CORTE DI GIUSTIZIA UE

 

 

CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE  DÁMASO RUÍZ-JARABO COLOMER

presentate l'8 aprile 2003 (1)

Causa C-151/02

Landeshauptstadt Kiel contro Norbert Jaeger

(domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Landesarbeitsgericht Schleswig-Holstein (Germania))

«Politica sociale - Protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori - Direttiva 93/104/CE - Orario di lavoro - Periodo di riposo - Nozione - Servizio di guardia medica nei centri ospedalieri»

1.

Il Landesarbeitsgericht Schleswig-Holstein (Germania) ha sottoposto alla Corte quattro questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione di talune disposizioni della direttiva del Consiglio 93/104/CE, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro (2).

In sostanza, si chiede se il servizio di guardia prestato dai medici in ospedale (3) debba essere computato integralmente nell'orario di lavoro, ove sia loro consentito di dormire nel centro stesso durante gli intervalli nei quali non sono richiesti i loro servizi.

I - I fatti della causa principale

2.

Dal 1° maggio 1992 il sig. Jaeger, attore nella causa principale e convenuto in appello dinanzi al Landesarbeitsgericht, che ha posto le questioni pregiudiziali, presta servizio come medico presso il reparto di chirurgia dell'ospedale di Kiel. Egli si era impegnato, in virtù di un accordo accessorio, ad effettuare servizi di guardia rientranti nella categoria D del n. 8, par. 2, dell'allegato 2C al Bundesangestelltentarifvertrag, il contratto collettivo federale per gli impiegati pubblici, applicabile al contratto con il consenso delle parti. A partire dall'aprile 1998, il sig. Jaeger effettuava i 3/4 dell'orario normale di lavoro quotidiano, equivalenti a circa 29 ore settimanali.

3.

Di regola, l'interessato effettua mensilmente sei turni di guardia medica che, dal lunedì al giovedì, hanno una durata di 16 ore; il venerdì di 18 ore e mezza; il sabato di 25 (tra le 8.30 del sabato e le 9.30 della domenica) e la domenica di 22 ore e 45 minuti (tra le 8.30 della domenica e le 7.15 del lunedì), corrispondenti ad un totale di 114 ore mensili. Il servizio di guardia dal lunedì al venerdì inizia al termine di una giornata lavorativa ordinaria di otto ore.

4.

Durante i turni di guardia, il medico è presente in clinica e vi effettua le prestazioni richiestegli. Egli ha a disposizione una stanza, in comune con altri colleghi, nella quale può dormire quando non sono richieste le sue prestazioni. Ai sensi del contratto collettivo applicabile, la media del tempo di attività durante tali periodi non supera il 49% nel corso di diversi mesi (4). La remunerazione avviene in parte mediante la concessione di tempo libero (5) ed in parte con indennità aggiuntive.

5.

Il sig. Jaeger ritiene che il servizio di guardia effettuato in ospedale rientri nell'orario di lavoro. La Landeshauptstadt Kiel, amministrazione che gestisce l'ospedale, convenuta e appellante nella causa principale, sostiene invece, sulla base della giurisprudenza costante dei giudici nazionali e della dottrina dominante in Germania, che il servizio di guardia, negli intervalli di tempo in cui i medici non esercitano alcuna attività, deve essere considerato come periodo di riposo e non come orario lavorativo.

6.

La domanda è stata accolta in primo grado, ma la sentenza è stata impugnata in appello dalla Landeshauptstadt Kiel.

II - La normativa tedesca

7.

Secondo quanto indicato dal giudice nazionale, gli orari di lavoro e di riposo sono disciplinati dalla legge sull'orario di lavoro (Arbeitszeitgesetz) del 6 giugno 1994, adottata per recepire la direttiva 93/104 nell'ordinamento interno.

8.

Ai sensi dell'art. 2, n. 1, si intende per orario di lavoro il periodo di tempo intercorrente tra l'inizio e la fine della giornata lavorativa, escluse le pause; secondo l'art. 3 tale periodo non può superare le otto ore nei giorni lavorativi, sebbene esso possa essere prolungato fino a dieci ore se nell'ambito di un semestre solare o di 24 settimane non vengono superate mediamente le otto ore di lavoro quotidiane.

9.

Il periodo di riposo spettante ai lavoratori è disciplinato all'art. 5, in cui si prevede che questi ultimi, terminata la giornata lavorativa, devono disporre di un periodo di riposo ininterrotto di almeno 11 ore.

Tuttavia, il n. 2 della medesima disposizione consente che, negli ospedali ed in altri istituti per il trattamento medico, la cura e l'assistenza delle persone, il periodo di riposo possa essere ridotto fino ad una sola ora, a condizione che venga compensato, nell'arco dello stesso mese o di quattro settimane, prolungando un altro periodo di riposo fino ad almeno 12 ore.

Il n. 3 stabilisce che nei citati centri medici il tempo di attività durante i turni di servizio di guardia (Bereitschaftsdienst) o di reperibilità (6) (Rufbereitschaft), che non superi la metà del periodo di riposo, può essere compensato successivamente.

10.

Sempre a condizione che la tutela della salute dei lavoratori sia garantita attraverso una corrispondente compensazione in periodi di riposo equivalenti, l'art. 7, n. 2, consente che un contratto collettivo o un accordo aziendale preveda che:

- in deroga all'art. 5, n. 1, i periodi di riposo nell'ambito del servizio di guardia o di reperibilità vengano adattati alle peculiarità di tali servizi, compensando successivamente le riduzioni del periodo di riposo dovute agli intervalli di attività durante i turni;

- per le attività di assistenza sanitaria, le norme di cui agli artt. 3, 4, 5 n. 1 e 6 n. 2, vengano adeguate alle peculiarità di tali servizi e allo scopo del benessere delle persone;

- per amministrazioni o enti federali, regionali, comunali, o altre corporazioni, istituti e fondazioni di diritto pubblico, nonché altre imprese, cui si applicano i contratti collettivi vigenti per il pubblico impiego o contratti collettivi di contenuto sostanzialmente simile, le norme di cui agli artt. 3, 4, 5 n. 1 e 6 n. 2 vengano adeguate alle peculiarità delle attività presso gli stessi svolte.

11.

Ai sensi dell'art. 15 del contratto collettivo federale per gli impiegati pubblici, l'orario di lavoro settimanale ammonta, in media, a 38 ore e mezza, calcolate nell'arco di otto settimane. Tale orario può essere esteso fino a dieci ore quotidiane o 49 ore settimanali medie con l'inclusione di un turno di permanenza obbligatoria (Arbeitsbereitschaft) di almeno, in media, due ore al giorno; fino a 11 ore al giorno o 54 ore settimanali in media, se il turno è di tre ore, e 12 ore al giorno o 60 settimanali in media, se il lavoratore è presente nel centro medico ma lavora solo se richiestogli.

Su richiesta del datore di lavoro i dipendenti sono obbligati a trattenersi, oltre il regolare orario lavorativo, in un determinato luogo in cui possano prestare la propria opera in caso di necessità. Si può imporre loro di effettuare turni di guardia unicamente quando è prevista una certa mole di lavoro, per svolgere la quale, per acquisita esperienza, il tempo di lavoro necessario non sia tuttavia maggiore di quello di riposo.

Il governo tedesco ha indicato, nelle sue osservazioni scritte, che tale contratto collettivo consente di ridurre a otto ore il tempo di riposo del personale medico. Le parti sociali hanno convenuto che il periodo minimo di riposo dopo un turno di guardia medica effettuato durante il fine settimana sia di 12 ore, anche se, qualora il turno sia di 12 ore effettuate dopo una giornata lavorativa di 7 ore e mezza, il riposo può essere ridotto ad otto ore.

III - Le questioni pregiudiziali

12.

Il Landesarbeitsgericht afferma che la nozione di servizio di guardia medica non è regolata dalla legge sull'orario di lavoro. Si tratta dell'obbligo di presenza in un luogo determinato unito alla disponibilità a prestare immediatamente servizio se necessario. Il dipendente si riposa o è attivo a seconda delle circostanze. Quando presta servizio, non lo fa di propria iniziativa, ma unicamente su richiesta del datore di lavoro. Il sig. Jaeger effettua un servizio di guardia medica che rientra in tale nozione.

Il giudice del rinvio informa che, in diritto tedesco, il servizio di guardia viene considerato come periodo di riposo e non di lavoro, in base agli artt. 5, n. 3, e 7, n. 2, della legge sull'orario di lavoro. Il fatto che le riduzioni del periodo di riposo dovute agli intervalli di attività vengono compensate successivamente dimostrerebbe che il servizio di guardia è considerato riposo limitatamente al tempo in cui il dipendente non effettua alcuna prestazione.

Esso aggiunge che, negli ultimi anni, tale interpretazione è stata ribadita, seppure in materia di remunerazione, dal Bundesarbeitsgericht. Secondo quest'ultimo, non si può affermare che il lavoratore che dorme pone in essere una prestazione meno impegnativa rispetto a quella fornita durante il lavoro ordinario, in quanto egli semplicemente non fornisce alcuna prestazione. Trasponendo tale ragionamento al caso di specie, dovremmo affermare che il lavoratore, mentre dorme, non si trova a disposizione del datore di lavoro ai sensi della direttiva 93/104.

13.

Al fine di risolvere la controversia nel merito, il giudice tedesco ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia delle Comunità europee le seguenti questioni pregiudiziali:

«1. Se il servizio di guardia, prestato da un lavoratore in un ospedale, possa generalmente essere considerato come rientrante nell'orario di lavoro, ai sensi dell'art. 2, n. 1, della direttiva 93/104/CE, anche quando al lavoratore è consentito dormire nel tempo in cui non sono richieste le sue prestazioni.

2. Se una norma del diritto nazionale, la quale consideri il servizio di guardia come periodo di riposo, nel caso in cui non vi siano richieste di prestazioni, configurato in modo che il lavoratore riposi in un'apposita stanza posta a sua disposizione nell'ospedale ed esegua la prestazione lavorativa solo su richiesta, violi l'art. 3 della direttiva 93/104/CE.

3. Se una norma del diritto nazionale, la quale consenta, negli ospedali ed altre istituzioni rivolte al trattamento medico, cura e assistenza delle persone, una riduzione del periodo di riposo di 11 ore, configurata in modo che i periodi di tempo relativi alle prestazioni rese durante il servizio di guardia o la reperibilità, che non superino complessivamente la metà del periodo di riposo, vengano compensati con altri periodi, violi la direttiva 93/104/CE.

4. Se una norma del diritto nazionale, la quale consenta che in un contratto collettivo, o in un contratto aziendale basato su un contratto collettivo, possa essere previsto che i periodi di riposo durante il servizio di guardia o di reperibilità vengano adattati alle particolari caratteristiche di tali servizi, ed in particolare che riduzioni del periodo di riposo determinate da richieste di prestazioni durante tali servizi possano essere compensate con altri periodi, violi la direttiva 93/104/CE».

IV - La normativa comunitaria

14.

La Corte di giustizia, per poter rispondere al Landesarbeitsgericht, deve interpretare le seguenti disposizioni della direttiva 93/104:

Articolo 2

«Ai sensi della presente direttiva si intende per:

1) 'orario di lavoro': qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali;

2) 'periodo di riposo': qualsiasi periodo che non rientra nell'orario di lavoro;

[...]»

Articolo 3

«Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici, nel corso di ogni periodo di 24 ore, di un periodo minimo di riposo di 11 ore consecutive».

Articolo 6

«Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché, in funzione degli imperativi di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori:

[...]

2) la durata media dell'orario di lavoro per ogni periodo di 7 giorni non superi 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario».

Articolo 17

«[...]

2. Si può derogare per via legislativa, regolamentare o amministrativa o mediante contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali, a condizione che vengano concessi ai lavoratori interessati equivalenti periodi di riposo compensativo oppure, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per ragioni oggettive, a condizione che venga loro concessa una protezione appropriata:

2.1. agli articoli 3, 4, 5, 8 e 16:

[...]

c) per le attività caratterizzate dalla necessità di assicurare la continuità del servizio o della produzione, in particolare, quando si tratta:

i) di servizi relativi all'accettazione, al trattamento e/o alle cure prestati da ospedali o stabilimenti analoghi, da case di riposo e da carceri;

[...]».

V - Il procedimento dinanzi alla Corte di giustizia

15.

Nel presente procedimento la Landeshauptstadt Kiel, il sig. Jaeger, i governi danese, tedesco, olandese e britannico, e la Commissione hanno presentatoosservazioni scritte entro il termine impartito dall'art. 20 dello Statuto della Corte di giustizia.

All'udienza, svoltasi il 25 febbraio 2003, sono comparsi per esporre oralmente i propri argomenti i rappresentanti della Landeshauptstadt Kiel e del sig. Jaeger, gli agenti dei governi tedesco, francese, olandese e britannico, e della Commissione.

VI - Le osservazioni presentate

16.

Il sig. Jaeger sostiene che il servizio di guardia da lui effettuato in ospedale deve essere considerato, nella sua totalità, come tempo di lavoro, a prescindere dalla frequenza con la quale sono richiesti i suoi servizi, in quanto egli è obbligato ad essere presente nel centro, a disposizione del datore di lavoro, per esercitare le sue funzioni in caso di necessità. In Germania la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori non viene garantita, poiché la compensazione del servizio di guardia si limita ai periodi di attività. Se fosse consentito di esigere da un medico fino a trenta ore di attività consecutive, il compenso a posteriori attraverso tempo di riposo non potrebbe proteggerlo dalla tensione cui è stato sottoposto né dagli errori che abbiano potuto derivarne nell'esercizio delle sue funzioni, giacché non gli sarebbe concesso l'equivalente periodo di riposo compensativo al quale fa riferimento l'art. 17, n. 2, della direttiva 93/104.

17.

Secondo il parere della Landeshauptstadt Kiel e dei cinque governi che si sono espressi nel presente procedimento, il servizio di guardia effettuato da un dipendente in un ospedale non costituisce, in termini generali, orario lavorativo ai sensi dell'art. 2, n. 1, della direttiva 93/104. In particolar modo, qualora egli sia autorizzato a dormire nel centro, non vengono presi in considerazione i periodi nei quali i suoi servizi non sono richiesti. Essi sostengono che i tre criteri enunciati all'art. 2, n. 1, della direttiva 93/104 per definire il tempo di lavoro sono cumulativi. Pertanto, non si può pretendere che gli siano remunerati i periodi di riposo durante il servizio di guardia, dato che il dipendente non è a disposizione del datore di lavoro quando dorme o si riposa, e per di più non svolge alcun compito previsto dal suo contratto. L'obbligo di essere presente all'interno della struttura rappresenta unicamente una restrizione della libertà di movimento e la sua disponibilità a prestare servizio non può essere equiparata all'esercizio di un'attività lavorativa. La tutela di coloro che svolgono il servizio di guardia si garantisce facendo ricominciare il periodo di riposo di undici ore ogniqualvolta esso è interrotto dalla richiesta di un servizio. Se il dipendente non viene disturbato e può dormire fino ad 11 ore, tale periodo viene considerato come riposo compensatorio. Quando, per circostanze eccezionali, la mole di lavoro in ospedale durante il servizio di guardia supera il 50%, il dipendente sarà libero il giorno successivo, il che garantisce il riposo imprescindibile per la tutela della salute.

18.

La Commissione, invece, sostiene che il servizio di guardia medica rientra, in generale, nell'orario lavorativo, dato che si impone ai medici di essere presenti nel centro ospedaliero, al fine di esercitare la loro professione, a disposizione del datore di lavoro. D'altro canto, le ore che il medico dedica al servizio di guardia non fanno parte del periodo minimo di riposo di 11 ore consecutive di cui deve poter beneficiare il lavoratore ogni 24 ore, in conformità con l'art. 3 della direttiva 93/104.

VII - Esame delle questioni pregiudiziali

A. La prima questione

19.

Con tale questione il giudice tedesco chiede se il servizio di guardia medica con obbligo di presenza in ospedale possa essere considerato far parte integrale dell'orario di lavoro, ai sensi dell'art. 2, n. 1, della direttiva 93/104, tenendo presente che al medico è consentito dormire negli intervalli in cui non sono richieste le sue prestazioni.

20.

Nella sentenza BECTU (7) la Corte si è pronunciata sullo scopo della direttiva 93/104, evidenziando che risulta tanto dall'art. 118 A del Trattato (8), che ne costituisce il fondamento normativo, quanto dai 'considerando' primo, quarto, settimo e ottavo della stessa direttiva, nonché dalla formulazione dell'art. 1, n. 1, che essa intende fissare prescrizioni minime destinate a migliorare le condizioni di vita e di lavoro mediante il ravvicinamento delle disposizioni nazionali riguardanti, in particolare, l'orario di lavoro, e aggiungendo che a norma di queste stesse disposizioni, l'armonizzazione a livello comunitario in materia di organizzazione dell'orario di lavoro è diretta a garantire una migliore tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori, affinché questi ultimi godano di periodi minimi di riposo e di periodi di pausa adeguati.

21.

La direttiva 93/104 stabilisce, dunque, le prescrizioni minime di sicurezza e di salute in materia di organizzazione dell'orario di lavoro, le quali si applicano ai periodi minimi di riposo giornaliero e settimanale, alle ferie annuali, alla pausa e alla durata massima settimanale del lavoro, nonché a taluni aspetti del lavoro notturno, del lavoro a turni e del ritmo di lavoro.

22.

La nozione di orario di lavoro è definita all'art. 2, n. 1, della direttiva 93/104, come «qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali». Per esclusione, il n. 2 qualifica come periodo di riposo qualsiasi periodo «che non rientra nell'orario di lavoro».

23.

Nella sentenza pronunciata nella causa SIMAP (9), la Corte ha stabilito che gli elementi caratteristici della nozione di orario di lavoro sono presenti nei periodi di servizio di guardia dei medici delle unità di pronto soccorso (10) svolto secondo un regime di presenza fisica nei centri sanitari, durante i quali le due prime condizioni sono soddisfatte, aggiungendo che, anche se l'attività effettivamente svolta varia secondo le circostanze, l'obbligo di essere presenti e disponibili sul luogo di lavoro per prestare la propria opera professionale dev'essere considerato rientrante nell'esercizio delle loro funzioni.

24.

Al giudice che ha proposto le questioni pregiudiziali è nota tale giurisprudenza. Tuttavia egli ritiene che nel caso di specie la risposta possa essere diversa, in quanto al medico è consentito dormire negli intervalli in cui non sono richieste le sue prestazioni, circostanza mai presa in considerazione in passato.

25.

Analizzando la situazione concreta del medico che svolge il servizio di guardia in un ospedale tedesco, rilevo che si esige la sua presenza fisica nel centro sanitario per una fascia oraria predeterminata, durante la quale egli deve essere disponibile ad esercitare la sua attività, facendo fronte alle necessità che dovessero insorgere, conformemente alle indicazioni del datore di lavoro. Anche se la media dell'orario di lavoro effettivo, calcolata per un periodo di vari mesi, fosse del 49%, è pur vero che durante il servizio di guardia si possono richiedere le prestazioni del medico ogniqualvolta sia necessario, senza alcun limite al riguardo.

26.

Analogamente a quanto verificatosi nella causa SIMAP (11), i due primi requisiti previsti all'art. 2, n. 1, della direttiva 93/104 sono soddisfatti, in quanto il medico si trova sul posto di lavoro a disposizione del datore di lavoro (12). Il dubbio sorge in relazione al fatto che, durante lo svolgimento del servizio di guardia, gli è consentito di dormire quando non sono richieste le sue prestazioni, di modo che egli non esercita la sua attività ininterrottamente.

27.

Secondo il mio parere, la possibilità di dormire non implica che i momenti di riposo debbano essere esclusi dal computo dell'orario di lavoro, e ciò per diverse ragioni.

28.

In primo luogo, i tre criteri di cui all'art. 2, n. 1, della direttiva 93/104, sono autonomi; come dimostrato dall'avvocato generale Saggio nelle conclusioni SIMAP (13) e successivamente confermato dalla Corte al punto 48 della sentenza (14), per qualificare un determinato periodo come orario di lavoro non è necessario che tutti tali requisiti siano soddisfatti. Non si deve dimenticare che la direttiva 93/104 è volta a stabilire le prescrizioni minime di sicurezza e di salute in materia di organizzazione dell'orario di lavoro in tutti gli Stati membri, per cui le definizioni dell'art. 2 vanno intese in senso ampio, in modo da ricomprendere tutte le fattispecie che si presentano nella pratica.

29.

Indubbiamente, la presenza di uno solo dei criteri non è sufficiente. Non tutte le ore trascorse sul posto di lavoro si computano come orario lavorativo: si può, per esempio, detrarre l'intervallo per consumare i pasti; neanche il fatto di essere a disposizione del datore di lavoro per un determinato numero di ore al giorno o in determinati giorni della settimana presuppone necessariamente che si tratti di orario di lavoro (15); lo stesso vale per l'esercizio dell'attività, se non unito ad uno degli altri criteri, dato che l'interessato può operare di propria iniziativa, per altruismo, al di fuori della sfera d'influenza del suo datore di lavoro.

30.

A mio parere, i periodi in cui il dipendente è presente sul posto di lavoro, a disposizione del suo datore, costituiscono orario di lavoro anche qualora egli non eserciti le sue funzioni, dato che la distribuzione di compiti al personale in ogni momento spetta al datore di lavoro. Lo stesso può dirsi per il tempo in cui il dipendente si trovi al lavoro ed eserciti la sua attività, senza essere a disposizione del datore di lavoro, godendo di ampia autonomia al fine di ottenere un risultato concreto, nonché per il tempo in cui egli è a disposizione del datore ed esercita le sue funzioni, però al di fuori del luogo di lavoro.

La sussistenza di due requisiti è, dunque, condizione necessaria e, nella maggior parte dei casi, sufficiente per includere determinati periodi nell'orario di lavoro ai sensi dell'art. 2, n. 1, della direttiva 93/104.

31.

E' vero che, come evidenziato in udienza dal rappresentante del Regno Unito, il primo dei criteri è espresso in modo diverso a seconda della lingua. Per esempio, se in spagnolo (16), francese (17) e italiano (18) si richiede che il lavoratore sia o rimanga sul posto di lavoro, in inglese (19), tedesco (20) e olandese (21) è necessario che egli stia lavorando. Tuttavia, tale esercizio comparativo è infruttuoso, dato che se dovesse prevalere la formulazione utilizzata dalle ultime tre lingue non vi sarebbe differenza tra il primo e il terzo requisito e uno dei due risulterebbe ridondante. E ciò senza prendere in considerazione il fatto che la versione portoghese diverge dalle altre citate, in quanto sembra separare i criteri in due gruppi: o il dipendente sta lavorando, o si trova a disposizione del datore di lavoro nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni (22).

32.

In udienza il rappresentante della Landeshauptstadt Kiel ha messo in evidenza l'evoluzione cui è stato soggetto il diritto comunitario fin dall'adozione della direttiva 93/104, evoluzione da tenere in conto per interpretare la definizione di orario di lavoro fornita dal suo art. 2, n. 1.

33.

Negli ultimi anni l'ambito di applicazione della direttiva 93/104 è stato, effettivamente, soggetto a grandi cambiamenti. I settori e le attività che ne erano rimasti esclusi in un primo momento vi sono stati inseriti con l'entrata in vigore della direttiva 2000/34/CE (23), con la riserva che le sue norme non si applicano laddove altri strumenti comunitari contengano prescrizioni più specifiche in materia di organizzazione dell'orario di lavoro per determinate occupazioni o attività professionali.

34.

E' il caso dei lavoratori mobili del settore dell'autotrasporto, il cui orario di lavoro è stato disciplinato dalla direttiva 2002/15/CE (24). Proprio come reso noto dal rappresentante della convenuta e appellante nella causa principale, l'art. 3 di tale direttiva distingue «l'orario di lavoro» dai «tempi di disponibilità», e definisce questi ultimi come il tempo trascorso dai lavoratori mobili che guidano in squadre a fianco del conducente o in una cuccetta durante la marcia del veicolo. Tale periodo è escluso dal computo dell'orario di lavoro, salvo quanto disposto dalla normativa degli Stati membri e dagli accordi negoziati fra le parti sociali.

A mio avviso, non si può tracciare un parallelismo tra tali «tempi di disponibilità» degli autotrasportatori e i servizi di guardia medica, sebbene il paragone possa risultare invitante. Infatti, la direttiva 2002/15 è volta non solo a stabilire prescrizioni minime in materia di organizzazione dell'orario di lavoro per migliorare la protezione della salute e della sicurezza delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto, ma anche a migliorare la sicurezza stradale e ravvicinare maggiormente le condizioni di concorrenza. Si tratta, d'altro canto, di una direttiva specifica, con un ambito di applicazione soggettiva ristretto, perfettamente delimitato, il cui scopo differisce da quello della direttiva 93/104 e che, in materia di tempo di riposo, rinvia alle disposizioni del regolamento (CEE) 3820/85 (25) ovvero, in difetto, all'accordo AETR. Inoltre, la durata dei tempi di disponibilità è nota in anticipo al lavoratore, per cui egli sa che, se desidera dormire, non sarà svegliato prima che tale tempo sia trascorso, cosa che, invece, non si verifica nel caso dei medici che effettuano il servizio di guardia.

35.

In secondo luogo, sebbene l'attività svolta in regime di guardia medica abbia un'intensità e un'ampiezza diverse rispetto a quella svolta durante il normale orario di lavoro, non per questo essa diviene un momento di riposo per il dipendente; d'altro canto, la direttiva 93/104 non prevede alcuna categoria intermedia tra orario di lavoro e periodo di riposo.

36.

In terzo luogo, anche se, ai sensi dell'art. 2, n. 1, della direttiva 93/104, i tre criteri atti a determinare l'orario di lavoro si concretizzano con l'applicazione delle norme e della prassi nazionale, tale affermazione non implica che gli Stati membri possano eludere tali criteri ricorrendo alla propria normativa interna. Per calcolare l'orario di lavoro di un dipendente è necessario sapere se, in conformità con le norme nazionali o con gli accordi collettivi, egli ha diritto ad effettuare una pausa ogni determinato numero di ore. Nonostante ciò, uno Stato membro non può basarsi sulla propria normativa per decidere che un medico, il quale effettua un servizio di guardia in un ospedale, non è a disposizione del datore di lavoro durante gli intervalli in cui, sebbene inattivo, egli permane in attesa di essere chiamato ad operare.

37.

Infine, la possibilità che il medico dorma quando non si richiede la sua prestazione consegue dalla natura stessa del servizio di guardia, il quale, benché si svolga in condizioni diverse da quelle proprie dell'orario lavorativo diurno feriale, risponde alla necessità di garantire in ogni momento la continuità assistenziale sanitaria. Nonostante ciò, il medico di guardia non si limita ad attivarsi, puntualmente, quando gli viene richiesto, ma tra le funzioni che svolge di sua iniziativa, inoltre, vi è la supervisione dello stato e dell'evoluzione dei pazienti sotto la sua responsabilità.

38.

Come giudicare un datore di lavoro che, invece di mettere a disposizione del medico un letto perché si riposi durante gli intervalli di inattività, gli procuri una sedia per farlo stare seduto mentre attende di essere chiamato ad operare? Mi chiedo se il giudice che ha proposto la questione di cui trattasi considererebbe le ore passate dal medico seduto su una sedia più assimilabili al concetto di orario di lavoro rispetto alle ore che lo stesso trascorre disteso in un letto.

39.

Appare evidente che, anche durante il servizio di guardia, un medico debba essere messo in condizione di prestare i suoi servizi in modo ottimale: il fatto che abbia un letto in cui riposare durante gli intervalli di tempo tra una prestazione e l'altra contribuisce alla protezione della sua salute e fa sì che le cure somministrate ai pazienti siano adeguate. Non bisogna dimenticare che i turni di guardia medica dal lunedì al venerdì durano 16 ore e iniziano dopo una giornata lavorativa regolare di 8 ore, e che quelli del sabato si prolungano per 25 ore e quelli della domenica per 22 ore e 45 minuti, e che un medico effettua un totale di sei turni al mese.

40.

Sia la Landeshauptstadt Kiel sia i cinque governi che hanno partecipato al presente procedimento hanno sostenuto ripetutamente che i servizi di guardia dei medici in Spagna e in Germania differiscono in quanto in quest'ultimo paese è loro permesso di dormire, mentre nel primo essi sono in attività ininterrottamente per più di 30 ore. A conferma di tale informazione si basano sul punto 23 della sentenza SIMAP (26).

41.

A tale proposito desidero puntualizzare quanto segue. E' vero che in Spagna le condizioni di lavoro dei medici dell'assistenza sanitaria di base, illustrate in tale punto della sentenza, non coincidono con quelle dei medici in Germania. Tuttavia non si deve perdere di vista che, in tale punto, la Corte di giustizia si limita a prendere in considerazione la descrizione contenuta nell'ordinanza di rinvio, decisione che, a sua volta, riporta letteralmente gli argomenti della ricorrente nella causa principale, ossia del Sindicato de Médicos de Asistencia Pùblica. Non si tratta, dunque, di una ricostruzione di fatti accertati da parte del giudice nazionale.

42.

D'altro canto, le condizioni di lavoro dei medici spagnoli non sono sempre peggiori di quelle offerte ai medici tedeschi. Infatti, dal punto 24 della medesima sentenza emerge che i primi, in determinate città, effettuano un servizio di guardia ogni 11 giorni, mentre il sig. Jaeger, a quanto pare, deve effettuarne sei al mese.

43.

In ogni caso, è di dominio pubblico il fatto che in Spagna, come in altri paesi vicini che hanno un livello di assistenza sanitaria analogo, la necessità di prestazioni diminuisce nel periodo notturno. Pertanto risulta difficile ammettere che si possa esigere che i medici svolgano più di trenta ore di attività ininterrottamente a giorni alterni, come indicato al punto 23, citato.

E' vero che nel corso del procedimento pregiudiziale nella causa SIMAP non si è affrontata la questione del modo in cui i medici impiegano il tempo che intercorre tra gli interventi durante un turno di guardia. Tale silenzio non implica, tuttavia, che, negli intervalli di tempo in cui non si ha nulla da fare, non ci si possa coricare, non si possa leggere o guardare la televisione. Inoltre, la Corte ha mostrato di essere consapevole di tale realtà stabilendo, al punto 48 della sua sentenza, che «anche se l'attività effettivamente svolta varia secondo le circostanze (27), l'obbligo imposto a tali medici di essere presenti e disponibili sul luogo di lavoro per prestare la loro opera professionale dev'essere considerato rientrante nell'esercizio delle loro funzioni».

44.

In udienza, l'agente del governo tedesco ha attirato l'attenzione della Corte sulle gravi conseguenze che l'applicazione della giurisprudenza SIMAP comporterebbe per il sistema sanitario del suo paese. Egli ha illustrato, a titolo di esempio, che la richiesta di personale aumenterebbe del 24% e che sarebbero necessari tra i 15000 e i 27000 medici supplementari, mentre in Germania vi sono solo 7000 medici disoccupati.

A tale proposito devo dire, da un lato, che il quinto 'considerando' della direttiva 93/104 già prevede che il miglioramento della sicurezza, dell'igiene e della salute dei lavoratori durante il lavoro rappresenta un obiettivo che non può dipendere da considerazioni di carattere puramente economico. Dall'altro, il mercato del lavoro tedesco non deve necessariamente avvalersi di medici tedeschi, ma è aperto agli aventi titolo degli altri Stati membri che intendono esercitare la propria professione in tale paese (28).

45.

La possibilità offerta al medico di riposarsi quando non sono richieste le sue prestazioni non costituisce, pertanto, un fattore atto ad incidere sul fatto che, mentre svolge un turno di guardia medica, egli deve essere presente nel centro ospedaliero, a disposizione del suo datore di lavoro, per esercitare un'attività, sebbene in modo discontinuo. Quando sussistono due dei requisiti previsti all'art. 2, n. 1, della direttiva 93/104, si deve riconoscere che i periodi di servizio di guardia effettuati alle condizioni su indicate rientrano integralmente nell'orario di lavoro.

B. La seconda questione

46.

Con tale questione il giudice del rinvio chiede se l'art. 3 della direttiva 93/104 osti ad una norma di diritto nazionale la quale consideri periodo di riposo gli intervalli di inattività di un medico in servizio di guardia, perché l'interessato, presente nei locali del centro ospedaliero, esegue la prestazione lavorativa solo qualora gli venga richiesto d'intervenire.

La risposta a tale quesito è implicita nella soluzione proposta per la prima questione. Considerato che l'art. 2, n. 2, della direttiva 93/104 definisce come periodo di riposo qualsiasi periodo che non rientra nell'orario di lavoro, i turni di guardia medica effettuati con l'obbligo di presenza fisica in ospedale non possono essere computati come tempo di riposo, neanche parzialmente, in quanto rientrano integralmente nell'orario di lavoro.

47.

L'art. 3 della direttiva impone che, per il riposo quotidiano, i lavoratori beneficino, nel corso di ogni periodo di 24 ore, di un periodo minimo di riposo di 11 ore consecutive.

48.

E' vero che, impiegando una discutibile tecnica legislativa (29), l'art. 17, n. 2, punto 2.1, lett. c), sub i), della direttiva 93/104 consente, per via legislativa, regolamentare, amministrativa o mediante contratti collettivi, e a condizione che vengano concessi ai lavoratori equivalenti periodi di riposo compensativo oppure una protezione appropriata, di derogare, tra l'altro, all'art. 3, per le attività caratterizzate dalla necessità di assicurare la continuità del servizio in ospedali o stabilimenti analoghi.

49.

Come evidenziato correttamente dalla Commissione, l'art. 17 non menziona l'art. 2, che contiene la definizione dell'orario di lavoro e del periodo di riposo, tra le norme alle quali gli Stati membri possono derogare, e pertanto tali due concetti devono essere applicati in modo uniforme in tutti i paesi dell'Unione.

50.

Se fosse necessario, avrei ancora altre ragioni per le quali gli intervalli di inattività durante il servizio di guardia non devono essere considerati periodi di riposo. Anche se è vero che, in applicazione dell'art. 17, la durata del riposo quotidiano può essere ridotta, ritengo che le ore di riposo dell'interessato debbano essere ininterrotte, in considerazione del fatto che lo scopo perseguito dall'art. 3 è la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori.

Orbene, per la natura stessa del servizio non è possibile prevedere né gli intervalli di inattività in un turno concreto di guardia con obbligo di presenza né la loro durata. In tali circostanze al lavoratore non è garantito un numero determinato di ore di riposo consecutive, nonostante egli abbia a disposizione un letto, per cui risulta parimenti contrario all'art. 3 della direttiva 93/104 ritenere che detti intervalli rientrino nel riposo ininterrotto a cui il lavoratore ha diritto ogni 24 ore.

51.

La Landeshauptstadt Kiel ha parimenti sostenuto che, per il lavoratore, il riposo non coincide con la libertà di impiegare il tempo a proprio piacimento.

In termini generali concordo con tale affermazione. Tuttavia dissento per quanto riguarda l'interpretazione di una norma che stabilisce le misure minime di sicurezza e di salute in materia di organizzazione dell'orario di lavoro. Per potersi riposare, il dipendente deve avere la possibilità di allontanarsi dal suo ambiente di lavoro ininterrottamente per un certo numero di ore, il che si ottiene unicamente evitando la tensione che comporta la permanenza sul posto di lavoro in situazione di disponibilità.

52.

Conseguentemente, gli artt. 2 e 3 della direttiva 93/104 ostano ad una norma di diritto nazionale che consideri periodo di riposo gli intervalli di inattività di un medico in servizio di guardia presso un ospedale, durante i quali egli deve essere presente in locali facenti parte del centro anche quando non sono richieste le sue prestazioni.

C. La terza e la quarta questione

53.

Con tali due questioni, che sono collegate e che, a mio giudizio, occorre trattare congiuntamente, il giudice tedesco chiede di accertare se la direttiva 93/104 osti ad una norma nazionale, come quella contenuta negli artt. 5, n. 3, e 7, n. 2, della legge sull'orario di lavoro, tenendo conto del fatto che, per i turni di guardia medica in ospedale o di reperibilità, il primo autorizza a compensare successivamente le riduzioni del periodo di riposo di 11 ore, dovute agli intervalli di attività dei medici, che non superino complessivamente la metà del periodo di riposo, mentre il secondo consente che sia previsto in un contratto collettivo o in un contratto aziendale che i periodi di riposo vengano adattati alle particolari caratteristiche dei servizi di guardia, ed in particolare che anche dette riduzioni possano essere compensate in un secondo momento.

54.

Per risolvere la questione così riformulata si devono distinguere gli interventi effettuati dal medico durante il servizio di guardia con l'obbligo di presenza fisica nel centro ospedaliero da quelli realizzati durante la reperibilità.

55.

Nel primo caso, come ho evidenziato nel ragionamento teso a risolvere la prima questione, la totalità del periodo che un medico dedica al servizio di guardia è orario di lavoro ai sensi dell'art. 2, n. 1, della direttiva 93/104. Pertanto, non si può sostenere che gli intervalli di attività durante il turno riducano il riposo quotidiano, dato che il medico che si trova in tale situazione sta lavorando e non riposando.

Conseguentemente, l'art. 2, n. 1, della direttiva 93/104 osta ad una norma nazionale che, per i turni di guardia medica con obbligo di presenza fisica in ospedale, autorizzi a compensare successivamente le riduzioni del periodo di riposo di 11 ore, dovute agli intervalli di attività dei medici, che non superino complessivamente la metà del periodo di riposo, e che consenta di prevedere in un contratto collettivo o in un contratto aziendale che i periodi di riposo vengano adattati alle particolari caratteristiche dei servizi di guardia, e, in particolare, che anche dette riduzioni possano essere compensate in un secondo momento.

56.

Mi sorprende che il giudice tedesco abbia esteso la terza e la quarta questione ai servizi effettuati dai medici durante la reperibilità. Nell'ordinanza di rinvio non sono indicate le ragioni che lo hanno spinto ad interessarsi a tale fattispecie; non si menziona neanche il fatto che l'attività controversa del sig. Jaegerconsiste nella prestazione di un servizio di guardia medica con obbligo di presenza fisica in ospedale (30).

Si tratta di un'ipotesi che non ha attinenza con la causa principale. Alla luce di ciò la Corte non può dare una risposta di utilità sufficiente (31). Occorre, tuttavia, fare delle riflessioni a tal proposito.

57.

Il caso dei medici che effettuano un turno di reperibilità differisce molto da quello dei medici che svolgono il servizio di guardia. Al punto 50 della sentenza SIMAP (32) la Corte ha posto in rilievo tale differenza, dichiarando che i medici i quali effettuano il servizio di guardia secondo il sistema della reperibilità senza obbligo di presenza nel centro sanitario sono a disposizione del loro datore di lavoro, in quanto devono essere raggiungibili, ma possono gestire il loro tempo in modo più libero e dedicarsi ai propri interessi. Di conseguenza, solo il tempo relativo alla prestazione effettiva di servizi sanitari di base dev'essere considerato orario di lavoro ai sensi della direttiva 93/104.

58.

L'art. 17, n. 2, punto 2.1, lett. c), sub i), della direttiva 93/104 autorizza gli Stati membri a derogare alla durata minima del riposo quotidiano di 11 ore consecutive, prevista all'art. 3 «per le attività caratterizzate dalla necessità di assicurare la continuità del servizio [...] relativ[o] all'accettazione, al trattamento e/o alle cure prestati da ospedali o stabilimenti analoghi [...]». Si impone loro tuttavia la condizione che tali deroghe siano introdotte per via legislativa, regolamentare o amministrativa o mediante contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali.

Non vi sono dubbi che, in applicazione di tale norma, la durata del riposo minimo giornaliero di un medico può essere ridotta o adattata alle circostanze qualora tale condizione sia soddisfatta, sempre che gli sia concesso un periodo di riposo compensatorio equivalente o che, in casi eccezionali in cui ciò non sia possibile, egli possa beneficiare di una protezione appropriata.

59.

Per tali ragioni occorre dichiarare che tanto la compensazione successiva delle riduzioni del periodo di riposo giornaliero di 11 ore, dovute agli intervalli di attività dei medici durante i turni di reperibilità, che non superino complessivamente la metà del periodo di riposo, quanto l'adattamento dei periodi di riposo alle caratteristiche di tale tipo di servizio di guardia e, in particolare, la compensazione successiva di dette riduzioni, possono trovare fondamento nell'art. 17, n. 2, punto 2.1, lett. b), sub i), della direttiva 93/104.

D La durata massima dell'orario di lavoro settimanale

60.

Il giudice tedesco non ha chiesto l'interpretazione dell'art. 6 della direttiva, secondo cui la durata media dell'orario di lavoro per ogni periodo di 7 giorni non deve superare 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario. E' tuttavia interessante esaminare quest norma, dato che l'art. 15 del contratto collettivo federale per gli impiegati pubblici ammette che l'orario di lavoro settimanale raggiunga, in determinati casi, le 60 ore e mezza e che, secondo i suoi calcoli, il sig. Jaeger effettua circa 51 ore settimanali, compresi i periodi di guardia medica.

61.

L'art. 17 della direttiva 93/104 autorizza gli Stati membri a derogare all'art. 6 solo nei casi previsti al n. 1, ossia quelli in cui, «[...] la durata dell'orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell'attività esercitata, non è misurata e/o predeterminata o può essere determinata dai lavoratori stessi e, in particolare, quando si tratta: a) di dirigenti o di altre persone aventi potere di decisione autonomo; b) di manodopera familiare; o c) di lavoratori nel settore liturgico delle chiese e delle comunità religiose».

Dato che l'art. 6 non compare tra le norme citate al n. 2, che fa riferimento alle attività caratterizzate dalla necessità di assicurare la continuità del servizio fornito da ospedali o centri analoghi, gli Stati membri non devono basarsi sull'art. 17 per consentire l'aumento della durata dell'orario di lavoro settimanale a seguito dei servizi prestati nell'ambito della continuità assistenziale.

62.

E' vero che l'art. 18 della direttiva riconosce agli Stati membri la facoltà di non applicare l'art. 6, nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, a condizione che essi adottino le misure necessarie a garantire determinati risultati, la cui lista è contenuta al n. 1, lett. b), inciso i). Non risulta, tuttavia, che il legislatore tedesco si sia avvalso di tale norma al fine di prolungare l'orario di lavoro settimanale nel settore dell'assistenza sanitaria (33), né che siano state adottate le citate misure.

63.

Alla luce di quanto esposto ritengo, d'accordo con la Commissione, che l'art. 6, n. 2, della direttiva 93/104 osti alla normativa citata, relativa ai turni di guardia medica effettuati dai dipendenti dei centri ospedalieri tedeschi, nella parte in cui quest'ultima consente che l'orario di lavoro settimanale superi le 48 ore.

VIII - Conclusioni

64.

Sulla base delle predette considerazioni, propongo alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali sottopostele dal Landesarbeitsgericht Schleswig-Holstein nel seguente modo:

«1) Il servizio di guardia medica con l'obbligo di presenza fisica in ospedale rientra integralmente nell'orario di lavoro, ai sensi dell'art. 2, n. 1, della direttiva (CE) del Consiglio 23 novembre 1993, n. 104, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro, anche qualora al lavoratore sia consentito dormire nei periodi in cui non sono richieste le sue prestazioni.

2) Gli artt. 2 e 3 della direttiva 93/104 ostano ad una norma di diritto nazionale, che definisca come periodo di riposo gli intervalli di inattività di un medico in servizio di guardia presso un ospedale, durante i quali egli deve essere presente in un locale posto a sua disposizione anche quando non sono richieste le sue prestazioni.

3) L'art. 2, n. 1, della direttiva 93/104 osta ad una norma nazionale che, per i turni di guardia medica con obbligo di presenza fisica in ospedale, autorizzi a compensare successivamente le riduzioni del periodo di riposo di 11 ore, dovute agli intervalli di attività dei medici, che non superino complessivamente la metà del periodo di riposo, e che consenta di prevedere in un contratto collettivo o in un contratto aziendale che i periodi di riposo vengano adattati alle particolari caratteristiche dei servizi di guardia, e, in particolare, che anche dette riduzioni possano essere compensate successivamente.

Invece, l'art. 17, n. 2, punto 2.1, lett. b), sub i), della direttiva 93/104 consente, a determinate condizioni, sia la compensazione successiva delle riduzioni del periodo di riposo giornaliero di 11 ore, dovute agli intervalli di attività dei medici durante i turni di reperibilità, che non superino complessivamente la metà del periodo di riposo, sia l'adattamento dei periodi di riposo alle caratteristiche di tale tipo di guardia e, in particolare, la compensazione successiva anche di tali riduzioni».

65.

Nel caso in cui la Corte ritenga opportuno esaminare l'art. 6 della direttiva 93/104 propongo la seguente interpretazione:

«L'art. 6, n. 2, della direttiva 93/104 vieta ad uno Stato membro, che non si sia avvalso dell'art. 18, n. 1, lett. b), inciso i), di consentire che l'orario di lavoro settimanale oltrepassi le 48 ore, considerando come periodi di riposo gli intervallidi inattività durante i turni di guardia medica con obbligo di presenza fisica nei centri ospedalieri».


1: - Lingua originale: lo spagnolo.


2: - Direttiva del Consiglio 23 novembre 1993 (GU L 307, pag. 18).


3: - Al fine di chiarire la terminologia impiegata, desidero indicare che, nel diritto spagnolo, il servizio di guardia può aver luogo sia con l'obbligo di presenza fisica che con la reperibilità. Sia nel regio decreto 11 gennaio 1984, n. 137 (BOE del 1° febbraio 1984) che nel decreto 24 settembre 1984 (BOE del 26 settembre 1984) si è tuttavia impiegato il termine «guardia» in riferimento ai turni organizzati da determinate professioni al di fuori del normale orario di lavoro. A partire dal decreto 9 ottobre 1985 (BOE del 16 ottobre 1985) tale denominazione viene modificata e la guardia diviene «continuità assistenziale», volta a fornire assistenza ai beneficiari dei servizi sanitari ininterrottamente e non, come sostenuto da taluni intervenienti in udienza, ad imporre agli operatori sanitari di restare vigili e attivi mentre sono in servizio. Si osserva la medesima evoluzione terminologica nell'ambito dell'amministrazione della giustizia: fino al regio decreto 21 dicembre 1983, n. 3233 (BOE del 31 dicembre 1983) venivano premiati i dipendenti che avessero prestato «il servizio di guardia ininterrottamente» per ventiquattro ore nei Tribunali, mentre, in applicazione del regio decreto 20 marzo 1985, n. 351 (BOE del 21 marzo 1985), sono remunerati i dipendenti che «rimangono in modo continuato» per ventiquattro ore nella sede dell'organo giurisdizionale.


4: - Nelle sue osservazioni scritte la Landeshauptstadt Kiel sostiene che, qualora la guardia medica comporti un carico di lavoro medio superiore al 49%, il servizio si organizza a tempo pieno. In udienza il rappresentante del sig. Jaeger ha affermato che, in realtà, l'attività del medico supera tale percentuale, in quanto egli svolge anche compiti di natura amministrativa.


5: - A quanto pare ha diritto a due periodi di sette ore, nonché ad uno di cinque e mezza per il servizio di guardia effettuato durante la settimana e uno di sette ore addizionali per quello di domenica, ma non gli è concesso tempo di riposo compensatorio per i turni di venerdì e sabato, dato che il giorno successivo è comunque festivo. Secondo i calcoli effettuati dal sig. Jaeger, prendendo in considerazione tali periodi il servizio di guardia ammonta ad un totale di circa 88 ore mensili o 22 ore settimanali che, sommate all'orario settimanale pattuito, raggiunge quasi 51 ore.


6: - Definita come il periodo durante il quale il dipendente non ha l'obbligo di essere presente sul posto di lavoro, ma deve essere in condizione di raggiungerlo in breve tempo.


7: - Sentenza 26 giugno 2001, causa C-173/99, BECTU (Racc. pag. I-4881, punti 37 e 38).


8: - Gli artt. 117-120 del Trattato CE sono stati sostituiti dagli artt. 136-143 CE.


9: - Sentenza 3 ottobre 2000, causa C-303/98, SIMAP (Racc. pag. I-7963, punto 48).


10: - In Spagna, la Ley General de Sanidad (legge generale sulla sanità) 25 aprile 1986, n. 14 (BOE del 29 aprile 1986), distingue, all'art. 56, da un lato l'assistenza sanitaria di base, con funzioni di tutela della salute, prevenzione, cura e riabilitazione, a mezzo di strutture di base e con l'appoggio di équipe, e, dall'altro, l'assistenza specialistica, realizzata negli ospedali e nei centri specializzati in cui si fornisce un'assistenza di maggiore complessità ai problemi di salute e in cui si svolgono le attività proprie dei centri ospedalieri. Ai sensi dell'art. 3 del regio decreto 11 gennaio 1984, n. 137, sulle strutture sanitarie di base (BOE del 1° febbraio 1984), l'équipe di assistenza di base è composta da medici generici e pediatri, puericultori, infermieri, levatrici, assistenti ospedalieri e personale ausiliario.


11: - Citata.


12: - Non vi sono dubbi che egli sia a disposizione del datore di lavoro, poiché ha l'obbligo di essere presente nel luogo indicatogli da quest'ultimo.


13: - Conclusioni presentate nella citata causa SIMAP, Racc. pag. I-7968 e seg., par. 36.


14: - Sebbene taluni autori sostengano il contrario. J. Fairhurst: «SIMAP-Interpreting the Working Time Directive» in Industrial Law Journal, vol. 30, giugno 2001, pagg. 236-243, in particolare pag. 240: «By asserting that the three working time criteria are cumulative, the ECJ has cleared up any possible doubt on this issue»; Baron, F.: «La notion de temps de travail en droit communautaire» in Droit social, 2001, pagg. 1097-1102, in particolare pag. 1098: «L'avocat général Saggio, soulignant le caractère peu clair de la formule employée, avait considéré que trois critères posés par le texte [...] étaient autonomes, avec des arguments très pertinents. [...] Malgré la force de cette analyse, la Cour de Justice a considéré, semble-t-il, que les trois conditions étaient cumulatives».


15: - Supiot, A.: Au delà de l'emploi. Transformations du travail et devenir du droit du travail en Europe. Flammarion, Paris 1999, pagg. 122 e seg.: «[...] la pratique des astreintes (travail au sifflet: on call), [...] met à mal la définition traditionnelle du temps de travail. Comment qualifier ce temps où le salarié ne travaille pas pour le compte de son employeur, mais doit se tenir prêt à répondre à toute réquisition de sa part? Le temps ainsi assujetti n'est du temps libre ni du temps de travail. C'est un temps d'un troisième type [...] dont la qualification et le régime restent à définir en droit du travail»; Meulders, D., Plasman, O. y Plasman, R.: «Unsocial, Rotating & Split Working Hours», in Atypical Employment in the EC. Dartmouth, 1994, pag. 80: «These forms of working constitute the different formulae for flexible time management. They include shift work, night work, flexitime, module base working, block working, and on call working ([...] with workers having to be available when their firms require them) [...]». Hakim, C.: «Working Time in Britain: Non-regulation and Laissez Faire Policies», in The Regulation of Working Time in the European Union. Gender Approach. P.I.E., Bruselas 1999, pag. 284: «Reservism and on-call work are done by 5 % of the workforce».


16: - «[...] el trabajador permanezca en el trabajo».


17: - «[...] le travailleur soit au travail».


18: - «[...] il lavoratore sia al lavoro».


19: - «[...] the worker is working».


20: - «[...] ein Arbeitnehmer [...] arbeitet».


21: - «[...] de werknemer werzaam is».


22: - «[...] o trabalhador está a trabalhar ou se encontra à disposição da entidade patronal e no exercício da sua actividade ou das suas funções».


23: - Direttiva (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 22 giugno 2000, che modifica la direttiva del Consiglio 93/104/CE al fine di comprendere i settori e le attività esclusi dalla suddetta direttiva (GU L 195, pag. 41). Gli Stati membri hanno tempo fino al 1° agosto per conformarvisi.


24: - Direttiva (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 11 marzo 2002, n. 15, concernente l'organizzazione dell'orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto (GU L 80, pag. 35).


25: - Regolamento (CEE) del Consiglio 20 dicembre 1985, relativo all'armonizzazione di alcune disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada (GU L 370, pag. 1).


26: - Citata.


27: - Il corsivo è mio.


28: - Direttiva (CEE) del Consiglio 5 aprile 1993, n. 16, intesa ad agevolare la libera circolazione dei medici e il reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli (GU L 165, pag. 1), come modificata dalla direttiva (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 6 ottobre 1997, n. 50 (GU L 291, pag. 35).


29: - Supiot, A.: «À la recherche de la concordance des temps (à propos de la Directive européenne Temps de travail n. 93/104 du 23 novembre 1993)» in The Regulation of Working Time in the European Union, Gender Approach, op. cit., pag. 108: «[...] la Directive 93/104 [...] est un texte du plus grand intérêt. Non pas qu'il s'agisse d'un modèle d'art législatif! Bien au contraire, il exprime toutes les contradictions et difficultés qui parcourent la question de l'organisation du temps dans la société européenne en cette fin de siècle. C'est un texte schizophrène, dont la première partie (articles 1 à 16) pose des règles que la seconde (articles 17 et 18) s'emploie à priver de tout effet impératif».


30: - In risposta alla domanda rivolta loro in udienza, i rappresentanti delle parti nella cusa principale hanno confermato che il sig. Jaeger effettua unicamente turni di guardia medica con obbligo di presenza.


31: - Barav, A.: «Le renvoi préjudiciel» in Justices n. 6, aprile/giugno 1997, pagg. 1 e seg., in particolare pag. 9.


32: - Citata.


33: - Ciò è stato confermato dal rappresentante del governo tedesco in udienza. La Commissione ha reso noto che, tra gli Stati membri, soltanto il Regno Unito si era avvalso della facoltà concessa dall'art. 18 della direttiva 93/104.


SENTENZA DELLA CORTE

9 settembre 2003 (1)

«Politica sociale - Protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori - Direttiva 93/104/CE - Nozioni di orario di lavoro e di periodo di riposo - Servizio di guardia (Bereitschaftsdienst) prestato dai medici in ospedale»

Nel procedimento C-151/02,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 234 CE, dal Landesarbeitsgericht Schleswig-Holstein (Germania), nella causa dinanzi ad esso pendente tra

Landeshauptstadt Kiel

e

Norbert Jaeger,

domanda vertente sull'interpretazione della direttiva del Consiglio 23 novembre 1993, 93/104/CE, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro (GU L 307, pag. 18), e in particolare sull'interpretazione degli artt. 2, n. 1, e 3, della medesima,

LA CORTE,

composta dal sig. G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, dai sigg. M. Wathelet, R. Schintgen (relatore) e C.W.A. Timmermans, presidenti di sezione, dai sigg. C. Gulmann, D.A.O. Edward, P. Jann e V. Skouris, dalle sig.re F. Macken e N. Colneric, dai sigg. S. von Bahr, J.N. Cunha Rodrigues e A. Rosas, giudici,

avvocato generale: sig. D. Ruíz-Jarabo Colomer,


cancelliere: sig. H. A. Rühl, amministratore principale,

viste le osservazioni scritte presentate:

- per la Landeshauptstadt Kiel, dal sig. W. Weißleder, Rechtsanwalt;

- per M. Jaeger, dal sig. F. Schramm, Rechtsanwalt;

- per il governo tedesco, dai sigg. W.-D. Plessing e M. Lumma, in qualità di agenti;

- per il governo danese, dal sig. M. J. Molde, in qualità di agente;

- per il governo dei Paesi Bassi, dalla sig.ra H. G. Sevenster, in qualità di agente;

- per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra P. Ormond, in qualità di agente, assistita dalla sig.ra K. Smith, barrister;

- per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. A. Aresu e H. Kreppel, in qualità di agenti,

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali della Landeshauptstadt Kiel, rappresentata dai sigg. W. Weißleder, M. Bechtold e D. Seckler, Rechtsanwälte, del sig. Jaeger, rappresentato dall'avv. F. Schramm, del governo tedesco, rappresentato dal sig. W.-D. Plessing, del governo francese, rappresentato dal sig. C. Lemaire, in qualità di agente, del governo dei Paesi Bassi, rappresentato dal sig. N. A. J. Bel, in qualità di agente, del governo del Regno Unito, rappresentato dalla sig.ra P. Ormond, assistita dalla sig.ra K. Smith, e della Commissione, rappresentata da sigg. H. Kreppel e F. Hoffmeister, in qualità di agenti, all'udienza del 25 febbraio 2003,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza dell'8 aprile 2003,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1.

Con ordinanza 12 marzo 2002, modificata con ordinanza 25 marzo seguente, pervenute in cancelleria il 26 aprile 2002, il Landesarbeitsgericht Schleswig-Holstein (Tribunale del lavoro del Land Schleswig-Holstein) ha sottoposto alla Corte, a norma dell'art. 234 CE, quattro questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione della direttiva del Consiglio 23 novembre 1993, 93/104/CE concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro (GU L 307, pag. 18), e in particolare sull'interpretazione degli artt. 2, n. 1, e 3, della medesima.

2.

Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia tra la Landeshauptstadt Kiel (in prosieguo: il «Comune di Kiel») e il sig. Jaeger in merito alla definizione delle nozioni di «orario di lavoro» e di «periodo di riposo» ai sensi della direttiva 93/104 nell'ambito del servizio di guardia («Bereitschaftsdienst») prestato da un medico in ospedale.

Contesto normativo

La normativa comunitaria

3.

Ai sensi del suo art. 1, la direttiva 93/104 stabilisce prescrizioni minime di sicurezza e di salute in materia di organizzazione dell'orario di lavoro e si applica a tutti i settori di attività, privati o pubblici, ad eccezione dei trasporti aerei, ferroviari, stradali e marittimi, della navigazione interna, della pesca in mare, delle altre attività in mare, nonché delle attività dei medici in formazione.

4.

Al titolo «Definizioni», l'art. 2 della medesima direttiva dispone quanto segue:

«Ai sensi della presente direttiva si intende per:

1) orario di lavoro: qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali;

2) periodo di riposo: qualsiasi periodo che non rientra nell'orario di lavoro;

[...]».

5.

La sezione II della direttiva 93/104 prevede le misure che gli Stati membri devono prendere affinché ogni lavoratore benefici, in particolare, di periodi minimi di riposo giornaliero e settimanale e disciplina altresì la durata massima settimanale del lavoro.

6.

Ai sensi dell'art. 3 della detta direttiva, intitolato «Riposo giornaliero»:

«Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici, nel corso di ogni periodo di 24 ore, di un periodo minimo di riposo di 11 ore consecutive».

7.

Per quanto riguarda la durata massima settimanale del lavoro, l'art. 6 della medesima direttiva dispone:

«Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché, in funzione degli imperativi di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori:

(...)

2) la durata media dell'orario di lavoro per ogni periodo di 7 giorni non superi 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario».

8.

L'art. 15 della direttiva 93/104 prevede:

«La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di applicare od introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori o di favorire o consentire l'applicazione di contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali, più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori».

9.

L'art. 16 della detta direttiva recita come segue:

«Gli Stati membri possono prevedere:

(...)

2) per l'applicazione dell'articolo 6 (durata massima settimanale del lavoro), un periodo di riferimento non superiore a quattro mesi.

(...)».

10.

La stessa direttiva elenca una serie di deroghe a molte delle sue norme fondamentali, tenuto conto delle peculiarità di talune attività e a condizione che ricorrano determinate circostanze. A questo proposito, l'art. 17 dispone:

«1. Nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, gli Stati membri possono derogare agli articoli 3, 4, 5, 6, 8 e 16 quando la durata dell'orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell'attività esercitata, non è misurata e/o predeterminata o può essere determinata dai lavoratori stessi e, in particolare, quando si tratta:

a) di dirigenti o di altre persone aventi potere di decisione autonomo

b) di manodopera familiare; o

c) di lavoratori nel settore liturgico delle chiese e delle comunità religiose.

2. Si può derogare per via legislativa, regolamentare o amministrativa o mediante contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali, a condizione che vengano concessi ai lavoratori interessati equivalenti periodi di riposo compensativo oppure, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per ragioni oggettive, a condizione che venga loro concessa una protezione appropriata:

2.1. agli articoli 3, 4, 5, 8 e 16

(...)

c) per le attività caratterizzate dalla necessità di assicurare la continuità del servizio o della produzione, in particolare, quando si tratta:

i) di servizi relativi all'accettazione, al trattamento e/o alle cure prestati da ospedali o stabilimenti analoghi, da case di riposo e da carceri;

(...)

iii) di servizi stampa, radiofonici, televisivi, di produzione cinematografica, postali o delle telecomunicazioni, di servizi di ambulanza, di vigili del fuoco o di protezione civile;

(...)

3. Si può derogare agli articoli 3, 4, 5, 8 e 16 mediante contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali a livello nazionale o regionale o, conformemente alle regole fissate da dette parti sociali, mediante contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali ad un livello inferiore.

(...)

Le deroghe previste al primo e secondo comma sono ammesse soltanto a condizione che ai lavoratori interessati siano accordati periodi equivalenti di riposo compensativo o, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per motivi oggettivi, a condizione che ai lavoratori interessati sia accordata una protezione appropriata.

(...)»

11.

L'art. 18 della direttiva 93/104 recita come segue:

«1. a) Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi il 23 novembre 1996 o provvedono affinché, al più tardi entro tale data, le parti sociali applichino consensualmente le disposizioni necessarie, fermo restando che gli Stati membri devono prendere tutte le misure necessarie per poter garantire in qualsiasi momento i risultati imposti dalla presente direttiva.

b) i) Tuttavia, ogni Stato membro ha la facoltà di non applicare l'articolo 6, nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, a condizione che assicuri, mediante le misure necessarie prese a tale scopo, che:

- nessun datore di lavoro chieda a un lavoratore di lavorare più di 48 ore nel corso di un periodo di 7 giorni, calcolato come media del periodo di riferimento di cui all'articolo 16, punto 2, a meno che non abbia ottenuto il consenso del lavoratore all'esecuzione di tale lavoro;

- nessun lavoratore possa subire un danno per il fatto che non è disposto ad accettare di effettuare tale lavoro;

- il datore di lavoro tenga registri aggiornati di tutti i lavoratori che effettuano tale lavoro;

- i registri siano messi a disposizione delle autorità competenti che possono vietare o limitare, per ragioni di sicurezza e/o di salute dei lavoratori, la possibilità di superare la durata massima settimanale del lavoro;

- il datore di lavoro, su richiesta delle autorità competenti, dia loro informazioni sui consensi dati dai lavoratori all'esecuzione di un lavoro che superi le 48 ore nel corso di un periodo di 7 giorni, calcolato come media del periodo di riferimento di cui all'articolo 16, punto 2.

(...)»

La normativa nazionale

12.

Il diritto del lavoro tedesco opera una distinzione tra i servizi di permanenza obbligatoria («Arbeitsbereitschaft»), i servizi di guardia («Bereitschaftsdienst») e i servizi di reperibilità («Rufbereitschaft»).

13.

Tali tre nozioni non sono definite dalla normativa nazionale controversa, ma le loro caratteristiche si evincono dalla giurisprudenza.

14.

Il servizio di permanenza obbligatoria («Arbeitsbereitschaft») identifica la situazione in cui il lavoratore deve tenersi a disposizione del proprio datore di lavoro sul luogo di lavoro ed è, inoltre, tenuto a restare costantemente vigile per poter intervenire immediatamente in caso di necessità.

15.

Durante il servizio di guardia («Bereitschaftsdienst») il lavoratore ha l'obbligo di essere presente in un luogo determinato dal datore di lavoro, all'interno o all'esterno dell'edificio di quest'ultimo, nonché di tenersi pronto a prendere servizio su richiesta del datore di lavoro, ma gli è consentito riposarsi o passare il tempo come vuole quando la sua opera professionale non è richiesta.

16.

Il servizio di reperibilità («Rufbereitschaft») è caratterizzato dal fatto che il lavoratore non è obbligato a restare in attesa in un luogo indicato dal datore di lavoro, ma basta che esso sia raggiungibile in qualunque momento per poter svolgere in breve tempo i sui compiti professionali su chiamata.

17.

Nel diritto tedesco, solamente il servizio di permanenza obbligatoria («Arbeitsbereitschaft») è considerato, come regola generale, rientrare interamente nell'orario di lavoro. Invece, sia il servizio di guardia («Bereitschaftsdienst») che il servizio di reperibilità («Rufbereitschaft») son qualificati come riposo, salvo per la parte del servizio in cui il lavoratore ha effettivamente svolto i suoi compiti professionali.

18.

In Germania, la normativa in materia di durata del lavoro e di periodi di riposo è contenuta nell'Arbeitszeitgesetz (legge sull'orario di lavoro) 6 giugno 1994 (BGBl. 1994 I, pag. 1170, in prosieguo: l'«ArbZG»), adottata per recepire la direttiva 93/104.

19.

L'art. 2, n. 1, dell'ArbZG definisce orario di lavoro il periodo di tempo intercorrente tra l'inizio e la fine della giornata lavorativa, escluse le pause.

20.

Ai sensi dell'art. 3 dell'ArbZG:

«L'orario di lavoro giornaliero non può superare le otto ore, sebbene possa essere prolungato fino a dieci ore, purché la durata media calcolata su un semestre solare o su ventiquattro settimane non ecceda le otto ore per ogni giornata lavorativa».

21.

L'art. 5 dell'ArbZG prevede quanto segue:

«(1) Al termine del loro servizio quotidiano i lavoratori devono necessariamente beneficiare di un riposo ininterrotto di almeno undici ore.

(2) La durata del periodo di riposo di cui al n. 1 può essere ridotta al massimo di un'ora negli ospedali e negli altri istituti per il trattamento, la cura e l'assistenza delle persone, negli alberghi, ristoranti e stabilimenti assimilati, nelle imprese di trasporto, nelle imprese di radiodiffusione e nell'agricoltura e allevamento, se ogni riduzione viene compensata, nell'arco di un mese solare o di quattro settimane, prolungando un altro periodo di riposo almeno fino a dodici ore.

(3) In deroga al n. 1, negli ospedali e negli altri istituti di trattamento, cura e assistenza delle persone, le riduzioni del periodo di riposo dovute a un intervento durante i servizi di guardia (Bereitschaftsdienst) o la reperibilità (Rufbereitschaft) possono essere compensate successivamente, purché tali interventi non superino la metà del periodo di riposo.

(...)»

22.

L'art. 7 dell'ArbZG recita come segue:

«(1) Mediante contratto collettivo o accordo aziendale basato su un contratto collettivo, è consentito:

1. in deroga all'art. 3,

a) prolungare l'orario di lavoro giornaliero oltre le dieci ore, anche senza compensazione, quando nell'orario di lavoro rientrano di regola e in misura rilevante ore di permanenza obbligatoria (Arbeitsbereitschaft),

b) differire ad un altro momento il periodo di riposo compensativo,

c) estendere, senza compensazione, l'orario lavorativo giornaliero fino a dieci ore, per un massimo di sessanta giorni all'anno,

(...)

(2) A condizione che la salute dei lavoratori sia tutelata con un equivalente riposo compensativo, un contratto collettivo o un accordo aziendale può prevedere:

1. in deroga all'art. 5, n. 1, di adattare i periodi di riposo, in caso di servizio di guardia (Bereitschaftsdienst) o di reperibilità (Rufbereitschaft) alle peculiarità di tali servizi ed in particolare di compensare successivamente le riduzioni dei periodi di riposo qualora i lavoratori siano chiamati in servizio;

(...)

3. per il trattamento, la cura e l'assistenza delle persone, di adeguare le norme di cui agli artt. 3, 4, 5, n. 1 e 6, n. 2, alle peculiarità di tali attività e al benessere di tali persone;

4. per le amministrazioni federali, regionali, comunali o di altri enti, istituzioni e fondazioni di diritto pubblico, nonché per gli altri datori di lavoro cui si applicano i contratti collettivi vigenti per il pubblico impiego o contratti collettivi di contenuto sostanzialmente simile, di adeguare le norme di cui agli artt. 3, 4, 5, n. 1 e 6, n. 2 alle peculiarità di tali attività.

(...)»

23.

L'art. 25 dell'ArbZG così dispone:

«Se, alla data di entrata in vigore della presente legge, un contratto collettivo esistente o che continua a produrre effetti dopo tale data, contiene disposizioni derogatorie ai sensi dell'art. 7, nn. 1 e 2 (...), che superano i limiti massimi stabiliti dalle norme citate, tali disposizioni restano impregiudicate. Gli accordi aziendali fondati su contratti collettivi sono assimilati ai contratti collettivi di cui alla prima frase (...)».

24.

Il Bundesangestelltentarifvertrag (contratto collettivo del pubblico impiego in Germania, in prosieguo: il «BAT») prevede in particolare quanto segue:

«Art. 15 Orario di lavoro normale

(1) L'orario di lavoro normale prevede mediamente 38 ore e mezzo (pause escluse) alla settimana. In generale, la media dell'orario di lavoro settimanale normale è calcolata su un periodo di otto settimane (...)

(2) L'orario di lavoro normale può essere esteso

a) fino a dieci ore giornaliere (in media 49 ore settimanali) se include di regola una permanenza obbligatoria (Arbeitsbereitschaft) di almeno due ore al giorno in media,

b) fino a undici ore giornaliere (in media 54 ore settimanali) se include di regola una permanenza obbligatoria (Arbeitsbereitschaft) di almeno tre ore al giorno in media,

c) fino a dodici ore giornaliere (in media 60 ore settimanali) se il lavoratore deve soltanto essere presente sul luogo di lavoro per svolgere il lavoro richiesto in caso di necessità.

(...)

(6 bis) Il dipendente, su richiesta del datore di lavoro, è obbligato a trattenersi oltre l'orario di lavoro normale in un determinato luogo indicato da quest'ultimo, oppure può essere chiamato a lavorare in funzione delle necessità [servizio di guardia (Bereitschaftsdienst)]. Il datore di lavoro può imporre un servizio di guardia (Bereitschaftsdienst) soltanto ove sia prevista una certa mole di lavoro ma, per acquisita esperienza, prevalga il periodo non lavorato.

Per calcolare la retribuzione, la presenza garantita durante il periodo di guardia (Bereitschaftsdienst), interventi compresi, è convertita in ore lavorative in base alla percentuale rappresentata in pratica dalla durata media del lavoro richiesto; le ore lavorative così valutate sono pagate come ore straordinarie (...)

Prima che sia terminato il trimestre solare, le ore di lavoro calcolate in tal modo, invece di essere retribuite, possono essere compensate con la concessione di un equivalente periodo libero (riposo compensativo) (...)».

25.

Parallelamente all'art. 15, n. 6 bis, del BAT, le parti sociali hanno concordato norme speciali («Sonderregelungen») per il personale dei centri ospedalieri e medici, degli istituti di cura e di maternità nonché di altri centri e stabilimenti sanitari (in prosieguo: la «SR 2 a»). Le disposizioni speciali per i medici e i medici dentisti dei centri e degli istituti previsti dalla SR 2 a (in prosieguo: la «SR 2 c») recitano come segue:

«N.8

Per quanto concerne l'art. 15, n. 6 bis (...)

Servizio di guardia (Bereitschaftsdienst), reperibilità (Rufbereitschaft)

(...)

(2) Per il calcolo della retribuzione, la presenza garantita durante il periodo di guardia (Bereitschaftsdienst), interventi compresi, è convertita in ore lavorative nella maniera seguente:

a) La presenza garantita durante il periodo di guardia (Bereitschaftsdienst) è convertita come segue in ore lavorative in base alla base percentuale rappresentata in pratica dalla durata media del lavoro richiesto:

Categoria Lavoro richiesto durante il Conversione in orario

servizio di guardia di lavoro

(Bereitschaftsdienst)

A da 0 a 10% 15%

B da oltre 10 a 25% 25%

C da oltre 25 a 40% 40%

D da oltre 40 a 49% 55%

Un servizio di guardia (Bereitschaftsdienst) che rientra nella categoria A viene riclassificato nella categoria B se l'esperienza dimostra che, durante la guardia, l'interessato interviene mediamente più di tre volte fra le ore 22 e le ore 6.

b) Inoltre, il periodo di presenza imposto da ogni servizio di guardia (Bereitschaftsdienst) è convertito come segue in funzione del numero di guardie effettuate dall'interessato nell'arco di un mese solare:

Numero di servizi di guardia Conversione in orario

(Bereitschaftsdienste) di lavoro

nel mese solare

Da 1 a 8 servizi di guardia 25%

Da 9 a 12 servizi di guardia 35%

Oltre 13 servizi di guardia 45%

(...)

(7) In un mese solare non possono essere disposti

più di sette servizi di guardia (Bereitschaftsdienste) per le categorie A e B,

più di sei servizi di guardia (Bereitschaftsdienste) per le categorie C e D.

E' consentito superare provvisoriamente tali percentuali quando [, ove fossero rispettate] non sarebbe garantita l'assistenza ai pazienti. (...)

(...)»

Controversia principale e questioni pregiudiziali

26.

Dall'ordinanza di rinvio risulta che le parti nel procedimento principale controvertono sul punto se l'orario dedicato al servizio di guardia («Bereitschaftsdienst») organizzato dal comune di Kiel nell'ospedale da esso gestito debba essere considerato orario di lavoro o periodo di riposo. La controversia pendente dinanzi al giudice del rinvio riguarda esclusivamente gli aspetti di diritto del lavoro connessi ai periodi di guardia e non i relativi criteri di remunerazione.

27.

Dal 1° maggio 1992 il sig. Jaeger lavora come assistente medico presso il reparto di chirurgia del detto ospedale. Il suo servizio rappresenta i 3/4 dell'orario settimanale normale (cioè 28,875 ore settimanali). Inoltre, egli è tenuto, in virtù di un accordo accessorio, a garantire turni di guardia rientranti nella categoria D del n. 8, par. 2, della SR 2 c. Nel contratto di lavoro le parti del procedimento principale hanno convenuto l'applicazione del BAT.

28.

Il sig. Jaeger di regola effettua sei servizi di guardia al mese, compensati in parte mediante concessione di tempo libero e in parte mediante il versamento di retribuzioni aggiuntive.

29.

Il servizio di guardia comincia al termine del normale orario lavorativo e ha una durata di 16 ore nei giorni feriali, di 25 ore il sabato (dalle 8.30 del sabato mattina alle 9.30 della domenica mattina) e di 22 ore e 45 minuti la domenica (dalle 8.30 della domenica mattina alle 7.15 de lunedì mattina).

30.

I servizi di guardia sono così organizzati: il sig. Jaeger è presente in clinica e vi effettua le prestazioni professionali eventualmente necessarie. Egli ha a disposizione, in ospedale, una stanza con un letto nella quale è autorizzato a dormire quando non sono richieste le sue prestazioni. L'adeguatezza di tale alloggio è contestata. Per contro è pacifico che i periodi in cui il sig. Jaeger è chiamato a svolgere un compito professionale rappresentano mediamente il 49% dei servizi di guardia.

31.

Il sig. Jaeger ritiene che i servizi di guardia da lui effettuati in qualità di medico assistente o medico di emergenza nell'ambito del servizio di pronto soccorso debbano essere considerati come interamente rientranti nell'orario di lavoro ai sensi dell'ArbZG, in virtù della diretta applicazione della direttiva 93/104. L'interpretazione fornita dalla Corte in merito alla nozione di orario di lavoro nella sentenza 3 ottobre 2000, causa C-303/98, Simap (Racc. pag. I-7963) potrebbe essere applicata al presente procedimento, concernente una situazione sostanzialmente simile. In particolare, gli obblighi del servizio di guardia in Spagna, in esame nel procedimento che ha dato luogo alla citata sentenza Simap, sarebbero paragonabili a quelli cui egli è sottoposto. Di conseguenza, l'art. 5, n. 3, dell'ArbZG sarebbe in contrasto con la direttiva 93/104 e, pertanto, inapplicabile. L'interessato aggiunge che il comune di Kiel non può legittimamente appellarsi alle disposizioni derogatorie dell'art. 17 di tale direttiva, il quale prevederebbe eccezioni relative solo alla durata dei periodi di riposo, a prescindere dalla nozione di orario di lavoro.

32.

Per contro, il comune di Kiel sostiene che, secondo l'interpretazione costante dei giudici nazionali e della dottrina prevalente, le fasi di inattività durante il servizio di guardia devono essere considerate periodi di riposo e non orario di lavoro. Qualsiasi altra interpretazione priverebbe di significato gli artt. 5. n. 3, e 7 n. 2, dell'ArbZG. Inoltre, la citata sentenza Simap non sarebbe applicabile al caso di specie, infatti, i medici spagnoli interessati avrebbero esercitato la loro attività a tempo pieno nei servizi di pronto soccorso, mentre i medici tedeschi sarebbero chiamati a svolgere un compito professionale al massimo per il 49% in media del periodo del servizio di guardia. Infine, la normativa nazionale che stabilisce deroghe alla durata del lavoro rientrerebbe nell'art. 17, n. 2, della direttiva 93/104 e gli Stati membri disporrebbero di un ampio margine discrezionale in merito. Un'espressa menzione dell'art. 2 di tale direttiva all'interno dell'art. 17 della medesima sarebbe superflua in quanto l'art. 2 contiene soltanto definizioni.

33.

In primo grado, l'Arbeitsgericht Kiel (Germania), con sentenza 8 novembre 2001, ha accolto la domanda del sig. Jaeger ritenendo che i servizi di guardia che quest'ultimo era tenuto a svolgere nell'ospedale di Kiel dovessero essere conteggiati come rientranti integralmente nell'orario di lavoro ai sensi dell'art. 2 dell'ArbZG.

34.

Il comune di Kiel ha pertanto sottoposto la controversia al Landesarbeitsgericht Schleswig-Holstein.

35.

Tale giudice rileva che la nozione di servizio di guardia («Bereitschaftsdienst») non è esplicitamente definita nell'ArbZG. Essa riguarderebbe l'obbligo di essere presente in un luogo indicato dal datore di lavoro e di tenersi pronto a svolgere tempestivamente i propri compiti professionali in caso di necessità. Non sarebbe richiesta una «vigile attenzione» («wache Achtsamkeit») e, al di fuori degli effettivi periodi di attività, il lavoratore potrebbe riposarsi o dedicarsi a qualsiasi altra occupazione. Durante il servizio di guardia, quest'ultimo non dovrebbe fornire le sue prestazioni professionali di propria iniziativa, ma soltanto su richiesta del datore di lavoro.

36.

Il sig. Jaeger svolgerebbe un siffatto servizio di guardia, che in Germania è conteggiato come periodo di riposo e non come orario di lavoro, eccettuata la parte del detto servizio in cui il lavoratore ha effettivamente esercitato la propria attività professionale. Tale assunto deriverebbe dagli artt. 5, n. 3, e 7, n. 2, dell'ArbZG. Infatti, la circostanza che la riduzione dei periodi di riposo a seguito dell'assolvimento dei suoi compiti durante il servizio di guardia possa essere compensata successivamente, indicherebbe che quest'ultimo vale come periodo di riposo ove l'interessato non sia stato effettivamente chiamato a fornire la sua opera professionale. Questa sarebbe stata la volontà del legislatore nazionale, poiché risulterebbe dai lavori preparatori dell'ArbZG che periodi di lavoro possono seguire a servizi di guardia.

37.

Il giudice del rinvio ritiene che, nel caso di specie, sia necessario accertare se i servizi di guardia debbano essere considerati come interamente rientranti nell'orario di lavoro, anche se l'interessato non ha effettivamente adempiuto i suoi obblighi professionali, e anzi gli è consentito dormire durante tali servizi. Tale questione non era stata proposta nella causa Simap e pertanto la Corte non l'avrebbe risolta.

38.

Ove non fosse possibile risolvere tale questione in maniera chiara, per risolvere la controversia occorrerebbe accertare se l'art. 5, n. 3, dell'ArbZG contrasti con l'art. 2, nn. 1 e 2. della direttiva 93/104.

39.

Infine, tenuto conto della domanda proposta in subordine - volta a far constatare che il sig. Jaeger non è tenuto, nell'ambito dei suoi obblighi definiti per contratto, a lavorare a titolo del suo servizio regolare e di guardia, ore straordinarie comprese, per più di dieci ore al giorno e per più di 48 ore in media alla settimana - e dato che il comune di Kiel si richiama a tal proposito agli artt. 5, n. 3, e 7, n. 2, dell'ArbZG, sarebbe necessario decidere se tali disposizioni rientrano nel margine discrezionale che la direttiva 93/104 attribuisce agli Stati membri e alle parti sociali.

40.

Infatti, nell'ipotesi in cui i servizi di guardia dovessero essere considerati integralmente orario di lavoro e l'organizzazione a livello nazionale di tali servizi fosse ritenuta in contrasto con l'art. 3 della direttiva 93/104 perché il periodo di riposo di undici ore consecutive potrebbe non solo essere ridotto ma anche interrotto, la normativa tedesca potrebbe nondimeno rientrare nella sfera di applicazione dell'art. 17, n. 2, di tale direttiva.

41.

Se la normativa nazionale o il contratto collettivo applicabile garantissero ai lavoratori un periodo di riposo sufficiente - nonostante il fatto che il servizio di guardia è da essi considerato periodo di riposo - lo scopo della direttiva 93/104, consistente nel proteggere la sicurezza e la salute dei lavoratori nella Comunità, potrebbe essere garantito.

42.

Considerato che, ciò premesso, per risolvere la controversia per la quale è adito è necessaria l'interpretazione del diritto comunitario, il Landesarbeitsgericht Schleswig-Holstein ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se il servizio di guardia (Bereitschaftsdienst), prestato da un lavoratore in un ospedale, possa generalmente essere considerato come rientrante nell'orario di lavoro, ai sensi dell'art. 2, n. 1, della direttiva 93/104/CE, anche quando al lavoratore è consentito dormire nel tempo in cui non sono richieste le sue prestazioni.

2) Se una norma del diritto nazionale, la quale consideri come periodo di riposo, nel caso in cui non vi siano richieste di prestazioni, il servizio di guardia (Bereitschaftsdienst) configurato in modo che il lavoratore riposi in un'apposita stanza posta a sua disposizione nell'ospedale ed esegua la prestazione lavorativa solo su richiesta, violi l'art. 3 della direttiva 93/104/CE.

3) Se una norma del diritto nazionale, la quale consenta, negli ospedali ed altre istituzioni rivolte al trattamento medico, cura e assistenza delle persone, una riduzione del periodo di riposo di 11 ore, configurata in modo che i periodi di tempo relativi alle prestazioni rese durante il servizio di guardia (Bereitschaftsdienst) o la reperibilità (Rufbereitschaft), che non superino complessivamente la metà del periodo di riposo, vengano compensati con altri periodi, violi la direttiva 93/104/CE.

4) Se una norma del diritto nazionale, la quale consenta che in un contratto collettivo, o in un contratto aziendale basato su un contratto collettivo, possa essere previsto che i periodi di riposo durante il servizio di guardia (Bereitschaftsdienst) o di reperibilità (Rufbereitschaft) vengano adattati alle particolari caratteristiche di tali servizi, ed in particolare che riduzioni del periodo di riposo determinate da richieste di prestazioni durante tali servizi possano essere compensate con altri periodi, violi la direttiva 93/104/CE».

Sulle questioni pregiudiziali

43.

In limine, occorre ricordare che, anche se non spetta alla Corte pronunciarsi, nell'ambito di un procedimento promosso ai sensi dell'art. 234 CE, sulla compatibilità di norme di diritto interno con il diritto comunitario, né interpretare disposizioni legislative o regolamentari nazionali, essa è tuttavia competente a fornire al giudice nazionale tutti gli elementi di interpretazione attinenti al diritto comunitario che gli consentano di pronunciarsi su tale compatibilità per la definizione della causa per la quale è adito (v., in particolare, sentenze 15 dicembre 1993, causa C-292/92, Hünermund e a., Racc. pag. I-6787, punto 8; 3 maggio 2001, causa C-28/99, Verdonck e a., Racc. pag. I-3399, punto 28, e 27 novembre 2001, cause riunite C-285/99 e C-286/99, Lombardini e Mantovani, Racc. pag. I-9233, punto 27).

Sulla prima e seconda questione

44.

Alla luce di quanto ricordato al punto precedente, si devono intendere le prime due questioni, da esaminare congiuntamente, come dirette ad accertare se la direttiva 93/104 vada interpretata nel senso che un servizio di guardia («Bereitschaftsdienst») effettuato da un medico, secondo il regime della presenza fisica in ospedale, va qualificato interamente come orario di lavoro ai sensi della medesima direttiva, sebbene all'interessato sia consentito riposare sul luogo di lavoro durante i periodi in cui non sono richieste le sue prestazioni, sicché tale direttiva osta alla normativa di uno Stato membro che considera come riposo i periodi di inattività del lavoratore nell'ambito di un servizio di guardia del genere.

45.

Per risolvere tali questioni così riformulate, occorre rilevare innanzitutto che tanto dall'art. 118 A del Trattato CE (gli artt. 117-120 del Trattato CE sono stati sostituiti dagli artt. 136 CE-143 CE), che costituisce il fondamento normativo della direttiva 93/104, quanto dai considerando primo, quarto, settimo e ottavo nonché dalla stessa formulazione dell'art. 1, n. 1, della direttiva risulta che essa intende fissare prescrizioni minime destinate a migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori mediante il ravvicinamento delle disposizioni nazionali riguardanti, in particolare, l'orario di lavoro (v. sentenza 26 giugno 2001, causa C-173/99, BECTU, Racc. pag. I-4881, punto 37).

46.

A norma di queste stesse disposizioni, tale armonizzazione a livello comunitario in materia di organizzazione dell'orario di lavoro è diretta a garantire una migliore tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori, facendo godere questi ultimi di periodi minimi di riposo - in particolare giornaliero e settimanale - e di periodi di pausa adeguati e prevedendo un tetto per la durata della settimana lavorativa (v. citate sentenze Simap, punto 49, e BECTU, punto 38).

47.

In tale contesto, deriva dalla Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata nel Consiglio europeo di Strasburgo del 9 dicembre 1989, e in particolare dai suoi punti 8 e 19, primo comma, richiamati al quarto considerando della direttiva 93/104, che ogni lavoratore della Comunità europea deve beneficiare nell'ambiente di lavoro di condizioni di protezione sanitaria e di sicurezza soddisfacenti e, in particolare, che ha diritto al riposo settimanale i cui periodi devono essere via via ravvicinati, in modo da ottenere un progresso, conformemente alle prassi nazionali.

48.

Per quanto riguarda in particolare la nozione di «orario di lavoro» ai sensi della direttiva 93/104, va ricordato che, al punto 47 della citata sentenza Simap, la Corte ha rilevato che tale direttiva definisce la detta nozione comprendendovi qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali e che la medesima nozione va intesa in opposizione al periodo di riposo, ciascuna delle due nozioni escludendo l'altra.

49.

Al punto 48 della citata sentenza Simap, la Corte ha statuito che gli elementi caratteristici della detta nozione di orario di lavoro sono presenti nei periodi di servizio di guardia dei medici delle unità di pronto soccorso della regione di Valencia (Spagna) effettuati secondo un regime di presenza fisica nei centri sanitari. La Corte ha infatti constatato che, nella causa che ha dato luogo alla detta sentenza, era pacifico che, nel caso di periodi di guardia svolti secondo tale regime, le due prime condizioni elencate nella definizione della nozione di orario di lavoro sono soddisfatte. Inoltre, essa ha affermato che, anche se l'attività effettivamente svolta varia secondo le circostanze, l'obbligo imposto a tali medici di essere presenti e disponibili sul luogo di lavoro per prestare la loro opera professionale dev'essere considerato rientrante nell'esercizio delle loro funzioni.

50.

La Corte ha aggiunto, al punto 49 della citata sentenza Simap, che tale interpretazione è conforme all'obiettivo della direttiva 93/104, che è quello di garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori, facendo in modo che essi possano beneficiare di periodi minimi di riposo e di adeguati periodi di pausa, mentre escludere dalla nozione di «orario di lavoro», ai sensi di tale direttiva, il periodo di servizio di guardia svolto secondo il regime della presenza fisica equivarrebbe a rimettere seriamente in discussione il detto obiettivo.

51.

Al punto 50 della citata sentenza Simap, la Corte ha inoltre precisato che diverso è il caso in cui i medici delle unità di pronto soccorso svolgano il servizio di guardia secondo il sistema per cui essi devono essere reperibili in permanenza senza per questo essere obbligati ad essere presenti nel centro sanitario. Infatti, pur essendo a disposizione del loro datore di lavoro, in quanto devono poter essere raggiungibili, tuttavia, in tal caso, i medici possono gestire il loro tempo in modo più libero e dedicarsi ai propri interessi sicché solo il tempo relativo alla prestazione effettiva di servizi di pronto soccorso dev'essere considerato orario di lavoro ai sensi della direttiva 93/104.

52.

Dopo aver rilevato, al punto 51 della citata sentenza Simap, che le ore di lavoro straordinario rientrano nella nozione di «orario di lavoro» ai sensi della direttiva 93/104, la Corte ha concluso, al punto 52 della medesima sentenza, che il periodo di servizio di guardia che svolgono i medici delle unità di pronto soccorso, secondo il regime della presenza fisica nel centro sanitario, dev'essere interamente considerato come rientrante nell'orario di lavoro e, se del caso, come lavoro straordinario ai sensi della detta direttiva, mentre, per quanto concerne il servizio di guardia secondo il sistema per cui i medici debbono essere reperibili in permanenza, solo il tempo connesso alla prestazione effettiva di servizi di pronto soccorso dev'essere considerato rientrante nell'orario di lavoro (v, nello stesso senso, ordinanza 3 luglio 2001, causa C-241/99, CIG, Racc. pag. I-5139, punti 33 e 34).

53.

Orbene, è giocoforza constatare, da un lato, che è pacifico che un medico che svolge funzioni come quelle contestate nella causa principale effettua il suo periodo di guardia secondo il regime della presenza fisica nel centro sanitario.

54.

Dall'altro, né il contesto né la natura delle attività di un medico del genere comportano differenze di rilievo rispetto a quelle di cui trattavasi nella causa che ha dato luogo alla citata sentenza Simap tali da rimettere in discussione l'interpretazione fornita in tale sentenza dalla Corte in merito alla direttiva 93/104.

55.

Al riguardo, non si può validamente differenziare tali attività affermando che, nella causa che ha dato luogo alla citata sentenza Simap, i medici di un'unità di pronto soccorso sarebbero soggetti a un orario lavorativo ininterrotto che può prolungarsi fino a 31 ore senza riposo notturno, mentre, per quanto concerne il servizio di guardia come quello di cui trattasi nella causa principale, la normativa nazionale pertinente garantirebbe che i periodi in cui l'interessato è chiamato a svolgere un compito professionale non superino il 49% di tutto il periodo di guardia, di modo che egli potrebbe restare inattivo per più della metà di detto periodo.

56.

Infatti, come rilevato dall'avvocato generale nella nota n. 3 delle sue conclusioni, dalla normativa spagnola contestata nella causa che ha dato luogo alla citata sentenza Simap non deriva, per i medici che garantiscono un servizio di guardia presso l'ospedale, l'obbligo di restare vigili e attivi mentre sono in servizio. La stessa conclusione si può trarre dai paragrafi 15, 31 e 33 delle conclusioni dell'avvocato generale presentate nella detta causa.

57.

Inoltre, se la percentuale del 49% prevista dalla normativa nazionale in esame nella causa principale si riferisce alla media, calcolata su un certo periodo, del tempo legato all'effettiva prestazione di servizi durante il periodo di guardia, nondimeno, in tale periodo, un medico può essere chiamato a prestare la propria opera ogni qualvolta sia necessario e per tutto il tempo necessario, senza che la detta normativa preveda un qualsiasi limite al riguardo.

58.

Comunque, le nozioni di «orario di lavoro» e di «periodo di riposo» ai sensi della direttiva 93/104 non devono essere interpretate in funzione delle prescrizioni delle varie normative degli Stati membri, ma sono nozioni di diritto comunitario che occorre definire secondo criteri oggettivi, facendo riferimento al sistema e alla finalità della detta direttiva, come ha fatto la Corte ai punti 48 e 50 della citata sentenza Simap. Soltanto una siffatta interpretazione autonoma può assicurare la piena efficacia di tale direttiva nonché l'applicazione uniforme delle dette nozioni in tutti gli Stati membri.

59.

Pertanto, il fatto che la definizione della nozione di orario di lavoro si riferisca alle «normative e/o prassi nazionali» non significa che gli Stati membri possano definire unilateralmente la portata di tale nozione. Inoltre tali Stati non possono subordinare a qualsivoglia condizione il diritto dei lavoratori a che i periodi di lavoro, e, correlativamente, quelli di riposo, siano tenuti in debito conto, poiché un diritto del genere deriva direttamente dalle disposizioni di tale direttiva. Qualsiasi altra interpretazione vanificherebbe lo scopo della direttiva 93/104 che è quello di armonizzare la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori mediante prescrizioni minime (v. sentenza 12 novembre 1996, causa C-84/94, Regno Unito/Consiglio, Racc. pag. I-5755, punti 45 e 75).

60.

Il fatto che, nella citata sentenza Simap, la Corte non si sia pronunciata esplicitamente in merito alla possibilità, per i medici che svolgono un servizio di guardia secondo il regime della presenza fisica in ospedale, di riposarsi, e anche di dormire, durante i periodi in cui non si richiede la loro opera, è irrilevante al riguardo.

61.

Siffatti periodi di inattività professionale ineriscono infatti al servizio di guardia effettuato dai medici secondo il regime della presenza fisica in ospedale, dato che, a differenza del normale orario lavorativo, la necessità di interventi urgenti dipende dalle circostanze e non può essere preventivamente programmata.

62.

Inoltre, all'ultima frase del punto 48 della citata sentenza Simap, la Corte si è espressamente riferita a tale caratteristica, da cui risulta necessariamente che essa sia partita dall'ipotesi che i medici di guardia presenti in ospedale non esercitano, effettivamente e ininterrottamente, le loro attività professionali per tutto il periodo di guardia.

63.

Secondo la Corte, il fattore determinante per ritenere che gli elementi caratteristici della nozione di «orario di lavoro», ai sensi della direttiva 93/104, sono presenti nei periodi di servizio di guardia che i medici effettuano nell'ospedale stesso è il fatto che essi sono obbligati a essere fisicamente presenti sul luogo indicato dal datore di lavoro e a tenervisi a disposizione di quest'ultimo per poter fornire immediatamente la loro opera in caso di necessità. Infatti, come emerge dal punto 48 della citata sentenza Simap, occorre considerare che tali obblighi, che rendono impossibile ai medici interessati di scegliere il luogo in cui stare durante le attese, rientrano nell'esercizio delle loro funzioni.

64.

Tale conclusione non muta per il solo fatto che il datore di lavoro mette a disposizione del medico una stanza di riposo in cui può stare quando non è richiesto il suo intervento professionale.

65.

Va aggiunto che, come statuito dalla Corte al punto 50 della citata sentenza Simap, rispetto a un medico in regime di reperibilità, regime che presuppone soltanto che questi possa essere costantemente raggiunto senza tuttavia imporre la sua presenza fisica nel centro sanitario, un medico obbligato a tenersi a disposizione del datore di lavoro sul luogo da esso indicato, per tutta la durata del servizio di guardia, è soggetto ad obblighi decisamente più onerosi, perché deve restare lontano dal suo ambiente familiare e sociale e beneficia di una minore libertà di gestire il tempo in cui non è richiesta la sua attività professionale. In tale contesto, un lavoratore a disposizione sul luogo indicato dal datore di lavoro non può essere considerato in riposo nei periodi del suo servizio di guardia durante i quali non presta effettivamente la sua attività professionale.

66.

Tale interpretazione non può essere rimessa in discussione dalle obiezioni relative alle conseguenze di ordine economico e organizzativo che, secondo i cinque Stati membri che hanno presentato osservazioni ai sensi dell'art. 20 dello statuto CE della Corte di giustizia, deriverebbero dall'estendere a una fattispecie quale quella della causa principale la soluzione adottata nella citata sentenza Simap.

67.

Peraltro, emerge dal quinto considerando della direttiva 93/104 che «il miglioramento della sicurezza, dell'igiene e della salute dei lavoratori durante il lavoro rappresenta un obiettivo che non può dipendere da considerazioni di carattere puramente economico»

68.

Da tutto quanto precede risulta che la conclusione cui è giunta la Corte nella citata sentenza Simap, secondo la quale il periodo di servizio di guardia che svolgono i medici delle unità di pronto soccorso, secondo il regime della presenza fisica nel centro sanitario, dev'essere interamente considerato come rientrante nell'orario di lavoro ai sensi della direttiva 93/104, indipendentemente dalle prestazioni lavorative realmente effettuate dagli interessati, deve applicarsi anche ai servizi di guardia effettuati, secondo il medesimo regime, da un medico come il sig. Jaeger nell'ospedale in cui lavora.

69.

Ciò premesso, la direttiva 93/104 osta a una normativa nazionale quale quella contestata nella causa principale, in forza della quale sono considerati come rientranti nei periodi di riposo i periodi di servizio di guardia durante i quali il medico non è effettivamente chiamato a svolgere un compito professionale e può riposarsi, ma deve essere presente e restare a disposizione sul luogo indicato dal datore di lavoro per prestare la propria opera in caso di necessità o quando gli è richiesto di intervenire.

70.

Tale interpretazione infatti è l'unica conforme all'obiettivo della direttiva 93/104 di garantire una tutela efficace della sicurezza e della salute dei lavoratori, facendo loro beneficiare effettivamente di periodi minimi di riposo. Una siffatta interpretazione s'impone a maggior ragione in quanto si tratta si medici che garantiscono un servizio di guardia nei centri sanitari, dato che i periodi durante i quali la loro opera non è richiesta per far fronte ad urgenze possono, secondo i casi, essere brevi e/o soggetti a frequenti interruzioni mentre, peraltro, non si può escludere che gli interessati siano chiamati a intervenire, oltre che per le urgenze, per seguire lo stato dei pazienti posti sotto la loro sorveglianza o per svolgere compiti amministrativi.

71.

Alla luce dell'insieme delle considerazioni che precedono, occorre risolvere la prima e la seconda questione dichiarando che la direttiva 93/104 va interpretata nel senso che un servizio di guardia («Bereitschaftsdienst») che un medico svolge secondo il regime della presenza fisica in ospedale va considerato come interamente rientrante nell'orario di lavoro a norma della detta direttiva, anche qualora all'interessato sia consentito riposare sul luogo di lavoro durante i periodi in cui non è richiesta la sua opera, sicché la medesima direttiva osta alla normativa di uno Stato membro che qualifica come periodi di riposo i periodi di inattività del lavoratore durante un tale servizio di guardia.

Sulla terza e quarta questione

72.

Con la seconda e la terza questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede in sostanza se la direttiva 93/104 debba essere interpretata nel senso che essa osta alla normativa di uno Stato membro la quale, per quanto riguarda il servizio di guardia svolto secondo il regime della presenza fisica in ospedale, produce l'effetto di consentire, eventualmente mediante un contratto collettivo o un accordo aziendale basato su un tale contratto, una riduzione del periodo di riposo giornaliero di 11 ore tramite compensazione «successiva dei periodi di lavoro effettuati durante la guardia».

73.

Risulta dal contesto in cui la terza e la quarta questione sono state sollevate che il giudice del rinvio si chiede se le prescrizioni degli artt. 5, n. 3, e 7, n. 2, primo comma, dell'ArbZG, siano compatibili con la direttiva 93/104.

74.

A questo proposito risulta innanzitutto che norme nazionali come quelle esaminate dal giudice del rinvio distinguono a seconda che al lavoratore sia chiesto o meno di svolgere realmente prestazioni lavorative durante il servizio di guardia, poiché soltanto gli effettivi periodi di attività svolti durante tale servizio sono oggetto di compensazione, mentre i periodi di guardia in cui il lavoratore non è attivo sono considerati come rientranti nei periodi di riposo.

75.

Orbene, come emerge dalla risposta alle prime due questioni, servizi di guardia svolti da un medico nell'ospedale in cui lavora devono essere considerati integralmente periodi lavorativi, a prescindere dal fatto che, durante tale guardia, il lavoratore non svolga permanentemente attività effettive. Di conseguenza, la direttiva 93/104 osta a una normativa di uno Stato membro che assimila a periodo di riposo, ai sensi di tale direttiva, i periodi di inattività del lavoratore durante il servizio di guardia effettuato presso il centro sanitario e, pertanto, che preveda la compensazione soltanto dei periodi in cui l'interessato ha effettivamente svolto un'attività professionale.

76.

Per poter fornire una risposta utile al giudice del rinvio, occorre altresì precisare le prescrizioni della direttiva 93/104 per quanto riguarda il periodo di riposo nonché esaminare in particolare se, ed eventualmente in quale misura, norme nazionali come gli artt. 5, n. 3, e 7, n. 2, primo comma, dell'ArbZG possano rientrare fra le possibilità di deroga previste da tale direttiva.

77.

Ciò premesso, l'art. 3 della medesima sancisce il diritto di qualsiasi lavoratore di beneficiare, nel corso di ogni periodo di 24 ore, di un periodo minimo di riposo di 11 ore consecutive.

78.

Quanto all'art. 6 della detta direttiva, esso obbliga gli Stati membri a prendere le misure necessarie affinché, in funzione degli imperativi di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, la durata media dell'orario di lavoro per ogni periodo di 7 giorni non superi 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario.

79.

Orbene, risulta dalla formulazione stessa delle due disposizioni summenzionate che in via di principio non è con esse compatibile una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nella causa principale, la quale autorizza periodi di lavoro che possono durare circa 30 ore consecutive, quando un periodo d guardia precede o segue direttamente un servizio normale, ovvero più di 50 ore settimanali, compresi i servizi di guardia. La situazione sarebbe diversa soltanto se la detta normativa rientrasse fra le possibilità di deroga previste dalla direttiva 93/104.

80.

A questo proposito emerge dal sistema attuato da tale direttiva che, sebbene l'art. 5 della medesima consenta in via generale di applicare od introdurre disposizioni nazionali più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, per contro la detta direttiva precisa, all'art. 17, che soltanto alcune delle sue disposizioni, tassativamente elencate, possono essere oggetto di deroghe previste dagli Stati membri o dalle parti sociali.

81.

Orbene, in primo luogo, è significativo che l'art. 2 della direttiva 93/104 non figuri fra le disposizioni cui essa consente espressamente di derogare.

82.

Tale circostanza corrobora la constatazione, di cui ai punti 58 e 59 della presente sentenza, secondo la quale le definizioni contenute al detto art. 2 non possono essere liberamente interpretate dagli Stati membri.

83.

In secondo luogo, l'art. 6 della direttiva 93/104 è menzionato solo all'art. 17, n. 1, della medesima, mentre è evidente che quest'ultima disposizione concerne attività che non hanno alcun rapporto con quelle svolte da un medico durante servizi di guardia effettuati secondo il regime della presenza fisica in ospedale.

84.

E' vero che l'art. 18, n. 1, lett. b), i), della direttiva 93/104 prevede che gli Stati membri hanno la facoltà di non applicare il detto articolo 6, purché rispettino i principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori e a condizione di soddisfare un certo numero di requisiti cumulativi elencati nella detta disposizione.

85.

Tuttavia, come esplicitamente confermato dal governo tedesco all'udienza, è pacifico che la Repubblica federale di Germania non ha utilizzato tale possibilità di deroga.

86.

In terzo luogo. l'art. 3 della direttiva 93/104 è, per contro, menzionato in più paragrafi dell'art. 17 di quest'ultima e, in particolare, al n. 2, punto 2.1, disposizione pertinente nella causa principale, dato che esso riguarda, alle lett. c), i), «le attività caratterizzate dalla necessità di assicurare la continuità del servizio (...), in particolare, quando si tratta (...) di servizi relativi all'accettazione, al trattamento e/o alle cure prestati da ospedali o stabilimenti analoghi (...)».

87.

Le peculiarità proprie dell'organizzazione delle unità di servizio di guardia presso gli ospedali o stabilimenti analoghi sono pertanto riconosciute dalle direttiva 93/104, in quanto essa prevede, all'art. 17, talune possibilità di deroga che le riguardano.

88.

Così la Corte ha ritenuto, al punto 45 della citata sentenza Simap, che l'attività dei medici delle unità di pronto soccorso può rientrare fra le deroghe previste da detto articolo, nei limiti in cui siano soddisfatte le condizioni ivi elencate (v. ordinanza CIG, cit., punto 31).

89.

Occorre osservare a tale proposito che, in quanto eccezioni al sistema comunitario in materia di organizzazione dell'orario di lavoro attuato dalla direttiva 93/104, le deroghe previste all'art. 17 di quest'ultima devono essere interpretate in modo che la loro portata sia limitata a quanto strettamente necessario alla tutela degli interessi che tali deroghe permettono di proteggere.

90.

Inoltre, ai termini stessi dell'art. 17, n. 2, della direttiva 93/104, l'applicazione di una deroga del genere, in particolare per quanto riguarda la durata del riposo giornaliero previsto all'art. 3 di tale direttiva, è espressamente subordinata alla condizione che ai lavoratori interessati siano accordati periodi equivalenti di riposo compensativo o, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per motivi oggettivi, a condizione che ai detti lavoratori sia accordata una protezione appropriata. A norma del n. 3 del detto art. 17, le stesse condizioni si applicano in caso di deroga al detto art. 3 mediante contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali a livello nazionale o regionale o, conformemente alle regole fissate da dette parti sociali, mediante contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali ad un livello inferiore.

91.

Orbene, da un lato, come già rilevato al punto 81 della presente sentenza, l'art. 17 della direttiva 93/104 non consente di derogare alle definizioni delle nozioni di «orario di lavoro» e di «periodo di riposo» di cui all'art. 2 di tale direttiva, calcolando come riposo i periodi di inattività di un medico che è tenuto ad effettuare il proprio servizio di guardia presso l'ospedale, mentre periodi del genere vanno considerati facenti interamente parte dell'orario di lavoro ai sensi della detta direttiva.

92.

Dall'altro, occorre ricordare che la direttiva 93/104 ha lo scopo di proteggere in modo efficace la sicurezza e la salute dei lavoratori. Tenuto conto di tale obiettivo sostanziale, ogni lavoratore deve in particolare beneficiare di periodi di riposo adeguati che, oltre ad essere effettivi, consentendo alle persone interessate di recuperare la fatica dovuta al lavoro, devono anche rivestire un carattere preventivo tale da ridurre il più possibile il rischio di alterazione della sicurezza e della salute dei lavoratori che l'accumulo di periodi di lavoro senza il necessario riposo può rappresentare.

93.

A tale proposito, risulta dal punto 15 della citata sentenza Regno Unito/Consiglio che le nozioni di «sicurezza» e «salute» ai sensi dell'art. 118 A del Trattato, su cui si fonda la direttiva 93/104, devono ottenere un'interpretazione ampia come riguardanti tutti i fattori, fisici e di altra natura, in grado di incidere sulla salute e sulla sicurezza del lavoratore nel suo ambiente di lavoro e, in particolare, taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro. Allo stesso punto della detta sentenza, la Corte ha dichiarato, inoltre, che una siffatta interpretazione è avvalorata dal preambolo della costituzione dell'Organizzazione mondiale della Sanità, alla quale appartengono tutti gli Stati membri, che definisce la salute come uno stato completo di benessere fisico, mentale e sociale e non come uno stato che consiste nella sola assenza di malattie o infermità.

94.

Risulta da quanto precede che «equivalenti periodi di riposo compensativo» ai sensi dell'art. 17, nn. 2 e 3, della direttiva 93/104, per poter essere conformi sia a tali definizioni sia all'obiettivo di tale direttiva come precisato al punto 92 della presente sentenza, devono caratterizzarsi per il fatto che il lavoratore, durante tali periodi, non è soggetto, nei confronti del suo datore di lavoro, ad alcun obbligo che gli possa impedire di dedicarsi, liberamente e senza interruzioni, ai suoi propri interessi al fine di neutralizzare gli effetti del lavoro sulla sicurezza e la salute dell'interessato. Inoltre periodi di riposo del genere devono essere immediatamente successivi all'orario di lavoro che sono intesi a compensare, al fine di evitare uno stato di fatica o di sovraccarico del lavoratore dovuti all'accumulo di periodi di lavoro consecutivi.

95.

Per poter garantire un'efficace tutela della sicurezza e della salute del lavoratore deve pertanto essere prevista, di regola, un'alternanza di un periodo di lavoro e di un periodo di riposo. Infatti, per potersi effettivamente riposare, il lavoratore deve beneficiare della possibilità di sottrarsi al suo ambiente di lavoro per un certo numero di ore che non solo devono essere consecutive ma anche venire subito dopo un periodo di lavoro, per consentire all'interessato di rilassarsi e di smaltire la fatica connessa all'esercizio delle proprie funzioni. Tale esigenza risulta ancor più necessaria quando, in deroga alla regola generale, l'orario di lavoro normale giornaliero è prolungato dallo svolgimento di un servizio di guardia.

96.

Per contro, una serie di periodi di lavoro svolti senza che, fra di essi, sia intercalato il tempo di riposo necessario può, eventualmente, provocare un danno al lavoratore o quantomeno rischia di oltrepassare le capacità fisiche di quest'ultimo, mettendo così in pericolo la sua salute e la sua sicurezza, per cui un periodo di riposo concesso dopo detti periodi non è in grado di garantire correttamente la protezione degli interessi in questione. Come constatato al punto 70 della presente sentenza, tale rischio è ancor più reale quando si tratta del servizio di guardia svolto da un medico presso un centro sanitario, a fortiori quando un servizio del genere si aggiunge all'orario di lavoro normale.

97.

Ciò premesso, l'orario di lavoro giornaliero che, a norma dell'art. 17 della direttiva 93/104, gli Stati membri o le parti sociali possono prevedere di aumentare, riducendo la durata del riposo concesso al lavoratore nel corso di una data giornata di lavoro, in particolare nei servizi presso gli ospedali e gli stabilimenti analoghi, in linea di principio dev'essere compensato dalla concessione di analoghi periodi di riposo compensativo, costituiti da un numero di ore consecutive corrispondenti alla riduzione praticata e di cui il lavoratore deve beneficiare prima di cominciare il periodo lavorativo seguente. Come regola generale, il fatto di concedere periodi di riposo del genere solo «successivamente», senza più una diretta connessione con il periodo di lavoro prolungato dallo svolgimento di ore straordinarie, non tiene adeguatamente in considerazione la necessità di rispettare i principi generali di tutela di sicurezza e della salute dei lavoratori, i quali costituiscono il fondamento del sistema comunitario di organizzazione dell'orario di lavoro.

98.

Infatti, solo in circostanze del tutto eccezionali l'art. 17 consente che al lavoratore possa essere concessa una «diversa protezione appropriata», quando la concessione di periodi equivalenti di riposo compensativo non è possibile per ragioni oggettive.

99.

Orbene, nel caso di specie, non si sostiene né si afferma affatto che una normativa come quella contestata nella causa principale può rientrare in uno di tali casi specifici.

100.

Per giunta, la riduzione del periodo di riposo giornaliero di 11 ore consecutive, autorizzata dalla direttiva 93/104 in talune circostanze e nel rispetto di varie condizioni, non può, in nessun caso, provocare il superamento della durata massima settimanale di lavoro, come fissata all'art. 6 della medesima direttiva, imponendo a un lavoratore di esercitare la sua attività per più di 48 ore in media, comprese le ore di straordinario, nel corso di ciascun periodo di sette giorni, anche se questo include servizi di guardia che comprendono periodi in cui il lavoratore, benché a disposizione sul luogo di lavoro, non svolge attività professionali effettive.

101.

Infatti, come rilevato al punto 83 della presente sentenza, l'art. 17 non consente di derogare all'art. 6 per attività come quelle in esame nella causa principale.

102.

Tenuto conto degli sviluppi che precedono, occorre concludere che disposizioni nazionali come quelle previste agli artt. 5, n. 3, e 7, n. 2, primo comma, dell'ArbZG non possono rientrare fra le possibilità di deroga previste dalla direttiva 93/104.

103.

Alla luce di quanto sopra, occorre risolvere la terza e la quarta questione dichiarando che la direttiva 93/104 va interpretata nel senso che:

- in circostanze come quelle della causa principale, essa osta alla normativa di uno Stato membro la quale, riguardo al servizio di guardia svolto secondo il regime della presenza fisica in ospedale, produce l'effetto di consentire, eventualmente mediante contratto collettivo o accordo aziendale basato su un tale contratto, una compensazione soltanto dei periodi di servizio di guardia durante i quali il lavoratore ha effettivamente svolto un'attività professionale;

- per poter rientrare fra le disposizioni derogatorie elencate all'art. 17, n. 2, punto 2.1, lett. c), i) di tale direttiva, una riduzione del periodo di riposo giornaliero di 11 ore consecutive, mediante effettuazione di un servizio di guardia che si somma all'orario di lavoro normale, è subordinata alla condizione che ai lavoratori interessati vengano concessi equivalenti periodi di riposo compensativo immediatamente dopo i periodi di lavoro corrispondenti;

- inoltre, una riduzione del genere del periodo di riposo giornaliero non può in nessun caso comportare un superamento della durata massima settimanale di lavoro prevista all'art. 6 della detta direttiva.

Sulle spese

104.

Le spese sostenute dai governi tedesco, danese, francese, dei Paesi Bassi e del Regno Unito nonché dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Per questi motivi,

LA CORTE

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Landesarbeitsgericht Schleswig-Holstein, con ordinanza 12 marzo 2002, modificata con ordinanza 25 marzo seguente, dichiara:

1) La direttiva del Consiglio 23 novembre 1993, 93/104/CE, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro va interpretata nel senso che un servizio di guardia («Bereitschaftsdienst») che un medico svolge secondo il regime della presenza fisica in ospedale va considerato come rientrante interamente nell'orario di lavoro a norma della detta direttiva, anche qualora all'interessato sia consentito riposare sul luogo di lavoro durante i periodi in cui non è richiesta la sua opera, sicché la medesima direttiva osta alla normativa di uno Stato membro che qualifichi come periodi di riposo i periodi di inattività del lavoratore durante un tale servizio di guardia.

2) La direttiva 93/104 va altresì interpretata nel senso che:

- in circostanze come quelle della causa principale, essa osta alla normativa di uno Stato membro la quale, riguardo al servizio di guardia svolto secondo il regime della presenza fisica in ospedale, produce l'effetto di consentire, eventualmente mediante contratto collettivo o accordo aziendale basato su un tale contratto, una compensazione soltanto dei periodi di servizio di guardia durante i quali il lavoratore ha effettivamente svolto un'attività professionale;

- per poter rientrare fra le disposizioni derogatorie elencate all'art. 17, n. 2, punto 2.1, lett. c), i) di tale direttiva, una riduzione del periodo di riposo giornaliero di 11 ore consecutive, mediante effettuazione di un servizio di guardia che si somma all'orario di lavoro normale, è subordinata alla condizione che ai lavoratori interessati vengano concessi equivalenti periodi di riposo compensativo immediatamente dopo i periodi di lavoro corrispondenti;

- inoltre, una riduzione del genere del periodo di riposo giornaliero non può in nessun caso comportare un superamento della durata massima settimanale di lavoro prevista all'art. 6 della detta direttiva.

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 9 settembre 2003.

Il cancelliere

Il presidente

R. Grass

G.C. Rodríguez Iglesias