CORTE DI GIUSTIZIA- SENTENZA 9 settembre 2003 Politica sociale -
Protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori - Direttiva
93/104/CE -
Nel procedimento C-151/02, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 234 CE, dal Landesarbeitsgericht Schleswig-Holstein (Germania), nella causa dinanzi ad esso pendente tra Landeshauptstadt Kiel e Norbert Jaeger, domanda vertente sull'interpretazione della direttiva del Consiglio 23 novembre 1993, 93/104/CE, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro (GU L 307, pag. 18), e in particolare sull'interpretazione degli artt. 2, n. 1, e 3, della medesima, LA CORTE, composta dal sig. G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, dai sigg. M. Wathelet, R. Schintgen (relatore) e C.W.A. Timmermans, presidenti di sezione, dai sigg. C. Gulmann, D.A.O. Edward, P. Jann e V. Skouris, dalle sig.re F. Macken e N. Colneric, dai sigg. S. von Bahr, J.N. Cunha Rodrigues e A. Rosas, giudici, avvocato generale: sig. D.
Ruíz-Jarabo Colomer, viste le osservazioni scritte presentate: - per la Landeshauptstadt Kiel, dal sig. W. Weißleder, Rechtsanwalt; - per M. Jaeger, dal sig. F. Schramm, Rechtsanwalt; - per il governo tedesco, dai sigg. W.-D. Plessing e M. Lumma, in qualità di agenti; - per il governo danese, dal sig. M. J. Molde, in qualità di agente; - per il governo dei Paesi Bassi, dalla sig.ra H. G. Sevenster, in qualità di agente; - per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra P. Ormond, in qualità di agente, assistita dalla sig.ra K. Smith, barrister; - per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. A. Aresu e H. Kreppel, in qualità di agenti, vista la relazione d'udienza, sentite le osservazioni orali della Landeshauptstadt Kiel, rappresentata dai sigg. W. Weißleder, M. Bechtold e D. Seckler, Rechtsanwälte, del sig. Jaeger, rappresentato dall'avv. F. Schramm, del governo tedesco, rappresentato dal sig. W.-D. Plessing, del governo francese, rappresentato dal sig. C. Lemaire, in qualità di agente, del governo dei Paesi Bassi, rappresentato dal sig. N. A. J. Bel, in qualità di agente, del governo del Regno Unito, rappresentato dalla sig.ra P. Ormond, assistita dalla sig.ra K. Smith, e della Commissione, rappresentata da sigg. H. Kreppel e F. Hoffmeister, in qualità di agenti, all'udienza del 25 febbraio 2003, sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza dell'8 aprile 2003, ha pronunciato la seguente Sentenza 1. Con ordinanza 12 marzo 2002, modificata con ordinanza 25 marzo seguente, pervenute in cancelleria il 26 aprile 2002, il Landesarbeitsgericht Schleswig-Holstein (Tribunale del lavoro del Land Schleswig-Holstein) ha sottoposto alla Corte, a norma dell'art. 234 CE, quattro questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione della direttiva del Consiglio 23 novembre 1993, 93/104/CE concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro (GU L 307, pag. 18), e in particolare sull'interpretazione degli artt. 2, n. 1, e 3, della medesima. 2. Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia tra la Landeshauptstadt Kiel (in prosieguo: il «Comune di Kiel») e il sig. Jaeger in merito alla definizione delle nozioni di «orario di lavoro» e di «periodo di riposo» ai sensi della direttiva 93/104 nell'ambito del servizio di guardia («Bereitschaftsdienst») prestato da un medico in ospedale.
Contesto normativo
La normativa comunitaria 3. Ai sensi del suo art. 1, la direttiva 93/104 stabilisce prescrizioni minime di sicurezza e di salute in materia di organizzazione dell'orario di lavoro e si applica a tutti i settori di attività, privati o pubblici, ad eccezione dei trasporti aerei, ferroviari, stradali e marittimi, della navigazione interna, della pesca in mare, delle altre attività in mare, nonché delle attività dei medici in formazione. 4. Al titolo «Definizioni», l'art. 2 della medesima direttiva dispone quanto segue: «Ai sensi della presente direttiva si intende per: 1) orario di lavoro: qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali; 2) periodo di riposo: qualsiasi periodo che non rientra nell'orario di lavoro; [...]». 5. La sezione II della direttiva 93/104 prevede le misure che gli Stati membri devono prendere affinché ogni lavoratore benefici, in particolare, di periodi minimi di riposo giornaliero e settimanale e disciplina altresì la durata massima settimanale del lavoro. 6. Ai sensi dell'art. 3 della detta direttiva, intitolato «Riposo giornaliero»: «Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici, nel corso di ogni periodo di 24 ore, di un periodo minimo di riposo di 11 ore consecutive». 7. Per quanto riguarda la durata massima settimanale del lavoro, l'art. 6 della medesima direttiva dispone: «Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché, in funzione degli imperativi di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori: (...) 2) la durata media dell'orario di lavoro per ogni periodo di 7 giorni non superi 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario». 8. L'art. 15 della direttiva 93/104 prevede: «La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di applicare od introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori o di favorire o consentire l'applicazione di contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali, più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori». 9. L'art. 16 della detta direttiva recita come segue: «Gli Stati membri possono prevedere: (...) 2) per l'applicazione dell'articolo 6 (durata massima settimanale del lavoro), un periodo di riferimento non superiore a quattro mesi. (...)». 10. La stessa direttiva elenca una serie di deroghe a molte delle sue norme fondamentali, tenuto conto delle peculiarità di talune attività e a condizione che ricorrano determinate circostanze. A questo proposito, l'art. 17 dispone: «1. Nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, gli Stati membri possono derogare agli articoli 3, 4, 5, 6, 8 e 16 quando la durata dell'orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell'attività esercitata, non è misurata e/o predeterminata o può essere determinata dai lavoratori stessi e, in particolare, quando si tratta: a) di dirigenti o di altre persone aventi potere di decisione autonomo b) di manodopera familiare; o c) di lavoratori nel settore liturgico delle chiese e delle comunità religiose. 2. Si può derogare per via legislativa, regolamentare o amministrativa o mediante contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali, a condizione che vengano concessi ai lavoratori interessati equivalenti periodi di riposo compensativo oppure, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per ragioni oggettive, a condizione che venga loro concessa una protezione appropriata: 2.1. agli articoli 3, 4, 5, 8 e 16 (...) c) per le attività caratterizzate dalla necessità di assicurare la continuità del servizio o della produzione, in particolare, quando si tratta: i) di servizi relativi all'accettazione, al trattamento e/o alle cure prestati da ospedali o stabilimenti analoghi, da case di riposo e da carceri; (...) iii) di servizi stampa, radiofonici, televisivi, di produzione cinematografica, postali o delle telecomunicazioni, di servizi di ambulanza, di vigili del fuoco o di protezione civile; (...) 3. Si può derogare agli articoli 3, 4, 5, 8 e 16 mediante contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali a livello nazionale o regionale o, conformemente alle regole fissate da dette parti sociali, mediante contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali ad un livello inferiore. (...) Le deroghe previste al primo e secondo comma sono ammesse soltanto a condizione che ai lavoratori interessati siano accordati periodi equivalenti di riposo compensativo o, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per motivi oggettivi, a condizione che ai lavoratori interessati sia accordata una protezione appropriata. (...)» 11. L'art. 18 della direttiva 93/104 recita come segue: «1. a) Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi il 23 novembre 1996 o provvedono affinché, al più tardi entro tale data, le parti sociali applichino consensualmente le disposizioni necessarie, fermo restando che gli Stati membri devono prendere tutte le misure necessarie per poter garantire in qualsiasi momento i risultati imposti dalla presente direttiva. b) i) Tuttavia, ogni Stato membro ha la facoltà di non applicare l'articolo 6, nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, a condizione che assicuri, mediante le misure necessarie prese a tale scopo, che: - nessun datore di lavoro chieda a un lavoratore di lavorare più di 48 ore nel corso di un periodo di 7 giorni, calcolato come media del periodo di riferimento di cui all'articolo 16, punto 2, a meno che non abbia ottenuto il consenso del lavoratore all'esecuzione di tale lavoro; - nessun lavoratore possa subire un danno per il fatto che non è disposto ad accettare di effettuare tale lavoro; - il datore di lavoro tenga registri aggiornati di tutti i lavoratori che effettuano tale lavoro; - i registri siano messi a disposizione delle autorità competenti che possono vietare o limitare, per ragioni di sicurezza e/o di salute dei lavoratori, la possibilità di superare la durata massima settimanale del lavoro; - il datore di lavoro, su richiesta delle autorità competenti, dia loro informazioni sui consensi dati dai lavoratori all'esecuzione di un lavoro che superi le 48 ore nel corso di un periodo di 7 giorni, calcolato come media del periodo di riferimento di cui all'articolo 16, punto 2. (...)»
La normativa nazionale 12. Il diritto del lavoro tedesco opera una distinzione tra i servizi di permanenza obbligatoria («Arbeitsbereitschaft»), i servizi di guardia («Bereitschaftsdienst») e i servizi di reperibilità («Rufbereitschaft»). 13. Tali tre nozioni non sono definite dalla normativa nazionale controversa, ma le loro caratteristiche si evincono dalla giurisprudenza. 14. Il servizio di permanenza obbligatoria («Arbeitsbereitschaft») identifica la situazione in cui il lavoratore deve tenersi a disposizione del proprio datore di lavoro sul luogo di lavoro ed è, inoltre, tenuto a restare costantemente vigile per poter intervenire immediatamente in caso di necessità. 15. Durante il servizio di guardia («Bereitschaftsdienst») il lavoratore ha l'obbligo di essere presente in un luogo determinato dal datore di lavoro, all'interno o all'esterno dell'edificio di quest'ultimo, nonché di tenersi pronto a prendere servizio su richiesta del datore di lavoro, ma gli è consentito riposarsi o passare il tempo come vuole quando la sua opera professionale non è richiesta. 16. Il servizio di reperibilità («Rufbereitschaft») è caratterizzato dal fatto che il lavoratore non è obbligato a restare in attesa in un luogo indicato dal datore di lavoro, ma basta che esso sia raggiungibile in qualunque momento per poter svolgere in breve tempo i sui compiti professionali su chiamata. 17. Nel diritto tedesco, solamente il servizio di permanenza obbligatoria («Arbeitsbereitschaft») è considerato, come regola generale, rientrare interamente nell'orario di lavoro. Invece, sia il servizio di guardia («Bereitschaftsdienst») che il servizio di reperibilità («Rufbereitschaft») son qualificati come riposo, salvo per la parte del servizio in cui il lavoratore ha effettivamente svolto i suoi compiti professionali. 18. In Germania, la normativa in materia di durata del lavoro e di periodi di riposo è contenuta nell'Arbeitszeitgesetz (legge sull'orario di lavoro) 6 giugno 1994 (BGBl. 1994 I, pag. 1170, in prosieguo: l'«ArbZG»), adottata per recepire la direttiva 93/104. 19. L'art. 2, n. 1, dell'ArbZG definisce orario di lavoro il periodo di tempo intercorrente tra l'inizio e la fine della giornata lavorativa, escluse le pause. 20. Ai sensi dell'art. 3 dell'ArbZG: «L'orario di lavoro giornaliero non può superare le otto ore, sebbene possa essere prolungato fino a dieci ore, purché la durata media calcolata su un semestre solare o su ventiquattro settimane non ecceda le otto ore per ogni giornata lavorativa». 21. L'art. 5 dell'ArbZG prevede quanto segue: «(1) Al termine del loro servizio quotidiano i lavoratori devono necessariamente beneficiare di un riposo ininterrotto di almeno undici ore. (2) La durata del periodo di riposo di cui al n. 1 può essere ridotta al massimo di un'ora negli ospedali e negli altri istituti per il trattamento, la cura e l'assistenza delle persone, negli alberghi, ristoranti e stabilimenti assimilati, nelle imprese di trasporto, nelle imprese di radiodiffusione e nell'agricoltura e allevamento, se ogni riduzione viene compensata, nell'arco di un mese solare o di quattro settimane, prolungando un altro periodo di riposo almeno fino a dodici ore. (3) In deroga al n. 1, negli ospedali e negli altri istituti di trattamento, cura e assistenza delle persone, le riduzioni del periodo di riposo dovute a un intervento durante i servizi di guardia (Bereitschaftsdienst) o la reperibilità (Rufbereitschaft) possono essere compensate successivamente, purché tali interventi non superino la metà del periodo di riposo. (...)» 22. L'art. 7 dell'ArbZG recita come segue: «(1) Mediante contratto collettivo o accordo aziendale basato su un contratto collettivo, è consentito: 1. in deroga all'art. 3, a) prolungare l'orario di lavoro giornaliero oltre le dieci ore, anche senza compensazione, quando nell'orario di lavoro rientrano di regola e in misura rilevante ore di permanenza obbligatoria (Arbeitsbereitschaft), b) differire ad un altro momento il periodo di riposo compensativo, c) estendere, senza compensazione, l'orario lavorativo giornaliero fino a dieci ore, per un massimo di sessanta giorni all'anno, (...) (2) A condizione che la salute dei lavoratori sia tutelata con un equivalente riposo compensativo, un contratto collettivo o un accordo aziendale può prevedere: 1. in deroga all'art. 5, n. 1, di adattare i periodi di riposo, in caso di servizio di guardia (Bereitschaftsdienst) o di reperibilità (Rufbereitschaft) alle peculiarità di tali servizi ed in particolare di compensare successivamente le riduzioni dei periodi di riposo qualora i lavoratori siano chiamati in servizio; (...) 3. per il trattamento, la cura e l'assistenza delle persone, di adeguare le norme di cui agli artt. 3, 4, 5, n. 1 e 6, n. 2, alle peculiarità di tali attività e al benessere di tali persone; 4. per le amministrazioni federali, regionali, comunali o di altri enti, istituzioni e fondazioni di diritto pubblico, nonché per gli altri datori di lavoro cui si applicano i contratti collettivi vigenti per il pubblico impiego o contratti collettivi di contenuto sostanzialmente simile, di adeguare le norme di cui agli artt. 3, 4, 5, n. 1 e 6, n. 2 alle peculiarità di tali attività. (...)» 23. L'art. 25 dell'ArbZG così dispone: «Se, alla data di entrata in vigore della presente legge, un contratto collettivo esistente o che continua a produrre effetti dopo tale data, contiene disposizioni derogatorie ai sensi dell'art. 7, nn. 1 e 2 (...), che superano i limiti massimi stabiliti dalle norme citate, tali disposizioni restano impregiudicate. Gli accordi aziendali fondati su contratti collettivi sono assimilati ai contratti collettivi di cui alla prima frase (...)». 24. Il Bundesangestelltentarifvertrag (contratto collettivo del pubblico impiego in Germania, in prosieguo: il «BAT») prevede in particolare quanto segue: «Art. 15 Orario di lavoro normale (1) L'orario di lavoro normale prevede mediamente 38 ore e mezzo (pause escluse) alla settimana. In generale, la media dell'orario di lavoro settimanale normale è calcolata su un periodo di otto settimane (...) (2) L'orario di lavoro normale può essere esteso a) fino a dieci ore giornaliere (in media 49 ore settimanali) se include di regola una permanenza obbligatoria (Arbeitsbereitschaft) di almeno due ore al giorno in media, b) fino a undici ore giornaliere (in media 54 ore settimanali) se include di regola una permanenza obbligatoria (Arbeitsbereitschaft) di almeno tre ore al giorno in media, c) fino a dodici ore giornaliere (in media 60 ore settimanali) se il lavoratore deve soltanto essere presente sul luogo di lavoro per svolgere il lavoro richiesto in caso di necessità. (...) (6 bis) Il dipendente, su richiesta del datore di lavoro, è obbligato a trattenersi oltre l'orario di lavoro normale in un determinato luogo indicato da quest'ultimo, oppure può essere chiamato a lavorare in funzione delle necessità [servizio di guardia (Bereitschaftsdienst)]. Il datore di lavoro può imporre un servizio di guardia (Bereitschaftsdienst) soltanto ove sia prevista una certa mole di lavoro ma, per acquisita esperienza, prevalga il periodo non lavorato. Per calcolare la retribuzione, la presenza garantita durante il periodo di guardia (Bereitschaftsdienst), interventi compresi, è convertita in ore lavorative in base alla percentuale rappresentata in pratica dalla durata media del lavoro richiesto; le ore lavorative così valutate sono pagate come ore straordinarie (...) Prima che sia terminato il trimestre solare, le ore di lavoro calcolate in tal modo, invece di essere retribuite, possono essere compensate con la concessione di un equivalente periodo libero (riposo compensativo) (...)». 25. Parallelamente all'art. 15, n. 6 bis, del BAT, le parti sociali hanno concordato norme speciali («Sonderregelungen») per il personale dei centri ospedalieri e medici, degli istituti di cura e di maternità nonché di altri centri e stabilimenti sanitari (in prosieguo: la «SR 2 a»). Le disposizioni speciali per i medici e i medici dentisti dei centri e degli istituti previsti dalla SR 2 a (in prosieguo: la «SR 2 c») recitano come segue: «N.8 Per quanto concerne l'art. 15, n. 6 bis (...) Servizio di guardia (Bereitschaftsdienst), reperibilità (Rufbereitschaft) (...) (2) Per il calcolo della retribuzione, la presenza garantita durante il periodo di guardia (Bereitschaftsdienst), interventi compresi, è convertita in ore lavorative nella maniera seguente: a) La presenza garantita durante il periodo di guardia (Bereitschaftsdienst) è convertita come segue in ore lavorative in base alla base percentuale rappresentata in pratica dalla durata media del lavoro richiesto: Categoria Lavoro richiesto durante il Conversione in orario servizio di guardia di lavoro (Bereitschaftsdienst) A da 0 a 10% 15% B da oltre 10 a 25% 25% C da oltre 25 a 40% 40% D da oltre 40 a 49% 55% Un servizio di guardia (Bereitschaftsdienst) che rientra nella categoria A viene riclassificato nella categoria B se l'esperienza dimostra che, durante la guardia, l'interessato interviene mediamente più di tre volte fra le ore 22 e le ore 6. b) Inoltre, il periodo di presenza imposto da ogni servizio di guardia (Bereitschaftsdienst) è convertito come segue in funzione del numero di guardie effettuate dall'interessato nell'arco di un mese solare: Numero di servizi di guardia Conversione in orario (Bereitschaftsdienste) di lavoro nel mese solare Da 1 a 8 servizi di guardia 25% Da 9 a 12 servizi di guardia 35% Oltre 13 servizi di guardia 45% (...) (7) In un mese solare non possono essere disposti più di sette servizi di guardia (Bereitschaftsdienste) per le categorie A e B, più di sei servizi di guardia (Bereitschaftsdienste) per le categorie C e D. E' consentito superare provvisoriamente tali percentuali quando [, ove fossero rispettate] non sarebbe garantita l'assistenza ai pazienti. (...) (...)»
Controversia principale e questioni pregiudiziali 26. Dall'ordinanza di rinvio risulta che le parti nel procedimento principale controvertono sul punto se l'orario dedicato al servizio di guardia («Bereitschaftsdienst») organizzato dal comune di Kiel nell'ospedale da esso gestito debba essere considerato orario di lavoro o periodo di riposo. La controversia pendente dinanzi al giudice del rinvio riguarda esclusivamente gli aspetti di diritto del lavoro connessi ai periodi di guardia e non i relativi criteri di remunerazione. 27. Dal 1° maggio 1992 il sig. Jaeger lavora come assistente medico presso il reparto di chirurgia del detto ospedale. Il suo servizio rappresenta i 3/4 dell'orario settimanale normale (cioè 28,875 ore settimanali). Inoltre, egli è tenuto, in virtù di un accordo accessorio, a garantire turni di guardia rientranti nella categoria D del n. 8, par. 2, della SR 2 c. Nel contratto di lavoro le parti del procedimento principale hanno convenuto l'applicazione del BAT. 28. Il sig. Jaeger di regola effettua sei servizi di guardia al mese, compensati in parte mediante concessione di tempo libero e in parte mediante il versamento di retribuzioni aggiuntive. 29. Il servizio di guardia comincia al termine del normale orario lavorativo e ha una durata di 16 ore nei giorni feriali, di 25 ore il sabato (dalle 8.30 del sabato mattina alle 9.30 della domenica mattina) e di 22 ore e 45 minuti la domenica (dalle 8.30 della domenica mattina alle 7.15 de lunedì mattina). 30. I servizi di guardia sono così organizzati: il sig. Jaeger è presente in clinica e vi effettua le prestazioni professionali eventualmente necessarie. Egli ha a disposizione, in ospedale, una stanza con un letto nella quale è autorizzato a dormire quando non sono richieste le sue prestazioni. L'adeguatezza di tale alloggio è contestata. Per contro è pacifico che i periodi in cui il sig. Jaeger è chiamato a svolgere un compito professionale rappresentano mediamente il 49% dei servizi di guardia. 31. Il sig. Jaeger ritiene che i servizi di guardia da lui effettuati in qualità di medico assistente o medico di emergenza nell'ambito del servizio di pronto soccorso debbano essere considerati come interamente rientranti nell'orario di lavoro ai sensi dell'ArbZG, in virtù della diretta applicazione della direttiva 93/104. L'interpretazione fornita dalla Corte in merito alla nozione di orario di lavoro nella sentenza 3 ottobre 2000, causa C-303/98, Simap (Racc. pag. I-7963) potrebbe essere applicata al presente procedimento, concernente una situazione sostanzialmente simile. In particolare, gli obblighi del servizio di guardia in Spagna, in esame nel procedimento che ha dato luogo alla citata sentenza Simap, sarebbero paragonabili a quelli cui egli è sottoposto. Di conseguenza, l'art. 5, n. 3, dell'ArbZG sarebbe in contrasto con la direttiva 93/104 e, pertanto, inapplicabile. L'interessato aggiunge che il comune di Kiel non può legittimamente appellarsi alle disposizioni derogatorie dell'art. 17 di tale direttiva, il quale prevederebbe eccezioni relative solo alla durata dei periodi di riposo, a prescindere dalla nozione di orario di lavoro. 32. Per contro, il comune di Kiel sostiene che, secondo l'interpretazione costante dei giudici nazionali e della dottrina prevalente, le fasi di inattività durante il servizio di guardia devono essere considerate periodi di riposo e non orario di lavoro. Qualsiasi altra interpretazione priverebbe di significato gli artt. 5. n. 3, e 7 n. 2, dell'ArbZG. Inoltre, la citata sentenza Simap non sarebbe applicabile al caso di specie, infatti, i medici spagnoli interessati avrebbero esercitato la loro attività a tempo pieno nei servizi di pronto soccorso, mentre i medici tedeschi sarebbero chiamati a svolgere un compito professionale al massimo per il 49% in media del periodo del servizio di guardia. Infine, la normativa nazionale che stabilisce deroghe alla durata del lavoro rientrerebbe nell'art. 17, n. 2, della direttiva 93/104 e gli Stati membri disporrebbero di un ampio margine discrezionale in merito. Un'espressa menzione dell'art. 2 di tale direttiva all'interno dell'art. 17 della medesima sarebbe superflua in quanto l'art. 2 contiene soltanto definizioni. 33. In primo grado, l'Arbeitsgericht Kiel (Germania), con sentenza 8 novembre 2001, ha accolto la domanda del sig. Jaeger ritenendo che i servizi di guardia che quest'ultimo era tenuto a svolgere nell'ospedale di Kiel dovessero essere conteggiati come rientranti integralmente nell'orario di lavoro ai sensi dell'art. 2 dell'ArbZG. 34. Il comune di Kiel ha pertanto sottoposto la controversia al Landesarbeitsgericht Schleswig-Holstein. 35. Tale giudice rileva che la nozione di servizio di guardia («Bereitschaftsdienst») non è esplicitamente definita nell'ArbZG. Essa riguarderebbe l'obbligo di essere presente in un luogo indicato dal datore di lavoro e di tenersi pronto a svolgere tempestivamente i propri compiti professionali in caso di necessità. Non sarebbe richiesta una «vigile attenzione» («wache Achtsamkeit») e, al di fuori degli effettivi periodi di attività, il lavoratore potrebbe riposarsi o dedicarsi a qualsiasi altra occupazione. Durante il servizio di guardia, quest'ultimo non dovrebbe fornire le sue prestazioni professionali di propria iniziativa, ma soltanto su richiesta del datore di lavoro. 36. Il sig. Jaeger svolgerebbe un siffatto servizio di guardia, che in Germania è conteggiato come periodo di riposo e non come orario di lavoro, eccettuata la parte del detto servizio in cui il lavoratore ha effettivamente esercitato la propria attività professionale. Tale assunto deriverebbe dagli artt. 5, n. 3, e 7, n. 2, dell'ArbZG. Infatti, la circostanza che la riduzione dei periodi di riposo a seguito dell'assolvimento dei suoi compiti durante il servizio di guardia possa essere compensata successivamente, indicherebbe che quest'ultimo vale come periodo di riposo ove l'interessato non sia stato effettivamente chiamato a fornire la sua opera professionale. Questa sarebbe stata la volontà del legislatore nazionale, poiché risulterebbe dai lavori preparatori dell'ArbZG che periodi di lavoro possono seguire a servizi di guardia. 37. Il giudice del rinvio ritiene che, nel caso di specie, sia necessario accertare se i servizi di guardia debbano essere considerati come interamente rientranti nell'orario di lavoro, anche se l'interessato non ha effettivamente adempiuto i suoi obblighi professionali, e anzi gli è consentito dormire durante tali servizi. Tale questione non era stata proposta nella causa Simap e pertanto la Corte non l'avrebbe risolta. 38. Ove non fosse possibile risolvere tale questione in maniera chiara, per risolvere la controversia occorrerebbe accertare se l'art. 5, n. 3, dell'ArbZG contrasti con l'art. 2, nn. 1 e 2. della direttiva 93/104. 39. Infine, tenuto conto della domanda proposta in subordine - volta a far constatare che il sig. Jaeger non è tenuto, nell'ambito dei suoi obblighi definiti per contratto, a lavorare a titolo del suo servizio regolare e di guardia, ore straordinarie comprese, per più di dieci ore al giorno e per più di 48 ore in media alla settimana - e dato che il comune di Kiel si richiama a tal proposito agli artt. 5, n. 3, e 7, n. 2, dell'ArbZG, sarebbe necessario decidere se tali disposizioni rientrano nel margine discrezionale che la direttiva 93/104 attribuisce agli Stati membri e alle parti sociali. 40. Infatti, nell'ipotesi in cui i servizi di guardia dovessero essere considerati integralmente orario di lavoro e l'organizzazione a livello nazionale di tali servizi fosse ritenuta in contrasto con l'art. 3 della direttiva 93/104 perché il periodo di riposo di undici ore consecutive potrebbe non solo essere ridotto ma anche interrotto, la normativa tedesca potrebbe nondimeno rientrare nella sfera di applicazione dell'art. 17, n. 2, di tale direttiva. 41. Se la normativa nazionale o il contratto collettivo applicabile garantissero ai lavoratori un periodo di riposo sufficiente - nonostante il fatto che il servizio di guardia è da essi considerato periodo di riposo - lo scopo della direttiva 93/104, consistente nel proteggere la sicurezza e la salute dei lavoratori nella Comunità, potrebbe essere garantito. 42. Considerato che, ciò premesso, per risolvere la controversia per la quale è adito è necessaria l'interpretazione del diritto comunitario, il Landesarbeitsgericht Schleswig-Holstein ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: «1) Se il servizio di guardia (Bereitschaftsdienst), prestato da un lavoratore in un ospedale, possa generalmente essere considerato come rientrante nell'orario di lavoro, ai sensi dell'art. 2, n. 1, della direttiva 93/104/CE, anche quando al lavoratore è consentito dormire nel tempo in cui non sono richieste le sue prestazioni 2) Se una norma del diritto nazionale, la quale consideri come periodo di riposo, nel caso in cui non vi siano richieste di prestazioni, il servizio di guardia (Bereitschaftsdienst) configurato in modo che il lavoratore riposi in un'apposita stanza posta a sua disposizione nell'ospedale ed esegua la prestazione lavorativa solo su richiesta, violi l'art. 3 della direttiva 93/104/CE. 3) Se una norma del diritto nazionale, la quale consenta, negli ospedali ed altre istituzioni rivolte al trattamento medico, cura e assistenza delle persone, una riduzione del periodo di riposo di 11 ore, configurata in modo che i periodi di tempo relativi alle prestazioni rese durante il servizio di guardia (Bereitschaftsdienst) o la reperibilità (Rufbereitschaft), che non superino complessivamente la metà del periodo di riposo, vengano compensati con altri periodi, violi la direttiva 93/104/CE. 4) Se una norma del diritto nazionale, la quale consenta che in un contratto collettivo, o in un contratto aziendale basato su un contratto collettivo, possa essere previsto che i periodi di riposo durante il servizio di guardia (Bereitschaftsdienst) o di reperibilità (Rufbereitschaft) vengano adattati alle particolari caratteristiche di tali servizi, ed in particolare che riduzioni del periodo di riposo determinate da richieste di prestazioni durante tali servizi possano essere compensate con altri periodi, violi la direttiva 93/104/CE».
Sulle questioni pregiudiziali 43. In limine, occorre ricordare che, anche se non spetta alla Corte pronunciarsi, nell'ambito di un procedimento promosso ai sensi dell'art. 234 CE, sulla compatibilità di norme di diritto interno con il diritto comunitario, né interpretare disposizioni legislative o regolamentari nazionali, essa è tuttavia competente a fornire al giudice nazionale tutti gli elementi di interpretazione attinenti al diritto comunitario che gli consentano di pronunciarsi su tale compatibilità per la definizione della causa per la quale è adito (v., in particolare, sentenze 15 dicembre 1993, causa C-292/92, Hünermund e a., Racc. pag. I-6787, punto 8; 3 maggio 2001, causa C-28/99, Verdonck e a., Racc. pag. I-3399, punto 28, e 27 novembre 2001, cause riunite C-285/99 e C-286/99, Lombardini e Mantovani, Racc. pag. I-9233, punto 27).
Sulla prima e seconda questione 44. Alla luce di quanto ricordato al punto precedente, si devono intendere le prime due questioni, da esaminare congiuntamente, come dirette ad accertare se la direttiva 93/104 vada interpretata nel senso che un servizio di guardia («Bereitschaftsdienst») effettuato da un medico, secondo il regime della presenza fisica in ospedale, va qualificato interamente come orario di lavoro ai sensi della medesima direttiva, sebbene all'interessato sia consentito riposare sul luogo di lavoro durante i periodi in cui non sono richieste le sue prestazioni, sicché tale direttiva osta alla normativa di uno Stato membro che considera come riposo i periodi di inattività del lavoratore nell'ambito di un servizio di guardia del genere. 45. Per risolvere tali questioni così riformulate, occorre rilevare innanzitutto che tanto dall'art. 118 A del Trattato CE (gli artt. 117-120 del Trattato CE sono stati sostituiti dagli artt. 136 CE-143 CE), che costituisce il fondamento normativo della direttiva 93/104, quanto dai considerando primo, quarto, settimo e ottavo nonché dalla stessa formulazione dell'art. 1, n. 1, della direttiva risulta che essa intende fissare prescrizioni minime destinate a migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori mediante il ravvicinamento delle disposizioni nazionali riguardanti, in particolare, l'orario di lavoro (v. sentenza 26 giugno 2001, causa C-173/99, BECTU, Racc. pag. I-4881, punto 37). 46. A norma di queste stesse disposizioni, tale armonizzazione a livello comunitario in materia di organizzazione dell'orario di lavoro è diretta a garantire una migliore tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori, facendo godere questi ultimi di periodi minimi di riposo - in particolare giornaliero e settimanale - e di periodi di pausa adeguati e prevedendo un tetto per la durata della settimana lavorativa (v. citate sentenze Simap, punto 49, e BECTU, punto 38). 47. In tale contesto, deriva dalla Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata nel Consiglio europeo di Strasburgo del 9 dicembre 1989, e in particolare dai suoi punti 8 e 19, primo comma, richiamati al quarto considerando della direttiva 93/104, che ogni lavoratore della Comunità europea deve beneficiare nell'ambiente di lavoro di condizioni di protezione sanitaria e di sicurezza soddisfacenti e, in particolare, che ha diritto al riposo settimanale i cui periodi devono essere via via ravvicinati, in modo da ottenere un progresso, conformemente alle prassi nazionali. 48. Per quanto riguarda in particolare la nozione di «orario di lavoro» ai sensi della direttiva 93/104, va ricordato che, al punto 47 della citata sentenza Simap, la Corte ha rilevato che tale direttiva definisce la detta nozione comprendendovi qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali e che la medesima nozione va intesa in opposizione al periodo di riposo, ciascuna delle due nozioni escludendo l'altra. 49. Al punto 48 della citata sentenza Simap, la Corte ha statuito che gli elementi caratteristici della detta nozione di orario di lavoro sono presenti nei periodi di servizio di guardia dei medici delle unità di pronto soccorso della regione di Valencia (Spagna) effettuati secondo un regime di presenza fisica nei centri sanitari. La Corte ha infatti constatato che, nella causa che ha dato luogo alla detta sentenza, era pacifico che, nel caso di periodi di guardia svolti secondo tale regime, le due prime condizioni elencate nella definizione della nozione di orario di lavoro sono soddisfatte. Inoltre, essa ha affermato che, anche se l'attività effettivamente svolta varia secondo le circostanze, l'obbligo imposto a tali medici di essere presenti e disponibili sul luogo di lavoro per prestare la loro opera professionale dev'essere considerato rientrante nell'esercizio delle loro funzioni. 50. La Corte ha aggiunto, al punto 49 della citata sentenza Simap, che tale interpretazione è conforme all'obiettivo della direttiva 93/104, che è quello di garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori, facendo in modo che essi possano beneficiare di periodi minimi di riposo e di adeguati periodi di pausa, mentre escludere dalla nozione di «orario di lavoro», ai sensi di tale direttiva, il periodo di servizio di guardia svolto secondo il regime della presenza fisica equivarrebbe a rimettere seriamente in discussione il detto obiettivo. 51. Al punto 50 della citata sentenza Simap, la Corte ha inoltre precisato che diverso è il caso in cui i medici delle unità di pronto soccorso svolgano il servizio di guardia secondo il sistema per cui essi devono essere reperibili in permanenza senza per questo essere obbligati ad essere presenti nel centro sanitario. Infatti, pur essendo a disposizione del loro datore di lavoro, in quanto devono poter essere raggiungibili, tuttavia, in tal caso, i medici possono gestire il loro tempo in modo più libero e dedicarsi ai propri interessi sicché solo il tempo relativo alla prestazione effettiva di servizi di pronto soccorso dev'essere considerato orario di lavoro ai sensi della direttiva 93/104. 52. Dopo aver rilevato, al punto 51 della citata sentenza Simap, che le ore di lavoro straordinario rientrano nella nozione di «orario di lavoro» ai sensi della direttiva 93/104, la Corte ha concluso, al punto 52 della medesima sentenza, che il periodo di servizio di guardia che svolgono i medici delle unità di pronto soccorso, secondo il regime della presenza fisica nel centro sanitario, dev'essere interamente considerato come rientrante nell'orario di lavoro e, se del caso, come lavoro straordinario ai sensi della detta direttiva, mentre, per quanto concerne il servizio di guardia secondo il sistema per cui i medici debbono essere reperibili in permanenza, solo il tempo connesso alla prestazione effettiva di servizi di pronto soccorso dev'essere considerato rientrante nell'orario di lavoro (v, nello stesso senso, ordinanza 3 luglio 2001, causa C-241/99, CIG, Racc. pag. I-5139, punti 33 e 34). 53. Orbene, è giocoforza constatare, da un lato, che è pacifico che un medico che svolge funzioni come quelle contestate nella causa principale effettua il suo periodo di guardia secondo il regime della presenza fisica nel centro sanitario. 54. Dall'altro, né il contesto né la natura delle attività di un medico del genere comportano differenze di rilievo rispetto a quelle di cui trattavasi nella causa che ha dato luogo alla citata sentenza Simap tali da rimettere in discussione l'interpretazione fornita in tale sentenza dalla Corte in merito alla direttiva 93/104. 55. Al riguardo, non si può validamente differenziare tali attività affermando che, nella causa che ha dato luogo alla citata sentenza Simap, i medici di un'unità di pronto soccorso sarebbero soggetti a un orario lavorativo ininterrotto che può prolungarsi fino a 31 ore senza riposo notturno, mentre, per quanto concerne il servizio di guardia come quello di cui trattasi nella causa principale, la normativa nazionale pertinente garantirebbe che i periodi in cui l'interessato è chiamato a svolgere un compito professionale non superino il 49% di tutto il periodo di guardia, di modo che egli potrebbe restare inattivo per più della metà di detto periodo. 56. Infatti, come rilevato dall'avvocato generale nella nota n. 3 delle sue conclusioni, dalla normativa spagnola contestata nella causa che ha dato luogo alla citata sentenza Simap non deriva, per i medici che garantiscono un servizio di guardia presso l'ospedale, l'obbligo di restare vigili e attivi mentre sono in servizio. La stessa conclusione si può trarre dai paragrafi 15, 31 e 33 delle conclusioni dell'avvocato generale presentate nella detta causa. 57. Inoltre, se la percentuale del 49% prevista dalla normativa nazionale in esame nella causa principale si riferisce alla media, calcolata su un certo periodo, del tempo legato all'effettiva prestazione di servizi durante il periodo di guardia, nondimeno, in tale periodo, un medico può essere chiamato a prestare la propria opera ogni qualvolta sia necessario e per tutto il tempo necessario, senza che la detta normativa preveda un qualsiasi limite al riguardo. 58. Comunque, le nozioni di «orario di lavoro» e di «periodo di riposo» ai sensi della direttiva 93/104 non devono essere interpretate in funzione delle prescrizioni delle varie normative degli Stati membri, ma sono nozioni di diritto comunitario che occorre definire secondo criteri oggettivi, facendo riferimento al sistema e alla finalità della detta direttiva, come ha fatto la Corte ai punti 48 e 50 della citata sentenza Simap. Soltanto una siffatta interpretazione autonoma può assicurare la piena efficacia di tale direttiva nonché l'applicazione uniforme delle dette nozioni in tutti gli Stati membri. 59. Pertanto, il fatto che la definizione della nozione di orario di lavoro si riferisca alle «normative e/o prassi nazionali» non significa che gli Stati membri possano definire unilateralmente la portata di tale nozione. Inoltre tali Stati non possono subordinare a qualsivoglia condizione il diritto dei lavoratori a che i periodi di lavoro, e, correlativamente, quelli di riposo, siano tenuti in debito conto, poiché un diritto del genere deriva direttamente dalle disposizioni di tale direttiva. Qualsiasi altra interpretazione vanificherebbe lo scopo della direttiva 93/104 che è quello di armonizzare la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori mediante prescrizioni minime (v. sentenza 12 novembre 1996, causa C-84/94, Regno Unito/Consiglio, Racc. pag. I-5755, punti 45 e 75). 60. Il fatto che, nella citata sentenza Simap, la Corte non si sia pronunciata esplicitamente in merito alla possibilità, per i medici che svolgono un servizio di guardia secondo il regime della presenza fisica in ospedale, di riposarsi, e anche di dormire, durante i periodi in cui non si richiede la loro opera, è irrilevante al riguardo. 61. Siffatti periodi di inattività professionale ineriscono infatti al servizio di guardia effettuato dai medici secondo il regime della presenza fisica in ospedale, dato che, a differenza del normale orario lavorativo, la necessità di interventi urgenti dipende dalle circostanze e non può essere preventivamente programmata. 62. Inoltre, all'ultima frase del punto 48 della citata sentenza Simap, la Corte si è espressamente riferita a tale caratteristica, da cui risulta necessariamente che essa sia partita dall'ipotesi che i medici di guardia presenti in ospedale non esercitano, effettivamente e ininterrottamente, le loro attività professionali per tutto il periodo di guardia. 63. Secondo la Corte, il fattore determinante per ritenere che gli elementi caratteristici della nozione di «orario di lavoro», ai sensi della direttiva 93/104, sono presenti nei periodi di servizio di guardia che i medici effettuano nell'ospedale stesso è il fatto che essi sono obbligati a essere fisicamente presenti sul luogo indicato dal datore di lavoro e a tenervisi a disposizione di quest'ultimo per poter fornire immediatamente la loro opera in caso di necessità. Infatti, come emerge dal punto 48 della citata sentenza Simap, occorre considerare che tali obblighi, che rendono impossibile ai medici interessati di scegliere il luogo in cui stare durante le attese, rientrano nell'esercizio delle loro funzioni. 64. Tale conclusione non muta per il solo fatto che il datore di lavoro mette a disposizione del medico una stanza di riposo in cui può stare quando non è richiesto il suo intervento professionale. 65. Va aggiunto che, come statuito dalla Corte al punto 50 della citata sentenza Simap, rispetto a un medico in regime di reperibilità, regime che presuppone soltanto che questi possa essere costantemente raggiunto senza tuttavia imporre la sua presenza fisica nel centro sanitario, un medico obbligato a tenersi a disposizione del datore di lavoro sul luogo da esso indicato, per tutta la durata del servizio di guardia, è soggetto ad obblighi decisamente più onerosi, perché deve restare lontano dal suo ambiente familiare e sociale e beneficia di una minore libertà di gestire il tempo in cui non è richiesta la sua attività professionale. In tale contesto, un lavoratore a disposizione sul luogo indicato dal datore di lavoro non può essere considerato in riposo nei periodi del suo servizio di guardia durante i quali non presta effettivamente la sua attività professionale. 66. Tale interpretazione non può essere rimessa in discussione dalle obiezioni relative alle conseguenze di ordine economico e organizzativo che, secondo i cinque Stati membri che hanno presentato osservazioni ai sensi dell'art. 20 dello statuto CE della Corte di giustizia, deriverebbero dall'estendere a una fattispecie quale quella della causa principale la soluzione adottata nella citata sentenza Simap. 67. Peraltro, emerge dal quinto considerando della direttiva 93/104 che «il miglioramento della sicurezza, dell'igiene e della salute dei lavoratori durante il lavoro rappresenta un obiettivo che non può dipendere da considerazioni di carattere puramente economico» 68. Da tutto quanto precede risulta che la conclusione cui è giunta la Corte nella citata sentenza Simap, secondo la quale il periodo di servizio di guardia che svolgono i medici delle unità di pronto soccorso, secondo il regime della presenza fisica nel centro sanitario, dev'essere interamente considerato come rientrante nell'orario di lavoro ai sensi della direttiva 93/104, indipendentemente dalle prestazioni lavorative realmente effettuate dagli interessati, deve applicarsi anche ai servizi di guardia effettuati, secondo il medesimo regime, da un medico come il sig. Jaeger nell'ospedale in cui lavora. 69. Ciò premesso, la direttiva 93/104 osta a una normativa nazionale quale quella contestata nella causa principale, in forza della quale sono considerati come rientranti nei periodi di riposo i periodi di servizio di guardia durante i quali il medico non è effettivamente chiamato a svolgere un compito professionale e può riposarsi, ma deve essere presente e restare a disposizione sul luogo indicato dal datore di lavoro per prestare la propria opera in caso di necessità o quando gli è richiesto di intervenire. 70. Tale interpretazione infatti è l'unica conforme all'obiettivo della direttiva 93/104 di garantire una tutela efficace della sicurezza e della salute dei lavoratori, facendo loro beneficiare effettivamente di periodi minimi di riposo. Una siffatta interpretazione s'impone a maggior ragione in quanto si tratta si medici che garantiscono un servizio di guardia nei centri sanitari, dato che i periodi durante i quali la loro opera non è richiesta per far fronte ad urgenze possono, secondo i casi, essere brevi e/o soggetti a frequenti interruzioni mentre, peraltro, non si può escludere che gli interessati siano chiamati a intervenire, oltre che per le urgenze, per seguire lo stato dei pazienti posti sotto la loro sorveglianza o per svolgere compiti amministrativi. 71. Alla luce dell'insieme delle considerazioni che precedono, occorre risolvere la prima e la seconda questione dichiarando che la direttiva 93/104 va interpretata nel senso che un servizio di guardia («Bereitschaftsdienst») che un medico svolge secondo il regime della presenza fisica in ospedale va considerato come interamente rientrante nell'orario di lavoro a norma della detta direttiva, anche qualora all'interessato sia consentito riposare sul luogo di lavoro durante i periodi in cui non è richiesta la sua opera, sicché la medesima direttiva osta alla normativa di uno Stato membro che qualifica come periodi di riposo i periodi di inattività del lavoratore durante un tale servizio di guardia.
Sulla terza e quarta questione 72. Con la seconda e la terza questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede in sostanza se la direttiva 93/104 debba essere interpretata nel senso che essa osta alla normativa di uno Stato membro la quale, per quanto riguarda il servizio di guardia svolto secondo il regime della presenza fisica in ospedale, produce l'effetto di consentire, eventualmente mediante un contratto collettivo o un accordo aziendale basato su un tale contratto, una riduzione del periodo di riposo giornaliero di 11 ore tramite compensazione «successiva dei periodi di lavoro effettuati durante la guardia». 73. Risulta dal contesto in cui la terza e la quarta questione sono state sollevate che il giudice del rinvio si chiede se le prescrizioni degli artt. 5, n. 3, e 7, n. 2, primo comma, dell'ArbZG, siano compatibili con la direttiva 93/104. 74. A questo proposito risulta innanzitutto che norme nazionali come quelle esaminate dal giudice del rinvio distinguono a seconda che al lavoratore sia chiesto o meno di svolgere realmente prestazioni lavorative durante il servizio di guardia, poiché soltanto gli effettivi periodi di attività svolti durante tale servizio sono oggetto di compensazione, mentre i periodi di guardia in cui il lavoratore non è attivo sono considerati come rientranti nei periodi di riposo. 75. Orbene, come emerge dalla risposta alle prime due questioni, servizi di guardia svolti da un medico nell'ospedale in cui lavora devono essere considerati integralmente periodi lavorativi, a prescindere dal fatto che, durante tale guardia, il lavoratore non svolga permanentemente attività effettive. Di conseguenza, la direttiva 93/104 osta a una normativa di uno Stato membro che assimila a periodo di riposo, ai sensi di tale direttiva, i periodi di inattività del lavoratore durante il servizio di guardia effettuato presso il centro sanitario e, pertanto, che preveda la compensazione soltanto dei periodi in cui l'interessato ha effettivamente svolto un'attività professionale. 76. Per poter fornire una risposta utile al giudice del rinvio, occorre altresì precisare le prescrizioni della direttiva 93/104 per quanto riguarda il periodo di riposo nonché esaminare in particolare se, ed eventualmente in quale misura, norme nazionali come gli artt. 5, n. 3, e 7, n. 2, primo comma, dell'ArbZG possano rientrare fra le possibilità di deroga previste da tale direttiva. 77. Ciò premesso, l'art. 3 della medesima sancisce il diritto di qualsiasi lavoratore di beneficiare, nel corso di ogni periodo di 24 ore, di un periodo minimo di riposo di 11 ore consecutive. 78. Quanto all'art. 6 della detta direttiva, esso obbliga gli Stati membri a prendere le misure necessarie affinché, in funzione degli imperativi di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, la durata media dell'orario di lavoro per ogni periodo di 7 giorni non superi 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario. 79. Orbene, risulta dalla formulazione stessa delle due disposizioni summenzionate che in via di principio non è con esse compatibile una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nella causa principale, la quale autorizza periodi di lavoro che possono durare circa 30 ore consecutive, quando un periodo d guardia precede o segue direttamente un servizio normale, ovvero più di 50 ore settimanali, compresi i servizi di guardia. La situazione sarebbe diversa soltanto se la detta normativa rientrasse fra le possibilità di deroga previste dalla direttiva 93/104. 80. A questo proposito emerge dal sistema attuato da tale direttiva che, sebbene l'art. 5 della medesima consenta in via generale di applicare od introdurre disposizioni nazionali più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, per contro la detta direttiva precisa, all'art. 17, che soltanto alcune delle sue disposizioni, tassativamente elencate, possono essere oggetto di deroghe previste dagli Stati membri o dalle parti sociali. 81. Orbene, in primo luogo, è significativo che l'art. 2 della direttiva 93/104 non figuri fra le disposizioni cui essa consente espressamente di derogare. 82. Tale circostanza corrobora la constatazione, di cui ai punti 58 e 59 della presente sentenza, secondo la quale le definizioni contenute al detto art. 2 non possono essere liberamente interpretate dagli Stati membri. 83. In secondo luogo, l'art. 6 della direttiva 93/104 è menzionato solo all'art. 17, n. 1, della medesima, mentre è evidente che quest'ultima disposizione concerne attività che non hanno alcun rapporto con quelle svolte da un medico durante servizi di guardia effettuati secondo il regime della presenza fisica in ospedale. 84. E' vero che l'art. 18, n. 1, lett. b), i), della direttiva 93/104 prevede che gli Stati membri hanno la facoltà di non applicare il detto articolo 6, purché rispettino i principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori e a condizione di soddisfare un certo numero di requisiti cumulativi elencati nella detta disposizione. 85. Tuttavia, come esplicitamente confermato dal governo tedesco all'udienza, è pacifico che la Repubblica federale di Germania non ha utilizzato tale possibilità di deroga. 86. In terzo luogo. l'art. 3 della direttiva 93/104 è, per contro, menzionato in più paragrafi dell'art. 17 di quest'ultima e, in particolare, al n. 2, punto 2.1, disposizione pertinente nella causa principale, dato che esso riguarda, alle lett. c), i), «le attività caratterizzate dalla necessità di assicurare la continuità del servizio (...), in particolare, quando si tratta (...) di servizi relativi all'accettazione, al trattamento e/o alle cure prestati da ospedali o stabilimenti analoghi (...)». 87. Le peculiarità proprie dell'organizzazione delle unità di servizio di guardia presso gli ospedali o stabilimenti analoghi sono pertanto riconosciute dalle direttiva 93/104, in quanto essa prevede, all'art. 17, talune possibilità di deroga che le riguardano. 88. Così la Corte ha ritenuto, al punto 45 della citata sentenza Simap, che l'attività dei medici delle unità di pronto soccorso può rientrare fra le deroghe previste da detto articolo, nei limiti in cui siano soddisfatte le condizioni ivi elencate (v. ordinanza CIG, cit., punto 31). 89. Occorre osservare a tale proposito che, in quanto eccezioni al sistema comunitario in materia di organizzazione dell'orario di lavoro attuato dalla direttiva 93/104, le deroghe previste all'art. 17 di quest'ultima devono essere interpretate in modo che la loro portata sia limitata a quanto strettamente necessario alla tutela degli interessi che tali deroghe permettono di proteggere. 90. Inoltre, ai termini stessi dell'art. 17, n. 2, della direttiva 93/104, l'applicazione di una deroga del genere, in particolare per quanto riguarda la durata del riposo giornaliero previsto all'art. 3 di tale direttiva, è espressamente subordinata alla condizione che ai lavoratori interessati siano accordati periodi equivalenti di riposo compensativo o, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per motivi oggettivi, a condizione che ai detti lavoratori sia accordata una protezione appropriata. A norma del n. 3 del detto art. 17, le stesse condizioni si applicano in caso di deroga al detto art. 3 mediante contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali a livello nazionale o regionale o, conformemente alle regole fissate da dette parti sociali, mediante contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali ad un livello inferiore. 91. Orbene, da un lato, come già rilevato al punto 81 della presente sentenza, l'art. 17 della direttiva 93/104 non consente di derogare alle definizioni delle nozioni di «orario di lavoro» e di «periodo di riposo» di cui all'art. 2 di tale direttiva, calcolando come riposo i periodi di inattività di un medico che è tenuto ad effettuare il proprio servizio di guardia presso l'ospedale, mentre periodi del genere vanno considerati facenti interamente parte dell'orario di lavoro ai sensi della detta direttiva. 92. Dall'altro, occorre ricordare che la direttiva 93/104 ha lo scopo di proteggere in modo efficace la sicurezza e la salute dei lavoratori. Tenuto conto di tale obiettivo sostanziale, ogni lavoratore deve in particolare beneficiare di periodi di riposo adeguati che, oltre ad essere effettivi, consentendo alle persone interessate di recuperare la fatica dovuta al lavoro, devono anche rivestire un carattere preventivo tale da ridurre il più possibile il rischio di alterazione della sicurezza e della salute dei lavoratori che l'accumulo di periodi di lavoro senza il necessario riposo può rappresentare. 93. A tale proposito, risulta dal punto 15 della citata sentenza Regno Unito/Consiglio che le nozioni di «sicurezza» e «salute» ai sensi dell'art. 118 A del Trattato, su cui si fonda la direttiva 93/104, devono ottenere un'interpretazione ampia come riguardanti tutti i fattori, fisici e di altra natura, in grado di incidere sulla salute e sulla sicurezza del lavoratore nel suo ambiente di lavoro e, in particolare, taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro. Allo stesso punto della detta sentenza, la Corte ha dichiarato, inoltre, che una siffatta interpretazione è avvalorata dal preambolo della costituzione dell'Organizzazione mondiale della Sanità, alla quale appartengono tutti gli Stati membri, che definisce la salute come uno stato completo di benessere fisico, mentale e sociale e non come uno stato che consiste nella sola assenza di malattie o infermità. 94. Risulta da quanto precede che «equivalenti periodi di riposo compensativo» ai sensi dell'art. 17, nn. 2 e 3, della direttiva 93/104, per poter essere conformi sia a tali definizioni sia all'obiettivo di tale direttiva come precisato al punto 92 della presente sentenza, devono caratterizzarsi per il fatto che il lavoratore, durante tali periodi, non è soggetto, nei confronti del suo datore di lavoro, ad alcun obbligo che gli possa impedire di dedicarsi, liberamente e senza interruzioni, ai suoi propri interessi al fine di neutralizzare gli effetti del lavoro sulla sicurezza e la salute dell'interessato. Inoltre periodi di riposo del genere devono essere immediatamente successivi all'orario di lavoro che sono intesi a compensare, al fine di evitare uno stato di fatica o di sovraccarico del lavoratore dovuti all'accumulo di periodi di lavoro consecutivi. 95. Per poter garantire un'efficace tutela della sicurezza e della salute del lavoratore deve pertanto essere prevista, di regola, un'alternanza di un periodo di lavoro e di un periodo di riposo. Infatti, per potersi effettivamente riposare, il lavoratore deve beneficiare della possibilità di sottrarsi al suo ambiente di lavoro per un certo numero di ore che non solo devono essere consecutive ma anche venire subito dopo un periodo di lavoro, per consentire all'interessato di rilassarsi e di smaltire la fatica connessa all'esercizio delle proprie funzioni. Tale esigenza risulta ancor più necessaria quando, in deroga alla regola generale, l'orario di lavoro normale giornaliero è prolungato dallo svolgimento di un servizio di guardia. 96. Per contro, una serie di periodi di lavoro svolti senza che, fra di essi, sia intercalato il tempo di riposo necessario può, eventualmente, provocare un danno al lavoratore o quantomeno rischia di oltrepassare le capacità fisiche di quest'ultimo, mettendo così in pericolo la sua salute e la sua sicurezza, per cui un periodo di riposo concesso dopo detti periodi non è in grado di garantire correttamente la protezione degli interessi in questione. Come constatato al punto 70 della presente sentenza, tale rischio è ancor più reale quando si tratta del servizio di guardia svolto da un medico presso un centro sanitario, a fortiori quando un servizio del genere si aggiunge all'orario di lavoro normale. 97. Ciò premesso, l'orario di lavoro giornaliero che, a norma dell'art. 17 della direttiva 93/104, gli Stati membri o le parti sociali possono prevedere di aumentare, riducendo la durata del riposo concesso al lavoratore nel corso di una data giornata di lavoro, in particolare nei servizi presso gli ospedali e gli stabilimenti analoghi, in linea di principio dev'essere compensato dalla concessione di analoghi periodi di riposo compensativo, costituiti da un numero di ore consecutive corrispondenti alla riduzione praticata e di cui il lavoratore deve beneficiare prima di cominciare il periodo lavorativo seguente. Come regola generale, il fatto di concedere periodi di riposo del genere solo «successivamente», senza più una diretta connessione con il periodo di lavoro prolungato dallo svolgimento di ore straordinarie, non tiene adeguatamente in considerazione la necessità di rispettare i principi generali di tutela di sicurezza e della salute dei lavoratori, i quali costituiscono il fondamento del sistema comunitario di organizzazione dell'orario di lavoro. 98. Infatti, solo in circostanze del tutto eccezionali l'art. 17 consente che al lavoratore possa essere concessa una «diversa protezione appropriata», quando la concessione di periodi equivalenti di riposo compensativo non è possibile per ragioni oggettive. 99. Orbene, nel caso di specie, non si sostiene né si afferma affatto che una normativa come quella contestata nella causa principale può rientrare in uno di tali casi specifici. 100. Per giunta, la riduzione del periodo di riposo giornaliero di 11 ore consecutive, autorizzata dalla direttiva 93/104 in talune circostanze e nel rispetto di varie condizioni, non può, in nessun caso, provocare il superamento della durata massima settimanale di lavoro, come fissata all'art. 6 della medesima direttiva, imponendo a un lavoratore di esercitare la sua attività per più di 48 ore in media, comprese le ore di straordinario, nel corso di ciascun periodo di sette giorni, anche se questo include servizi di guardia che comprendono periodi in cui il lavoratore, benché a disposizione sul luogo di lavoro, non svolge attività professionali effettive. 101. Infatti, come rilevato al punto 83 della presente sentenza, l'art. 17 non consente di derogare all'art. 6 per attività come quelle in esame nella causa principale. 102. Tenuto conto degli sviluppi che precedono, occorre concludere che disposizioni nazionali come quelle previste agli artt. 5, n. 3, e 7, n. 2, primo comma, dell'ArbZG non possono rientrare fra le possibilità di deroga previste dalla direttiva 93/104. 103. Alla luce di quanto sopra, occorre risolvere la terza e la quarta questione dichiarando che la direttiva 93/104 va interpretata nel senso che: - in circostanze come quelle della causa principale, essa osta alla normativa di uno Stato membro la quale, riguardo al servizio di guardia svolto secondo il regime della presenza fisica in ospedale, produce l'effetto di consentire, eventualmente mediante contratto collettivo o accordo aziendale basato su un tale contratto, una compensazione soltanto dei periodi di servizio di guardia durante i quali il lavoratore ha effettivamente svolto un'attività professionale; - per poter rientrare fra le disposizioni derogatorie elencate all'art. 17, n. 2, punto 2.1, lett. c), i) di tale direttiva, una riduzione del periodo di riposo giornaliero di 11 ore consecutive, mediante effettuazione di un servizio di guardia che si somma all'orario di lavoro normale, è subordinata alla condizione che ai lavoratori interessati vengano concessi equivalenti periodi di riposo compensativo immediatamente dopo i periodi di lavoro corrispondenti; - inoltre, una riduzione del genere del periodo di riposo giornaliero non può in nessun caso comportare un superamento della durata massima settimanale di lavoro prevista all'art. 6 della detta direttiva.
Sulle spese 104. Le spese sostenute dai governi tedesco, danese, francese, dei Paesi Bassi e del Regno Unito nonché dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Per questi motivi,
LA CORTE
pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Landesarbeitsgericht Schleswig-Holstein, con ordinanza 12 marzo 2002, modificata con ordinanza 25 marzo seguente, dichiara:
1) La direttiva del Consiglio 23 novembre 1993, 93/104/CE, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro va interpretata nel senso che un servizio di guardia («Bereitschaftsdienst») che un medico svolge secondo il regime della presenza fisica in ospedale va considerato come rientrante interamente nell'orario di lavoro a norma della detta direttiva, anche qualora all'interessato sia consentito riposare sul luogo di lavoro durante i periodi in cui non è richiesta la sua opera, sicché la medesima direttiva osta alla normativa di uno Stato membro che qualifichi come periodi di riposo i periodi di inattività del lavoratore durante un tale servizio di guardia.
2) La direttiva 93/104 va altresì interpretata nel senso che: - in circostanze come quelle della causa principale, essa osta alla normativa di uno Stato membro la quale, riguardo al servizio di guardia svolto secondo il regime della presenza fisica in ospedale, produce l'effetto di consentire, eventualmente mediante contratto collettivo o accordo aziendale basato su un tale contratto, una compensazione soltanto dei periodi di servizio di guardia durante i quali il lavoratore ha effettivamente svolto un'attività professionale; - per poter rientrare fra le disposizioni derogatorie elencate all'art. 17, n. 2, punto 2.1, lett. c), i) di tale direttiva, una riduzione del periodo di riposo giornaliero di 11 ore consecutive, mediante effettuazione di un servizio di guardia che si somma all'orario di lavoro normale, è subordinata alla condizione che ai lavoratori interessati vengano concessi equivalenti periodi di riposo compensativo immediatamente dopo i periodi di lavoro corrispondenti; - inoltre, una riduzione del genere del periodo di riposo giornaliero non può in nessun caso comportare un superamento della durata massima settimanale di lavoro prevista all'art. 6 della detta direttiva.
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 9 settembre 2003.
Il cancelliere Il presidente
R. Grass G.C. Rodríguez Iglesias Divisione Stampa e Informazione COMUNICATO STAMPA n. 31/03 8 aprile 2003 Conclusioni dell'avvocato generale Ruiz-Jarabo nella causa C-151/02 Landeshauptstadt Kiel contro Norbert Jaeger SECONDO L'AVVOCATO GENERALE IL SERVIZIO DI GUARDIA MEDICA PRESTATO IN OSPEDALE E' PARTE INTEGRANTE DELL'ORARIO DI LAVORO AI SENSI DELLA NORMATIVA COMUNITARIA Per l'avvocato generale il fatto che il medico, durante il servizio di guardia, abbia a disposizione un letto per potersi riposare occasionalmente contribuisce a proteggere la sua salute e a garantire un servizio adeguato agli assistiti Il sig. Jaeger lavora come medico presso un ospedale di Kiel, nel quale presta sei turni di servizio di guardia medica al mese di 16, 25 e 22 ore e 45 minuti, a seconda dei giorni della settimana, compensati con tempo libero e indennità aggiuntive. Durante tali turni egli deve essere presente in ospedale, ove dispone di un letto per riposarsi negli intervalli in cui non sono richieste le sue prestazioni. La legislazione tedesca considera gli intervalli di tempo in cui i medici non operano come periodo di riposo. Il sig. Jaeger, invece, ritiene che si tratti di periodi di lavoro che devono essere retribuiti o compensati. Il giudice tedesco si rivolge alla Corte di giustizia per l'interpretazione di determinate disposizioni della direttiva comunitaria concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro. Egli chiede di sapere se il servizio di guardia prestato dai medici in ospedale debba essere computato integralmente nell'orario di lavoro, ove sia loro consentito di dormire nel centro stesso durante gli intervalli nei quali non sono richiesti i loro servizi. L'avvocato generale Ruiz-Jarabo ha presentato oggi le sue conclusioni.
Tali tre criteri, utilizzati per qualificare un periodo come rientrante nell'orario di lavoro, si applicano conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali. Tuttavia, secondo l'avvocato generale, tale assunto non consente ad uno Stato membro di ritenere che un medico, il quale effettua un servizio di guardia in un ospedale, non sia a disposizione del datore di lavoro durante gli intervalli in cui, sebbene inattivo, egli permane in attesa di essere chiamato ad intervenire. Inoltre egli evidenzia che, sebbene l'attività svolta in regime di guardia medica abbia un'intensità e un'ampiezza diverse rispetto a quella svolta durante il normale orario di lavoro, non per questo essa diviene un momento di riposo per il dipendente. D'altro canto, l'avere a disposizione un letto, durante il servizio di guardia, per potersi riposare ogni tanto contribuisce alla protezione della salute del medico e garantisce un servizio adeguato agli assistiti. Conseguentemente, l'avvocato generale sostiene che il servizio di guardia prestato da un medico in ospedale rientra integralmente nell'orario di lavoro, ai sensi della direttiva concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro, anche qualora al lavoratore sia consentito dormire negli intervalli di inattività. Tali intervalli di inattività non possono, pertanto, essere computati come periodo di riposo, in particolar modo qualora non sia garantito al lavoratore un minimo di ore di riposo consecutive. Avviso: i giudici della Corte di giustizia delle Comunità europee iniziano ora la valutazione di questa causa. La sentenza verrà resa nota in un momento successivo.
Divisione Stampa e Informazione COMUNICATO STAMPA n. 68/03 Landeshauptstadt Kiel / Norbert
Jaeger UN SERVIZIO DI GUARDIA EFFETTUATO
IN UN LUOGO DETERMINATO DAL DATORE DI LAVORO COSTITUISCE INTEGRALMENTE
ORARIO DI LAVORO, ANCHE SE AL MEDICO È CONSENTITO RIPOSARSI SUL LUOGO DI
LAVORO QUANDO I SUOI SERVIZI NON SONO RICHIESTI
Il diritto tedesco distingue tra i servizi di permanenza obbligatoria (*Arbeitsbereitschaft+), i servizi di guardia (*Bereitschaftsdienst+) e i servizi di reperibilità (*Rufbereitschaft+). Soltanto i servizi di permanenza obbligatoria sono considerati rientrare interamente nell'orario di lavoro. Per contro, i servizi di guardia e i servizi di reperibilità sono qualificati periodi di riposo, eccettuata la durata dello svolgimento di compiti professionali. La direttiva comunitaria concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro si prefigge lo scopo di garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori facendo loro beneficiare di periodi minimi di riposo e di periodi di pausa adeguati. Tale direttiva definisce gli elementi caratteristici della nozione di *orario di lavoro+ come *qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni, ...+. Il Landesarbeitsgericht SchleswigHolstein chiede alla Corte di giustizia delle Comunità europee se il diritto tedesco è conforme alla direttiva comunitaria. Ricordando la propria giurisprudenza, la Corte ritiene che il fattore determinante per considerare che gli elementi caratteristici della nozione di *orario di lavoro+ ai sensi della direttiva sono presenti nei periodi di guardia effettuati dai medici nell'ospedale stesso consista nel fatto che questi sono obbligati a essere fisicamente presenti sul luogo individuato dal datore di lavoro e di tenervisi a disposizione di quest'ultimo per poter fornire immediatamente i loro servizi in caso di necessità. Secondo la Corte, occorre considerare tali obblighi, che rendono impossibile per i medici interessati scegliere il luogo in cui stare durante le attese, come rientranti nell'esercizio delle loro funzioni. Il fatto che il datore di lavoro
metta a disposizione del medico una stanza di riposo in cui può stare tutto
il tempo in cui non deve intervenire non modifica tale interpretazione. |