Bruxelles, 22 ottobre 2004



P A R E R E
del Comitato delle regioni
del 30 settembre 2004

in merito alla

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio
relativa ai servizi nel mercato interno

COM(2004) 2 def. – 2004/0001 (COD)



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IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai servizi nel mercato interno (COM(2004) 2 def. - 2004/0001 (COD)),

vista la decisione del Consiglio del 20 febbraio 2004, di consultarlo a norma dell'articolo 265, paragrafo 1, e degli articoli 71 e 80 del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la decisione del proprio Presidente, del 5 aprile 2004, di incaricare la commissione Politica economica e sociale di elaborare un parere sull'argomento,

vista la comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo "Una strategia per il mercato interno dei servizi" (COM(2000) 888 def.),

visto il proprio parere in merito alla comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo "Una strategia per il mercato interno dei servizi" (CdR 134/2001 fin, del 13 giugno 2001) [footnote1: GU C 357 del 14.12.2001, pag. 65.],

vista la relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo "Lo stato del mercato interno dei servizi" (COM(2002) 441 def.),

visto il proprio progetto di parere (CdR 154/2004) adottato il 6 luglio 2004 dalla commissione Politica economica e sociale (relatore: Schröter, presidente della commissione per gli affari europei e federali del Parlamento del Land Turingia (DE/PPE)) (CdR 154/2004 riv. 1),

considerando quanto segue:

1) I servizi svolgono un ruolo chiave per l'economia dell'Unione europea.

2) Il settore dei servizi dispone di un considerevole potenziale di crescita e di occupazione che però, per una serie di ostacoli che si frappongono al suo sviluppo, finora non si è riusciti a sfruttare appieno,

ha adottato il seguente parere in data 30 settembre 2004, nel corso della 56a sessione plenaria.


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Osservazioni e raccomandazioni del Comitato delle regioni

Osservazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

accoglie con favore la proposta della Commissione per una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai servizi nel mercato interno, finalizzata a eliminare gli ostacoli che continuano a frapporsi alla realizzazione di un vero mercato interno dei servizi nell'UE;

sottolinea che per raggiungere l'obiettivo fissato dal Consiglio europeo di Lisbona, cioè rendere l'UE entro il 2010 lo spazio economico basato sulla conoscenza più competitivo e dinamico del mondo, è anche indispensabile completare la realizzazione di un vero e proprio mercato interno dei servizi;

rinvia alla relazione "Lo stato del mercato interno dei servizi", in cui si afferma che a dieci anni da quello che avrebbe dovuto essere il completamento del mercato interno, si registra ancora un grosso divario tra la visione di un'Europa economica integrata e la realtà vissuta dai cittadini e dagli operatori di servizi europei;

sostiene l'obiettivo di creare un quadro giuridico in grado di abbattere le barriere e gli ostacoli che ancora si frappongono alla libertà di stabilimento dei prestatori di servizi e alla libera circolazione dei servizi tra gli Stati membri. Tale quadro dovrebbe inoltre conferire, tanto ai fornitori quanto ai beneficiari dei servizi, la certezza giuridica di cui essi necessitano per garantire in maniera efficace il rispetto delle due libertà fondamentali di stabilimento e di circolazione dei servizi;

considera appropriato che la direttiva si richiami in sostanza al principio del paese di origine, in base al quale i prestatori di servizi sono soggetti anzitutto alla legislazione dello Stato membro in cui sono stabiliti. Questo principio si basa su un livello di tutela comparabile nei singoli Stati membri, cioè sulla premessa che le norme in materia di salute e di diritti dei consumatori e altri standard di sicurezza siano generalmente raffrontabili. Si tratta in sostanza della trasposizione del principio del riconoscimento reciproco, che costituisce una colonna portante del mercato interno nell'ambito della libera circolazione delle merci, al settore dei servizi;

ritiene importante che i prestatori di servizi abbiano così la possibilità di accedere ai mercati di altri Stati membri in base a condizioni che sono loro familiari;

rileva tuttavia che nella proposta di direttiva non vengono definiti chiaramente né la portata né il campo di applicazione del principio del paese di origine. L’applicazione di tale principio comporterebbe dei problemi soprattutto per quanto riguarda i servizi sociali e quelli sanitari, il cui controllo dovrà quindi essere effettuato sempre in conformità della legislazione dello Stato membro di destinazione, da parte delle autorità di tale Stato;

ritiene sensate, in linea di principio, le proposte relative alla semplificazione amministrativa. Invero, la prevista razionalizzazione delle procedure e il disbrigo delle stesse per via elettronica sono tutte misure indispensabili ai fini della creazione di un libero mercato dei servizi;

giudica estremamente importante che la direttiva preveda un'attività di informazione e di comunicazione reciproca, tanto per consentire ai prestatori di servizi un effettivo accesso al mercato interno, quanto per far sì che i beneficiari possano usufruire senza rischi dei servizi forniti su tutto il territorio comunitario;

apprezza che la proposta di direttiva si fondi sulla fiducia e sul sostegno reciproco fra gli Stati membri e che a questo proposito preveda tra l'altro una verifica comune della compatibilità delle norme vigenti con l'obiettivo di creare un libero mercato nel settore dei servizi.

Raccomandazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

condivide l'approccio orizzontale della direttiva quadro, grazie al quale gli Stati membri potranno evitare di definire norme particolareggiate o di armonizzare tutte le loro disposizioni in materia;

sottolinea però che tale approccio comporta il rischio di sovrapposizioni con norme comunitarie già vigenti per altri settori;

apprezza quindi che la direttiva preveda una serie di deroghe al proprio ambito di applicazione, al fine di evitare tali sovrapposizioni. Le deroghe riguardano i servizi finanziari, i servizi e le reti di comunicazione elettronica nelle materie disciplinate dal cosiddetto "pacchetto telecom", nonché i servizi di trasporto. Espressamente esclusi sono anche il settore fiscale e tutte le attività legate all’esercizio dei pubblici poteri;

osserva tuttavia che, tenuto conto delle finalità della direttiva, se ne potrebbe prevedere l'applicazione cumulativa con gli altri atti comunitari già vigenti in materia;

di conseguenza, teme che ciò possa portare a eludere le attuali norme settoriali, giacché in pratica la direttiva proposta potrà sempre applicarsi ai casi per i quali le disposizioni particolari non prevedono norme specifiche. Nei casi di incertezza, bisogna partire dal principio che le regolamentazioni settoriali disciplinano i relativi ambiti in misura esauriente e che tralasciano deliberatamente di occuparsi di certe questioni;

esorta quindi a escludere a chiare lettere la possibilità di un'applicazione cumulativa della direttiva nei settori già disciplinati da normative specifiche e conclusive. Bisogna impedire infatti che la direttiva crei norme nuove e integrative in tali settori;

riconosce che le previste deroghe generali al principio del paese d'origine siano intese a garantire la coerenza con gli atti giuridici già vigenti in materia. Il principio del paese d'origine è escluso per quelle fattispecie che formano oggetto di regolamentazioni specifiche già in vigore o previste, per esempio i servizi postali, i servizi di distribuzione di energia elettrica, gas e acqua, il distacco dei lavoratori, il trasporto di rifiuti, il riconoscimento delle qualifiche professionali e i regimi di autorizzazione riguardo al rimborso delle cure ospedaliere;

osserva che il principio del paese di origine può finire per penalizzare gli imprenditori e i consumatori onesti, giacché consente di aggirare gli elevati standard nazionali relativi alle qualifiche professionali o alla qualità dei servizi prestati. Pertanto, bisogna impedire che lo si utilizzi solo per eludere disposizioni nazionali applicabili a determinati interventi economici;

attira inoltre l'attenzione sul fatto che la proposta di direttiva non fa alcun riferimento alla direttiva attualmente in esame sulle condizioni di lavoro dei lavoratori temporanei (COM(2002) 149);

osserva tuttavia che la direttiva, pur escludendo l'applicabilità a tali settori, allo stesso tempo prevede per essi norme parzialmente integrative e concorrenti. Ciò riguarda in particolare il riconoscimento delle qualifiche professionali (ambito in cui la direttiva introduce norme sulle assicurazioni e le garanzie professionali e le comunicazioni commerciali), il distacco dei lavoratori (per il quale si prevedono disposizioni aggiuntive che vanno al di là della semplice regolamentazione delle procedure amministrative) e il rimborso delle cure sanitarie (ambito nel quale si prevedono disposizioni aggiuntive);

teme che ciò possa condurre a una moltitudine di disposizioni concorrenti e a una mancanza di trasparenza;

invita quindi a inserire fra le disposizioni specifiche anche le norme della direttiva suscettibili di essere adottate nell'ambito di regolamentazioni specifiche già in vigore o previste. Si impedirà così che, nell'ambito di future consultazioni, i dibattiti a livello settoriale possano essere ricondotti alla direttiva in esame. Come mostrano i negoziati condotti finora, per alcune materie il rischio che ciò avvenga è tangibile;

ritiene che il problema del concorso-conflitto rispetto alle norme specifiche si ponga soprattutto in relazione alle norme proposte sul distacco dei lavoratori;

osserva che in questo contesto, oltre alle norme procedurali e di competenza - in deroga al principio del paese di origine, è lo Stato membro di destinazione a essere dichiarato competente - la direttiva adotta anche altre norme di contenuto direttamente collegate alla vigente direttiva sul distacco dei lavoratori nel quadro di una prestazione di servizi, norme tali da integrare tale direttiva o da entrare in concorso-conflitto con essa. Vengono poi prescritte o delimitate le misure di controllo ed esame che i singoli Stati membri sono autorizzati ad adottare. Per quanto l'art. 17, par. 5 della proposta di direttiva preveda una deroga al principio del paese di origine per la direttiva sul distacco dei lavoratori, il Comitato è convinto che il divieto - ex art. 24 della stessa proposta - di imporre qualsiasi obbligo al lavoratore distaccato riduca tale deroga ad absurdum. Infatti, non è dato comprendere in che modo il paese di origine possa essere informato di eventuali infrazioni commesse nel paese di destinazione, e quest'ultimo dal canto suo non può esercitare alcun controllo né imporre sanzioni. Ad ogni modo, anche ammesso che questa possibilità esistesse, resterebbe da appurare come possa il paese di origine intervenire in uno Stato straniero in cui non detiene alcun diritto di sovranità;

rileva che in questo modo si rischia di pregiudicare l'efficacia dei controlli e che le norme della direttiva proposta andrebbero direttamente a interferire con il disposto della direttiva sul distacco dei lavoratori nel quadro di una prestazione di servizi;

reputa quindi opportuno introdurre anche in questa direttiva disposizioni sugli esami e sui controlli che siano conformi alla direttiva sul distacco dei lavoratori nel quadro di una prestazione di servizi, qualora dovesse rendersi davvero necessario regolamentare tale materia;

ritiene che il testo della direttiva non chiarisca a sufficienza entro quale misura quest'ultima sarà applicabile al settore particolarmente delicato dei servizi di interesse economico generale. È riconosciuto che spetta alle competenti autorità nazionali, regionali o locali definire, organizzare, finanziare e sorvegliare le prestazioni di servizi di pubblico interesse;

sottolinea che l’inserimento dei servizi di interesse economico generale nel campo di applicazione della direttiva sui servizi e l’obiettivo così perseguito di sviluppare il mercato comune interno e di garantire uno spazio senza barriere anche per i servizi di interesse economico generale limiterebbero notevolmente l’autonomia di intervento delle autorità nazionali, regionali e locali competenti;

accoglie quindi con favore la posizione espressa dalla Commissione nei dibattiti svolti finora, secondo cui la direttiva non riguarda in alcun modo la specifica situazione dei servizi di interesse generale, né tanto meno punta alla liberalizzazione del mercato o all'abbattimento dei monopoli;

constata però che finora questa posizione non trova alcun riscontro nella direttiva stessa;

chiede pertanto di porre rimedio a tale situazione ed escludere completamente i servizi di interesse generale dal campo di applicazione della direttiva (e non solo, seppure in parte, dalla portata del principio del paese di origine), per prevenire ogni eventuale discussione nella successiva fase di attuazione ed evitare di dover armonizzare rapidamente il settore attraverso appositi regolamenti comunitari. Una tale operazione rispecchierebbe peraltro anche la posizione espressa dalla Commissione nel recente Libro bianco sui servizi di interesse generale;

sottolinea, a questo proposito, la necessità di rivolgere particolare attenzione a settori sensibili come la sanità e la sicurezza sociale;

propone che anche questo settore dei servizi di interesse generale venga espressamente escluso dal campo di applicazione della direttiva. Ciò corrisponderebbe anche all'intenzione - annunciata dalla Commissione nel recente Libro bianco sui servizi di interesse generale - di presentare nel 2005 una comunicazione specifica sui servizi sociali e sanitari, vista la loro particolare importanza e peculiarità;

nota che anche in questo settore la proposta di direttiva introdurrà nuove norme concorrenti con quelle già in vigore;

propone quindi che gli eventuali adeguamenti ritenuti opportuni ai fini dell'applicazione della giurisprudenza della Corte europea di giustizia vengano regolamentati al livello delle disposizioni specifiche, e quindi che le disposizioni dell’articolo 23 della proposta sui servizi vengano soppresse;

ritiene inoltre auspicabile ai fini di una migliore leggibilità che, ogniqualvolta la direttiva faccia riferimento ad altre normative, il titolo di queste ultime venga indicato espressamente;

sottolinea la particolare importanza del ruolo che spetterà agli enti e alle autorità regionali e locali nel quadro dell'attuazione della direttiva, nonché le enormi sfide cui tali organi dovranno far fronte;

reputa che finora non si sia tenuto sufficientemente conto dell'impatto che l'attuazione della direttiva avrà per gli enti e per le autorità regionali e locali. Per quanto infatti la direttiva si rivolga ai singoli Stati membri, essa incide soprattutto sugli organi regionali e locali responsabili della sua applicazione pratica;

fa osservare che a questo riguardo potrebbero sorgere conflitti di competenza nella misura in cui l'attuazione della direttiva a livello regionale e locale presuppone nuove strutture, una procedura amministrativa unica o una collaborazione orizzontale. Pertanto, disposizioni come quella secondo cui "l'autorizzazione deve permettere al prestatore di accedere all’attività di servizio o di esercitarla su tutto il territorio nazionale" (art. 10, par. 4) o quella relativa alla creazione di sportelli unici presso i quali ogni prestatore deve poter espletare tutte le formalità e le procedure necessarie per esercitare un'attività di servizio (art. 6) sono ad esempio contrarie ai principi costituzionali negli Stati dotati di un assetto federale. Il Comitato ricorda che, stando al Trattato costituzionale, l'Unione rispetta l'identità nazionale degli Stati membri legata alla loro struttura fondamentale, politica e costituzionale;

teme che nel campo di applicazione della direttiva finiscano per ricadere tutte le procedure nazionali di autorizzazione e che, per poter essere mantenute, esse debbano essere rivedute o al limite cancellate o adattate, ma in ogni caso semplificate. Tali ingerenze massicce nelle norme procedurali degli Stati membri appaiono eccessive; pertanto, bisognerà precisare che nel campo di applicazione della direttiva rientrano solo quelle procedure di autorizzazione direttamente legate all'avvio di un'attività economica. Tutte le procedure, anche quelle non riguardanti le attività economiche, previste dall'ordinamento giuridico per tutelare esigenze imprescindibili di interesse generale sono quindi da escludere dal campo di applicazione;

esprime il timore che l'attuazione della direttiva a livello regionale e locale possa incidere negativamente sulle misure di deregolamentazione e sugli sforzi di semplificazione amministrativa;

richiama l'attenzione sul fatto che l'attuazione della direttiva al livello regionale e locale richiederà risorse aggiuntive non prevedibili sul piano umano e finanziario, in particolare per quanto attiene alla cooperazione transfrontaliera, allo scambio di informazioni per via informatica, alla determinazione e al coordinamento dello sportello unico, alla verifica della compatibilità delle norme vigenti con gli obiettivi della direttiva e anche alla reciproca valutazione ex post delle misure nazionali;

constata che la Commissione non si è pronunciata in alcun modo sugli oneri - soprattutto finanziari - legati all'attuazione della direttiva. Solo l'impatto finanziario per la stessa Commissione è stato quantificato finora a circa 3,4 milioni di euro;

esorta a effettuare calcoli corrispondenti anche riguardo all'incidenza nei singoli Stati membri;

reputa indispensabile prevedere un sostegno o una compensazione per un periodo transitorio. Solo attraverso tale tipo di aiuti nei confronti dei livelli regionali e locali si potrà procedere speditamente alla voluta semplificazione delle procedure transfrontaliere. Bisognerà in ogni caso evitare di gravare gli organi regionali e comunali di eccessive incombenze pratiche;

è inoltre consapevole dei problemi di gestione corrente che potrebbero sorgere a questo riguardo per gli enti e le autorità regionali e locali: ad esempio, difficoltà di ordine linguistico nella comunicazione con le autorità o i prestatori di servizi di altri Stati membri o ancora nel riconoscimento di certificati, attestati o altri documenti rilasciati ai prestatori di servizi in un altro Stato membro e quindi in una lingua diversa. Altrettanto dicasi per il disbrigo delle procedure per via elettronica;

ritiene quindi necessario che anche questi problemi pratici siano tenuti nella debita considerazione almeno in via transitoria, ad esempio evitando quanto meno di esigere traduzioni giurate dei documenti;

prevede che altri problemi sorgeranno in rapporto alle misure sulla garanzia della qualità dei servizi e soprattutto sul controllo e sulla sorveglianza dei prestatori di servizi. È da temere che, in virtù del principio del paese di origine, la possibilità di procedere contro i comportamenti illeciti di prestatori stabiliti in un diverso Stato membro venga circoscritta alla reciproca assistenza transfrontaliera, il che comporterebbe il rischio di ritardi inopportuni;

apprezza che la direttiva preveda numerose norme in materia di sostegno reciproco per ovviare a tali pericoli;

esorta la Commissione affinché, al momento di adottare - di concerto con l'apposito comitato - le necessarie misure complementari in materia di controllo, tenga in debita considerazione anche gli interessi degli enti regionali e locali. Qualora nel corso della successiva attuazione della direttiva dovessero emergere nuovi problemi non attualmente prevedibili in materia di controlli, anche essi dovranno essere risolti in modo adeguato e concreto;

rileva che anche le organizzazioni professionali potrebbero trovarsi di fronte a problemi analoghi a quelli indicati per le amministrazioni statali, specie per quanto attiene ai controlli sui prestatori di servizi stabiliti sul loro territorio di competenza, ma operanti in un altro Stato membro. Pertanto, riguardo all'attuazione della direttiva, le organizzazioni professionali con incarichi pubblici incontreranno le medesime difficoltà ipotizzabili per le autorità statali;

sottolinea la necessità di garantire, al momento dell'attuazione della direttiva, che le organizzazioni professionali possano esercitare anche in futuro e senza restrizioni i loro attuali incarichi. Le odierne modalità di affiliazione obbligatoria impongono ai prestatori di servizi che desiderino stabilirsi in un altro Stato membro di rivolgersi direttamente alle organizzazioni competenti di tale Stato. Pertanto, al momento di creare i cosiddetti sportelli unici sarà importante tenere conto delle responsabilità e delle attribuzioni di competenze attualmente esistenti;

è consapevole a questo riguardo anche delle nuove sfide e dei nuovi compiti che incomberanno alle organizzazioni professionali, soprattutto nella loro prevedibile funzione di sportelli unici o in rapporto all'elaborazione di nuovi codici di condotta a livello comunitario;

esorta quindi gli Stati membri, gli enti regionali e locali e tutti gli interessati ad adoperarsi tempestivamente per venire incontro alle sfide legate all'attuazione della direttiva;

sostiene infine la necessità di evitare ogni atteggiamento difensivo, e di cogliere invece le opportunità che si verranno a creare per i prestatori di servizi e i cittadini nei singoli Stati membri e per l'intero mercato interno.

Bruxelles, 30 settembre 2004.

Il Presidente
del Comitato delle regioni



Peter STRAUB
Il Segretario generale
del Comitato delle regioni


Gerhard STAHL