Contributo della FSESP alla audizione pubblica

sulla proposta per una direttiva sui servizi nel mercato interno

Parlamento Europeo, 11 Novembre 2004

 

La FSESP è una federazione sindacale europea che rappresenta oltre 190 sindacati dei servizi pubblici ai quali sono iscritti  circa 8 milioni di lavoratrici e lavoratori in oltre 33 paesi (UE, paesi candidati e Spazio Economico Europeo). E’ membro della CES. I suoi più importanti settori di attività sono: le Amministrazioni Nazionali ed Europee, le Amministrazioni Regionali e Locali, le Imprese di Utilità Pubblica (elettricità, gas e acqua, rifiuti), Sanità e Servizi Sociali .I seguenti 10 punti definiscono le nostre preoccupazioni principali relativo alla proposta di bozza di direttiva.

 

1.    I cittadini vogliono un’Europa “equilibrata”

L’audizione pubblica sulla proposta di direttiva sui servizi si svolge in un momento chiave per la costruzione dell’Unione Europea. Sarà possibile gestire l’UE allargata mentre si costruisce la dimensione politica, e soprattutto sociale dell’Unione Europea? Oppure l’ideologia della concorrenza a qualsiasi prezzo occulterà ogni altro aspetto? Non è questione d’essere anti-europei, xenofobi, anti-mercato interno, o anti-qualsiasi altra cosa: è questione d’essere a favore dei diritti umani, della giustizia sociale e per un’Europa che si ricolleghi ai suoi cittadini. In questa visione di un’Europa sostenibile, si svilupperanno insieme le politiche sociali, ambientali ed economiche e la concorrenza sarà bilanciata con gli altri valori, principi e standard europei che pure si trovano nel Trattato.

 

2.     Le promesse non sono state mantenute: la proposta di direttiva mette fine al dibattito sui servizi di interesse generale

 

Nel Libro Bianco sui Servizi di Interesse Generale (SIG) la Commissione promise di consultare ampiamente la società civile sulla libertà dei servizi sociali, - i sistemi di protezione sociale, i servizi sanitari, l’ edilizia popolare, l’assistenza a lungo termine, l’istruzione, l’ assistenza sociale – per adempiere le loro responsabilità liberi da una politica che li incateni alla concorrenza. La consultazione deve avvenire prima che la Commissione ed il Consiglio propongano altre misure che influiscano sulla loro operatività. Per primo serve un quadro normativo positivo sui SIG, come richiesto anche dal Parlamento Europeo.

 

L’impatto della proposta di Direttiva sui servizi pubblici è soltanto una delle tante critiche rivolte alla proposta della Commissione. Persino le organizzazioni che hanno prima accolto con entusiasmo la proposta di direttiva sui servizi hanno aggiunto, quasi tutto d’un fiato, un lungo elenco di interrogativi e preoccupazioni. E l’elenco si allunga progressivamente. E’ legittimo chiedere a che punto avranno le preoccupazioni  soppianteranno l’appoggio di principio alla direttiva? Per una direttiva che si fa campione della cause dei gestori dei servizi la risposta delle imprese è stata piuttosto sotto tono, con l’esempio dell’UNICE che nelle sue dichiarazioni iniziali dice “c’è bisogno di un chiarimento su molte questioni” e la richiesta del CBI [1]del Regno Unito di emendare la proposta così “sia chiaro ed esplicito che un prestatore di servizi che opera in un solo Stato membro non sia obbligato a rispondere ai suoi requisiti”.

 

3.    La proposta non è equilibrata

La FSESP ritiene che ci sia poco da guadagnare e molto da perdere in termini di tempo, energia e risorse nel cercare di migliorare una brutta proposta. La Commissione dovrebbe imparare dai suoi sbagli, ritirare la sua proposta e tornare alla progettazione – questa volta consultandosi adeguatamente sugli obiettivi, i mezzi e gli strumenti che vogliono sviluppare relativi ai servizi nel mercato interno.

 

4.    Gli standard dei servizi pubblici, le buone condizioni di lavoro e gli accordi collettivi sono porte, non ostacoli, alla qualità

Quando la Commissione ha svolto il suo studio nel 2002 per identificare gli ostacoli allo scambio transfrontaliero, non fece alcun sforzo per individuare gli ostacoli “buoni” (p.e., quelli a protezione dei lavoratori, dei cittadini e degli utenti o quelli che impediscono la concorrenza sleale) dagli ostacoli “cattivi” (p.e., la burocrazia inutile). Né fu rivolta molta attenzione alle caratteristiche particolari della gestione dei servizi. Le persone sono parte intrinseca dei servizi – e questo rende diversi i servizi dalle merci. Per esempio, il fattore linguistico fu individuato nello studio del 2002 come un ostacolo importante per la fornitura transfrontaliera dei servizi. Comunque, la proposta di direttiva non affronta questo tema molto reale.

 

Piuttosto che lanciare una proposta “fragorosa” nel tentativo di rispettare la scadenza di Lisbona, si dovrebbe trovare un percorso diverso per sviluppare la crescita, l’occupazione e la sostenibilità nella fornitura dei servizi – un percorso che rispecchi un ampio interesse pubblico e non soltanto quello di gruppi particolari. Gran parte della proposta di direttiva si focalizza esclusivamente sugli interessi dei gestori dei servizi e passa come una pressa sugli altri:per esempio, i singoli punti di contatto sono presentati come strumenti per la semplificazione per i gestori dei servizi, niente burocrazia etc. mentre nello stesso tempo i rischi riguardanti l’occupazione. l’ambiente e la mano d’opera rischiano di essere ignorati.

 

5.    La qualità: l’ingrediente mancante

La FSESP, come molte altre organizzazioni, pone molti interrogativi sul modo in cui la direttiva avrà effetto sulla qualità di tutti i servizi, non soltanto su quelli pubblici. Quali saranno gli standard ai quali i gestori transfrontalieri dovranno aderire? Nell’assenza degli standard dell’UE, come saranno mantenuti, tanto più migliorati, i livelli dei servizi erogati agli utenti e ai cittadini? la proposta di direttiva tratta questi argomenti solo di passaggio. Sicuramente i codici di condotta non saranno sufficienti (come ha bene indicato il Parlamento nella richiesta di un codice vincolante in materia di vendita di armi). La FSESP è anche interessata ad un controllo e ad una supervisione efficace dei gestori transfrontalieri nei paesi d’origine. Questo è un’altro argomento che compone la lunga lista delle crescenti preoccupazioni circa il contenuto della direttiva ed il suo impatto.

 

6.    I Servizi di Interesse Generale non devono diventare un ghetto

La Commissione ha detto che la proposta di direttiva non espone i SIG alla concorrenza né influisce sui diritti degli Stati Membri di definire cosa loro considerano essere i SIG e come dovrebbero funzionare. Comunque, se la direttiva conduce gli Stati Membri alla rimozione delle regole che proteggono tali servizi dalla concorrenza e se impedisce loro di programmare il futuro di questi servizi, allora le conseguenze saranno le medesime. La FSESP ritiene che le sfide di fronte all’UE riguardo alle cure sanitarie o alla cura degli anziani siano troppo importanti per essere lasciate al mercato. Le autorità pubbliche devono essere in grado di esercitare il controllo.

 

7.     Non è questione di “economico “ e “non economico”

Non bisogna essere un esperto di diritto (potrebbe essere certamente un vantaggio non esserlo) per sapere che tutte le attività hanno un aspetto economico. Questo non è il punto. Ciò che conta è se queste attività abbiano prevalentemente scopi commerciali o non commerciali. Nell’affermare che la proposta di direttiva non avrà un effetto sui SIG ‘non-economici’, la Commissione alza una cortina di fumo per permettere al mercato interno di estendersi fin che può.

 

8.    I gestori pubblici e privati non sono uguali

La Commissione si dichiara ‘neutrale’ sulla proprietà della gestione del servizio. Questa ‘neutralità’ comunque non è interpretata nel senso della sussidiarietà positiva, p.e., lasciando la decisione dell’organizzazione dei servizi pubblici alle amministrazioni nazionali, agli enti locali ed alle regioni. Piuttosto, la Commissione intende la ‘neutralità’ come ‘trattamento paritario’ assoggettando agli stessi diritti ed obblighi i gestori dei servizi d’interesse generale pubblici e privati. La FSESP respinge fortemente questo concetto di ‘neutralità’. Il settore pubblico non può abdicare dalle sue responsabilità verso i cittadini, laddove gli operatori privati possono sia scegliere, sia limitare le loro. Nella proposta di direttiva la Commissione non è neutrale quando include nell’elenco degli ostacoli alla libertà dei servizi regole che, per esempio, limitano i sussidi pubblici alle organizzazioni no-profit nella sanità o in altri servizi sociali, oppure quando richiede‘test economici’.

 

9.    Le sentenze della Corte di Giustizia Europea non possono essere l’unica fonte d’ispirazione

Mentre si dovrebbero prendere sul serio le sentenze della Corte di Giustizia Europea (e questo dovrebbe essere vero anche per le sentenze Simap, Jaeger e Pfeiffer sull’orario di lavoro) esse non avrebbero dovuto costituire la base principale della bozza di direttiva. Le sentenze sono, và da sé, fondate su casi specifici mentre la proposta di direttiva propone un ampio quadro (de)regolatorio. Nel cercare di rigirare lo specifico nel generale la proposta ha causato un bel po’ di confusione (p.e., le definizioni riguardo ‘istituzione’ o ‘ospedale’ e cura ‘non-ospedaliera’). Inoltre non può fornire risposte a domande importanti (p.e. quando è che si trasforma l’erogazione provvisoria di un servizio trans-frontaliero in uno permanente?).

 

10.                      Sono necessarie la solidarietà e la sussidarietà

Per affrontare le sfide future, serve un approccio europeo positivo sui SIG. Oggi ci sono dibattiti separati che si sovrappongono, sui SIG, sui partenariati pubblico-privati, gli appalti pubblici, le attività in-house, gli aiuti di stato, la bozza di direttiva sui servizi, ecc. Un quadro legislativo sui SIG farebbe convergere tutti questi dibattiti. Assicurerebbe i requisiti comuni di solidarietà nella sanità e nei servizi sociali e fornirebbe la protezione necessaria a lungo termine per la sussidarietà, il diritto alla self-governance locale, e sosterrebbe l’obiettivo di migliorare i servizi pubblici. I principi di parità, costi abbordabili, accessibilità, continuità, efficienza, responsabilità e partecipazione dei cittadini nei servizi pubblici – e l’inclusione di garanzie economiche – sono il punto d’inizio per tale dibattito. E difficile inserire questi principi in una proposta che ha fondamentalmente un’origine diversa ed il cui obiettivo è di avere un impatto deregolatorio.

 

Nonostante le diverse iniziative attualmente sul tappeto che influiscono sui servizi pubblici, non c’è ancora un Commissario o un Consiglio responsabile per i SIG. I SIG rimangono nell’ombra delle politiche comunitarie nonostante siano chiaramente gli obiettivi del mercato interno e della concorrenza. Il documento approvato dal Comitato di Protezione Sociale in preparazione della Comunicazione sui servizi sociali di interesse generale attesa nella prima parte dell’anno prossimo dichiara, “alcuni attori nella sfera sociale hanno espresso la preoccupazione che l’applicazione delle regole del mercato interno e delle regole sulla concorrenza abbia l’effetto di creare incertezza legale... Il presente documento quindi si concentrerà su questi elementi della legge comunitaria...” (p.3).  E da qui che i principi dei servizi pubblici costituiranno il punto di partenza?