzazione del lavoro, attraverso la difesa di diritti che dobbiamo dichiarare indisponibili, in tema di riduzione delle tutele dei lavoratori e riguardanti: l’orario di lavoro, le condizioni di sicurezza e prevenzione, il riposo settimanale e le ferie. 

Lo stesso blocco delle assunzioni pone, ad esempio, i problemi di rispetto dell’orario di lavoro e a volte anche quello di un utilizzo improprio di risorse da destinare alla produttività, che invece vengono utilizzate, artatamente per il prolungamento degli orari di sevizio. 

Nel quadro complessivo, bisogna tenere a mente, che nel nostro paese sono profondamente cambiate,  per i settori privati ed in parte anche per quello pubblico, alcune delle regole  sui rapporti di lavoro e dello stesso mercato del lavoro. 

Questo cambiamento, è stato più sensibile, a causa del blocco delle assunzioni a tempo indeterminato, anche nella P.A.

Calabrese, che ha portato ad un utilizzo, pressoché incontrollato, dell’avvio al lavoro a tempo determinato, con le varie forme del lavoro precario: 

Collaborazioni coordinate e continuative;
lavoro a progetto;
Contratti d’inserimento;
lavoro intermittente;
lavoro ripartito;
somministrazione di lavoro;
lavoro accessorio ecc….. 

In Calabria,  per neutralizzare i principi negativi introdotti dalla legge 30, necessitano, accanto all’impegno programmatico assunto dal Neo Assessore regionale al Lavoro  e alla Formazione Professionale, norme  con le quali puntare a nuove modalità per il  mercato del lavoro, con una necessaria  programmazione, che deve poter contare sul reperimento di risorse, da utilizzare nella  domanda-offerta, sia nel servizio di  formazione, che nella successiva concretizzazione di avvio al lavoro. 

Questa posizione è quella indicata in maniera chiara nella Tesi Congressuale N.5, tra l’altro, oggetto di emendamento integrativo a cura della nostra categoria, che traccia le proposte sulle condizioni da attualizzare per la creazione di occupazione solida e stabile, a partire dal settore pubblico. 

Nella nostra regione, il primo impegno da assumere, dovrebbe essere quello di un accordo sociale, sulla stabilizzazione del precariato presente nella Pubblica Amministrazione. 

Tale accordo di cittadinanza, dovrebbe consentire una possibile soluzione, sancita da un percorso legislativo nazionale e regionale (per i compiti demandati), con chiaro supporto della  contrattazione,  sia nazionale che decentrata, che tra l’altro dovrà fare i conti con il contenimento della spesa complessiva del personale, nei limiti di quella  prevista per il 2004 e con una riduzione pari all’1%. 

I percorsi di stabilizzazione del precariato, nell’assumere i connotati di un patto sociale, dovranno tenere in debita considerazione, sia i diritti affievoliti degli occupati a tempo indeterminato , che  quelli ancora non esigibili dei precari. 

In Calabria, questo contesto, dovrà essere ben definito a partire dalla conferma del ruolo della contrattazione, che dovrà farsi carico del problema della stabilizzazione, unitamente a quello della riorganizzazione e del miglioramento delle Pubbliche Amministrazioni. 

Il tutto, per finalizzare la erogazione di servizi efficaci ed efficienti, innanzitutto per far fronte alla sete di legalità e sviluppo che, deve rappresentare la svolta per il riordino regionale e per una rinnovata azione amministrativa, a sostegno delle ipotesi progettuali per il decollo economico regionale. 

Questo è il ruolo, che la Pubblica Amministrazione dovrà assumere in Calabria, con un chiaro impegno per la stabilizzazione del lavoro precario e con l’indisponibilità ad aprire nuove e deleterie stagioni di esternalizzazione di servizi pubblici che, trovano nel patto di stabilità della Finanziaria 2006, una seria messa in  discussione portando tra l’altro rischi, per l’erogazione dei servizi e per il ruolo esplicativo della Pubblica Amministrazione. 

Da parte nostra, metteremo in campo politiche contrattuali ed azioni sindacali per contrastare le facili esternalizzazioni di pubbliche funzioni,  richiamando le P.A. alla verifica degli obiettivi di efficienza, economicità e qualità dei servizi. 

Gli emendamenti alle tesi congressuali, presentati dalla categoria, rappresentano un adeguato avamposto di  trattazione su queste argomentazioni e ben evidenziano le nostre idee e la nostra proposta, a partire dalla definizione della posizione sulla stabilizzazione del precariato. 

Ora, è il turno della politica regionale, che deve cogliere l’occasione per l’avvio di una  legislazione regionale in grado di pianificare stabilità per il lavoro atipico, a partire da quello risultante stabile  e strutturale nell’organizzazione della struttura regionale e nelle attività di gestione di beni e servizi pubblici regionali (Enti strumentali o sub-regionali). 

L’analoga considerazione, deve essere fatta, per la nostra opposizione alle eventuali ulteriori ipotesi di esternalizzazione, per le quali, comunque,  confermiamo la salvaguardia applicativa dei CCNL del Comparto AA.LL. e Sanità, nella pratica considerazione di non poter creare diritti contrattuali minori e quindi riduzioni di trattamenti economici e normativi per i lavoratori. 

Le questioni di ordine contrattuale sono anche significative di come alcuni servizi hanno la necessità di contare sulla qualità che, non può essere rapportata alla applicazione di CCNL con garanzie minori  per i lavoratori. 

Tra gli altri diritti, quello alla salute risulta essere meritevole di una inversione utile a frenare disservizi e ad evitare ulteriore indebitamento del sistema. 

Quindi, chiari obiettivi, che devono essere di razionalizzazione della spesa, ma anche di riorganizzazione della rete sanitaria regionale. 

Le nuove nomine dei Direttori Generali nelle Aziende Sanitarie ed Ospedaliere, hanno sancito la discontinuità rispetto a precedenti orientamenti, nell’assegnazione degli stessi incarichi. 

Ora, nei fatti, dovrà essere dimostrata anche una discontinuità nella pratica gestionale, sicuramente legata ai primi obiettivi assegnati ai nuovi Manager, con specificità per singola Azienda, sia in termini di riorganizzazione che d’innovazione. 

Gli obiettivi comuni assegnati, riguardano gli adempimenti per vecchi e nuovi interventi strutturali, il riordino amministrativo e l’innovazione nell’assetto organizzativo e rappresentano l’avvio di una ordinaria e corretta gestione che, però, dovrà essere seguita da una concreta e nuova programmazione regionale idonea a creare un sistema che, dia risposte ai cittadini calabresi e definisca gli obiettivi necessari per la rivisitazione e razionalizzazione della rete ospedaliera regionale e il decollo della medicina del territorio, nella chiara  ottica di assegnare  parametri rispettosi dei  compiti di prevenzione, diagnosi e cura.  

Continua ad esserci poca chiarezza rispetto al rapporto pubblico-privato: il riferimento è al processo di privatizzazione, raggiunto nella sanità della nostra regione, che mantiene intatto un sistema che ha costi elevati rispetto alla stessa offerta sanitaria. 

Inoltre, nella complessiva vertenza con la sanità accreditata, quest’ultima, continua a lamentare una crisi diffusa ,agitando lo spettro degli esuberi di personale e dei contestuali licenziamenti. 

Tale vertenzialità, ha raggiunto elevati picchi che riguardano sia il mancato adeguamento economico, derivante dai rinnovi contrattuali, che il mancato rispetto di istituti previsti dal CCNL. 

In quasi tutte le strutture sanitarie private, la giustificazione addotta, rispetto ai gravi ritardi nella erogazione delle spettanze ai lavoratori, viene imputata alla remunerazione delle prestazioni, di pertinenza del S.S.R., ai limiti di Bugdet e situazioni che derivano da politiche poco chiare e relative agli atti di autorizzazione, accreditamento e contrattazione tra le dette strutture e il sistema sanitario regionale. 

Quest’ultimo, deve porre termine a tale situazione e con coraggio, deve interrompere questo circuito negativo, attraverso scelte ed orientamenti delle politiche sanitarie verso le strutture pubbliche, quantificando, invece, quali e quanti servizi dovranno continuare ad essere assegnati alle strutture private, con il rispetto di nuove e necessarie regole, utili per meglio regolamentare i rapporti con le stesse, a partire dalla salvaguardia dei diritti dei lavoratori e dalla garanzia per la erogazione delle concordate prestazioni sanitarie. 

Questione annosa e principale nostra vertenza, in questo settore (che pone accenti ancora più drammatici), risulta essere quella della Fondazione I.P.G., per la quale da anni, si cerca una soluzione adeguata, che non arriva, sia per gli ospiti che per i lavoratori e riferendoci ad una struttura che ha anche rappresentato sostegno all’economia del proprio territorio. 

In questo caso, le attuali progettualità, messe in campo dalla sanità regionale, non garantiscono a pieno gli attuali livelli occupazionali e proprio per questi motivi opereremo per ricercare migliori soluzioni, continuando la trattativa istituzionale, con il competente assessorato regionale e richiamando comunque alle proprie responsabilità la fondazione, che, nella gestione, ha prodotto un considerevole debito costituito in buona parte da competenze economiche nei confronti dei lavoratori. 

Quello del sistema sanitario, è uno scenario che ci offre innumerevoli criticità, che proprio per questo motivo ha bisogno di una programmazione straordinaria, che veda un ruolo centrale della sanità pubblica oggi  impoverito e che invece dovrebbe rappresentare la garanzia per il diritto alla salute e per le cure adeguate al cittadino, nella propria regione frenando così l’emorragia della spesa per  la mobilità sanitaria.

Anche per questi forti convincimenti, reclamiamo e  rivendichiamo un confronto partecipativo per le politiche sanitarie, con la regione, all’interno di un rapporto fondato sulle relazioni sindacali, derivante in parte da norme applicative dei CCNL ed in parte dalle questioni già  evidenziate,  che dovranno essere contenute in un Protocollo di regole di confronto sulle materie della sanità. 

Nell’attivazione di tale percorso, troveranno posto le nostre soluzioni di sostegno alla sanità calabrese in ordine contrattuale, (Formazione,O.S.S., risorse aggiuntive, concertazione sulle linee per gli atti aziendali, dipartimentalizzazione, ecc..) e con proposte di supporto al rinnovamento del relativo sistema. 

La sanità ed il diritto alla salute, rappresentano la criticità, che va affrontata come priorità e che ha  un incidenza  finanziaria pari al 65% del Bilancio regionale. 

Il primo dilemma che ci pone un  tale impegno economico, è che con una presenza del 35% di strutture private,  una quota ingente di finanziamenti di settore, vengono ad essere sottratti alla programmazione ed alla possibile offerta sanitaria pubblica.  

L’altra anomalia dell’attuale S.S.R., comune con le altre regioni è rappresentata dalle esternalizzazioni di  servizi interni alle  Aziende sanitarie ed ospedaliere. 

Noi non ci sottrarremo a responsabilità di confronto che, più volte abbiamo sollecitato, anche con prese di posizioni pubbliche che, non volevano assurgere a polemica sterile ed incontrollata e, comunque, saremo pronti a fornire dal nostro versante, un contributo al cambiamento, costruito su scelte difficili e per questo bisognevoli di percorsi e condivisioni partecipate. 

Anche per questo avremmo voluto essere partecipi,  attraverso la informazione e la concertazione regionale, della conoscenza degli atti prodotti e da produrre, scaturenti dalla definizione dell’Accordo Università-Regione che, già da subito, dovrebbe interessare l’Azienda Mater-Domini e la Fondazione Campanella, rispettivamente, per l’assistenza sanitaria e la ricerca, che, tra l’altro  riguardano la nostra attività contrattuale e registrano, la necessità di scelte degli operatori di quelle strutture, relativamente alle materie della organizzazione del lavoro. 

Analoghe garanzie dovranno essere create per il sistema di Welfare, attraverso la contrattazione territoriale confederale, rispettosa degli interessi e dei diritti dei lavoratori che garantiscono la erogazione di tali servizi.   

Affermare che bisogna creare le condizioni, per il sistema paese, di una  ripresa economica, non può prescindere dalla considerazione della situazione politica ed economica internazionale. 

Il nostro precedente Congresso era stato influenzato dall’evento dell’11 Settembre che, in un certo senso, aveva creato una atmosfera di nuova guerra fredda, che ci aveva posti di fronte alla drammaticità di un attentato terroristico, evidenziando quanto potesse essere debole il sistema di difesa , sicuramente anche il più avanzato, come quello americano, che comunque non aveva evitato il sacrificio di migliaia di vite umane.

 Oggi, confermiamo quanto affermato nel precedente congresso e cioè che sarebbe servita molto più diplomazia internazionale e non l’inutile quanto dannoso utilizzo dello  strumento bellico ,che  continuiamo  a condannare e che ha seminato vittime innocenti, quanto e più degli stessi attentati terroristici. 

L’Iraq, è ancora un teatro di guerra e la normalità insieme alla democrazia, stentano ad essere riconosciute e non sono ancora mature le condizioni necessarie per un paese che ha un disperato bisogno di ricercare la propria identità. 

Quando parliamo di pace, non dobbiamo dimenticare la storica disputa tra Palestinesi ed Israeliani, che potrebbe conoscere una nuova ondata virulenta come conseguenza della temporanea uscita di scena di Sharon, che segue in ordine di tempo la morte di Arafat. 

L’assenza dei due leader, potrebbe segnare ulteriori difficoltà, in tema di strategia del terrore e continuare a minare il processo di pace, mentre dovrebbe affermarsi la garanzia per diritti e valori dei popoli, alla ricerca della libertà e di risposte alla povertà.  

 Ancora una volta,  denunciamo la crisi delle organizzazioni soprannazionali, che hanno dimostrato una carente politica dell’azione diplomatica, a partire dalle   questioni del Medio Oriente e con la conseguenza  della mancata lotta alle centrali del Terrorismo che hanno prodotti gli ultimi terribili eventi di Madrid e Londra, ponendo il rischio di attentati, anche nel nostro paese. 

Nell’auspicare una pacificazione dell’area medio-orientale ,che ha riflessi diretti su tutte l’aree del pianeta,non può sfuggirci l’interesse delle politiche del vecchio continente europeo e per la precisione quelle della costruzione di una Europa sociale e  di pace, per la quale offriremo il nostro contributo di partecipazione alla grande manifestazione, quella che si svolgerà a Strasburgo, per impedire che il contesto Europeo venga consegnato al capitale finanziario e alle multinazionali  sotto forma di forza lavoro e servizi. 

Il tutto, ancora una volta, in favore del ritiro della direttiva Bolkestein ed in difesa dei servizi pubblici e dei beni comuni, contro la loro privatizzazione e per una Europa fondata principalmente su maggiori diritti sociali e sul mondo del lavoro. 

La riflessione comune,  è che si deve constatare la crisi del processo di integrazione europea, testimoniata anche dai referendum sul Trattato costituzionale, oltre che da una grande domanda di democrazia, riguardante tutti  i paesi  del territorio europeo, con vertenze che vedono una loro centralità di lotte, per diritti sociali e del lavoro, beni comuni e servizi pubblici all’interno di un nuovo spazio pubblico, non disponibile alle logiche  di mercato e sul quale costruire un nuovo contratto sociale che riunisca diritti individuali e collettivi. 

L’azione contro la direttiva Bolkestein, deve essere l’ulteriore incentivo a continuare a protestare contro le privatizzazioni e le politiche neoliberiste , che in maniera analoga ci hanno visto condannare l’ultima Legge Finanziaria, che taglia i fondi ed i trasferimenti agli Enti Locali e di conseguenza colpisce, ancora una volta, i servizi pubblici e la qualità della vita dei cittadini. 

Ora più che mai, è necessario costruire una filiera di consenso politico-sociale nelle rete degli Enti Locali, che deve assumere la valenza di sistema indisponibile alla mercificazione nonchè arrestare la precarizzazione delle prestazioni di lavoro,  evitando l’ingresso dei privati nella gestione dei beni comuni e dei servizi pubblici, (acqua) per offrirle invece alla partecipazione democratica delle comunità locali. 

Ancora più impegnativa, sul versante nazionale, la difesa dei diritti di rappresentanza contrattuale e di cittadinanza, quella della P.A., strumenti necessari per il rilancio del paese. 

Nel caso della nostra regione, lo sviluppo dovrebbe poter contare su una adeguata attività delle istituzioni e dei servizi pubblici, elementi propedeutici alla legalità. 

Comunque si tratta di aprire la lotta all’illegalità, a partire da quella più elementare, che insidia, appunto, la pubblica amministrazione e che si irradia nei suoi vari gangli, determinando interessi per pochi e disservizi per l’intera collettività. 

Tali determinazioni, hanno trovato conferma ed  espressione  nei Congressi di base della nostra categoria ed hanno potuto contare su un vantaggio, quello di avere avuto la loro pietra miliare, nella nostra Conferenza di Programma  Nazionale, in quel passaggio  pre-congressuale che ha confermato la costruzione del paradigma di idee e valori con cui abbiamo deciso di affrontare il nodo delle questioni legate alle Pubbliche Amministrazioni e al Pubblico Impiego. 

L’obiettivo del rilancio del sistema pubblico, del rapporto tra funzioni pubbliche, cittadino e politiche dei servizi pubblici, hanno avuto la loro base progettuale a partire dalla difesa dei beni comuni/collettivi. 

All’interno di queste politiche, devono vivere le questioni del benessere pubblico, che devono poter contare anche su un sostegno fondamentale, rappresentato dalle politiche di Welfare, sul quale si deve sorreggere il sistema  pubblico da rilanciare. 

La celebrazione del nostro congresso, con le sue progettualità e proposte prima del turno elettorale politico, assume  il significato di ragionare sulle proposte che formalizzeremo al  nuovo governo, che auspichiamo sia di centro sinistra. 

Fin da ora, vogliamo poter offrire il conio di un patto di cittadinanza che, debba vedere anche la politica impegnata sulle questioni irrinunciabili che per noi sono propedeutiche per il rilancio del paese. 

Proprio alla politica vogliamo rivolgere un appello ed allo stesso tempo un richiamo, che è quello di assumere un ruolo trainante per il paese, con un’attività ispirata a principi etici e morali. 

Il riferimento è ,anche per le attuali vicende nazionali, sulle quali chiediamo sia fatta chiarezza e se necessaria anche condanna dei comportamenti iniqui, così come abbiamo fatto  per il caso regionale della “parentopoli”.   

Bisogna animare un nuovo scenario, nel quale contesto, assumono un ruolo importante le politiche sociali, quelle di qualità, riguardanti le questioni che fanno riferimento all’accesso ai diritti ed anche alla dimensione di uguaglianza delle persone. 

La nostra convinzione, legittimata nelle assemblee congressuali di base, è contraria all’opera del governo, che in questi anni ha indirizzato attacchi per la demolizione della pubblica amministrazione e la demonizzazione del pubblico impiego. 

Invece,  il valore del lavoro pubblico rappresenta l’elemento di qualità, al quale riconoscere valorizzazione professionale, diritto alla formazione, diritto  al CCNL ed ai conseguenti rinnovi economici e normativi. 

Quindi, una conferma della esplicazione dell’attuale modello contrattuale, che vede nel secondo livello, quello della contrattazione decentrata integrativa,  la dimensione di valore aggiunto e che dovrà costruire all’interno della più complessiva “Contrattazione  sociale territoriale”, la trasformazione e la conferma della validità dei servizi pubblici, attraverso la riorganizzazione, la professionalizzazione degli operatori, la relativa valorizzazione, in un contesto sociale, aperto alle innovazioni progettuali, in grado di  rilanciare il paese e creare condizioni per lo sviluppo del mezzogiorno. 

Innanzitutto, bisogna creare le condizioni necessarie per il rispetto e la centralità del lavoro, che dovranno puntare sulla tricotomia di valori per noi rappresentata da:

CCNL  -  C.D.I.;
Fisco (con la inclusione della pressione della fiscalità locale);
Servizi sociali pubblici. 

Tali ingredienti, dovranno complessivamente accompagnare  il cambiamento del nostro paese, evitando  impoverimento di grande parte della nostra rappresentanza, per la quale, i buoni risultati ottenuti per i rinnovi e gli  adeguamenti contrattuali,  non hanno garantito a pieno il rapporto tra capacita d’acquisto,  aumento selvaggio ed incontrollato dei prezzi, inasprimento della fiscalità e, quindi, crescita complessiva del costo della vita, determinando, anche, nelle condizioni economiche, situazioni distanti dal concetto di benessere pubblico. 

Nell’ambito di tali disparità, il CCNL e l’attuale modello contrattuale, hanno avuto un ruolo importante. 

In questa considerazione e nel massimo rispetto del lavoro e delle successive elaborazioni della apposita commissione unitaria nazionale, riteniamo che la eventuale manutenzione del  modello contrattuale, non dovrà essere allontanata dall’alveo delle regole condivise dalla categoria e dai lavoratori. 

Tra l’altro, per quanto ci riguarda, l’attenzione sull’attuale modello contrattuale, coincide con le questioni da noi proposte con l’emendamento sostitutivo alla tesi N. 9, relativa alle questioni della partecipazione e della rappresentanza. 

Le politiche e la pratica attinenti la  democrazia di mandato, che noi riconosciamo come la validazione e la certificazione della qualità degli accordi e della contrattazione dei vari livelli, sono le materie sulle quali dovrà essere sempre di più consolidata la sovranità dei lavoratori alle partecipazioni decisionali, con consultazioni preventive, obbligatorie e che dovranno essere spinte fino all’utilizzo dell’istituto referendario di carattere abrogativo con richiesta proveniente: 

direttamente da una percentuale qualificata dei lavoratori;
dai delegati eletti nelle R.S.U.;
da una o più OO.SS. con complessiva rappresentanza qualificata. 

In questa ultima accezione, deve essere ben valorizzato il tema del rapporto unitario con CISL – UIL di categoria che si è concretizzato a livello nazionale, ma ha scontato, per la categoria, delle difficoltà sul piano regionale e territoriale. 

Tali difficoltà, a volte sono emerse, come nell’ultimo periodo, sulla metodologia con la quale si sono affrontate importanti vertenze, per le quali in futuro, unitariamente, dovremo guardare con fermezza al ruolo dell’autonomia sindacale e  adoperarci con  concretezza, nei rapporti  con le controparti negoziali e senza pregiudizi, nella costruzione di un confronto partecipativo con la parte istituzionale, rappresentata dal  governo regionale. 

Noi ci faremo sempre di più carico della preziosità dell’azione unitaria, sperimentando le nuove opportunità che si sono create nelle regioni meridionali, con l’elezione dei nuovi governi regionali, di centro sinistra, con i quali condividere il progetto  sulla centralità del servizio pubblico, che miri a servizi di qualità e contenimento della spesa oltre all’avvio dei percorsi virtuosi, individuati nel documento sottoscritto a Reggio Calabria, per lo sviluppo del Mezzogiorno, da CGIL, CISL, UIL, Confindustria e dal Coordinamento delle Regioni. 

Il caso concreto di una possibile azione virtuosa in Calabria, potrebbe essere quello di un intervento in un settore,come quello della sanità, dove esistono necessità inderogabili, a partire dall’eliminazione dei servizi doppione, dalla reinternalizzazione (esempio A.D.I. sulla quale attendiamo una concreta verifica di applicazione uniforme su tutto il territorio regionale) e  dalla creazione di sicure economie, da spendere nella parte pubblica del sistema da ricostruire, che deve sempre di più rispondere ad una sfida, che per quanto ci riguarda, è costituita dai Livelli essenziali di assistenza e dal freno alla mobilità sanitaria che, rappresenta l’abnegazione del diritto di cittadinanza e del  diritto alla salute ed alle cure, all’interno della propria regione. 

In questo senso, le scelte di politiche attuative, sono da condividere con percorsi e contitolarità  alla contrattazione territoriale che vedano, oltre alla nostra, la partecipazione della confederazione, dello SPI , delle Associazioni sociali e di quelle in rappresentanza dell’utenza, per costruire proposte largamente partecipate, da condividere con l’intero  sistema istituzionale, che in Calabria ha il necessario bisogno di esercitare fino in fondo i propri compiti. 

Infatti, parlare di assistenza sanitaria, prestazioni sociali, mercato del lavoro, ecc… significa creare le condizioni per la nascita di un sistema che affronti i problemi della rete, del territorio, dell’ uniformità nei servizi e delle pari opportunità nella possibilità di sviluppo delle varie aree della regione. 

Questo significa, poter contare su una capacità di spendere azioni comuni a difesa dei diritti e di garanzia per i servizi, a partire dalla rete associata degli enti locali, per la costruzione di risposte sociali per il decollo attuativo  dei Piani di zona che, ad oggi, non trovano coperture di spesa, nè la previsione di un fondo regionale che,invece, deve essere rivendicato e costruito con la sottrazione delle rette indistinte indirizzate al privato, che non aiutano il ruolo di un sistema di Welfare nel fronteggiare le vere emergenze sociali ed a costruire l’ossatura necessaria per garantire l’integrazione socio-sanitaria.  

Queste idee programmatiche, sono state le stesse che, abbiamo offerto alla Conferenza di Programma della CGIL Calabrese. 

La stessa, si è svolta in un momento particolare e forse cruciale nella vita politica della nostra Regione, rappresentato dall’avvio della competizione  elettorale, con lo svolgimento dell’Assemblea dei grandi elettori, nella quale sono stati votati sia il programma che il candidato alla presidenza della giunta regionale per il centro sinistra, che allo scrutinio sarebbe risultato vincente in maniera marcata. 

Il contributo della categoria, a quell’importante appuntamento, non è stato solo di mera testimonianza, ma anche di proposte e di progetti da offrire ai vari interlocutori e  ha avuto, come oggetto,  la necessità di una P.A. adeguata alla sfida per lo sviluppo che, la Calabria avrebbe dovuto affrontare, a partire dalle considerazioni di ordine contrattuale. 

Infatti, la Contrattazione Integrativa della categoria ha rappresentato, per noi,  un  ruolo positivo nell’intera Regione, tra l’altro povera negli altri settori, di esperienze contrattuali aziendali e decentrate, a causa della storica penuria di insediamenti produttivi. 

La validità della contrattazione decentrata nel pubblico, ha dato risposte positive ai problemi dei lavoratori, in tema di trattamento economico accessorio. 

Purtroppo gli Enti e le Amministrazioni, non hanno percepito il suo possibile utilizzo per la riorganizzazione e la modernizzazione della propria attività amministrativa.  

Per quanto ci riguarda, abbiamo dichiarato in quell’occasione, la nostra disponibilità a colmare le carenze, quelle delle nostre controparti, individuando l’appropriatezza per le singole amministrazioni, dell’utilizzo degli istituti contrattuali, disponibili nella C.D.I.. 

Per questo, vorremmo avere chiaro, quale è il contesto progettuale che, dovrebbe avere una condivisione collegiale e che, oltre alla posizione del sindacato, avrebbe bisogno di conoscere la richiesta, sui rispettivi bisogni, della Regione, degli Enti Locali, delle  Associazioni imprenditoriali e di  tutte le altri componenti del partenariato sociale, che hanno già avuto modo di evidenziare il loro ruolo positivo, nel fronteggiare il precedente governo regionale, sullo spinoso argomento della spesa comunitaria. 

Quali potrebbero essere gli strumenti innovativi, di cui il sistema, ad esempio quello imprenditoriale, avrebbe bisogno, per sostanziare istanze di sviluppo e di quale tipologia dovrebbero essere gli sportelli unici per le imprese e le attività produttive? 

Quest’ultimo, non vuole essere un banale quesito, ma vuole confermare la necessità di adeguare la nostra azione alla  indicazione di istanze di cambiamento, che abbiamo preso in esame, all’indomani dell’insediamento della Giunta Regionale Loiero, alla quale abbiamo chiesto, proprio a partire dalla nostra attività contrattuale e dalla visione dell’apparato burocratico regionale, una profonda innovazione, un cambiamento di tendenza ,  l’avvio di pratiche di buona amministrazione e politiche dense di valori. 

La nostra Regione, nella considerazione nazionale viene indicata, ancora oggi, come il fanalino di coda, nei vari indicatori economici, con una situazione aggravata dalla precedente G.R. di centro destra, che ha sancito l’isolamento della stessa e l’abbandono all’illegalità ed all’azione delittuosa della “ndrangheta”, che non ha tardato a colpire. 

L’omicidio Fortugno, è stata una chiara  sfida, lanciata alla politica regionale, che ha scelto un progetto di cambiamento rispetto al passato. 

Il sacrificio di una vita umana, di un uomo al servizio della collettività e della massima istituzione regionale, non dovrà risultare vana. 

L’avere attratto l’attenzione dell’intero paese sulla Calabria, ha svegliato l’interesse di tutta la regione , che si è mobilitata e che ha potuto contare sull’entusiasmo dei giovani di Locri,  diventati il simbolo di una Regione, che vuole cambiare e costruire un futuro pregnante di legalità, reclamata attraverso la ribellione pacifica. 

Anche in questi ultimi giorni, è continuata l’opera criminale di minacce agli Amministratori locali, a Dirigenti delle Aziende sanitarie, da poco nominati, in un clima di pervasività della criminalità organizzata su tutto il territorio regionale. 

Noi vogliamo confermare,  nell’ufficialità del nostro Congresso, la nostra volontà di continuare a spenderci e a   mobilitarci, con coinvolgimento di tutti i nostri operatori pubblici, che tra l’altro, già da tempo hanno messo la propria attività lavorativa e quella di dirigenti sindacali al servizio della  necessità di un progetto per il miglioramento della P.A. calabrese, attraverso la riorganizzazione, la trasparenza amministrativa e la semplificazione dei procedimenti amministrativi. 

Tra l’altro, proprio questa attività è costata in passato minacce e, in alcuni casi, veri e propri attentati nei confronti di nostri dirigenti. 

Per questo motivo, confermiamo la nostra piena solidarietà agli stessi, con il chiaro significato che per la nostra azione, così delicata, esiste l’esigenza di fare quadrato e non solo nel nostro gruppo dirigente sindacale , ma intorno a tutti coloro che manifestano la loro disponibilità a lottare contro l’illegalità. 

Una azione di verifica sulla legalità, in rapporto all’attività degli Enti Locali ed delle Aziende sanitarie, ci porterebbe a rilevare come gli stessi siano oggetto di procedure di controllo che vanno dalle nomine di Commissioni d’accesso, all’ avvio di procedimenti giudiziari e finiscono per arrivare allo scioglimento per infiltrazione mafiosa (il caso di parecchi comuni calabresi). 

A tale negativa considerazione, non sfugge nemmeno la struttura regionale che, per bocca dello stesso Presidente Loiero, viene annoverata come il reticolo affaristico-lobbistico nell’attività amministrativa regionale. 

Tali fenomeni, vanno ben oltre l’illegalità sugli appalti e l’acquisizione del crimine organizzato, di esercizi commerciali ed attività imprenditoriali, allo scopo di riciclaggio. 

Infatti, siamo dinnanzi alla infiltrazione nelle istituzioni, più volte denunciata dal sindacato,  che deve essere fronteggiata con proposte congiunte, a partire da una serie di attori associativi (esempio dell’ANCI per i comuni) ed istituzionali, per una battaglia comune, fondata sulle semplificazioni amministrative e di contrasto al fenomeno dei favori che quasi sempre costituiscono diritti già acquisiti. 

Non aiutano la legalità, il carente esercizio dei diritti di cittadinanza e l’immissione della  precarizzazione nelle Amministrazioni, che nel mezzogiorno, hanno creato solo aspettative e non hanno condotto ad esperienze di cui le stesse avevano bisogno, per intercettare politiche di benessere sociale. 

La necessità della gestione pubblica dei beni comuni da rendere indisponibili alle logiche di mercato, ha reso ancora  più evidente, nell’ attività negoziale e contrattuale, l’esigenza di fronteggiare privatizzazioni, in un quadro stabile di vertenze che hanno dovuto fare i conti con  problemi del lavoro, sociali ed istituzionali. 

La difesa dei beni e servizi comuni per quanto ci riguarda, il più delle volte, corrisponde ad altrettante vertenze: 

l’acqua, il suo ciclo integrato e la depurazione (SMECO-SORICAL);
i rifiuti solidi urbani e la relativa legge delega nazionale (Schillacium; Vallecrati ecc..)
l’ambiente e la prevenzione (istituzione ARPACAL);
lo sviluppo agricolo e la forestazione (ARSSA – AFOR). 

Comunque, in questi giorni, anche con il nostro contributo, si sta portando a termine una delle risposte alla domanda di legalità, che passa  dall’azione di riforma regionale, per la definitiva attuazione del decentramento amministrativo che,

avrà il compito di garantire, sull’intero territorio, il rispetto dei diritti di cittadinanza e dello sviluppo e di snellire l’apparato burocratico dell’Amministrazione regionale, che dovrà rispondere ai compiti istitutivi della Regione, riguardanti principalmente le funzioni di programmazione, legislazione, verifica e coordinamento delle attività regionali. 

Il nostro contributo è consistito nella richiesta e nell’ottenere  indennità, contrattate in sede aziendale, in favore del personale trasferito, per meglio motivarlo nel passaggio alle amministrazioni locali e ai compiti di servizio da espletare nelle Province e nei Comuni. 

Ora spetterà a quest’ultimi valorizzare il personale e dare quelle risposte, attraverso i relativi servizi alla cittadinanza, che la delega delle funzioni amministrative ha assegnato. 

Tra queste, per importanza, vogliamo ricordare quella relativa alla Formazione professionale che, porta a termine un percorso di riforme centrali, partite con la istituzione presso le Amministrazioni Provinciali dei Centri per l’Impiego che, vedono in questo trasferimento il completamento di un servizio pubblico che, oggi, potrà contare su un servizio moderno, corredato da compiti di indirizzo che, potranno facilitare l’avviamento al lavoro, anche, attraverso il censimento dei bisogni formativi e la risposta agli stessi.  

Unitamente a questa nota positiva, invece, nutriamo preoccupazione sul ruolo che, nella fase successiva del decentramento, dovranno svolgere i Comuni  che ancora non sono un sistema integrato.   

Con queste considerazioni, e nel ruolo autonomo della categoria, rimangono delle perplessità sulle questioni dell’apparato burocratico dell’Amministrazione Regionale, che vogliamo etichettare come Vertenza della  “Struttura Regionale”,  che ora  può contare, oltre all’istituto della C.D.I., anche  sul Protocollo delle relazioni sindacali sottoscritto con le confederazioni, anche se quest’ultimo è, per il momento, solo lo strumento per una produttiva attività di confronto e non ancora la soluzione dei problemi. 

L’iniziativa della F.P. Regionale, nel Maggio dello scorso anno, con la partecipazione del Presidente Loiero, da poco insediato, aveva avuto il significato della denuncia sindacale ed allo stesso tempo della proposta di rinnovamento della struttura amministrativa regionale attraverso: 

una corretta applicazione del C.C.N.L. e di un ruolo produttivo della C.D.I.;
la definitiva attuazione del decentramento amministrativo;
il rilancio organizzativo ed il nuovo assetto strutturale della regione;
il contributo al decollo del sistema degli enti locali a decentramento amministrativo avviato. 

In quella sede, abbiamo trattato tutte le anomalie   regolamentari ed applicative, che si sono consumate nella regione, relativamente alla gestione del personale, in deroga al CCNL e che hanno portato la F.P.CGIL Calabria a non sottoscrivere il Contratto Decentrato Integrativo  di Comparto per l’anno 2004. 

Sempre, in quell’occasione, abbiamo offerto  la nostra riflessione sul Ruolo unico del Personale Regionale per il quale ad oggi, risultano due strutture: quella del Consiglio Regionale e quella della Giunta Regionale. 

Una soluzione storica, che non ha aiutato l’uniformità di trattamento del personale per le applicazioni contrattuali e non sana la distanza amministrativa, che a volte si è concretizzata  in una vera e propria discrasia, tra l’operato degli uffici dell’Assemblea Legislativa ed il resto degli Uffici regionali. 

Necessaria è l’azione di verifica sullo stato organizzativo degli Enti strumentali, in un contesto di  riforma dell’intero sistema regionale, e quindi in un ruolo che non deve essere marginalizzato, ma invece deve essere censito e rivisitato, in un’ottica di effettivo beneficio strumentale all’azione regionale, in termini di operatività  produttiva e di effetti positivi per la collettività calabrese.  

Le questioni che attengono alla legalità ed all’attività delle strutture amministrative regionali, sono i nodi che il  Mezzogiorno deve sciogliere,  per diventare attrazione ed opportunità di sviluppo per l’intero paese. 

Il Mezzogiorno, la Calabria, sono priorità nell’agenda sindacale, che hanno bisogno di avere un ampio consenso che fronteggi, innanzitutto, gli antichi fenomeni legati al contesto sociale, offrendo discussioni di merito, con la elaborazione responsabile per delineare  prospettive future.     

Insieme ai problemi della Legalità e del Mezzogiorno, non possiamo dimenticare quelli che riguardano in maniera, più diretta e negativa, proprio l’area meridionale e che attengono  alla Devolution che, con il falso federalismo mette a repentaglio l’unità nazionale del paese, colpisce i diritti elementari dei cittadini, del lavoro e finisce per indebolire irreparabilmente i poteri di importanti organi costituzionali. 

Quindi, una disgregazione del paese, che  non solo  demolisce la Carta costituzionale, ma intacca pesantemente servizi esclusivi pubblici, legati a diritti universali, indebolendo le persone in rapporto alle questioni che riguardano la salute, l’istruzione e la sicurezza. 

Queste condizioni, aboliscono il concetto di solidarietà, pregiudicano le nostre azioni contrattuali e proprio per queste motivazioni, indeboliscono ancora di più il sistema paese, accentuando la discrasia nord- sud e privando definitivamente il mezzogiorno e l’intero paese di una possibilità concreta di sviluppo. 

Per fronteggiare tale grave situazione, abbiamo scelto di stare dentro il percorso ed essere parte attiva dei comitati “salviamo la costituzione”, raccogliendo le firme necessarie (un mese di tempo per 500.000 firme), per chiedere il referendum abrogativo, impegnandoci nella successiva riuscita dello stesso. 

Anche in questa azione, la nostra spinta è quella di costruire le condizioni del benessere pubblico, a partire dalle condizioni che impongono la seria considerazione della centralità del lavoro , iniziando dai settori pubblici, per garantire la certezza e l’erogazione di servizi pubblici, unitamente alla gestione pubblica ed esclusiva dei beni comuni, in un contesto che deve offrire certezze in termini di diritti e legalità, per creare i presupposti per il rilancio del paese. 

Quanto detto, ha il chiaro significato di creare condizioni per la ripresa attraverso un progetto , che rinneghi le politiche neoliberiste, con  basi solide fondate su: Lavoro - Saperi – Diritti – Libertà. 

Inoltre, proprio per questo, sarà necessaria l’opera demolitoria,nei confronti: della Legge 30, della controriforma scolastica Moratti, della legge sull’immigrazione Bossi-Fini, unitamente alla chiusura dei CPT, mentre dovranno essere difese norme come la L.194, insieme all’effettivo funzionamento del servizio dei consultori. 

Questo significa mettere in campo proposte, quelle per la ricostruzione di questo paese, alimentate da partecipazione e democrazia, in altre parole, il patto sociale o di cittadinanza che dir si voglia, necessario per la svolta. 

Anche in quest’ultimo scorcio di legislatura, abbiamo assistito ad un governo ostinato nella sua opera di aggravamento della crisi istituzionale, economica e sociale, alla quale si è aggiunta la riforma elettorale. 

Un modo diverso di vedere il paese: il governo, con la riduzione delle spesa corrente ed il contestuale licenziamento di 100.000 lavoratori precari, noi per la stabilizzazione del precariato e la continuità nei servizi. 

Il Congresso della CGIL rappresenta, per questo, una occasione, non solo per parlare ai nostri iscritti,  ma a tutto il paese e per misurare le proposte per il programma di un futuro governo. 

La scelta dell’adozione del documento unitario rende ancora più forti le nostre proposte. 

Le stesse diverse tesi, oltre agli emendamenti presentati dalla nostra categoria, hanno rappresentato lo strumento di ampliamento della discussione e, quindi, la maggiore  valorizzazione dell’iter democratico e del valore unitario del congresso. 

Forti di queste opinioni, vogliamo delineare, oggi, un percorso per la nostra azione futura che, continuerà a guardare alla difesa dei diritti, quella, che ha preso corpo nei primi cento anni di vita della CGIL, unita ai valori che hanno contraddistinto i 25 anni della storia della nostra categoria che, per prima ha preso in considerazione l’unità dei servizi pubblici, anche attraverso la riunione in unica  Federazione, delle precedenti strutture, organizzando la odierna Funzione Pubblica- CGIL. 

Questa è la nostra storia, quella che  ha contribuito a concretizzare la democrazia in questo paese e ci permette di guardare alle donne e agli uomini,  interpretando i loro bisogni e le loro istanze. 

E quando, come in questo momento, non si hanno riscontri, la nostra azione non può che trasformarsi in mobilitazione ed in tutte le accezioni di protesta previste dalle regole democratiche. 

Quindi, non escludiamo di dover chiedere, ancora una volta, alle lavoratrici ed ai lavoratori, il consenso a   manifestare, a scendere in piazza e forse  arrivare, anche, allo sciopero, che mai, come in questa legislatura, abbiamo utilizzato in maniera così frequente. 

Oggi, nonostante la crisi e le incertezze del paese, la nostra  azione è più forte e confidiamo proprio nella stessa, per ben sperare nel futuro del paese, per il quale continueremo a mettere a disposizione, le nostre migliori risorse e proposte. 

Questo è l’impegno che presentiamo al nostro congresso, all’intera organizzazione, alla società civile , che ci fa guardare in maniera positiva alle sfide che ci aspettano e che affronteremo onorando il ruolo necessario, per la tutela e la centralità del lavoro,per la valorizzazione professionale del lavoro pubblico, per garantire diritti, legalità e sostegno allo sviluppo della nostra regione e per un  futuro sicuramente migliore del nostro paese.