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La proposta di direttiva relativa ai servizi nel mercato interno (13 gennaio 2004)
Posizione della CES Posizione adottata dal Comitato esecutivo della CES, in occasione della riunione svoltasi nei giorni 17 e 18 marzo 2004, a Bruxelles 162.EC
Una condizione iniziale per la CES : il rafforzamento delle garanzie sociali dei lavoratori 1. La proposta di direttiva relativa ai servizi nel mercato interno presentata dalla Commissione europea il 13 gennaio 2004 ha suscitato un vivo interesse da parte delle organizzazioni sindacali, dal momento che essa tocca un settore molto importante in termini di occupazione, ma anche perché i servizi sono oggi essenziali per la performance dell’economia europea, così come per il benessere della popolazione. La Confederazione Europea dei Sindacati (CES) è convinta che lo sviluppo del mercato interno, non solo è influenzato da alti livelli di previdenza sociale, ma deve essere accompagnato da un adeguato rafforzamento della protezione sociale, dei diritti dei lavoratori e delle condizioni di lavoro, al fine di mantenere la coesione sociale dell’Unione.
2. La CES ha esaminato la proposta di direttiva, riconoscendo l’importante potenziale di crescita in termini di occupazione di questi settori, in particolare nei futuri stati membri, che potrebbe contribuire alla realizzazione degli obiettivi della Strategia di Lisbona, fissata nel 2000, ma anche tenendo conto della crescente pratica delle esternalizzazioni di servizi da parte di alcune aziende, in particolare aziende manifatturiere, e delle loro conseguenze negative sulla contrattazione collettiva e sull’intensificazione del lavoro.
3 La CES accoglie con favore le misure che puntano a migliorare il funzionamento del mercato interno o la libera circolazione dei servizi e che sono nell’interesse dei lavoratori, delle aziende e dei consumatori. Essa può sostenere:
La CES, preoccupata per il principio «del Paese di origine» 4. Tuttavia, le proposte della direttiva sono molto più complesse e di portata ben più ampia ed importante. Ciò si deve all’applicazione del «principio del Paese di origine» che prevede che i fornitori siano soggetti unicamente alle disposizioni nazionali del loro Stato membro di origine, della qual cosa è estremamente difficile prevedere tutte le conseguenze. In particolare, un rischio di concorrenza abusiva diventa reale in ambiti non armonizzati a livello europeo, con conseguenze economiche e sociali negative in diversi settori, come è accaduto nel trasporto marittimo, a seguito delle scelte di «bandiere di comodo». Infatti, questo tipo di misure incoraggerebbe i fornitori di servizi a spostare le proprie sedi in quegli Stati membri in cui gli obblighi in materia fiscale, ma anche sociale e ambientale, fossero meno impegnativi. Si verrebbe ad esercitare una pressione sulle autorità dei Paesi dagli standard elevati perché li abbassino, con conseguenze nefaste per la qualità dell’ambiente e della coesione sociale. Questo pericolo è accresciuto dal fatto che la nozione di Stato membro di origine è definita dall’articolo 4, come ‘lo Stato membro nel cui territorio è stabilito il prestatore del servizio considerato’, senza alcun’altra precisazione. La CES ritiene che siano necessarie condizioni supplementari per prevenire gli abusi, consistenti, ad esempio, nel definire il Paese di origine come il Paese in cui risiede l’amministrazione centrale, o ancora il Paese in cui si trovi la principale sede di attività (cf., per un approccio simile: articolo 4 della Convenzione di Roma del 1980 sulla legge applicabile agli obblighi contrattuali).
5. Inoltre, le disposizioni di questa proposta di direttiva sembrano andare contro non solo l’articolo 50 del Trattato che afferma che il fornitore può esercitare a titolo temporaneo la propria attività nel Paese in cui la prestazione è fornita, in condizioni uguali a quelle che questo stesso Paese impone ai i suoi cittadini, ma anche contro l’articolo 2 dello stesso Trattato il quale precisa che la Comunità ha per missione quella di promuovere un elevato livello di occupazione e di protezione sociale e la giurisprudenza della Corte di Giustizia europea che riconosce il diritto degli Stati membri di adottare misure restrittive per ragioni di interesse generale.
La CES si oppone ad una rimessa in discussione dei SIG e dei sistemi sanitari nazionali in particolare. 6 In questo quadro, la CES sottolinea l’importanza dei Servizi di Interesse Generale (SIG) per lo sviluppo del modello sociale europeo in termini di pari opportunità per i cittadini, per la coesione sociale e per l’attuazione della strategia di Lisbona. Contrariamente a quanto la CES richiedeva, la Commissione non ha potuto pronunciarsi a favore di una direttiva quadro sui SIG. E paradossalmente, con questo nuovo progetto, si mostra adesso in grado di redigere una direttiva di ampio respiro e di grandissima portata sui servizi nel mercato interno in generale, prevedendo certi obblighi di base, armonizzati e di qualità, a livello europeo. In assenza di una definizione chiara dei SIG, questo progetto è quanto meno prematuro e rischia di ostacolarne seriamente il funzionamento nei Paesi in cui essi sono più sviluppati. In poche parole, per la CES non esistono buone ragioni per fare ulteriormente resistenza alla sua richiesta di un quadro legislativo, rivendicazione espressa anche dal Parlamento europeo il 14 gennaio 2004. Se la Commissione europea non ne è capace, la CES richiede una moratoria legislativa su questa liberalizzazione fino a quando la Commissione non sarà in grado di presentare una proposta di direttiva quadro sui SIG.
7. La proposta contiene in particolare disposizioni riguardanti un più facile accesso alle cure sanitarie, soprattutto a quelle fornite in un altro Stato membro, che dovrebbero rappresentare una risposta alle sentenze della Corte di Giustizia. In materia di sanità, però, il rapporto di servizio non funziona sulla semplice modalità «cliente – fornitore» e non può ridursi a questa semplice relazione. Esso fa intervenire lo Stato che è pagatore e al tempo stesso «regolatore» di questi servizi, in nome di altre priorità fondamentali, come quella della salute pubblica. Se si seguisse questa proposta di direttiva, ciò porterebbe di fatto a deregolamentare e privatizzare i servizi sanitari e creerebbe una maggiore incertezza giuridica. La CES chiede dunque alla Commissione di escludere i servizi sanitari da questa proposta e di farne l’oggetto di una direttiva quadro specifica, che ne confermi i principi di solidarietà, accessibilità, universalità e continuità.
La CES rivendica che si dia priorità al miglioramento della legislazione lavorativa 8. Secondo il testo della proposta, tutti i ‘soggetti coperti dalla direttiva sul distacco dei lavoratori’ sono esclusi dal principio del Paese di origine. Inoltre, nella sintesi introduttiva si afferma che la direttiva non punta a trattare le questioni afferenti alla legislazione del lavoro in quanto tale. Tuttavia, la CES ritiene che tali proposte abbiano delle ripercussioni nel campo della suddetta legislazione, oltre che nella sua supervisione ed applicazione. È estremamente importante che la Commissione proceda ad una più approfondita analisi d’impatto, esaminando i possibili effetti nei diversi tipi di lavoro transfrontaliero, per essere in condizione di valutare potenziali problemi. È particolarmente importante chiarire le possibili interazioni con la Convenzione di Roma del 1980 e con la direttiva sul distacco dei lavoratori, oltre che i legami con la questione dei sistemi di relazioni industriali e di contrattazione collettiva in vigore nel Paese in cui il lavoratore svolge abitualmente o temporaneamente il suo lavoro, se si tratta di un Paese diverso dal Paese di origine dell’azienda.
9 La CES ritiene che nel passato sia stato necessario, e nel futuro sarà indispensabile, permettere agli Stati membri di prendere ragionevoli misure per garantire il buon funzionamento del loro mercato del lavoro e per impedire potenziali abusi attraverso l’utilizzazione d’intermediari come le agenzie interinali. La CES è sempre stata favorevole alla stipulazione dei principi fondamentali che governano queste misure ragionevoli in una direttiva quadro europea che permetterebbe alle agenzie interinali di fornire i loro servizi sulla base di una concorrenza giusta e non a detrimento delle condizioni di lavoro, della retribuzione o della protezione sociale dei lavoratori. Pertanto, la CES deplora fortemente che fino ad ora il progetto di direttiva sul lavoro interinale sia rimasto bloccato.
10 Inoltre, la CES propone non solo che i settori del lavoro interinale e del distacco dei lavoratori siano completamente esclusi dalla portata del progetto di Direttiva (così come sono esclusi altri servizi o campi, come i servizi finanziari, a motivo della loro particolarità e del fatto che sono già coperti o stanno per esserlo da altre politiche comunitarie) ma che la Commissione dia dunque la priorità, per quanto riguarda la regolamentazione del distacco dei lavoratori ed il lavoro interinale, - -alla valutazione e al miglioramento della Direttiva 96/71/EC esistente, richiesti anche dal Parlamento europeo, - -all’adozione del progetto di Direttiva sul lavoro interinale, - -e alla ratifica della Convenzione 181 dell’OIL sulle agenzie del lavoro private. In questo modo, si svilupperebbe un quadro generale di tutela che permetterebbe di disporre di una base appropriata per discutere delle future tappe verso la liberalizzazione dei servizi.
La CES contesta l’eccessiva limitazione del ruolo degli Stati 11. La CES è vivamente preoccupata per l’applicazione del «principio del Paese di origine» dal momento che è in gioco l’efficacia del controllo e della protezione contro gli abusi, in particolare nel campo del diritto del lavoro. Essa invita dunque la Commissione ad esaminare maggiormente il possibile impatto delle sue proposte relative a questo principio. La CES nutre seri dubbi sulla possibilità di controllare e sorvegliare in modo efficace da parte del Paese d’origine i prestatari di servizi transfrontalieri, in particolare per quanto riguarda le misure prese dagli Stati membri per proteggere i lavoratori, qualunque sia la loro origine o nazionalità, che lavorano sul loro territorio, direttamente o attraverso intermediari, subappaltatori o prestatari di servizi. La CES ha già espresso preoccupazione per la limitata portata ed efficacia della già esistente Direttiva sul distacco. Tuttavia, le proposte contenute nella proposta di direttiva relativa ai servizi potrebbero accentuare i problemi legati alla sua applicazione. Per quanto riguarda il distacco dei lavoratori, da una parte la direttiva riconosce esplicitamente l’obbligo, per lo Stato membro in cui i lavoratori sono distaccati, di procedere sul suo territorio alle verifiche ed ispezioni necessarie per far applicare le condizioni di lavoro definite nella direttiva sul distacco dei lavoratori, e per poter adottare eventuali misure contro un prestatario di servizi che non rispetti tali condizioni. D’altra parte, però, la direttiva proposta vieta di sottoporre il prestatario o il lavoratore distaccato a qualunque forma di autorizzazione, di registrazione o archiviazione di documenti di qualunque tipo, privando così lo Stato di destinazione di ogni strumento efficace che punti ad impedire o vigilare su potenziali abusi. Anche se la direttiva obbliga, d’altra parte, lo Stato membro d’origine ad aiutare lo Stato membro di destinazione a garantire il rispetto delle condizioni di occupazione e di lavoro che devono essere applicate (la qual cosa, in sé, è una proposta positiva), è difficile considerare ciò come una soluzione sostitutiva assolutamente equivalente.
12 Secondo le proposte, è il Paese di origine che dovrà controllare se il prestatario di servizi utilizza cittadini di Paesi terzi, indipendentemente dal fatto che essi siano o meno cittadini dell’Unione, e se questi ultimi soddisfano le condizioni legali e di residenza di occupazione, come stipulato dalla legislazione del Paese di origine (ad es.: una agenzia polacca che distacca dei lavoratori ucraini in Belgio). Gli stati membri di accoglienza non possono imporre al lavoratore o al prestatario alcun controllo preventivo! Queste proposte ostacoleranno seriamente quegli Stati membri che vogliano adottare misure contro gli abusi relativi al distacco dei lavoratori immigrati senza documenti nel loro stesso mercato del lavoro. Inoltre, rimane l’insufficienza globale dei mezzi sia finanziari che logistici o umani concessi ai servizi di controllo del lavoro.
13 La CES ritiene che i regimi di autorizzazione non possono essere discriminatori e devono essere obiettivamente giustificati. È necessario però procedere con cautela alla revisione dei regimi esistenti, poiché la loro riduzione rimetterà in discussione le attività regolamentate e quelle che sono soggette ad approvazione o ad autorizzazione in diversi Paesi. Inoltre, è necessario vigilare sul rispetto dell’interesse generale e della salute pubblica, ad es. quando si tratta della vendita di farmaci via Internet e del funzionamento delle farmacie.
14 Per quanto riguarda la natura dei servizi commerciali, in particolare quelli destinati ai consumatori, la CES sottolinea il ruolo necessario degli Stati membri per garantire attraverso la legislazione la qualità dei servizi in termini di accesso, sicurezza dei contratti, informazione sui prezzi e caratteristiche del servizio offerto. In questo quadro, la proposta generale di limitare il ruolo degli Stati agli aspetti d’informazione non è giustificata. Inoltre, la CES ritiene che gli strumenti volontari possano svolgere un ruolo di supporto unicamente rispetto agli obblighi legislativi e che, per la loro elaborazione, non ci si possa basare unicamente sui prestatari ma bisogna imperativamente tener conto dei bisogni dell’insieme degli utenti dei servizi e del parere dei rappresentanti dei lavoratori dei settori interessati.
La CES è favorevole alla qualità dell’occupazione 15 D’altro canto, la CES sottolinea quanto la qualità dei servizi dipenda dalla qualità dell’occupazione, non solo in termini di competenza dei lavoratori, ma anche in termini di sicurezza dell’occupazione. Si potrà giungere ad un miglioramento della qualità dei servizi attraverso lo sviluppo di un quadro legislativo e contrattuale a livello europeo, garantendo in particolare per i lavoratori interinali la parità di trattamento rispetto ai lavoratori dell’azienda utilizzatrice.
16 La CES si compiace che la Commissione, nella sua Comunicazione del dicembre 2003, riconosca l’importanza della formazione continua e dell’aggiornamento delle competenze dei lavoratori come elemento essenziale per la competitività delle aziende di servizi. In quest’ottica, essa si aspetta da una tale proposta di direttiva, orientamenti che favoriscano e stimolino questo processo di formazione e valorizzazione del contributo dei lavoratori.
La CES rivendica una concertazione di qualità ed una più approfondita analisi d’impatto 17 Il progetto si basa sul potenziale di crescita e di creazione di posti di lavoro, ritenuto considerevole e possibile da raggiungere grazie all’introduzione delle misure proposte. Tuttavia, le conseguenze reali delle liberalizzazioni precedenti sono state lungi dal realizzare le promesse fatte. Le analisi sindacali dimostrano al contrario la distruzione di posti di lavoro esistenti e della coesione sociale. È necessario che la Commissione prepari, con la partecipazione dei sindacati e prima dell’adozione della direttiva, una valutazione più approfondita dell’impatto di quest’ultima in questi campi.
18 La direttiva avrà importanti conseguenze socio-economiche per i datori di lavoro e per i lavoratori in diversi settori. È estremamente spiacevole che i loro rappresentanti non siano stati consultati in occasione della preparazione del progetto, quando quest’ultimo fa riferimento in diversi articoli alle «parti interessate» che dovrebbero essere consultate. La CES chiede che i sindacati siano coinvolti specificatamente in tali consultazioni. È inammissibile che il dialogo sociale sia completamente ignorato in campi così particolarmente esposti alle ristrutturazioni.
19. L’analisi d’impatto di questa proposta di direttiva non risponde sufficientemente alle questioni precedentemente sollevate. In ogni caso, rimangono numerosi punti da chiarire. Pertanto, la CES non può sostenere il progetto di direttiva così come esso è proposto. D’altra parte, questa proposta di direttiva, per le conseguenze che essa implica, alcune delle quali sono state appena sollevate, rischia di rimettere in discussione i contratti collettivi già esistenti, compresi quelli settoriali, oltre che le disposizioni degli attuali codici del lavoro nazionali, e dunque, in poche parole, di generare una maggiore «deregolamentazione» ed insicurezza «sociale» in nome di un ipotetico vantaggio in termini di occupazione. La CES rivendica dunque un rafforzamento delle garanzie sociali dei lavoratori (in particolare attraverso le direttive riguardanti i lavoratori distaccati o interinali) e della qualità dei servizi d’interesse generale per i cittadini europei, prima di continuare il lavoro su questo progetto. La CES attende una risposta più chiara alle sue preoccupazioni ed un’adeguata presa in considerazione delle proprie rivendicazioni.
Dichiarazione della CES riguardante : la proposta di direttiva relativa ai servizi Approvata dal Comitato esecutivo della CES del 9 e 10 giugno 2004 a Bruxelles
Il Comitato esecutivo della CES ha indurito oggi la propria posizione nei confronti dell’attuale proposta di direttiva relativa ai servizi.
Recenti informazioni provenienti da diversi Paesi indicano la notevole portata di tale proposta di direttiva e provocano dappertutto in Europa una crescente esasperazione dei sindacati.
Il Comitato esecutivo della CES è rimasto inoltre indignato per le parole espresse la settimana scorsa dal portavoce del commissario Bolkestein, che ha paragonato la manifestazione contro la direttiva degli iscritti belgi alla CES, alla posizione di virulenti partiti razzisti e nazionalisti. Questa osservazione ingiuriosa e infondata riguarda, attraverso l’Europa, tutti i sindacati. La CES sostiene le azioni dei suoi iscritti belgi che reclamano delle scuse.
La CES è favorevole ad un mercato interno europeo dei servizi, ma non a danno delle norme sociali, del diritto del lavoro, dei servizi d’interesse generale, della sanità e della sicurezza, dei contratti collettivi in vigore nell’Unione e a livello nazionale. La CES rinnova la sua richiesta di mantenere uno statu quo legislativo finché non sarà proposta una direttiva sui servizi d’interesse generale.
La CES non allenterà il proprio impegno prima d’aver ottenuto una direttiva sui servizi accettabile e invita immediatamente tutti gli Stati membri a difendere la dimensione sociale dell’UE.
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