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Alberto D’Argenzio, Hello Mr. Frankenstein, Il Manifesto, 30 gennaio 2005
La partita sulla direttiva Bolkestein per la liberalizzazione dei servizi entra nel vivo. Mercoledì il presidente della Commissione europea José Manuel Durao Barroso presenterà le sue «linee guida» per rafforzare il mercato interno dell'Unione, e tra queste linee una posizione di primo piano spetta proprio alla normativa comunitaria che prende il nome dell'ex commissario olandese Frits Bolkestein, approvata dal gabinetto Prodi il 13 gennaio del 2004. Ma non si tratta di una direttiva qualsiasi: la Bolkestein è infatti ormai diventata uno dei processi legislativi più controversi dell'Unione, un parto del liberismo tanto in voga in Europa, quindi il terreno su cui si gioca il futuro dei servizi nel continente e più in generale l'approccio economico nella Ue. Anche per questo la mobilitazione sta aumentando, spinta da sindacati (non tutti), associazioni e movimenti del vecchio continente riuniti sotto la sigla Stop Bolkestein (www.stopbolkestein.org). Il prossimo appuntamento importante è la manifestazione europea di Bruxelles del 19 marzo, sul collo del vertice dei capi di stato e di governo del 22. A parole la direttiva mira a «diminuire la burocrazia e i vincoli alla competitività nei servizi per il mercato interno», nella pratica l'obiettivo è quello di portare la libera concorrenza e le privatizzazioni in tutte le attività di servizio. La liberalizzazione pensata da Bruxelles vuole spingersi fino ai servizi pubblici, dalla sanità ai servizi sociali, dalla cultura all'istruzione. L'operazione viene condotta equiparando i servizi alle merci e limitando la capacità di intervento degli stati e degli enti regionali o locali, che perdono così ulteriori canali di controllo politico sull'attività economica e sul sociale. L'effetto sarà quello di erodere il welfare pubblico a tutto vantaggio dei sistemi privati e di abbandonare la cultura alle mani del mercato. La Bolkestein prevede inoltre il «principio del paese di origine» per cui un prestatore di servizi sarà soggetto alla legislazione del paese in cui risiede legalmente e non più anche a quella del paese in cui presta il servizio. Il risultato sarà la delocalizzazione delle imprese verso paesi in cui le normative sul lavoro e la protezione sociale sono meno gravose, con l'effetto di limitare i diritti dei lavoratori e peggiorare le condizioni d'uso dei servizi. L'assurdo è che in Europa manca ancora un'armonizzazione decente sul lavoro e la protezione sociale - che avrebbe almeno potuto diminuire l'impatto distorcente della direttiva. Al momento la Bolkestein è in discussione alla commissione Mercato interno del parlamento europeo. Già giovedì scorso, alla presentazione del programma della Commissione il gruppo comunista ha duramente criticato la volontà dell'esecutivo comunitario di portare fino in fondo la direttiva, che però gode dei favori dei popolari e dei liberali. Così, una volta terminato l'iter parlamentare, la direttiva dovrebbe finire nell'agenda dei governi riuniti in un Consiglio sulla concorrenza previsto entro la fine del 2005, per venire approvata quest'anno ed entrare quindi in vigore nel 2007. Questo almeno è il calendario che si augura Barroso. La discussione tra i ministri dei 25 avverrà nel secondo semestre di quest'anno, sotto presidenza britannica. E giusto dal Regno unito si sono levate voci di un possibile parziale ridimensionamento della direttiva. La British Medical Association, Bma, ha infatti affermato questa settimana che la Commissione potrebbe vedersi costretta a escludere dalla direttiva i servizi sanitari. Secondo la Bma sia il parlamento europeo che la maggioranza degli stati membri sarebbero d'accordo su questa esenzione, cui invece si oppone con decisione l'Olanda, sostenitrice della Bolkestein pura e dura. Ma anche alleggerita della sanità, la direttiva rappresenta un pericolo enorme per la società europea. A dimostrazione dell'importanza cruciale della discussione, il Financial Times ha evidenziato giovedì come la Bolkestein stia rendendo più duro il clima attorno al referendum francese sulla Costituzione europea. Ugualmente, la mobilitazione sta crescendo in Belgio, nei sindacati europei dell'edilizia, nei paesi nordici. L'obiettivo è quello di non farla passare inosservata, di non farla passare.
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