Appalti pubblici di
servizi: rischi e prospettive in Europa
Enzo
Bernardo
Il
Parlamento europeo ha approvato, con alcuni emendamenti, le due posizioni
comuni del Consiglio europeo in merito alle disposizioni in materia di
appalti pubblici. Le posizioni comuni sono basate su due proposte della
Commissione: la prima per una direttiva generale relativa al coordinamento
delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori,
forniture e servizi (la cosiddetta “direttiva classica”) ; la seconda
per una direttiva specifica riguardante gli enti erogatori di acqua ed
energia e quelli che forniscono servizi di trasporto e servizi postali.
Il
passaggio era estremamente insidioso tenendo conto che il relatore,
Stefano Zappalà, di Forza Italia, aveva come obiettivo, assieme alla gran
parte del gruppo del Partito Popolare Europeo, quello di svuotare
la portata regolatrice della normativa comunitaria sugli appalti.
I
risultati delle votazioni, grazie al lavoro di pressione svolto dalla
Federazione Sindacale Europea dei Servizi Pubblici (FSESP), dalla CES e da
molti gruppi ambientalisti ed alle ferme posizioni del Partito Socialista
Europeo, dei Verdi e di una parte dei liberali e dei popolari europei,
sono stati molto meno negativi di quanto si temesse, tenendo conto della
forte maggioranza di centro destra al Parlamento.
I
punti più rilevanti su cui si è concentrato il conflitto sono i
seguenti: I criteri sociali ed
ambientali (articolo 53)
La
posizione comune del Consiglio non aveva debitamente tenuto conto della
prima lettura del Parlamento europeo rispetto agli emendamenti che
chiedevano l'inserimento delle dimensione sociale e ambientale tra i
criteri di assegnazione degli appalti. Il Consiglio aveva riproposto a
riguardo la posizione di compromesso della Commissione secondo cui gli
aspetti ambientali e sociali potevano
essere considerati nel valutare l'offerta al momento dell'attribuzione
dell'appalto.
E’
passato un invece un emendamento fondamentale (339 si 218 no) che dice
“…
quando l'appalto è aggiudicato all'offerta economicamente più
vantaggiosa per le amministrazioni aggiudicatrici, diversi criteri in
nesso diretto con l'oggetto dell'appalto pubblico in questione,
quali, ad esempio, la qualità, il prezzo, il pregio tecnico, le
caratteristiche estetiche e funzionali, le caratteristiche ambientali, comprese
quelle attinenti ai metodi produzione, il costo d'utilizzazione, la
redditività, il servizio successivo alla vendita e l'assistenza tecnica,
la data di consegna e il termine di consegna o di esecuzione, la
politica di parità di trattamento dell’offerente…”
Questo
è un notevole passo in avanti se comparato alla formulazione della
posizione comune, che affermava che l’offerta economicamente più
vantaggiosa doveva esserlo per le
amministrazioni aggiudicatrici e che i diversi criteri dovevano essere
giustificati dall’oggetto
dell’appalto pubblico.
In
questo caso le posizioni sostenute dal sindacato europeo sono state capite
a fondo ed accettate. Bisogna anche dire che, grazie a molti emendamenti
estremisti presentati dalla Lega, molti eurodeputati popolari hanno difeso
il testo più favorevole alla dimensione sociale ed ambientale.
Non
si può negare, altrettanto, che non sono stati accolti gli emendamenti
che inserivano come ammissibili criteri “connessi all’oggetto
dell’appalto pubblico in questione” quelli relativi ai metodi
produttivi, alle considerazioni
sociali ed etiche e la politica di parità di trattamento dell’offerente.
Tra
i pochi emendamenti in grado di raccogliere i 314 voti richiesti per
l'adozione in seconda lettura, ce n'è uno che esclude dall'ambito di
applicazione della direttiva gli appalti pubblici di forniture concernenti
l'acquisto di libri scolastici che nello Stato membro in cui sono
acquistati hanno un prezzo fisso, stabilito per legge.
Le soglie di applicabilità
Le
soglie di applicabilità - ossia l'importo oltre il quale un appalto
pubblico è soggetto alla normativa comunitaria - costituiscono ancora un
punto controverso. Il relatore, con il conforto del voto della commissione
giuridica, aveva deciso di ripresentare gli emendamenti che puntano ad
innalzare ulteriormente le soglie - questa posizione non era condivisa dal
PSE, dai Verdi e dai Liberali. In particolare, si chiedeva un aumento del
23% (200.000 euro) della soglia applicabile agli appalti pubblici di
forniture e servizi assegnati da autorità governative centrali; un
aumento del 20% (300.000 euro) delle soglie per appalti assegnati da altre
autorità pubbliche, un aumento del 12% (7.000.000 euro) delle soglie per
gli appalti di lavori.
Il
Consiglio aveva già proposto nella sua posizione comune un amento del
20-25% delle soglie; il PSE, per conto della relatrice ombra Maria Berger
(austriaca), considerava questo aumento delle soglie sufficiente e,
soprattutto, compatibile con gli impegni internazionali presi all'interno
dell’ OMC con l'accordo governativo sugli appalti.
Le
controversie sulle soglie sono facilmente strumentalizzabili da chi chiama
in causa la necessità di tutelare le amministrazione locali e le PMI,
sostenendo che per le amministrazioni locali le procedure previste dalla
normativa comunitaria rappresentano difficoltà e costi economici
amministrativi maggiorati e che per le piccole imprese sarà molto
difficile poter competere con le grandi imprese per appalti europei su
scala locale e regionale.
A
sostegno delle PMI è stato invece approvato un emendamento che stabilisce
che una quota del 10% del valore di un appalto pubblico possa essere
riservato alle piccole e medie imprese.
In
base a due specifici emendamenti, il rispetto dei principi fondamentali
dei trattati dovrà essere garantito anche per appalti pubblici al di
sotto delle soglie, quindi non regolamentati dalla normativa comunitaria.
Le disposizioni in materia
di subappalto
Il
Parlamento ha adottato diversi emendamenti volti a rafforzare le
disposizioni in materia di subappalto che stabiliscono che le imprese
subappaltatrici devono rispettare tutti i requisiti economici, finanziari
e sociali previsti per gli altri soggetti economici. I servizi
intellettuali (tranne quelli di traduzione e interpretazione) non possono
essere subappaltati.
Situazione degli offerenti
e dei concorrenti per l'appalto
Si
prevede inoltre che le offerte anomale, troppo basse, o che non rispettano
i requisiti necessari in termini finanziari da parte dell'offerente siano
respinte. Alcuni emendamenti prevedono che i concorrenti per un appalto
che si trovino in situazione di fallimento, liquidazione, cessazione di
attività, amministrazione controllata o concordato preventivo dovrebbero
essere esclusi dall'aggiudicazione dell'appalto. Questa previsione votata
in commissione giuridica era più stringente di quella indicata nella
posizione comune che faceva riferimento alla possibilità, e non
all'obbligo, di escludere gli operatori economici non adeguati. La
commissione giuridica chiedeva anche di escludere gli operatori condannati
per frode o per comportamenti di concorrenza sleale. Ma su questo punto
gli emendamenti non hanno superato lo sbarramento dei 314 voti.
Offerte per via
elettronica
Per
quanto riguarda la presentazione delle offerte per via elettronica, un
aspetto innovativo della direttiva, gli emendamenti votati chiedono di
rafforzare la sicurezza garantendo la protezione dei dati e delle firme
elettroniche.
Il rigetto della posizione
comune
Il
PPE ha tentato di respingere - su entrambe le direttive - la posizione
comune. Ma il tentativo è stato respinto dalla maggioranza del Parlamento
Per
quanto riguarda la direttiva settoriale si ripropongono le stesse
questioni conflittuali di quella classica. La novità più rilevante di
questa direttiva è stata l'inserimento dei servizi postali (parzialmente
estrapolato dalla direttiva classica), coerentemente alla strategia di
apertura alla concorrenza del settore.
Oggi. La difficile via del
comitato di conciliazione
Ma
il “buon” risultato al Parlamento europeo ha la vita difficile.
Innanzi tutto i rappresentanti dei governi (Coreper) hanno,purtroppo, più
di una difficoltà ad accettare le “conquiste sociali” poste dal testo
del Parlamento europeo. Questo vorrà dire che, sulla base dell’art.251
del Trattato, verrà istituto, entro sei settimane, un comitato di
conciliazione tra Parlamento, Commissione e Consiglio “che riunisce i
membri del Consiglio o i loro rappresentanti ed altrettanti rappresentanti
del Parlamento europeo, ha il compito di giungere ad un accordo su un
progetto comune a maggioranza qualificata dei membri del Consiglio o dei
loro rappresentanti e a maggioranza dei rappresentanti del Parlamento
europeo. La Commissione partecipa ai lavori del comitato di conciliazione
e prende tutte le iniziative necessarie per favorire un ravvicinamento fra
le posizioni del Parlamento europeo e del Consiglio. Nell'adempiere tale
compito il comitato di conciliazione si richiama alla posizione comune in
base agli emendamenti proposti dal Parlamento europeo.”. Il comitato ha
sei settimane (con possibile proroga) per trovare una posizione comune ed
altre sei settimane per farla approvare dal Parlamento, a maggioranza
assoluta dei voti espressi, e dal Consiglio, a maggioranza qualificata.
Nel caso ciò non avvenga “l'atto proposto si considera non adottato.”
La
via è complicata. Soprattutto perché a difendere la posizione del
Parlamento ci saranno, in prima fila, proprio quei rappresentanti italiani
e del PPE, Zappalà e Gargani, che hanno votato contro ogni ipotesi
sociale all’interno delle politiche di appalti. Il tutto sotto la
presidenza italiana.
Il
rischio è che ne possa uscire qualche danno maggiore. La destra europea
sembra voler puntare a far fallire queste nuove direttive.
La
posizione sindacale è quella di uscire con nuove direttive sugli appalti
che facciano fare passi avanti sul terreno dei diritti sociali ed
ambientali. Ma se le nubi all’orizzonte fossero troppo minacciose
potrebbe essere il male minore convivere con le attuali direttive? Noi
pensiamo di si.
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