SENATO

ASSOCIAZIONE SAMARCANDA

MOZIONE BOLKESTEIN

 

 Il Senato,

 premesso che:

 a fine novembre sarà sottoposta al vaglio del Consiglio dei Ministri Europei una nuova Direttiva in materia di servizi nel mercato interno, approvata all'unanimità della Commissione Europea lo scorso 13 gennaio,  tesa a «ridurre i vincoli alla competitività»;

 tale Direttiva, definita Bolkestein dal nome del Commissario Europeo per la Concorrenza e il Mercato Interno,  stabilisce «un quadro giuridico generale per eliminare gli ostacoli alla libertà di insediamento dei fornitori di servizi e alla libera circolazione dei servizi in seno agli Stati membri»;

 la Direttiva definisce (art. 4) i servizi come segue: «Ogni attività economica che, secondo l'art. 50 del Trattato istitutivo, si occupa della fornitura di una prestazione oggetto di contropartita economica». Chiaramente sono presi in considerazione tutti i servizi eccetto quelli erogati direttamente e gratuitamente dai poteri pubblici;

la nuova definizione dei servizi è molto ampia e apre la strada alla privatizzazione e alla messa in concorrenza di quasi tutte le attività di servizio, compresa la quasi totalità dell'insegnamento, la totalità della sanità e delle attività culturali;

le legislazioni ed i regolamenti nazionali sono considerati dalla Commissione europea «arcaici, obsoleti e in contraddizione con la legislazione europea».Gli "ostacoli" presi di mira dalla Commissione europea sono dunque decisioni che i poteri pubblici hanno preso per evitare che il settore dei servizi diventi una giungla. La Commissione europea intende dunque rimettere in causa «il potere discrezionale delle autorità locali»;

 

allo scopo di eliminare gli ostacoli alla libera circolazione dei servizi, il progetto rinuncia a una pratica consolidata nella costruzione europea, quella dell'armonizzazione. L'armonizzazione viene sostituita dal "principio del Paese d'origine". Secondo questo principio, un fornitore di servizi è sottoposto alla legge del Paese in cui ha sede l'impresa, e non a quella del Paese dove fornisce il servizio. Ci si trova di fronte a un vero e proprio incitamento legale a spostarsi verso i Paesi dove le normative fiscali, sociali e ambientali sono più permissive. Con il "principio del Paese d'origine", la Direttiva viola l'art. 50 del Trattato istitutivo della Comunità europea, secondo cui «il fornitore di servizi può esercitare a titolo temporaneo la sua attività nel Paese in cui fornisce la prestazione alle stesse condizioni che questo Paese pratica alle imprese nazionali»;

il "principio del Paese d'origine" permette di deregolamentare e privatizzare totalmente i servizi che non sono forniti direttamente e gratuitamente dai poteri pubblici consentendo di destrutturare e smantellare il mercato del lavoro nei Paesi in cui è organizzato e protetto. Ciò significa che viene altresì legalizzata l'esportazione di contratti di lavoro peggiori laddove vi sono condizioni contrattuali migliori per i lavoratori e le lavoratrici;

per facilitare la libertà di insediamento, gli Stati dovranno limitare le condizioni poste all'autorizzazione di insediamento di un'attività di servizio. Questo progetto sottrae ai poteri pubblici qualsiasi diritto di indirizzare l'organizzazione dell'attività economica del proprio Paese;

 

la Direttiva non prevede norme particolari per nessun settore dei servizi, tranne che per le cure sanitarie. Un fornitore di cure che si stabilisca in un Paese, non è tenuto a rispettare il sistema di sicurezza sociale del Paese ospite. Ci si trova in presenza della volontà deliberata da parte della Commissione europea di togliere agli Stati il potere di decidere della loro politica sanitaria;

la scomparsa delle restrizioni nazionali all'insediamento apre la strada allo "Stato minimo", e cioè a uno Stato che ha perso il diritto di fare le scelte fondamentali nella politica dell'istruzione, della sanità, della cultura e dell'accesso di tutti ai servizi essenziali.

  

Considerato che:

la direttiva in questione abbasserebbe notevolmente i livelli di tutela dei diritti di lavoratori e lavoratrici ed aprirebbe la strada alla privatizzazione selvaggia di tutti i servizi.

Impegna il governo

 a sostenere un'iniziativa in sede di Consiglio dei Ministri UE volta a promuovere l'espressione di parere negativo sulla Direttiva e la richiesta del suo ritiro presso la Commissione Europea.

  

Sen. Gigi Malabarba

Sen. Cesare Salvi

Sen. Nando Dalla Chiesa

Sen. Antonello Falomi

Sen. Paolo Brutti

Sen. Tommaso Sodano

Sen. Loredana De Petris

Sen. Giancarlo Zancan

Sen. Francesco Martone

Sen. Fiorello Cortiana

Sen. Livio Togni

  

11 novembre 2004