PROPOSTA DI DIRETTIVA RELATIVA AI SERVIZI NEL MERCATO INTERNO
- GLI ASPETTI SOCIALI DELLA MATERIA -

POSIZIONE DI CONFINDUSTRIA

 

OBIETTIVI DELL'INIZIATIVA COMUNITARIA


Il 13 gennaio 2004 la Commissione UE ha presentato una proposta di Direttiva-quadro relativa ai servizi nel mercato interno con l'obiettivo di creare un quadro giuridico in grado di abbattere le barriere e gli ostacoli che ancora si frappongono alla libertà di stabilimento dei prestatori di servizi ed alla libera circolazione di servizi tra gli Stati membri.

Tale quadro vorrebbe inoltre realizzare la certezza giuridica necessaria per garantire, ai fornitori quanto ai beneficiari di servizi, il rispetto delle due libertà fondamentali di stabilimento e di circolazione dei servizi.

La proposta di Direttiva quadro sui servizi nel mercato interno costituisce un elemento importante per migliorare la competitività dei servizi connessi alle imprese. La proposta si inserisce in un programma di riforme economiche adottato dal Consiglio per fare dell'Unione Europea l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e più dinamica del mondo. Da qui l'esigenza di porre in essere una strategia che rimuova gli ostacoli che impediscono la libera circolazione di servizi.

A tal fine la Commissione promuove una "strategia per il mercato interno dei servizi" affinché i servizi possano essere prestati nell'Unione europea con la stessa semplicità con cui vengono prestati all'interno di uno Stato membro. I vantaggi dell'apertura del mercato dei servizi si calcoleranno in termini di crescita della produttività e della competitività, che necessitano di un quadro regolamentare certo non particolarmente restrittivo, ma piuttosto sensibile a processi di apertura e snellimento.

 

CONTENUTI DELL'INIZIATIVA COMUNITARIA


Per creare un vero mercato interno dei servizi, la proposta ha ritenuto opportuno comprendere misure volte a:

1. eliminare gli ostacoli alla libertà di stabilimento: secondo la proposta di Direttiva gli Stati membri si impegnano ad eliminare gli ostacoli superflui che impediscono o scoraggiano gli operatori di altri Stati membri a stabilirsi sul loro territorio.

In tal senso la proposta prevede:

-misure di semplificazione amministrativa, vale a dire l'apertura di sportelli unici presso cui sbrigare tutte le formalità necessarie al prestatore di servizi;
-principi volti al rispetto dei regimi di autorizzazione applicabili alle attività di servizi;
-il divieto di alcuni requisiti giuridici particolarmente restrittivi, sussistenti nelle legislazioni di alcuni Stati membri, di natura discriminatoria;
-l'obbligo di valutare la compatibilità di altre esigenze giuridiche con le condizioni stabilite dalla direttiva.

2. eliminare gli ostacoli alla libera circolazione dei servizi da uno Stato membro ad un altro: per potenziare l'offerta transfrontaliera di servizi, la proposta:

-prevede il "principio del Paese d'origine", secondo cui il prestatore è sottoposto soltanto alla legislazione dello Stato membro di origine.

Tale principio prevede delle deroghe transitorie o generali o deroghe specifiche, alcune giustificate dall'acquis comunitario, previsto dal Paese di destinazione, altre riguardanti aspetti su cui le normative e gli approcci nazionali sono ancora troppo diversi o in discussione;

-precisa il diritto dei destinatari ad utilizzare servizi di altri Stati membri, per evitare che misure restrittive o comportamenti discriminatori adottati da uno Stato membro impediscano di beneficiare di tali servizi;
-stabilisce un meccanismo di assistenza per il destinatario che utilizza il servizio e sviluppa una cooperazione amministrativa volta alla suddivisione dei compiti tra lo Stato membro di origine e lo Stato membro di destinazione;

 

3. realizzare una fiducia reciproca tra Stati membri per facilitare la possibilità di stabilirsi e la libera circolazione dei servizi nell'UE: la proposta auspica
-di armonizzare la legislazione per garantire una protezione equivalente su questioni generali;
-di potenziare l'assistenza reciproca tra le autorità nazionali attraverso la suddivisione dei ruoli tra Stati membri per garantire un efficace controllo dei servizi;
-di sviluppare misure di incoraggiamento sulla qualità dei servizi;
- di incoraggiare le definizioni di codici di comportamento su alcune questioni particolari.

 

IL DISTACCO DEI LAVORATORI



L'iniziativa comunitaria contiene altresì alcune indicazioni con riferimento agli aspetti sociali della materia, ovverosia alle questioni relative al distacco dei lavoratori.

In proposito occorre ricordare che l'articolo 16 stabilisce l'applicazione generalizzata del c. d. "principio del Paese d'origine", secondo il quale un fornitore di servizi ha l'obbligo di sottostare unicamente alla legge del Paese dove ha sede l'impresa, senza dover soddisfare ulteriori norme negli Stati membri ospitanti.

La previsione richiamata prospetta il rischio per il sistema nazionale di una forte competitività sul mercato da parte delle imprese straniere operanti nell'ambito comunitario e stabilite in uno Stato membro, che risulterebbero soggette esclusivamente alla legislazione del Paese di provenienza.

Tuttavia il provvedimento prevede una deroga a tale principio per quanto attiene le materie disciplinate dalla Direttiva comunitaria 96/71/CE inerente il distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi.

In particolare l'articolo 17 prevede "deroghe generali al principio del Paese d'origine" per garantire la coerenza con gli atti giuridici vigenti in materia.

In tale ottica la proposta di Direttiva riconosce, nei confronti della Direttiva sul distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi (Direttiva 96/71/CE), l'applicazione del principio del Paese di ospitante (c. d. Paese membro di distacco) ai fini dell'applicazione delle relative condizioni di lavoro ed occupazione, così derogando al principio del Paese d'origine.

Sempre in tema di distacco l'articolo 24 detta disposizioni specifiche sulla materia, le quali, per taluni versi, vengono a porsi in evidente contrasto con la nostra disciplina di recepimento della Direttiva 96/71/CE. In particolare l'articolo 24, comma 1, lett. a) confligge con l'articolo 4, comma 2, d.lgs. n. 72/02, il quale prevede – in presenza di talune circostanze – che le agenzie di lavoro interinale (stabilite in un altro Stato UE e che forniscono il proprio servizio in Italia) siano previamente autorizzate secondo le regole nazionali.

Nello specifico la norma dispone che l'autorizzazione imposta dalle leggi nazionali non è richiesta alle agenzie per il lavoro straniere (ovvero alle imprese straniere fornitrici di lavoro temporaneo) che dimostrino di operare in forza di un provvedimento amministrativo equivalente, rilasciato dall'autorità competente di uno Stato membro dell'UE diverso dall'Italia.

Si auspica l'eliminazione di tale divieto in quanto l'autorizzazione prevista dal nostro d.lgs. n. 72/02 non rappresenta un ostacolo alla libera circolazione dei servizi, ma è diretta ad offrire garanzie minime di tutela ai lavoratori distaccati dal prestatore di servizi.

Del resto è lo stesso articolo 9 della proposta di Direttiva a far salvi i regimi di autorizzazione giustificati da motivi imperativi di interesse generale (v. articolo. 9 comma 1, lett. b).

Più in generale, Confindustria è dell'opinione che, al di là delle indicazioni contenute nell'articolo 17 (sulle deroghe generali al principio del Paese d'origine), non vi sia la necessità di individuare, con l'articolo 24, ulteriori norme, in materia di distacco dei lavoratori (già disciplinata dalla Direttiva 96/71/CE). Sotto tale profilo, infatti, la proposta di Direttiva in esame appare come una proposta integrativa delle misure già adottate dalla Direttiva 96/71/CE le quali, invece, sono da considerarsi esaustive sotto ogni profilo.

Come anche affermato dalla relatrice al Parlamento UE, E. M. Van Lancker, nel documento di lavoro del 25 marzo 2004,"il settore del lavoro temporaneo è complesso e presenta enormi differenze a livello di organizzazione e normativa tra Stati membri…A livello di diritto e condizioni di lavoro vi sono grandi differenze che possono portare ad una degenerazione…L'applicazione della proposta di Direttiva sui servizi causerà problemi anche in questo settore…I negoziati sulla proposta di Direttiva sul lavoro interinale non sono ancora conclusi… è opportuno quindi che questo settore sia escluso dalla Direttiva, così come i servizi postali, finanziari e delle telecomunicazioni".

In buona sostanza la relatrice teme enormi problemi a livello di controllo e rispetto delle norme per l'organizzazione del lavoro e del distacco, ma anche per il settore del lavoro temporaneo, dove le normative nazionali evidenziano grandi differenze.

L'articolo 24 secondo comma, poi, non offre le necessarie garanzie di affidabilità che dovrebbe dare.

In esso si prevede che in caso di distacco dei lavoratori lo Stato membro di origine provvede affinché il prestatore di servizi prenda tutte le misure necessarie per comunicare tutta una serie di informazioni tanto alle sue autorità competenti quanto a quelle dello Stato membro di distacco (e ciò fino a due anni dopo la fine del distacco).

La prevista raccolta di informazioni viene di fatto accollata al prestatore di servizi senza, peraltro, alcuna garanzia circa il buon esito di tale meccanismo di controllo.

In particolare si fanno presenti non solo le difficoltà di comunicazione poste dalle differenze linguistiche, ma anche la carente conoscenza da parte dello Stato d'origine della normativa applicabile nello Stato di distacco.

In conclusione, tutto l'articolo 24 andrebbe sostituito con un mero rinvio agli articoli 4 (sulla cooperazione in materia di informazione), e 6 (sulla competenza giudiziaria) della Direttiva 96/71/CE.

 

L'ARTICOLO 4


Profilo di non poco rilievo è anche quello definitorio. L'articolo 24 si occupa di "distacco dei lavoratori" senza che l'articolo 4 (relativo alle definizioni) contenga sufficienti indicazioni in materia. Ciò può far sorgere dubbi per quel che concerne l'ambito di applicazione della parte della Direttiva dedicata al distacco, il quale ad avviso di Confindustria, non può che coincidere con il campo di applicazione definito dalla Direttiva 96/71/CE.

Viene, in proposito, suggerito di riportare nell'articolo 4 alcune delle definizioni fornite dalla stessa Direttiva 96/71/CE. Tali precisazioni risultano necessarie anche per impedire che, nei singoli Stati membri si possa venir meno alle definizioni in tal senso già adottate con l'atto di trasposizione della Direttiva del 1971, attraverso interventi di attuazione della presente proposta di Direttiva idonei ad innescare eventuali fenomeni di dumping sociale.

In proposito si suggerisce di riportare nell'articolo 4, cit., le seguenti ulteriori definizioni, così come richiamate nella Direttiva 96/71/CE:

punto 11 – aggiungere in fondo al periodo le seguenti, ulteriori indicazioni

11)……"adottando una delle seguenti misure transnazionali:
distacchino un lavoratore, per conto proprio e sotto la loro direzione, nel territorio di uno Stato membro, nell'ambito di un contratto concluso tra l'impresa che lo invia ed il destinatario della prestazione di servizi che opera in tale Stato membro, purché durante il periodo di distacco esista un rapporto di lavoro tra il lavoratore e l'impresa che lo invia; o
distacchino un lavoratore nel territorio di uno Stato membro, in uno stabilimento o in un'impresa appartenente al gruppo, purché durante il periodo di distacco esista un rapporto di lavoro tra il lavoratore e l'impresa che lo invia; o
distacchino, in quanto imprese di lavoro temporaneo o in quanto imprese che effettuano al cessione temporanea di lavoratori, un lavoratore presso un'impresa utilizzatrice avente la sede o un centro di attività nel territorio di uno Stato membro, purché durante il periodo di distacco esista un rapporto di lavoro tra il lavoratore e l'impresa di lavoro temporaneo o l'impresa che lo cede temporaneamente."

Aggiungere il punto 11 bis

11bis) – "lavoratore distaccato": si rinvia alla definizione adottata dall'art. 2, Direttiva 96/71/CE.

Aggiungere il punto 11 ter

11ter) – "lavoratore": si rinvia alla definizione adottata dall'art. 2, Direttiva 96/71/CE.

 


 

POSIZIONE DEL GOVERNO ITALIANO


In una nota del Dipartimento per le politiche comunitarie della Presidenza del Consiglio dei Ministri, emanata il 25 ottobre 2004, anche il Governo italiano è dell'opinione che l'art. 24 andrebbe interamente sostituito, con mero rinvio agli artt. 4 e 6 della Direttiva sul distacco dei lavoratori.

In particolare, la predetta nota conclude affermando che:

Comma 1. a) non si è d'accordo con tale divieto in quanto contrasta con la disciplina italiana di recepimento della direttiva 96/71/CEE la quale prevede, in presenza di talune circostanze, che le agenzie di lavoro interinale stabilite in altro stato membro per fornire il proprio servizio in Italia, siano previamente autorizzate dalle loro autorità

Comma 2. Non offre le necessarie garanzie di affidabilità che dovrebbe dare . La prevista raccolta di informazioni viene, infatti, rimessa alla responsabilità dello Stato d'origine, ma di fatto essa è accollata al prestatore di servizi senza, peraltro, alcuna garanzia circa il buon esito di tale meccanismo di controllo.
Vi sono anche difficoltà linguistiche oltre la carente conoscenza della normativa applicabile nello Stato di distacco, da parte dello Stato d'origine.
Inoltre, l'obbligo di comunicare una serie di informazioni fino a due anni dopo il distacco non è coerente con lo spirito della direttiva distacco e non tiene conto del fatto che già oggi il gruppo di lavoro costituito dalla Commissione ha rilevato difficoltà di controllo nell'applicazione della normativa nazionale;in particolare nel settore dell'edilizia si sono riscontrate ricadute in relazione al lavoro sommerso e conseguenze sulla concorrenza.

 


 

PARERE DEL COMITATO DELLE REGIONI

Il Comitato delle Regioni, in data 30 settembre 2004, si è espresso in merito alla proposta di Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai servizi nel mercato interno.

Dopo aver rilevato la centrale importanza dei servizi per l'economia dell'UE ed il considerevole potenziale di crescita e di occupazione di tale settore, il Comitato ha accolto con favore la proposta della Commissione per una Direttiva finalizzata ad eliminare gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione di un vero mercato interno dei servizi nell'UE.

In relazione alle norme proposte sul distacco ha ritenuto emergente il problema del concorso-conflitto rispetto alle norme specifiche. L'adozione da parte della proposta di Direttiva di norme direttamente collegate alla vigente Direttiva sul distacco dei lavoratori nel quadro di una prestazione di servizi pone, infatti, il problema se tali norme vadano ad integrare la Direttiva sul distacco o entrino in concorso-conflitto con essa. Vengono anche prescritte o delimitate le misure di controllo e di esame che i singoli Stati membri sono autorizzati ad adottare.




Il Comitato, poi, mettendo in relazione gli articoli 17(5) - che prevede una deroga al principio del Paese d'origine per la Direttiva sul distacco dei lavoratori - e 24 della proposta, rileva come il divieto di imporre qualsiasi obbligo al lavoratore distaccato riduca tale deroga ad absurdum. Infatti, non si comprende in che modo il Paese d'origine possa essere informato di eventuali infrazioni commesse nel Paese di destinazione, il quale dal canto suo non può esercitare alcun controllo o imporre alcuna sanzione.

Ad ogni modo, anche ammesso che questa possibilità esistesse, resterebbe da appurare come possa il Paese d'origine intervenire in uno Stato straniero in cui non detiene alcun diritto di sovranità.

Rileva, inoltre, il Comitato, che così si rischia di pregiudicare l'efficacia dei controlli e che le norme della Direttiva andrebbero direttamente ad interferire con quanto previsto dalla Direttiva sul distacco dei lavoratori.

Ritiene, quindi, opportuno introdurre anche in questa proposta disposizioni sugli esami e sui controlli che siano conformi alla Direttiva sul distacco dei lavoratori, qualora dovesse rendersi davvero necessario regolamentare tale materia.

 

PARERE DEL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO-CESE


Il CESE conferma le opinioni espresse dal Comitato delle Regioni e, con nota dell' 8 novembre 2004,sottolinea la difficoltà nell'armonizzare la proposta di Direttiva con la Direttiva sul distacco dei lavoratori nel momento in cui si pongono linee divisorie o di congiunzione, sebbene nella proposta, all'articolo 17(5), venga sottratta, dall'ambito di applicazione della Direttiva sui servizi, la materia relativa al distacco dei lavoratori nel quadro di una prestazione di servizi.

Anche il CESE rileva come il divieto di imporre qualsiasi obbligo al lavoratore distaccato riduca tale deroga ad absurdum: "infatti, non si comprende in che modo il Paese d'origine possa essere informato di eventuali infrazioni commesse nel Paese di destinazione, il quale dal canto suo non può esercitare alcun controllo o imporre alcuna sanzione".