Romano
Prodi
Presidente
della Commissione europea
|
Parlamento
europeo
Bruxelles, 5 dicembre 2002
Signor
Presidente,
Onorevoli
Parlamentari,
La
Commissione presenterà oggi il suo secondo contributo alla Convenzione che
tratterà della futura architettura istituzionale dell'Unione.
Voglio
chiarire fin dal principio, per evitare equivoci alimentati da notizie di
stampa, che oggi presento, come era previsto un solo testo che la Commissione ha
adottato.
Quanto
al documento sulla Costituzione dell’Unione europea, di cui vi sono echi sulla
stampa, esso non rappresenta altro che un esercizio tecnico, uno studio di
fattibilità che i Commissari Barnier, Vitorino ed io stesso abbiamo
commissionato ad un gruppo di esperti giuristi della Commissione per avere una
prima idea di come potrebbe essere organizzato un Trattato. Tale documento è
fondamentalmente basato sulla struttura dell’avanprogetto presentato dal
Presidium alla Convenzione.
Trattandosi,
ripeto, di uno strumento tecnico di lavoro, esso non è stato sottoposto né a
discussione né tantomeno ad approvazione del Collegio, il quale non è quindi
politicamente responsabile del suo contenuto.
Benché
concepito principalmente ad uso interno, mi è sembrato tuttavia doveroso
informarne il Presidente Giscard e, a fini di trasparenza, abbiamo deciso di
renderlo disponibile su internet entro questa sera per offrire--come altri hanno
già fatto in precedenza--uno strumento di lavoro alla Convenzione e a chiunque
lo ritenga utile.
Per
dare il giusto tono alla mia presentazione e al dibattito che seguirà voglio
ricordare un protagonista della prima grande fondazione del progetto europeo.
Illustrando
il suo famoso metodo, Jean Monnet ha detto:
"Non ho mai pensato che possiamo cambiare la natura umana, possiamo però
modificare il contesto in cui le persone operano. Dando le stesse regole e le
stesse istituzioni democratiche, possiamo indurre gli uomini a comportarsi
diversamente fra di loro. Nella Comunità, gli europei imparano così a vivere
insieme come un solo popolo. Noi non coalizziamo gli Stati, noi uniamo gli
uomini".
Se
oggi vogliamo guardare avanti, molto avanti, dobbiamo salire sulle spalle dei
grandi statisti che ci hanno preceduto.
Si
tratta di un gesto di umiltà, ed è con umiltà che propongo di riprendere
l'intuizione di Monnet in vista delle grandi sfide del futuro. Per unire
tutti i cittadini d'Europa noi dobbiamo creare armonia fra gli Stati.
Il
dibattito di questi mesi, da quando la Convenzione si è insediata, ha già
chiarito molti dubbi e ha già dato risposte a molte domande.
In
primo luogo questo dibattito ha reso chiaro che i cittadini non vogliono che
l'Unione si ritiri dai campi nei quali è presente. Anzi, la gente chiede più
Europa in politica estera, nel campo della giustizia e della sicurezza e sulle
questioni sociali.
Inoltre,
c'è un ampio consenso sul metodo comunitario, che è alla radice di tanti
nostri successi. I rapporti fra le istituzioni principali vanno snelliti e
chiariti, ma anche i più scettici hanno capito che senza un forte elemento
comunitario l'Europa diventerebbe meno democratica e meno efficiente.
Il
nostro contributo alla Convenzione fa proprie queste istanze. In sintesi, esso
si pone tre obiettivi: l'Unione deve diventare più
democratica, più efficace e più chiara.
La
strada da percorrere per realizzarli non è ancora tracciata nei dettagli, ma
conosciamo già i punti di partenza e di arrivo.
La
rifondazione dell'Europa deve partire dalla doppia natura dell'Unione, che è unione
di popoli e di Stati a cui si aggiunge una terza fonte di legittimità
dell'Unione ovvero la difesa dell'interesse comune. E il nostro cammino deve portarci a
costruire la prima vera democrazia
sovranazionale del mondo.
Per
dare più spessore democratico alla nostra struttura, occorre definire meglio il
ruolo e le responsabilità delle principali istituzioni. Proponiamo quindi due
innovazioni.
La prima
riguarda
la procedura di nomina della Commissione.
1.
Il Presidente della Commissione viene eletto dal Parlamento europeo con
almeno i due terzi dei voti e a scrutinio segreto.
2.
Il Consiglio, una volta confermata la nomina del Presidente, di concerto
con lui o con lei designa gli altri membri della Commissione.
3. Il Parlamento europeo, infine, approva tutto il Collegio così
formato.
La seconda,
riguarda la doppia responsabilità della Commissione davanti al Parlamento
europeo e al Consiglio. Proponiamo infatti che entrambe le istituzioni abbiano
il diritto di censurare l'azione della Commissione.
In
questo modo acquista maggior equilibrio il triangolo istituzionale e si
consolida la posizione della Commissione come garante dell'interesse generale.
È
chiaro che il sistema proposto ripartisce più equamente il potere decisionale
fra i rappresentanti dei governi degli Stati e
i rappresentanti dei popoli dell'Unione, ovvero fra Consiglio e
Parlamento.
Per
lo stesso motivo proponiamo di generalizzare il metodo della codecisione. Tutte le leggi europee, sempre proposte
dalla Commissione, devono essere adottate a maggioranza dal Consiglio e decise
anche dal Parlamento europeo.
Infine,
come ho ripetuto spesso in quest'aula, è arrivato il momento di portare questa
Assemblea a livello di ogni altro Parlamento democraticamente eletto del mondo
passando per la riforma del finanziamento
dell'Unione.
Vogliamo
dare al Parlamento europeo più potere di decidere sulle risorse. Il bilancio
dell'Unione deve essere adottato dal Parlamento europeo e dal Consiglio seguendo
una procedura derivata dalla codecisione.
Come riconosce anche la bozza di Trattato presentata dal Presidio, le risorse dell'Unione dovrebbero avere carattere proprio; cade così la distinzione tra spese obbligatorie e spese non obbligatorie.
Onorevoli parlamentari,
I
punti salienti della comunicazione fanno tutti parte di un solo sistema. La
legittimità democratica delle nostre istituzioni, per esempio, è strettamente
legata alla loro funzionalità. Le nostre principali proposte a questo riguardo
si riassumono in tre punti.
Il primo è l'abolizione
del voto all'unanimità.
I momenti più bui della storia recente dell'Unione sono legati a questa regola.
Se il diritto di veto ha portato a volte alla paralisi decisionale con 15
membri, figuriamoci cosa può accadere con 25 o più.
Per
questo, ritengo che la regola del voto a maggioranza debba essere generale.
Tuttavia, l'attuale sistema di ponderazione è molto complesso e risulta arcano
ai cittadini.
Proponiamo
quindi che il Consiglio prenda quasi tutte le decisioni a doppia maggioranza semplice, vale a dire con un voto che
rappresenta contemporaneamente la maggioranza degli Stati membri e la
maggioranza dei cittadini dell'Unione. Per le decisioni più delicate prevediamo
l'uso di una maggioranza rafforzata.
Il secondo punto
riguarda la Presidenza del Consiglio,
un argomento che ha fatto scorrere fiumi d'inchiostro. Secondo me, la proposta
avanzata da più parti di creare la figura di un Presidente dell'Unione crea più
problemi di quanti ne risolva.
Se
da una parte contribuisce alla continuità e alla visibilità dell'Unione,
dall'altra nega agli Stati membri, e sottrae a tutti noi, la forte
partecipazione al progetto europeo.
Ci
sono altri problemi. Chi eleggerebbe il Presidente dell'Unione? A chi dovrebbe
rispondere? E soprattutto, come ha detto il Primo ministro Verhofstadt, che cosa
farebbe per "360 giorni all'anno quando il Consiglio non è riunito e
George Bush non lo chiama?" È chiaro che questa carica aprirebbe una falla
nella nostra struttura istituzionale.
Raccomandiamo
pertanto di mantenere il sistema di
rotazione per la Presidenza del Consiglio europeo, del Consiglio affari
generali e del Comitato dei rappresentanti permanenti.
Per
tutte le altre formazioni, proponiamo una nuova formula: i componenti delle
formazioni del Consiglio eleggono fra di
loro un Presidente che resta in carica per un anno. Questa formula dà
maggiore continuità ai lavori e affida le Presidenze a personalità che
godrebbero della piena fiducia dei loro pari.
Il terzo punto riguarda
la rappresentanza esterna.
L'Unione
deve muoversi sulla scena internazionale come un attore unico per difendere
i suoi valori e promuovere il suo modello di società.
In
campo commerciale l'Unione tratta già alla pari con gli altri protagonisti
della scena internazionale, perché non riusciamo a essere altrettanto credibili
sul piano politico?
Qui
dobbiamo avere immaginazione e coraggio perché è assolutamente necessario dare
all'Unione una voce sola in politica
internazionale.
La
nostra soluzione è il Segretario
dell'Unione per gli affari esteri. Questa nuova figura viene nominata dal
Consiglio europeo congiuntamente al Presidente della Commissione ed è anche
vicepresidente della Commissione.
Analogamente,
il Segretario dell'Unione risponde in
prima persona sia al Consiglio europeo che al Presidente della Commissione.
In quanto componente della Commissione, però, condivide la responsabilità del Collegio nei confronti del
Parlamento europeo.
Come
vedete, si tratta di un'innovazione importante ma, ripeto, inevitabile. Data
l'entità del cambiamento, abbiamo previsto un
periodo di transizione alla fine del quale il Segretario dell'Unione
assumerebbe in pieno le sue funzioni. Le voglio indicare brevemente.
Il
Segretario dell'Unione esercita
autonomamente il diritto di iniziativa della Commissione in politica estera
nel quadro degli orientamenti del Consiglio. Il Consiglio o un gruppo di Stati
membri, tuttavia, possono chiedergli di presentare al Consiglio stesso proposte
opportune per raggiungere gli obiettivi comuni.
Il
Segretario dell'Unione per gli affari esteri è anche responsabile
dell'attuazione delle decisioni comuni e, ciò che più conta, è il rappresentante
unico dell'Unione in politica estera nei confronti dei paesi terzi e delle
altre entità internazionali.
Diverse
attività dell'Unione sono collegate alla politica estera, ad esempio la
politica commerciale e la cooperazione allo sviluppo. La continuità di queste azioni sarà assicurata dalla collaborazione
fra il Segretario dell'Unione e il Presidente della Commissione.
La
questione della rappresentanza esterna dell'Unione si pone anche in campo
economico. Infatti, occorre risolvere la questione della rappresentanza della zona euro in sede internazionale. L'euro è già
una forza economica riconosciuta. Esso deve essere anche una forza politica e
deve far sentire la nostra voce all'esterno.
Passo
ora al terzo e ultimo punto qualificante della nostra proposta alla Convenzione:
la semplificazione e la chiarezza.
L'attuale
acervo di direttive, decisioni e regolamenti che, insieme, costituiscono la
nostra attività legislativa è forse la barriera più alta fra i cittadini e le
istituzioni europee.
La
Commissione ritiene che sia ora di mettere ordine negli strumenti a nostra
disposizione. Proponiamo pertanto di classificare
le norme in tre categorie:
1.
Le leggi organiche adottate
con maggioranze rafforzate al Parlamento europeo e al Consiglio.
2.
La leggi,
che devono essere adottate in codecisione fra il Parlamento e il Consiglio.
3.
I regolamenti esecutivi, adottati dalla Commissione in applicazione delle leggi.
Il
Trattato costituzionale deve tracciare una distinzione netta fra le leggi e le
norme esecutive.
Inoltre,
occorre stabilire chiaramente chi mette in pratica la legislazione europea.
Proponiamo di riservare le competenze
esecutive esclusivamente alla Commissione che, come ho detto, ne risponderà
sia al Parlamento che al Consiglio.
Il
principio di trasparenza si deve applicare anche alla "comitatologia",
quindi crediamo opportuno conservare solamente i comitati consultivi. Ripeto,
nel momento in cui il legislatore decide di attuare una legge a livello europeo,
la responsabilità esecutiva spetta solo alla Commissione.
Laddove
invece la Commissione dovesse esercitare una funzione legislativa delegata, è
corretto che i due rami del legislativo (Consiglio e Parlamento) siano messi
sullo stesso piano quanto alla possibilità di esercitare il controllo
sull'attività della Commissione (call back).
Signor
Presidente,
Onorevoli
parlamentari,
All'inizio,
ricordando le parole di Jean Monnet, ho detto che in questa fase della
costruzione dell'Europa unita dobbiamo guardare lontano.
Il
dibattito stimolato dalla Convenzione nei mesi scorsi ha già allargato i nostri
orizzonti. I Parlamenti e i governi nazionali vi hanno creduto sin dall'inizio e
hanno inviato personalità di primo piano a rappresentarli.
L'obiettivo
della Convenzione è diventato più ambizioso. Non si tratta più di assicurare
semplicemente il funzionamento delle istituzioni dopo l'allargamento ma di
definire la fisionomia generale della
nostra Unione per le prossime generazioni.
Sono
felice di questo sviluppo. La Convenzione, che il vostro Parlamento e io abbiamo
fortemente voluto, offre ai nostri cittadini e al mondo intero una riflessione
su tutti gli aspetti delle nostre
istituzioni.
E
sono felice che lo faccia alla luce del sole. Nei prossimi mesi nascerà una
nuova Europa unita, e potremo vantarci di averla fatta nascere in
modo trasparente e democratico.
Grazie.