Comitato economico e sociale
europeo
IT
Rue Belliard 99 - B-1040
Bruxelles Tel. +32 (0)2 546 90 11 Fax +32 (0)2 513 48
93 Internet
http://www.esc.eu.int
INT/228 |
Servizi nel mercato
interno |
Bruxelles, 10 febbraio
2005
P A R E R
E
del Comitato economico
e sociale europeo |
in merito alla |
Proposta di direttiva del
Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai servizi nel mercato
interno |
COM(2004) 2 def. - 2004/0001
(COD) |
_____________
|
Il Consiglio, in data 20
febbraio 2004, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 95 del
Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico
e sociale europeo in merito alla
Proposta di direttiva
del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai servizi nel mercato
interno
(COM(2004) 2 def. -
2004/0001 (COD)).
La sezione specializzata
Mercato interno, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori in
materia, ha adottato il proprio parere in data 11 gennaio 2005, sulla base del
progetto predisposto dal relatore METZLER e dal correlatore
EHNMARK.
Il Comitato economico e
sociale europeo, in data 10 febbraio 2005, nel corso della 414a sessione
plenaria, ha adottato il seguente parere con 145 voti favorevoli, 69 voti
contrari e 9 astensioni.
*
*
*
- Osservazioni preliminari
- Ai fini dell'elaborazione del parere
il Comitato ha consultato anche il documento esplicativo della Commissione
europea al Consiglio (documento 10865/04 del 25 giugno 2004 e documento
11153/04 del 5 luglio 2004 in merito all'articolo 24), nonché i documenti di
lavoro del Parlamento europeo del 25 marzo 2004 (commissione giuridica e per
il mercato interno - relatrice: Evelyne GEBHARD) e del 26 marzo 2004
(commissione per l'occupazione e gli affari sociali -
relatrice: Anne E. M. VAN LANCKER).
- Il 24 maggio 2004 la sezione
specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i
lavori del Comitato in materia, ha organizzato un'audizione pubblica basata
su un questionario inviato in precedenza, alla quale hanno partecipato dei
rappresentanti della società dei servizi; la sezione ha tenuto conto di
oltre 100 risposte addizionali presentate oralmente o per iscritto.
- Osservazioni
generali
- Secondo l'accordo di Lisbona, il
settore dei servizi ha un ruolo determinante nella realizzazione del mercato
interno europeo ed è di importanza fondamentale per la crescita economica
dell'Unione. La Commissione presenta la proposta di direttiva sui servizi
nel mercato interno e le relative osservazioni nel quadro del processo di
riforma dell'economia europea, grazie al quale entro il 2010 l'Unione
europea dovrà diventare l'economia della conoscenza più competitiva e
dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica
sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione
sociale. La proposta di direttiva vuole fornire un contributo essenziale a
questo processo, nonché un quadro giuridico affidabile per la libertà di
stabilimento e la libera circolazione transfrontaliera dei servizi fra Stati
membri nei settori dell'industria, del commercio, dell'artigianato e delle
libere professioni, sia per il lavoro a tempo pieno che per quello a tempo
determinato o interinale. Il nuovo approccio orizzontale prevede in
particolare una semplificazione delle procedure, la garanzia di una qualità
uniforme, e una maggiore trasparenza delle norme da osservare nei confronti
del consumatore. La prestazione di servizi su base transfrontaliera è un
elemento essenziale del mercato interno; abbattere gli ostacoli è di
fondamentale importanza per lo sviluppo economico del settore ed è
particolarmente importante per i consumatori. La direttiva mira infatti ad
accrescere l'offerta e la concorrenza e ciò significherà prezzi più bassi e
scelta più ampia per i consumatori. Il Comitato si dichiara pertanto
espressamente favorevole agli obiettivi generali della proposta di
direttiva.
- Ai fini del buon funzionamento del
mercato interno, oltre all'eliminazione degli ostacoli è necessaria anche
una regolamentazione adeguata. Per aumentare la competitività dell'Europa
sono necessarie sia norme nazionali che disposizioni applicabili in tutta
l'UE, e quindi standard armonizzati.
- Il Comitato è consapevole
del fatto che il completamento del mercato interno dei servizi è una
questione complessa, date le diversità degli ordinamenti giuridici e delle
culture degli Stati membri. Il Comitato l'ha già riconosciuto nel parere
INT/105 del 28 novembre 20011 relativo alla comunicazione della Commissione
al Consiglio e al Parlamento europeo "Una strategia per il mercato interno
dei servizi", nel quale ha appoggiato esplicitamente gli sforzi della
Commissione europea volti ad accelerare la realizzazione del mercato
interno. Posto che la proposta di direttiva intende creare direttamente un
quadro giuridico trasversale per il mercato interno, essa dovrebbe offrire
soluzioni poco burocratiche e flessibili, facendo ricorso anche a collaudati
sistemi di autoregolamentazione già esistenti nell'Unione europea. Il
processo di integrazione andrà perfezionato ulteriormente, non da ultimo
anche con la nuova proposta di direttiva della Commissione europea sul
reciproco riconoscimento dei titoli professionali, senza peraltro trascurare
gli standard (di sicurezza) ormai collaudati in materia sociale, ambientale
e di tutela dei consumatori.
- La proposta di direttiva in
esame è strettamente collegata alla proposta di direttiva sul riconoscimento
delle qualifiche professionali, alla comunicazione sulla concorrenza nei
servizi professionali, all'attuale dibattito sui servizi di interesse
generale e alla consultazione in corso sui servizi sociali di interesse
generale, nonché alla convenzione di Roma I e alla proposta di regolamento
Roma II; tali proposte, infatti, sono volte a migliorare il funzionamento
del mercato unico. Sarebbe pertanto auspicabile creare un coordinamento
specifico e più efficace in seno alla Commissione per garantire la
necessaria compatibilità a livello di lavori e di norme.
- La proposta di direttiva si
articola intorno a due tipi di libera prestazione transfrontaliera di
servizi e di libertà di stabilimento: a) un prestatore di servizi di uno
Stato membro intende stabilirsi in un altro Stato membro per prestarvi i
suoi servizi e b) un prestatore di servizi, a partire dal proprio Stato di
origine, desidera prestare servizi in un altro Stato membro, in particolare
spostandovisi temporaneamente. Al fine di eliminare i presunti ostacoli che,
secondo la Commissione europea, sussistono ancora in questo settore, la
proposta di direttiva suggerisce quattro provvedimenti fondamentali:
- applicazione del principio del paese
d'origine,
- ripartizione dei compiti tra Stato
membro d'origine e Stato membro di destinazione in caso di distacco di
lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi,
- sviluppo della fiducia reciproca
e
- rafforzamento dell'assistenza
reciproca fra Stati membri, con contestuale limitazione delle possibilità di
applicare propri meccanismi di sorveglianza, controllo e attuazione da parte
degli stessi.
- I singoli aspetti della
proposta di direttiva
- Il Comitato economico e sociale
europeo ha esaminato con attenzione la proposta di direttiva dal punto di
vista dei requisiti che deve avere un atto giuridico di ampio respiro come
questo. Esso è giunto alla conclusione che sono necessari numerosi
chiarimenti e modifiche per dare risposte soddisfacenti alle questioni
ancora irrisolte e per fare in modo che la proposta costituisca un autentico
passo avanti verso la promozione dei servizi nel mercato interno. Questa
impressione è confermata anche dalla mancanza di analisi adeguate eseguite
prima della pubblicazione della proposta di direttiva. Le numerose
perplessità espresse da molti rappresentanti del mondo economico e sociale
nel corso dell'audizione del 24 maggio 2004 per il momento non sono state
dissipate completamente neanche con il documento che la Commissione europea
ha presentato al Consiglio il 25 giugno scorso (documento del Consiglio
10865/04). Una valutazione d'impatto ampliata da parte della Commissione
sarebbe utile per tutte le parti coinvolte.
- Dati empirici
- Il Comitato nota che la relazione
che accompagna la proposta di direttiva non fa riferimento a una base
statistica affidabile per quantificare la prestazione di servizi e lo
stabilimento dei prestatori di servizi a livello transfrontaliero. La
relazione di valutazione della Commissione andrebbe pertanto completata
con questi dati. Per avere in futuro un quadro affidabile dell'importanza
del settore dei servizi nonché dell'impatto - positivo o anche negativo -
delle semplificazioni legislative previste dalla proposta di direttiva sul
funzionamento del mercato interno, appare decisamente importante disporre
di una base empirica più precisa. Il Comitato considera che avere un
quadro il più esatto possibile della situazione reale per quanto riguarda
la libera prestazione transfrontaliera dei servizi e la libertà di
stabilimento sia un elemento fondamentale per realizzare il mercato
interno.
- Bisognerebbe tenere in
maggiore considerazione i dati statistici a disposizione della pubblica
amministrazione, degli istituti di ricerca, delle assicurazioni e degli
enti autonomi dei vari Stati membri.
- Inoltre, date le lacune
esistenti, il Comitato considera indispensabile percorrere altre strade
per ottenere dati empirici, soprattutto evitando ulteriore burocrazia. A
tal fine si potrebbe eventualmente pensare anche di combinare i dati
ricavati da indagini puntuali per integrare le statistiche
ufficiali.
- Campo di applicazione:
definizioni - norme sul conflitto di leggi - limitazioni
- Il Comitato esorta a definire in
modo più chiaro e delimitare con maggiore precisione il campo di
applicazione della proposta di direttiva e le relative deroghe; in
mancanza di definizioni più chiare e precise, a livello di applicazione
pratica permangono infatti talune ambiguità quanto ai comparti dei servizi
che ne saranno interessati, alle modalità dell'impatto e al campo di
applicazione.
- Il Comitato è favorevole a
una distinzione chiara fra i servizi commerciali e quelli forniti dai
liberi professionisti. Una distinzione chiara è necessaria anche in vista
dell'approfondimento dell'armonizzazione in determinati settori (libere
professioni e altri ambiti particolarmente sensibili) proposto dal
Comitato per il periodo transitorio, soprattutto per poter strutturare i
meccanismi a garanzia della qualità, di cui al capo IV della proposta di
direttiva, nel senso della tutela dei consumatori. Nella sentenza
dell'11 ottobre 2001 (causa C-267/99), la Corte di giustizia europea
ha enucleato per esempio gli elementi essenziali su cui basare una
definizione comunitaria di libera professione.
- Nel 2003 la Commissione ha
pubblicato un Libro verde sui servizi di interesse generale, al quale il
12 maggio 2004 è seguito un Libro bianco; appare quindi auspicabile
evidenziare con maggior precisione e distinguere le ripercussioni che la
proposta di direttiva avrà su questo settore sensibile a livello degli
Stati membri. Poiché la Commissione si è impegnata a presentare entro la
fine del 2005 una relazione sulla fattibilità e la necessità di una legge
quadro, d'altronde espressamente prevista dall'articolo III-122 del
Trattato costituzionale, il Comitato ritiene opportuno che l'insieme dei
servizi d'interesse generale (economici e non) siano esclusi dal campo di
applicazione della direttiva sui servizi, in attesa che nel quadro
comunitario riguardante tali servizi vengano fissati i principi e poste le
condizioni, in particolare quelle economiche e finanziarie, che permettano
ai servizi d'interesse generale di svolgere i loro compiti.
- La deroga, di cui
all'articolo 17, punto 8, relativa all'applicazione del principio del
paese d'origine alla direttiva (anch'essa ancora in elaborazione) sul
reciproco riconoscimento delle qualifiche professionali non può essere
circoscritta a singoli articoli o titoli. L'applicazione del principio di
origine va coordinata con l'attuazione della direttiva sul reciproco
riconoscimento delle qualifiche professionali. Quest'ultima costituirà un
sistema coerente di garanzia della qualità. Se si limitasse la deroga di
cui all'articolo 17, punto 8, esclusivamente al titolo II della proposta
di direttiva sul reciproco riconoscimento delle qualifiche professionali,
ci si dovrebbe chiedere, ad esempio, come andrebbero ripartiti i compiti
tra i cosiddetti "punti di contatto" nazionali (art. 53 della proposta di
direttiva sul riconoscimento delle qualifiche) e gli "sportelli unici"
previsti dalla proposta in esame (art. 6). Qualora dovesse trattarsi di
sportelli che esercitano le stesse funzioni, bisognerebbe mantenere una
terminologia uniforme fin dalla fase di elaborazione delle due
direttive.
- Resta da chiarire se e in
che modo, per evitare l'insorgere di conflitti di leggi, occorra
delimitare con maggiore precisione il campo d'applicazione della
direttiva, e soprattutto del principio del paese d'origine, rispetto alle
disposizioni "incompatibili" delle legislazioni nazionali in materia
fiscale e penale. In alcuni Stati membri i revisori contabili, i
consulenti fiscali e gli avvocati sono per esempio soggetti a determinati
obblighi e diritti di riservatezza nei confronti delle autorità
inquirenti, e sono passibili di sanzione in caso di inadempienza, mentre
in altri Stati membri gli appartenenti a queste categorie professionali
sono tenuti, anche se in misura limitata, a fornire informazioni o hanno
addirittura obblighi di notifica. Il prestatore di servizi tenuto a
fornire determinate informazioni in uno Stato, ma autorizzato e
addirittura obbligato a non farlo in base al principio del paese
d'origine, può forse permettersi di agire in violazione del codice penale
nazionale? Il diritto penale e il diritto fiscale rientrano nella sfera di
competenze degli Stati membri, non in quella dell'Unione europea; è
necessario quindi procedere a una distinzione giuridicamente chiara per
evitare conseguenze indesiderate per gli interessati.
- Bisognerebbe altresì
verificare con attenzione se sia possibile collegare i sistemi di
previdenza sociale e i relativi impegni di bilancio applicando il
principio del paese d'origine. Nei casi in cui l'applicazione del
principio del paese d'origine comporta il rischio di compromettere i
sistemi nazionali di previdenza sociale e sanitaria, va eventualmente
prevista una deroga generale.
- Il Comitato segnala che,
nel campo sanitario, si dovrebbe riesaminare l'opportunità di tener conto
anche dei servizi ospedalieri. Forse la giurisprudenza della Corte di
giustizia, che prevede il rimborso delle spese sostenute anche in caso di
prestazioni sanitarie transfrontaliere, potrebbe essere disciplinata in
modo più accettabile mediante apposite disposizioni per i regimi di
assicurazione obbligatoria, ma al di fuori della proposta di
direttiva.
- Per il settore dei servizi
sociali e sanitari, il Comitato raccomanda di attendere prima la
presentazione della comunicazione della Commissione, annunciata per il
2005, e di garantire un adeguato coordinamento. Ricorda inoltre che
molti si sono dichiarati tendenzialmente favorevoli ad escludere questo
settore.
- Bisognerebbe altresì fare
chiarezza in modo che vi sia una delimitazione coerente rispetto al campo
di applicazione dell'8a direttiva del Consiglio sull'autorizzazione delle
persone addette al controllo legale dei conti, attualmente in corso di
modifica (articolo 17, punto 15). Finora questo non è avvenuto con la
necessaria chiarezza in tutte le traduzioni della proposta della
Commissione.
- Il chiarimento sulla non
applicabilità delle norme sulla libera circolazione transfrontaliera dei
servizi e la libertà di stabilimento alle attività legate all'esercizio
dei pubblici poteri (articoli 45 e 55 del Trattato CE), presente
nella relazione che accompagna la proposta di direttiva, andrebbe ripreso
anche nel testo dell'articolato, che è vincolante.
- Il lavoro interinale è un
settore particolarmente sensibile, che andrebbe espressamente escluso
dall'intero campo di applicazione della direttiva. Bisogna tendere
a un'armonizzazione a livello europeo delle disposizioni nazionali
necessarie in questo settore. In tale contesto, il Comitato richiama
l'attenzione sulla proposta di direttiva - già annunciata - relativa alle
condizioni di lavoro dei lavoratori temporanei. Si deve tener conto anche
della convenzione n. 181 dell'OIL sulle agenzie private per l'impiego, che
all'articolo 3, paragrafo 2, prevede esplicitamente la concessione di
licenze e abilitazioni per tutelare i lavoratori e promuovere un lavoro di
qualità da parte di dette agenzie.
- In alcuni Stati membri
vigono norme giuridiche estremamente severe sul rispetto della libertà di
stampa. Anche in questo caso il Comitato ritiene necessario delimitare con
la massima chiarezza il campo di applicazione delle varie norme rispetto
alla proposta di direttiva.
- La Commissione deve
inoltre chiarire in modo inequivocabile se la presente proposta si applica
anche ai servizi di radiodiffusione televisiva e, in caso affermativo,
deve specificare come intende rendere la proposta compatibile con le
disposizioni della direttiva "televisione senza frontiere". Sono necessari
dei chiarimenti anche per quanto riguarda la sua applicazione ai servizi
audiovisivi in generale e in particolare a quelli a richiesta ("service
on demand"), che sono già disciplinati da norme comunitarie specifiche
relative a taluni aspetti giuridici (direttiva 2000/31/CE sul
commercio elettronico).
- A parere del Comitato,
però, al momento attuale tali servizi andrebbero esclusi esplicitamente
dal campo di applicazione della direttiva proposta, soprattutto per quanto
riguarda le disposizioni relative al principio del paese di origine e la
nozione di "stabilimento" quale punto di riferimento fondamentale e
criterio principale per stabilire quale sia lo Stato membro
responsabile.
- Sportelli
unici
- Il Comitato è favorevole alla
proposta di semplificare le procedure mediante la creazione di un (primo)
punto di contatto unico per i prestatori di servizi. Rileva tuttavia con
preoccupazione che, per quanto riguarda la libertà di stabilimento,
l'articolo 6 della proposta di direttiva impone che determinate procedure,
quelle legate per esempio all'avvio di un'attività, siano espletate presso
uno sportello unico. Secondo il Comitato il problema è che, già a livello
delle iscrizioni obbligatorie nei registri pubblici (per esempio nel
registro del commercio), i cosiddetti "sportelli unici" rischieranno di
vedersi costretti a rinviare gli interessati agli organi competenti, in
quanto non potranno provvedere direttamente a tali adempimenti. Vanno
chiarite le modalità pratiche di cooperazione degli sportelli unici con le
autorità competenti in materia di registrazione.
- Se, da un lato,
all'articolo 53 della proposta di direttiva relativa al riconoscimento
delle qualifiche professionali si parla di "punti di contatto" che devono
fungere da punto centrale di informazione, dall'altro, l'articolo 6 della
proposta di direttiva all'esame prevede la creazione di cosiddetti
"sportelli unici" quali punti di contatto centrali. A questo proposito è
necessario un coordinamento per non creare nuovi servizi diversi, in
contrasto con l'obiettivo superiore di garantire il diritto dei cittadini
ad un accesso agevole alle informazioni all'interno dell'Unione europea e
a quelle relative alla sua attività. La semplificazione degli ostacoli
burocratici dovrebbe diventare una delle priorità principali del mandato
della nuova Commissione. Bisogna evitare di creare nuovi ostacoli
burocratici nei singoli Stati membri.
- Inoltre bisogna chiarire
di chi sia la responsabilità nel caso in cui gli "sportelli unici"
forniscano informazioni incomplete o addirittura errate. In certi casi,
infatti, informazioni incomplete o errate possono avere conseguenze
negative per i prestatori di servizi se è stata dimenticata una
determinata autorizzazione e pertanto vi è una violazione della legge; ci
possono però essere anche conseguenze negative per il consumatore, se ad
esempio non viene verificata l'esistenza di una sufficiente copertura
assicurativa in materia di responsabilità civile.
- Principio del paese
d'origine
- Il Comitato considera che, per
un'applicazione generalizzata del principio del paese d'origine, vadano
prima create le condizioni necessarie adottando un approccio differenziato
che privilegi un'armonizzazione con elevati standard di tutela dei
lavoratori, dei consumatori e dell'ambiente nei singoli settori, al fine
di realizzare un mercato interno di qualità.
- La validità generale del
principio del paese d'origine di cui all'articolo 16 rappresenta il nucleo
stesso della proposta di direttiva, insieme alle deroghe di cui
all'articolo 17. Tuttavia ciò è opportuno solo nei casi in cui i servizi
possano essere standardizzati come le merci o l'armonizzazione normativa
sia tanto avanzata da escludere distorsioni della concorrenza, pratiche di
dumping sociale e diffidenza da parte dei consumatori. Nei casi in cui
invece gli standard non esistano o addirittura sia impossibile elaborarli
(le cosiddette prestazioni non classificabili) si dovrebbe tener conto di
queste particolarità.
- Il Comitato reputa quindi
prematuro applicare il principio del paese d'origine in maniera
generalizzata al settore dei servizi transfrontalieri. Questo principio
presuppone infatti l'esistenza di situazioni giuridiche e di realtà
paragonabili. A parere del Comitato l'applicazione del principio del paese
d'origine promette dei buoni risultati solo se vi sono chiarezza del
diritto e certezza giuridica sul suo campo di applicazione. Il Comitato
considera pertanto problematico applicare tale principio senza un adeguato
periodo transitorio, tanto più che, a suo avviso, gli strumenti
disponibili per un'armonizzazione settoriale non sono stati ancora
sfruttati a sufficienza. Al momento sussiste ancora il rischio di una
concorrenza fra sistemi e di un conseguente livellamento verso il basso
delle norme di tutela dei consumatori, dei lavoratori e dell'ambiente in
quanto nell'Unione europea vi sono ancora sistemi giuridici, sociali e
sanitari diversi. Soprattutto negli ambiti particolarmente sensibili, un
approccio settoriale mediante l'armonizzazione può dare risultati migliori
in termini di adeguamento alle sfide del mercato unico di quanto non possa
dare l'applicazione prematura di un criterio puramente orizzontale. In
tale contesto, insieme a tutti i gruppi interessati, specie le
organizzazioni di tutela dei consumatori e le parti sociali, è necessario
valutare per ogni singolo settore, nel quadro di un'analisi d'impatto
esauriente riguardante anche gli aspetti sociali e ambientali, se sia
appropriato applicare il principio del paese d'origine. Dato che le misure
di armonizzazione sono strumenti almeno altrettanto validi ai fini della
realizzazione del mercato interno, in un orizzonte temporale adeguato si
dovrebbe procedere al ravvicinamento delle varie disposizioni nei settori
per cui esistono norme nazionali specifiche in campo sanitario, sociale e
professionale. In una fase intermedia la Commissione europea, il
Parlamento europeo e il Consiglio dovrebbero stabilire se nei settori di
cui sopra siano state adottate e realizzate sufficienti misure di
armonizzazione. A seconda del livello di ravvicinamento raggiunto, si
dovrebbe poi dare agli Stati membri un'ultima possibilità di ravvicinare
le legislazioni attraverso l'armonizzazione. Secondo il Comitato questo
metodo, se accompagnato da una definizione ben chiara di questi
particolari servizi (per esempio delle libere professioni), comporta il
vantaggio di poter e dover preparare progressivamente e in modo ottimale
gli operatori interessati al principio del paese d'origine che dovrà
essere applicato dopo il periodo transitorio, al fine di realizzare il
mercato interno. Questo vale anche per i meccanismi di coregolamentazione
e di autoregolamentazione.
- Il Comitato esorta a
valutare se sia utile istituire un registro centrale, autonomo e
accessibile immediatamente, delle violazioni e delle irregolarità commesse
nell'esercizio delle professioni regolamentate nel quadro della
prestazione transfrontaliera dei servizi. Tale registro, in cui gli organi
competenti dovranno registrare le violazioni delle regole professionali,
deve consentire una comunicazione quanto più possibile rapida e non
burocratica tra i servizi nazionali competenti, oltre a garantire anche
una vigilanza e una disciplina efficaci degli operatori del
mercato.
- La proposta di direttiva
stabilisce che lo Stato membro d'origine è responsabile del controllo dei
prestatori di servizi e dei servizi da loro forniti, anche di quelli
prestati in un altro Stato membro. Questa norma comporta una grossa
responsabilità e un forte carico di lavoro per il paese d'origine e i suoi
uffici competenti. L'articolo 6, lettera b), della proposta di direttiva
sul riconoscimento reciproco delle qualifiche professionali sottolinea
invece che, nel caso della prestazione transfrontaliera di servizi, è
necessario notificare nello Stato membro ospitante l'attività svolta con
determinate qualifiche professionali. Inoltre, quando un prestatore di
servizi si reca in uno Stato membro nel quale vigono norme più severe si
possono verificare indesiderate distorsioni della concorrenza, che secondo
il Comitato potrebbero essere evitate con un progressivo ravvicinamento
delle normative nazionali finalizzato a stabilire norme minime di qualità
tali da garantire un adeguato livello di tutela dei consumatori, dei
lavoratori e dell'ambiente. È indispensabile precisare le condizioni e i
principi in base ai quali saranno effettuati i controlli sui prestatori di
servizi che operano in altri Stati membri, affinché i consumatori possano
esser certi che i servizi offerti sono conformi alla legislazione in
vigore.
- Il principio del paese
d'origine può funzionare soltanto se le autorità nazionali sono molto ben
organizzate anche a livello regionale e locale. L'attuale interconnessione
elettronica delle strutture di controllo e di cooperazione è
insufficiente. Il controllo delle attività professionali da parte del
paese d'origine, che secondo l'attuale disposto degli articoli 36 e 37
della proposta di direttiva dovrebbe avvenire attraverso una forma di
"collaborazione" fra paese d'origine e paese ospitante, non offre garanzie
di efficacia.
- D'altro canto il Comitato
è convinto che i ritardi dovuti agli ostacoli linguistici e ai tempi
lunghi richiesti da certe modalità di comunicazione non possano avere
effetti immediati favorevoli al consumatore colpito o danneggiato da un
cattivo servizio. È indispensabile garantire ai consumatori la possibilità
di presentare reclamo in modo semplice ed efficace e di far valere i
propri diritti in seguito ad una cattiva fornitura di servizi. In base
alla proposta di direttiva, gli uffici competenti dello Stato ospitante
non potrebbero nemmeno intervenire, dato che di regola non viene nemmeno
comunicato loro sotto quali norme e con quale tipo di copertura
assicurativa per la responsabilità civile ecc. il prestatore di servizi
straniero entra in contatto con i consumatori dello Stato ospitante. Per
questo motivo bisognerà aggiungere almeno l'obbligo di comunicazione alle
autorità competenti dello Stato ospitante nonché l'attribuzione a queste
ultime di competenze in materia disciplinare; ambedue i compiti potrebbero
essere espletati mediante il registro centrale proposto dalla Commissione.
Alcuni emendamenti di questo tenore sono già stati accolti dal Parlamento
europeo in prima lettura anche nel quadro dell'iter legislativo della
proposta di direttiva sul reciproco riconoscimento delle qualifiche
professionali.
- Infine, il Comitato teme
che, nonostante le deroghe puntuali di cui all'articolo 17, punti 20-23
della proposta di direttiva, si rischi di non riuscire più a creare uno
strumento giuridico unico per le obbligazioni contrattuali ed
extracontrattuali, come definito con il regolamento Roma I e con la
proposta di regolamento Roma II. Entrambi perseguono un approccio
universale in quanto disciplinano il diritto internazionale privato in
modo uniforme sia per le questioni intracomunitarie sia per quelle che
coinvolgono paesi terzi, garantendo in tal modo chiarezza giuridica a
tutte le parti di un contratto.
- Distacco dei
lavoratori
- Scopo della direttiva sul distacco
dei lavoratori (96/71/CE) del 16 dicembre 1996 è quello di conciliare
l'ampliamento delle possibilità per le imprese di prestare servizi in
altri Stati membri con l'applicazione di norme sociali minime per i
lavoratori. La direttiva sul distacco dei lavoratori disciplina il
coordinamento pratico delle condizioni di lavoro e di occupazione dei
lavoratori distaccati. Per questo motivo, all'articolo 17, punto 5, della
proposta di direttiva la Commissione ha previsto una deroga
all'applicazione del principio del paese di origine per la direttiva sul
distacco dei lavoratori, indicando così che intendeva delimitare
chiaramente i campi d'applicazione delle due direttive. A una lettura più
attenta degli articoli 24 e 25 della proposta in esame, il Comitato si
chiede però se la deroga proposta sia formulata in modo sufficientemente
chiaro e completo.
- Il rapporto fra la direttiva sul
distacco dei lavoratori e quella sui servizi ha sollevato numerosi
interrogativi che variano da un paese all'altro a seconda dei diversi
sistemi che regolano il mercato del lavoro. Affinché la direttiva sui
servizi sia accettabile, bisogna dare attenta considerazione alla
posizione delle parti sociali, sia a livello europeo che
nazionale.
- La direttiva sui servizi
non deve incidere sui diritti sindacali, sul diritto di organizzazione e
di contrattazione collettiva, ivi compreso il diritto delle parti
sociali di concludere contratti collettivi, né sul diritto di sciopero.
Si propone di esplicitare questo aspetto all'articolo 3.
Il trattamento dei lavoratori provenienti da altri Stati membri
deve essere uguale a quello dei lavoratori del paese in cui viene resa
la prestazione. Nell'ottica del principio di non discriminazione su cui
poggiano i trattati europei questo è del tutto evidente. Tutti gli
aspetti rilevanti delle retribuzioni e delle condizioni di lavoro
dovranno pertanto essere disciplinati dalle norme vigenti nel paese in
cui viene resa la prestazione. Per essere efficace, il controllo del
rispetto di queste norme per tutti gli aspetti rilevanti deve avvenire
sul posto di lavoro. La direttiva sui servizi deve pertanto sancire
chiaramente che l'obiettivo della direttiva sul distacco dei lavoratori
consiste nel tutelare questi ultimi, e che in virtù della stessa è
senz'altro ammissibile prevedere norme più ambiziose dei requisiti
minimi obbligatori per i lavoratori vigenti in un determinato
paese.
- Il Comitato è convinto che
il divieto di procedure di controllo di cui agli articoli 24 e 25 della
proposta di direttiva svuoti di ogni significato la deroga di cui
all'articolo 17, punto 5. Resta infatti da chiarire in che modo lo Stato
membro di origine possa venire a conoscenza di eventuali violazioni
commesse nello Stato di destinazione, che a sua volta non può eseguire
controlli né imporre sanzioni. Anche ammettendo che ciò fosse possibile,
resta ancora da chiarire come lo Stato membro d'origine possa intervenire
in uno Stato estero nel quale non può esercitare alcuna forma di
sovranità. La direttiva sul distacco dei lavoratori consente invece agli
Stati membri di stabilire quali dichiarazioni possano essere richieste
alle imprese dallo Stato di accoglienza (per esempio nel quadro di appalti
pubblici), chi sia abilitato a riscuotere eventuali sanzioni pecuniarie e
a ricevere ricorsi sul territorio nazionale e quali requisiti debbano
avere le dichiarazioni di attività; ci si dovrebbe quindi attenere a tali
disposizioni.
- Una migliore
collaborazione fra le autorità del paese di origine e quelle del paese di
distacco è senz'altro auspicabile e da favorire in futuro; tuttavia,
secondo il Comitato, l'esperienza pratica dimostra che la realtà è
diversa, e la proposta di direttiva non ne tiene ancora sufficientemente
conto. Il Comitato reputa quindi che la direttiva sui servizi debba essere
più precisa e specifica sulle modalità di collaborazione fra il paese di
origine e quello di distacco.
- Per quanto riguarda il
distacco transfrontaliero di lavoratori di paesi terzi, la proposta di
direttiva prevede che lo Stato di origine debba controllare che il
prestatore di servizi distacchi soltanto lavoratori (cittadini dell'Unione
o extracomunitari) in possesso dei requisiti in vigore sul suo territorio
in materia di permesso di soggiorno e di lavoro regolare. Lo Stato membro
di accoglienza non può sottoporre a controlli preventivi né i lavoratori
né i prestatori di servizi. Queste disposizioni potrebbero generare
problemi simili a quelli già precedentemente descritti. Anche in questo
caso la direttiva dovrebbe pertanto specificare che l'attuale quadro
giuridico resta immutato.
- Tutela dei consumatori
attraverso assicurazioni obbligatorie
- Il Comitato riconosce che
l'obbligo di stipulare un'assicurazione per la responsabilità
professionale a carico dei prestatori di servizi le cui prestazioni
comportano un rischio per la salute, per la sicurezza oppure un rischio
finanziario per i destinatari può rappresentare uno strumento per
aumentare la fiducia dei consumatori. Un'unica disciplina comunitaria in
materia di assicurazione obbligatoria contro i rischi professionali può
essere opportuna anche per garantire pari condizioni di concorrenza fra
tutti i prestatori di servizi. Alla luce delle argomentazioni favorevoli o
contrarie all'obbligo assicurativo, questo appare però giustificato
soltanto in presenza di un interesse superiore dei terzi o dei
consumatori. Bisogna quindi definire già nella direttiva quali sono le
categorie professionali e i settori interessati da questo obbligo. Inoltre
le norme devono essere sufficientemente flessibili per poter tenere conto
delle situazioni individuali di rischio e del fabbisogno di copertura dei
numerosi potenziali contraenti di queste assicurazioni.
- Garanzia di qualità
attraverso la certificazione
- Il Comitato è convinto che il
fatto stesso di fornire servizi basati sulla conoscenza costringe gli
operatori concorrenti a un aggiornamento continuo. Essi possono infatti
sopravvivere soltanto se applicano i più recenti standard
tecnico-scientifici. I marchi di qualità e le certificazioni forniranno
l'auspicata garanzia di qualità soltanto nei casi in cui il consumatore
sia in grado di identificare gli standard cui si riferiscono. Per un
riconoscimento generale, è necessario che sia raggiunto un certo grado di
notorietà, altrimenti non c'è la trasparenza necessaria per il
consumatore. I consumatori dovrebbero anche essere informati in modo
comprensibile e trasparente sui marchi di qualità dei servizi offerti. La
presenza sul mercato di numerosi marchi di qualità che i consumatori non
riconoscono può portare ad una perdita di valore di tali marchi e non
contribuisce a garantire ai consumatori le informazioni necessarie.
- Trasparenza dei
prezzi
- Come già indicato all'articolo 26,
paragrafo 3, della proposta di direttiva, anche nel campo dell'indicazione
e del calcolo dei prezzi dovrebbe esserci trasparenza. A questo proposito
il Comitato ritiene opportuno valutare se non sia il caso di imporre non
soltanto la trasparenza dei prezzi su richiesta del consumatore (nel
quadro degli scambi tra imprese e consumatori, "business to
consumer"), bensì anche l'indicazione spontanea al momento
dell'attribuzione dell'incarico. Si potrebbe ottenere questa trasparenza
per i consumatori ad esempio mediante disposizioni in materia di costi e
tariffe compatibili con le norme UE. Ciò può risultare superfluo nel caso
delle operazioni tra imprese ("business to business").
- Utilizzo degli strumenti
elettronici
- Il Comitato si rallegra del fatto
che tutte le operazioni dovranno essere svolte in linea di massima per via
elettronica. Si tratta di un requisito lungimirante che, in linea di
principio, va accolto con favore. Tuttavia non va dimenticato - come si
desume già dalla restrizione prevista all'articolo 5 della proposta di
direttiva - che i documenti originali o le traduzioni autenticate di
originali importanti quali attestati, estratti di albi ecc. possono essere
presentati elettronicamente soltanto se la loro autenticità può essere
verificata attraverso una firma elettronica riconosciuta valida o altro
metodo analogo. Ciò non è ancora fattibile con la posta elettronica
normale; bisogna quindi che in tutti gli Stati membri vengano creati i
presupposti tecnici necessari (cfr. lavori del Comitato sui moderni mezzi
di comunicazione).
- Cooperazione
interdisciplinare
- Per il Comitato è importante poter
mettere a disposizione del consumatore soluzioni globali nate da forme di
collaborazione interprofessionale nel settore dei servizi. Visto che
alcuni prestatori di servizi godono di una posizione particolare negli
ordinamenti giuridici dei rispettivi paesi, bisogna tuttavia tener
presente il fatto che è importante regolamentare per legge la
collaborazione: qualora la legge preveda determinati diritti od obblighi
di riservatezza per taluni prestatori di servizi, la collaborazione sarà
possibile soltanto se questi vigono allo stesso modo per i diversi
professionisti che esercitano la loro attività nello stesso studio.
Altrimenti si rischia di violare i diritti del consumatore garantiti dalla
Carta europea dei diritti fondamentali.
- Codici di
condotta
- Il Comitato accoglie con favore la
proposta di introdurre codici di condotta a livello europeo. Tenuto conto
delle diverse norme nazionali in materia di ordinamenti professionali e
deontologia professionale, i codici di condotta rappresentano uno dei
tanti modi per garantire la qualità dei servizi erogati. I sistemi di
garanzia della qualità istituiti dai prestatori di servizi sono accordi
volontari, non vincolanti giuridicamente. Questo non implica affatto che
siano privi di efficacia, ma costituisce comunque un certo limite a
livello dell'applicabilità. Le riserve normative che vi sono in taluni
Stati membri rendono più difficoltosa l'applicazione di tali
accordi.
- Sicurezza
sociale
- L'Unione europea allargata è un
mosaico di diversi sistemi di sicurezza sociale costruiti nel tempo in
stretta collaborazione con le parti sociali. Lo scambio di prassi
consolidate è stato lo strumento più importante per favorirne
l'evoluzione. Questo ha dei riflessi anche sulla proposta di direttiva sui
servizi nel mercato interno: bisogna infatti fare in modo di non
compromettere le conquiste sociali comuni.
- Le parti sociali hanno
naturalmente un ruolo importante nello sviluppo del settore dei servizi,
dato di fatto che non occorre nemmeno menzionare esplicitamente. In questo
contesto va invece ricordato che i sindacati non sono espressamente citati
nell'ambito della consultazione delle "parti interessate" di cui alla
proposta di direttiva. Il Comitato insiste sul fatto che, nel quadro dello
sviluppo del settore dei servizi, le parti sociali e la società civile
organizzata devono essere consultate ogni qualvolta ciò appaia indicato.
Anche le iniziative spontanee degli interessati sono sempre ben
accolte.
- In questo contesto appare
particolarmente importante notare che la proposta di direttiva non tiene
conto del fatto che in taluni Stati membri i contratti collettivi hanno
preso il posto delle disposizioni legislative; in pratica ciò significa
che hanno forza di legge proprio come la legislazione tradizionale. I
contratti collettivi hanno spesso questo ruolo specifico soprattutto nei
paesi scandinavi; la prassi più comune è infatti che parti sociali
indipendenti negozino le retribuzioni e le condizioni di lavoro, che
avranno poi validità generale. La proposta di direttiva andrebbe quindi
modificata nel senso di riconoscere espressamente ai contratti collettivi
la funzione di strumenti per adempiere agli obblighi derivanti dalla
presente direttiva.
- Sistema di
autorizzazione
- Le restrizioni previste alla
discrezionalità degli Stati membri in materia di introduzione o di
mantenimento dei propri sistemi di autorizzazione nazionale sono molto
severe e produrranno cambiamenti in numerosi Stati membri. C'è da
chiedersi se ciò non pregiudichi la possibilità degli Stati membri di
imporre l'applicazione delle proprie norme nazionali, per esempio in campo
sociale, sanitario e ambientale. La libertà di intervento di cui dispone
lo Stato e la discrezionalità possibile sul territorio - a livello
nazionale, regionale o locale - sono elementi essenziali per poter
influire sugli standard di qualità e di sicurezza in campo sociale e
sanitario. Il potere di definire la politica sociale dipende infatti anche
dalla possibilità di imporre condizioni e requisiti specifici ai
prestatori di servizi in loco.
- Fiscalità
- L'articolo 2 della proposta di
direttiva in esame prevede deroghe alla sua applicazione nel settore
fiscale. Il Comitato ricorda che uno dei principali ostacoli alla
realizzazione del mercato interno resta sempre la diversa applicazione
delle norme fiscali negli Stati membri. L'armonizzazione delle norme a
livello comunitario può portare a qualche adeguamento puntuale. Anche in
questo settore, però, il Comitato considera che il principio del paese di
origine non possa essere applicabile in modo generalizzato. Nella modifica
della 6a direttiva sull'IVA la Commissione europea propone per esempio che
i servizi prestati fra soggetti imponibili siano assoggettati all'IVA
nello Stato di destinazione e non in quello di origine. Da questo
punto di vista non sembra proprio che la semplificazione dei servizi
transfrontalieri sia improntata alla coerenza, che invece sarebbe utile
per non dire necessaria.
- Sintesi delle proposte del
Comitato
- Il Comitato accoglie con favore
l'obiettivo perseguito dalla Commissione europea con la proposta di
direttiva sui servizi nel mercato interno: realizzare il mercato interno e
compiere un ulteriore passo per fare dell'Unione europea l'economia basata
sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di
realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di
lavoro e una maggiore coesione sociale (strategia di Lisbona). Il mercato
dei servizi è un importante moltiplicatore per la creazione di posti di
lavoro e per la crescita economica nell'intera Unione europea. Inoltre la
realizzazione del mercato interno dei servizi può rappresentare per i
consumatori un enorme vantaggio, che si concretizza in prezzi più bassi e
maggiore possibilità di scelta. Il Comitato considera peraltro che, per
raggiungere veramente questo obiettivo, la proposta di direttiva dovrebbe
tenere conto delle modifiche e delle precisazioni proposte nel presente
parere.
- I punti fondamentali del
parere sono i seguenti:
- l'armonizzazione di determinati
servizi nel corso di un periodo transitorio in due fasi:
il Comitato reputa prematuro applicare il principio del paese
d'origine in maniera generalizzata al settore dei servizi transfrontalieri
e raccomanda in generale di verificare la reale applicabilità del
principio del paese di origine nei vari settori (p. es. in quello dei
servizi sanitari e sociali). Quando la sua applicazione appare in linea di
principio possibile, si dovrebbe tener conto delle seguenti
considerazioni: l'armonizzazione e il principio del paese di origine sono
strumenti almeno di pari dignità ai fini della realizzazione del mercato
unico; per alcune attività da definire separatamente e svolte nell'ambito
dei sistemi sanitari nazionali, delle libere professioni e di altri
settori sensibili, almeno per un periodo transitorio si dovrà privilegiare
lo strumento dell'armonizzazione. Al momento attuale il Comitato teme che
un'introduzione immediata del principio del paese d'origine comporterebbe
un livellamento "verso il basso". Le nuove disposizioni devono essere
strutturate nel modo più chiaro possibile ed essere di facile
applicazione, in modo da poter essere attuate facilmente e senza
complicazioni. Questo vale anche per i meccanismi di coregolamentaz ione e
di autoregolamentazione.
- La problematica della
dimensione sociale: la proposta di direttiva non deve determinare un
abbassamento degli attuali standard sociali e salariali e di quelli
relativi alla sicurezza sul posto di lavoro, soprattutto nel caso della
direttiva sul distacco dei lavoratori. I sistemi nazionali in materia di
contrattazione collettiva e contratti collettivi di lavoro, ivi comprese
le pertinenti disposizioni nazionali volte ad attuare la direttiva sul
distacco dei lavoratori (96/71/CE), non devono essere messi in
discussione. Gli Stati membri devono essere in grado di dare una
definizione vincolante dei concetti di lavoratore dipendente, lavoratore
autonomo e lavoratore parasubordinato, in modo tale da stabilire una base
univoca per il campo di applicazione della direttiva limitando la portata
del principio del paese d'origine. Inoltre, gli Stati membri dovranno
garantire che le condizioni generali di lavoro vigenti sul loro territorio
per determinate categorie vengano applicate anche ai lavoratori migranti e
distaccati. Eventualmente, si dovrebbe designare in loco un dipendente
dell'impresa come agente autorizzato incaricato di preparare i documenti
necessari per lavorare nel paese.
- Il campo di
applicazione e le norme sul conflitto di leggi: è necessario definire
con precisione ancor maggiore e delimitare più chiaramente il campo
d'applicazione del principio del paese d'origine nel settore dei servizi
transfrontalieri, le possibili deroghe e i conflitti di leggi. Si tratta
cioè di delimitarne il campo di applicazione rispetto alla futura
direttiva sul reciproco riconoscimento delle qualifiche professionali,
nonché di chiarire se e in quale modo si possa per esempio evitare il
conflitto di leggi fra il principio del paese di origine - che secondo la
proposta di direttiva ha sempre il primato - e le norme vigenti nello
Stato ospitante in materia sociale, fiscale e penale. In generale è
comunque bene evitare qualsiasi incongruenza rispetto ad altri atti
giuridici. Vanno fatte salve in particolare le convenzioni di Roma I e II.
In molti casi, però, il diritto internazionale privato offrirebbe una
regolamentazione più chiara per risolvere le controversie. In attesa di un
quadro comunitario in materia, tutti i servizi di interesse generale vanno
esclusi dal campo di applicazione della direttiva sui servizi.
- Il censimento delle
attività transfrontaliere in un registro centrale: a parere del
Comitato, ai fini del controllo dell'attività di determinati prestatori di
servizi, e specialmente dei liberi professionisti, previsto dalla
direttiva, bisognerebbe valutare se la creazione di un registro europeo
centrale in cui inserire i dati relativi agli obblighi e alle violazioni
sia utile e tale da aumentare l'efficacia delle attività di
vigilanza.
- Il miglioramento della
raccolta dati: occorre verificare e migliorare gli strumenti per
registrare i flussi del mercato interno dei servizi, in modo da poter
calibrare e valutare meglio cause ed effetti degli interventi.
- La garanzia di qualità
e la trasparenza dei prezzi: occorre mantenere un elevato livello di
tutela dei consumatori mediante i sistemi di garanzia della qualità ed
eventualmente anche con l'introduzione di assicurazioni obbligatorie. Nel
campo dei servizi transfrontalieri bisogna fare in modo che il
consumatore, nel quadro degli scambi "business to consumer", possa
avere subito un'idea, anche senza bisogno di chiederlo esplicitamente,
delle condizioni e dei costi a cui viene fornito il servizio. Una
possibilità sarebbe quella di prevedere disposizioni in materia di costi e
tariffe, nella misura in cui siano compatibili con il diritto
comunitario.
- Il ravvicinamento delle
disposizioni fiscali: al di là dei molti piccoli ostacoli reali o
percepiti come tali, sono gli Stati membri e gli enti locali stessi a
frapporre il principale ostacolo alla realizzazione del mercato interno:
l'applicazione diversa e incoerente della legislazione sui contributi
sociali e sull'imposizione fiscale. Il Comitato esorta gli Stati membri a
rivolgere anche in futuro la massima attenzione a questa
situazione.
- Nel complesso, gli aspetti
positivi del mercato interno, in particolare per le PMI e i lavoratori
autonomi, dovranno essere promossi più intensamente, coinvolgendo anche il
progetto PRISM del Comitato. Se i prestatori di servizi e i consumatori non
saranno pienamente convinti dei vantaggi del mercato unico, il Comitato
ritiene che il potenziale di crescita del settore dei servizi non potrà essere
sfruttato appieno.
Bruxelles, 10 febbraio
2005.
La
Presidente del Comitato economico e sociale
europeo
Anne-marie Sigmund
|
Il Segretario
generale del Comitato economico e sociale
europeo
Patrick VENTURINI
|
*
*
*
NB: Gli
allegati figurano alle pagine seguenti.
ALLEGATO I
al
PARERE
del Comitato economico e
sociale europeo
Qui di seguito si riportano
gli emendamenti respinti durante il dibattito, ma che hanno ottenuto un numero
di voti favorevoli pari almeno ad un quarto dei voti
espressi.
Punto
2.1.1
Modificare
nel seguente modo:
Ai fini
del buon funzionamento del mercato interno, oltre a ridurre gli ostacoli è
necessaria anche una regolamentazione adeguata. Per aumentare al tempo stesso la competitività
dell'Europa sono è necessario e
sia norme nazionali che disposizioni applicabili in tutta l'UE, e quindi
standard armonizzati semplificare le procedure e le formalità
amministrative di accesso ai servizi e alla loro
prestazione.
Esito della
votazione
Voti
contrari: 113
Voti
favorevoli: 48
Astensioni: 6
Punto
3.3.3
Sopprimere.
Esito della
votazione
Voti
contrari: 130
Voti
favorevoli: 52
Astensioni: 6
Punto
3.5
Sostituire l'intero punto
con il seguente testo:
3.5.1 Benché,
per quanto riguarda la libera prestazione di servizi transfrontalieri, già
esistano diritti sanciti dal Trattato e dalla giurisprudenza, le imprese, nella
pratica, sono spesso ancora incerte quanto ai propri diritti. La direttiva sui
servizi definisce e concretizza questi diritti. Il principio del paese di
origine, in particolare, è in tal senso un elemento essenziale, che può
permettere alle imprese, soprattutto alle PMI, di conoscere meglio i propri
obblighi ed i propri diritti quando prestano servizi transfrontalieri senza
tuttavia essere insediate nel paese che riceve tali servizi. Anche se la
direttiva formula una lunga serie di eccezioni al principio del paese d'origine,
il Comitato ritiene che essa, se non aggiungerà nuove eccezioni, possa
costituire un importante strumento per l'ulteriore sviluppo del mercato interno
dei servizi, con conseguenti grandi vantaggi per i consumatori, i lavoratori e
la competitività dell'Unione europea.
3.5.2 Il
Comitato vede nel principio del paese d'origine un catalizzatore per il
ravvicinamento delle legislazioni dei paesi membri, e, eventualmente, in un
secondo momento, per l'armonizzazione in materia di ambiente e di protezione dei
consumatori.
3.5.3 Il
Comitato ritiene che l'applicazione del principio del paese d'origine può essere
efficace solo in presenza di chiarezza e sicurezza giuridica quanto al suo campo
di applicazione. È quindi necessario assicurare che il principio non limiti i
diritti di cui già godono i consumatori ed i lavoratori, e che non riduca
l'attuale livello di protezione dell'ambiente. Nel contempo si deve cercare di
chiarire le controversie circa la compatibilità del principio del paese
d'origine con il diritto internazionale, Roma I e Roma II, ed eventualmente
risolvere altre questioni di ordine giuridico, senza tuttavia nuocere alla
finalità del principio del paese d'origine: agevolare le imprese di servizi
nelle loro attività transfrontaliere.
Esito della
votazione
Voti
contrari: 127
Voti
favorevoli: 68
Astensioni: 5
Punto 3.5.1
Sopprimere i punti 3.5.1,
3.5.2 e 3.5.3 e sostituirli con il seguente testo (nuovo punto
3.5.1):
La validità generale
del principio del paese d'origine di cui all'articolo 16 rappresenta il nucleo
stesso della proposta di direttiva, insieme alle deroghe di cui all'articolo 17.
È l’unico modo per riuscire ad avviare l’apertura dei mercati dei servizi senza
ulteriori ritardi. La concorrenza transfrontaliera tra i prestatori di servizi
andrà a vantaggio dei consumatori e può creare nuovi posti di lavoro. A parere
del Comitato, l'applicazione del principio del paese d'origine promette però
buoni risultati solo se vi sono chiarezza del diritto e certezza giuridica sul
suo campo di applicazione. Pertanto, parallelamente all'applicazione del
principio del paese di origine andrebbe valutato per quali servizi potrebbe
essere opportuno un ulteriore ravvicinamento delle basi giuridiche. Al tempo
stesso, si deve fare attenzione che con la libera prestazione dei servizi non
vengano limitati i diritti dei lavoratori e dei consumatori, né la protezione
dell'ambiente. In tali settori l'UE, rispetto a tutto il resto del mondo, ha già
ora degli standard elevati, che vanno garantiti.
Esito della
votazione
Voti
contrari: 122
Voti
favorevoli: 83
Astensioni: 5
Punto
3.5.1
Sopprimere.
Esito della
votazione
Voti
contrari: 141
Voti
favorevoli: 73
Astensioni: 7
Punto
3.5.2
Modificare come
segue:
La
validità generale del principio del paese d'origine di cui all'articolo 16
rappresenta il nucleo stesso della proposta di direttiva, insieme alle deroghe
di cui all'articolo 17. Il principio del
paese di origine risulta particolarmente opportuno nei casi in cui i servizi
possono essere standardizzati come le merci o l'armonizzazione normativa è tanto
avanzata da escludere qualsiasi conflitto., che finora è stato
applicato alle merci, viene applicato pari pari ai
servizi. Tuttavia ciò è opportuno solo nei casi in cui
i servizi possono essere standardizzati come le merci o l'armonizzazione
normativa è tanto avanzata da escludere qualsiasi
conflitto. Nei casi in cui invece gli standard non esistono o
addirittura è impossibile elaborarli (le cosiddette prestazioni non
classificabili) si dovrebbe tener conto di queste
particolarità.
Esito della
votazione
Voti
contrari: 134
Voti
favorevoli: 76
Astensioni: 6
Punto
3.5.3
Modificare come
segue:
Modificare
come segue:
Il Comitato reputa quindi prematuro applicare il principio
del paese d'origine in maniera generalizzata al settore dei servizi
transfrontalieri. Questo principio presuppone infatti
l'esistenza di situazioni giuridiche e di realtà
paragonabili. A parere del Comitato l'applicazione del principio del
paese d'origine promette dei buoni risultati solo se vi
sono chiarezza del diritto e certezza giuridica sul suo campo di
applicazione. Il Comitato considera
pertanto problematico applicare tale principio senza un adeguato periodo
transitorio, tanto più che, a suo avviso, gli strumenti disponibili per
un'armonizzazione settoriale non stati ancora sfruttati a
sufficienza. Al momento sussiste ancora il rischio di una
concorrenza fra sistemi e di un conseguente livellamento verso il basso delle
norme di tutela dei consumatori, dei lavoratori e dell'ambiente in quanto
nell'Unione europea vi sono ancora sistemi giuridici, sociali e sanitari
diversi. Soprattutto negli ambiti particolarmente
sensibili, un approccio settoriale mediante l'armonizzazione può dare risultati
migliori in termini di adeguamento alle sfide del mercato unico di quanto non
possa dare l'applicazione prematura di un criterio puramente
orizzontale. In tale contesto è necessario valutare per ogni singolo
settore, nel quadro di un'analisi d'impatto esauriente, anche per quanto
riguarda gli aspetti sociali e quelli di valenza ambientale, se è appropriato
applicare il principio del paese d'origine. Dato che le misure di armonizzazione, insieme al
principio del paese di origine, sono strumenti complementari
almeno altrettanto validi ai fini della
realizzazione del mercato interno, in un orizzonte temporale adeguato si
dovrebbe procedere al ravvicinamento delle varie disposizioni nei settori in cui
vi sono norme nazionali specifiche in campo sanitario, sociale e
professionale, se la Commissione europea, il Parlamento europeo e il
Consiglio lo riterranno indispensabile. In una fase intermedia la
Commissione europea, il Parlamento europeo e il Consiglio dovrebbero stabilire
se nei settori di cui sopra siano state adottate e realizzate sufficienti misure
di armonizzazione. A seconda del livello di ravvicinamento
raggiunto, si dovrebbe poi dare agli Stati membri un'ultima possibilità di
ravvicinare le legislazioni attraverso
l'armonizzazione. Secondo il Comitato questo metodo, se
accompagnato da una definizione ben chiara di questi particolari servizi (per
esempio delle libere professioni), comporta il vantaggio di poter e dover
preparare progressivamente e in modo ottimale gli operatori interessati al
principio del paese d'origine che dovrà essere applicato dopo il periodo
transitorio, al fine di realizzare il mercato
interno. Questo vale anche per i meccanismi di coregolamentazione
e di autoregolamentazione.
Esito della
votazione
Voti
contrari: 139
Voti
favorevoli: 79
Astensioni: 7
Punto
3.5.4
Sopprimere.
Esito della
votazione
Voti
contrari: 150
Voti
favorevoli: 65
Astensioni: 4
Punto
3.6.2
Sopprimere.
Esito della
votazione
Voti
contrari: 140
Voti
favorevoli: 74
Astensioni: 3
Punto
3.9
Sopprimere.
Esito della
votazione
Voti
contrari: 134
Voti
favorevoli: 73
Astensioni: 5
Punto
3.15
Sopprimere.
Esito della
votazione
Voti
contrari: 135
Voti
favorevoli: 90
Astensioni: 2
Punto
4.2.1
Sopprimere il punto 4.2.1 e
sostituirlo con il seguente testo:
L’approccio della
Commissione in base al quale, a parte le deroghe di cui nella proposta di
direttiva, il principio del paese d’origine sarà generalmente applicabile, è
giusto. Solo così si può riuscire ad avviare l’apertura dei mercati dei servizi
senza ulteriori ritardi. Al tempo stesso si dovrebbe garantire che vi siano
chiarezza del diritto e certezza giuridica nell’applicazione del principio del
paese d’origine. Parallelamente all'applicazione di tale principio andrebbe
valutato per quali servizi potrebbe essere opportuno un ulteriore ravvicinamento
delle basi giuridiche. Si deve fare attenzione che con la libera prestazione dei
servizi non vengano limitati i diritti dei lavoratori e dei consumatori, né la
protezione dell'ambiente. Le nuove disposizioni devono essere strutturate nel
modo più chiaro possibile ed essere di facile applicazione, in modo da poter
essere attuate facilmente e senza complicazioni. Questo vale anche per i
meccanismi di coregolamentazione e di
autoregolamentazione.
Esito della
votazione
Voti contrari:
146
Voti
favorevoli: 66
Astensioni: 4
Punto
4.2.1
Sostituire con il seguente
testo:
Il principio del
paese d'origine e l'armonizzazione sono due strumenti ugualmente importanti per
garantire la libera circolazione dei servizi. Il principio del paese d'origine
può essere visto anche come un catalizzatore del ravvicinamento delle
legislazioni dei paesi membri, e, eventualmente, in un secondo momento,
dell'armonizzazione nei settori che lo richiedono. In sé il principio del paese
d'origine può contribuire a far sì che le imprese si lancino con molta più
tranquillità nella prestazione di servizi transfrontalieri, senza però
stabilirsi nel paese nel quale i servizi sono forniti. Ciò fungerà da leva per
lo sviluppo del mercato interno dei servizi, nell'interesse sia dei consumatori
che dei lavoratori, nonché della competitività a livello europeo. Prima di
aspettarsi reali vantaggi dal principio del paese d'origine è tuttavia
importante chiarire tutte le eventuali questioni giuridiche ancora
irrisolte.
Esito della
votazione
Voti
contrari: 135
Voti
favorevoli: 75
Astensioni: 3
Punto
4.2.2
Modificare come
segue:
4.2.2 La
problematica della dimensione sociale: la proposta di direttiva non deve indurre
un abbassamento degli attuali standard sociali e salariali e di quelli relativi
alla sicurezza sul posto di lavoro, soprattutto nel caso della direttiva sul
distacco dei lavoratori. I sistemi nazionali in materia di contrattazione
collettiva e contratti collettivi di lavoro, ivi comprese le pertinenti
disposizioni nazionali volte ad attuare la direttiva sul distacco dei lavoratori
(96/71/CE), non devono essere messi in discussione. Gli Stati membri
devono essere in grado di dare una definizione vincolante dei concetti di
lavoratore dipendente, lavoratore autonomo e lavoratore parasubordinato, in modo
tale da stabilire una base univoca per il campo di applicazione della direttiva
limitando la portata del principio del paese d'origine. Inoltre, gli Stati
membri dovranno garantire che le condizioni generali di lavoro vigenti sul loro
territorio per determinate categorie vengano applicate anche ai lavoratori
migranti e distaccati. A tal fine potrebbe essere considerata sufficiente la
dichiarazione con la quale l'imprenditore attesta che intende procedere in
generale secondo tale criterio. Eventualmente, si dovrebbe designare in loco un
dipendente dell'impresa come agente autorizzato incaricato di preparare i
documenti necessari per lavorare nel
paese.
Esito della
votazione
Voti
contrari: 132
Voti
favorevoli: 84
Astensioni: 1
Punto
4.2.4
Sostituire con il seguente
testo:
L'idea di
semplificare le procedure e di creare un unico punto di contatto per i
prestatori di servizi deve essere accolta con favore. Mancano tuttavia dettagli
concreti circa le procedure. Particolare attenzione deve essere prestata a
ridurre gli oneri burocratici ed amministrativi.
Esito della
votazione
Voti
contrari: 141
Voti
favorevoli: 74
Astensioni: 3
Punto
3.9
Sopprimere.
Esito della
votazione
Voti
contrari: 140
Voti
favorevoli: 76
Astensioni: 1
*
*
*
ALLEGATO
II
al
parere
del Comitato economico e
sociale europeo
I seguenti testi del parere
della sezione specializzata sono stati respinti sulla base degli emendamenti
adottati dall'Assemblea, ma hanno ottenuto almeno un quarto dei voti
espressi:
3.5.1 Il Comitato
considera che, per realizzare un mercato interno di qualità, prima di applicare
in modo generalizzato il principio del paese d'origine si dovrebbe adottare un
approccio differenziato per un periodo transitorio.
Esito della
votazione
121 voti a favore
dell'eliminazione della frase, 75 voti contrari e 10
astensioni.
3.5.2 La validità
generale del principio del paese d'origine di cui all'articolo 16 rappresenta il
nucleo stesso della proposta di direttiva, insieme alle deroghe di cui
all'articolo 17. Il principio del paese di origine, che finora è stato applicato
alle merci, viene applicato pari pari ai servizi. Tuttavia ciò è opportuno solo
nei casi in cui i servizi possono essere standardizzati come le merci o
l'armonizzazione normativa è tanto avanzata da escludere qualsiasi conflitto.
Nei casi in cui invece gli standard non esistono o addirittura è impossibile
elaborarli (le cosiddette prestazioni non classificabili) si dovrebbe tener
conto di queste particolarità.
Esito della
votazione
112 voti a favore della
modifica del punto, 91 voti contrari e 11 astensioni.
_____________
1 GU C 48 del
21.2.2002.
- -
- -
INT/228 - CESE 137/2005 - 2004/0001 (COD)
DE-CAT/COM/SAB/rm/gp/cd/rm
INT/228 - CESE 137/2005 - 2004/0001 (COD)
DE-CAT/COM/SAB/rm/gp/cd/rm …/…
INT/228 - CESE 137/2005 - 2004/0001
Allegato I (COD) DE-CAT/COM/SAB/rm/gp/cd/rm
INT/228 - CESE 137/2005 - 2004/0001
Allegato II (COD) DE-CAT/COM/SAB/rm/gp/cd/rm