Bruxelles, 4 dicembre 2002, COM (2002) 728 finale 

Per l’Unione europea

Pace, Libertà, Solidarietà 
Comunicazione della Commissione sull’architettura istituzionale 

Introduzione

1. Semplificare le modalità d’azione dell’Unione

1.1 Programmare e concepire
1.2 Legiferare
1.3 Dirigere l’azione dell’Unione

1.3.1 Coordinamento delle politiche economiche
1.3.2 Cooperazione amministrativa in materia di polizia
1.3.3 Conduzione della politica estera e di sicurezza comune
1.3.4 Controllare il rispetto delle regole comuni
1.3.5 Assicurare l’esecuzione delle regole comuni

1.4 Finanziare le politiche comuni

2. Riformare le istituzioni

2.1 Il Parlamento europeo
2.2 Il Consiglio

2.2.1 Determinazione della maggioranza qualificata
2.2.2 Organizzazione dei lavori del Consiglio

2.3 La Commissione

2.3.1 Designazione e responsabilità politica della Commissione
2.3.2 Composizione e funzionamento della Commissione europea

2.4 Le relazioni tra le istituzioni e i parlamenti nazionali

3. Ristrutturare i trattati



Introduzione

Il primo maggio 2004, ci sarà quasi un raddoppiamento del numero di Stati membri

. La posta in gioco in questo processo è di estendere ai paesi europei vicini le condizioni di pace, di solidarietà e di sviluppo economico di cui beneficiamo oggi, accogliendoli in un quadro istituzionale appropriato, chiave della riuscita del progetto europeo.

Con una comunicazione del 22 maggio scorso , la Commissione aveva auspicato, prima di qualsiasi discussione di natura istituzionale, incoraggiare la riflessione sugli obiettivi e le missioni dell’Unione europea. Nel momento in cui la Convenzione esamina i primi risultati dei gruppi di lavoro ed evoca la struttura del futuro trattato costituzionale, la Commissione intende contribuire a questi dibattiti presentando le modifiche del quadro istituzionale che le sembrano necessarie per approfondire il progetto europeo.


Quale progetto per l’Europa?

L’introduzione dell’euro, l’approfondimento del mercato interno, il coordinamento delle politiche economiche, il ravvicinamento delle politiche fiscali e sociali, la solidarietà tra paesi e regioni d’Europa, l’elaborazione di politiche dell’ambiente ambiziose e l’affermazione di un modello europeo di società sono delle evoluzioni auspicate dai cittadini, necessarie all’equilibrio del progetto europeo. L’Unione deve approfondire un progetto in cui i suoi cittadini si ritrovino e che apporti loro prosperità e solidarietà e rispetto di una certa qualità di vita che riposa sulla preservazione dell’ambiente, l’esistenza di servizi di interesse generale di qualità e accessibili per tutti e ad un alto livello di protezione sociale.

I cittadini europei ci invitano a rispondere a delle domande precise. Preservare la pace e la sicurezza, lottare contro la disoccupazione, combattere i crimini e i traffici organizzati, ridurre la povertà, garantire alle donne pari opportunità, proteggere l’ambiente, la qualità e la sicurezza dei prodotti: i cittadini si aspettano dall’Unione più sicurezza e stabilità all’interno e più impegno sul piano internazionale, nel rispetto della diversità delle identità nazionali, regionali e locali.

Per preservare questo equilibrio e l’adesione dei cittadini al progetto europeo, l’Unione deve dunque consolidare e sviluppare la sua integrazione.

Per rispondere a queste aspettative, la Commissione ha identificato tre missioni fondamentali per l’Unione di domani: il consolidamento del suo modello di sviluppo economico e sociale che garantisce ai cittadini prosperità e solidarietà; lo sviluppo del suo spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia che darà tutto il senso alla nozione di cittadinanza europea e l’esercizio da parte dell’Unione delle responsabilità di una potenza mondiale.


Come organizzarsi?

La questione con la quale dobbiamo confrontarci è quella di sapere in che modo l’Unione allargata potrà compiere le sue missioni fondamentali e come potrà mantenere la sua capacità decisionale e la sua coesione affinché l’approfondimento della costruzione europea resti possibile.

Si è spesso sottolineato il carattere innovativo e il particolare equilibrio della costruzione comunitaria, che organizza non la separazione, ma la condivisione dei poteri. Così, il potere legislativo appartiene al Parlamento europeo, ma anche al Consiglio; e lo stesso condivide il potere esecutivo con la Commissione europea che dispone del monopolio dell’iniziativa legislativa, mentre l’esecuzione delle politiche ricade largamente sulle amministrazioni nazionali o regionali.

Bisogna preservare questa unione di tutte le forze e di tutti i poteri attorno all’interesse generale europeo. E mantenere la Commissione europea così come l’ hanno voluta i fondatori dell’Europa, in quanto istituzione indipendente che assicura l’uguaglianza di trattamento tra gli Stati membri e rappresenta concretamente il luogo di coerenza, di sintesi e di considerazione dell’interesse generale.

Questa visione resta valida. Bisognerà, per i settori relativamente nuovi come le questioni di politica estera e di difesa, di sicurezza, di giustizia o di polizia, o ancora di cooperazione economica, istituire dei sistemi di arbitrato e di azione in cui si ritrovano l’efficacia e la legittimità del metodo comunitario.

Questo metodo che si basa sull’equilibrio tra le istituzioni nel corso delle diverse fasi del processo decisionale, dalla concezione all’esecuzione con un ruolo particolare della Commissione in quanto garante dell’interesse generale, permette di garantire la trasparenza, la coerenza e l’efficacia delle azioni intraprese. Mentre appaiono chiaramente i limiti di altri modi di organizzazione. Quelli della cooperazione intergovernativa, fonte di inefficacia. Quelli di una direzione politica dell’Unione da parte di alcuni Stati membri, fonte potenziale di tensione e di blocco.

Saranno necessari degli adattamenti. Tutte le istituzioni dovranno incentrarsi nuovamente sulle loro missioni fondamentali e accettare di riformarsi in profondità.

Quali adattamenti istituzionali?

Al fine di consolidare il modello di sviluppo economico e sociale dell’Unione, di proseguire la realizzazione dello spazio europeo di libertà, di sicurezza e di giustizia e di permettere all’Unione di esercitare le responsabilità di una potenza mondiale, la Commissione propone di semplificare le modalità d’azione dell’Unione e di riformare le istituzioni nel rispetto dell’equilibrio istituzionale attuale.

Questo esercizio di semplificazione e di razionalizzazione delle modalità d’azione dell’Unione e del funzionamento delle istituzioni dovrebbe permettere ai cittadini di identificare le responsabilità di ciascuno nel processo decisionale di un’Unione che sembrerà quindi più trasparente, più semplice e più vicina.

La chiarificazione dei ruoli e delle responsabilità delle istituzioni è soprattutto necessaria per le tre istituzioni, il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione, che hanno oggi le funzioni legislative ed esecutive dell’Unione. Il futuro trattato costituzionale dovrà tuttavia tenere conto dell’insieme delle importanti missioni svolte dalle altre istituzioni e dagli organi dell’Unione e in particolare, il Comitato delle regioni, il Comitato economico e sociale europeo e il Mediatore.

Le modifiche proposte non dovrebbero sconvolgere l’equilibrio istituzionale attuale. Esse rispettano la natura peculiare dell’Unione, fondata sulla doppia legittimità degli Stati e dei popoli e senza rimettere in discussione i principi di base della costruzione europea come quello dell’uguaglianza tra gli Stati membri.

L’obiettivo di semplificazione e di ravvicinamento dei cittadini deve ugualmente guidare i lavori conducendo, a partire dall’acquis della costruzione europea, a una ristrutturazione dei trattati attuali in un trattato costituzionale, nel quale potrà essere inserita la nuova architettura istituzionale dell’Unione.

E’ a partire dal progetto preliminare di trattato costituzionale presentato dal Praesidium della Convenzione che si deve organizzare la riflessione della Convenzione. Alla luce degli orientamenti esposti nella presente comunicazione, la Commissione parteciperà attivamente alla riflessione della Convenzione sull’elaborazione del trattato costituzionale. Essa considera che il metodo della Convenzione, poiché associa tutte le fonti di legittimità che coesistono in Europa, merita di essere mantenuto per le future modifiche dei testi costituzionali.

Infine, il progetto europeo deve essere chiaramente identificato attraverso il nome. La Commissione ritiene che l’espressione "Unione europea", che i cittadini degli Stati membri e dei paesi candidati hanno imparato a conoscere, descriva bene le finalità del progetto europeo. La Commissione propone che la Convenzione si pronunci sul motto comune dell’Unione, che potrebbe essere "Pace, Libertà, Solidarietà".

La Convenzione ha la responsabilità di immaginare l’Europa di domani. Un’Unione i cui Stati membri, uniti da politiche comuni e tenuti insieme da istituzioni forti, restino capaci di andare al di là delle proprie divergenze per rispondere, semplicemente, alle aspettative dei loro popoli.

1. Semplificare le modalità d’azione dell’Unione

La specificità della costruzione europea è all’origine della complessità del sistema attuale. La Commissione ritiene tuttavia, che sia possibile semplificare la maniera in cui l’Unione europea esercita le sue principali funzioni.

1.1 Programmare e concepire

La Commissione raccomanda il coordinamento degli sforzi di pianificazione e di programmazione, al fine di arrivare, nel rispetto dell’autonomia decisionale e delle responsabilità di ciascuna istituzione, ad una programmazione interistituzionale dei lavori dell’Unione.

A partire da una proposta della Commissione presentata ogni anno, un dialogo interistituzionale dovrà condurre ad un accordo del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione su una programmazione pluriennale, i cui elementi essenziali sarebbero vagliati dal Consiglio europeo.

La Commissione iscriverebbe così l’esercizio del suo diritto d’iniziativa in un programma globale coerente dell’Unione. La trasparenza dei lavori legislativi dell’Unione sarebbe maggiore.

Quanto all’elaborazione delle iniziative legislative e alla concezione delle politiche, il futuro trattato costituzionale potrebbe prevedere, nel rispetto dei sistemi costituzionali degli Stati membri, dei principi generali di consultazione delle parti interessate, delle amministrazioni nazionali e delle autorità regionali e locali. Bisognerà sforzarsi, laddove opportuno, di prendere meglio in considerazione la diversità delle situazioni locali, allo stadio di concezione delle politiche o della loro esecuzione, per esempio attraverso dei contratti tripartiti che potrebbero essere conclusi tra la Commissione, gli Stati membri e le regioni o le collettività locali per l’applicazione di certe leggi comunitarie, nel rispetto dei sistemi costituzionali degli Stati membri.

1.2 Legiferare

L’esercizio della funzione legislativa deve essere semplificato intorno ai tre principi che costituiscono le basi del metodo comunitario: diritto d’iniziativa esclusivo della Commissione, codecisione del Parlamento europeo e del Consiglio e voto a maggioranza qualificata in Consiglio.

Il diritto d’iniziativa esclusivo della Commissione, esercitandosi nel quadro di una programmazione interistituzionale, dovrà estendersi all’insieme dell’ambito legislativo. Allo scopo di rafforzare la legittimità democratica delle decisioni dell’Unione conviene applicare la procedura di codecisione all’insieme delle leggi europee. Infine, affinché l’Unione allargata resti capace di decidere, la Commissione raccomanda di generalizzare il voto a maggioranza qualificata in Consiglio.

In un’Unione di 25 Stati membri o più, la possibilità per uno solo di questi Stati di opporsi ad un’azione dell’Unione condurrebbe rapidamente alla paralisi. In un mercato integrato, gli attori economici devono giocare ad armi pari. In caso contrario, gli aggiustamenti si faranno a scapito proprio del modello di società europeo e dei valori riconosciuti dalle democrazie europee. L’abbandono dell’unanimità dovrà dunque valere ugualmente per le questioni fiscali e sociali legate al buon funzionamento del mercato interno.

Per certi casi particolari sensibili, il legislatore dovrà poter ricorrere a delle maggioranze rafforzate, cosa che permetterebbe di facilitare l’abbandono dell’unanimità.

Una classificazione degli strumenti permetterà di distinguere le norme le norme che rilevano rispettivamente della legge e dell’esecuzione della legge. La Commissione propone che la classificazione delle norme [3] sia stabilita come segue:

Le leggi possono prevedere una delega legislativa alla Commissione per modificare degli atti adottati dal legislatore, per esempio in vista del loro adattamento al progresso tecnologico. La Commissione dovrebbe esercitare questa competenza solo nei limiti e alle condizioni fissati dalla delega legislativa. L’atto legislativo delegato non potrebbe entrare in vigore se il Parlamento europeo o il Consiglio, interpellati ad esempio un mese prima della sua entrata in vigore, si pronunciano contro questa misura, rispettivamente alla maggioranza dei membri che lo compongono e alla maggioranza qualificata. In una simile ipotesi, la Commissione, o rinuncia al suo progetto, o lo modifica, o presenta una proposta al legislatore.

Il trattato costituzionale dovrebbe sforzarsi di prevedere per ogni azione dell’Unione una base giuridica appropriata. Tuttavia, come ha riconosciuto la Convenzione, il mantenimento di una clausola di flessibilità, sull’esempio di quanto previsto dall’attuale articolo 308 del trattato CE, resta indispensabile per il dinamismo della costruzione europea. Tenuto conto della natura particolare di una tale disposizione, la Commissione propone che queste misure siano adottate dal Consiglio a maggioranza rafforzata in seguito ad avviso conforme del Parlamento europeo.

1.3 Dirigere l’azione dell’Unione 

L’esercizio delle funzioni governative dell’Unione è particolare. Le due funzioni che, a livello nazionale sono esercitate dal governo, rilevano oggi, a livello dell’Unione, al tempo stesso del Consiglio e della Commissione. Inoltre, l’applicazione delle decisioni dell’Unione è di solito affidata alle amministrazioni degli Stati membri, a volte in coordinazione con la Commissione.

A livello nazionale, i compiti governativi sono di due tipi : esecuzione delle leggi (misure regolamentari più dettagliate, applicazione individuale) e l’azione autonoma del governo, generalmente fondata direttamente sulla Costituzione, come ad esempio la rappresentanza internazionale o la conclusione di accordi.

A livello dell’Unione, né i trattati, né la pratica comunitaria fanno una chiara distinzione tra questi compiti. Ciò porta ad un’assenza di leggibilità per i cittadini. La chiarificazione del sistema ed il ricentramento di ciascuna istituzione sulle sue funzioni principali semplificheranno la struttura istituzionale europea.

Con l’eccezione delle azioni che fanno appello a delle capacità militari, i principi fondatori del metodo comunitario dovrebbero ugualmente applicarsi a queste funzioni, con una condivisione dei ruoli tra la Commissione che, nell’interesse generale europeo, fa delle proposte, e il Consiglio che decide, a seconda dei casi in seguito alla consultazione del Parlamento europeo.

Per delle ragioni di efficacia e per garantire che gli interessi dei diversi Stati membri siano presi in considerazione al momento della formulazione delle proposte, il diritto di iniziativa della Commissione deve essere generalizzato.

Per queste funzioni, il potere decisionale dovrà rimanere al Consiglio, in cui sono rappresentati i governi che esercitano questi poteri a livello nazionale, con un coinvolgimento appropriato del Parlamento europeo. Come in materia legislativa, l’efficacia del processo di decisione impone il ricorso generalizzato al voto a maggioranza qualificata o in ogni caso a delle forme di presa di decisione che non necessitano dell’unanimità degli Stati membri, come la maggioranza qualificata rafforzata o l’astensione costruttiva.

D’altronde, l’Unione deve poter disporre di diversi strumenti per dare esecuzione alle sue politiche. A titolo di metodi non vincolanti, è il caso di segnalare in particolare il metodo del coordinamento aperto [4] in base al quale degli orientamenti comuni possono essere indicati per certe azioni esclusive nel campo di competenza legislativa dell’Unione. Il trattato costituzionale dovrebbe menzionare questo metodo e garantire che le condizioni della sua applicazione rispettino il metodo comunitario.

 

1.3.1. Coordinamento delle politiche economiche 

Le politiche economiche sono, e resteranno, di competenza nazionale. Ma il loro coordinamento è un obbligo comune. Quest’obbligo deve essere rispettato meglio, poiché l’Unione economica e monetari a ha bisogno, per funzionare, di discipline comuni e di coordinamento. Affinché l’Unione sia effettivamente in grado di esercitare correttamente questa funzione, bisogna rafforzare il ruolo della Commissione, ma anche la capacità di decisione del Consiglio, e garantire una rappresentanza esterna efficace della zone euro presso le istanze economiche e finanziarie internazionali.

Ruolo della Commissione

Il rafforzamento del diritto di iniziativa della Commissione è particolarmente importante in materia di coordinamento delle politiche economiche. Attualmente, la Commissione indirizza al Consiglio una semplice raccomandazione per i "grandi orientamenti di politica economica" e gli "avvisi" previsti dal Patto di Stabilità. Il Consiglio può agevolmente modificare il contenuto di queste raccomandazioni o anche ignorare dei punti importanti. Questa situazione incita a dei compromessi che incidono sulla credibilità dei meccanismi di coordinamento delle politiche economiche.

Quindi la Commissione raccomanda la trasformazione delle raccomandazioni in proposte per i grandi orientamenti di politica economica e per gli avvisi previsti per garantire il rispetto del patto di stabilità o dei grandi orientamenti. In altre parole, per la modifica di queste proposte sarebbe necessario l’accordo della Commissione, a meno che il Consiglio, all’unanimità, non decida di modificarle. E’ il modo di lavoro solito, previsto dal trattato.

Questo adattamento permetterebbe di dare alla Commissione i mezzi per far rispettare le regole da parte di tutti gli Stati membri e per preservare il carattere comunitario dell’esercizio e la coerenza delle politiche.

Capacità di decisione del Consiglio

Le frontiere della zona dell’euro, hanno vocazione a coincidere con quelle dell’Unione. Ma, poiché diversi Stati membri non fanno ancora parte della zona e poiché questo numero di Stati aumenterà con l’allargamento, quest’obiettivo naturale non sarà probabilmente raggiunto prima di diversi anni.

Ora, i meccanismi di decisione previsti attualmente dai trattati, non sono adatti ai bisogni della zona euro quando l’Unione conterà quasi trenta Stati membri. E’ puro buon senso autorizzare gli Stati della zona euro a decidere tra loro sulle questioni relative alla loro moneta.

Nel 2004 l’Unione comprenderà un numero maggiore di Stati non membri della zona euro che di Stati partecipanti. L’Eurogruppo, creato dal Consiglio europeo nel 1997, è un forum di discussione informale tra Stati partecipanti. Innegabilmente utile, può sussistere in quanto istanza informale di discussione. Ma, nell’ambito attuale del trattato, solo il Consiglio (Ecofin) può adottare delle decisioni. Per trattare ad esempio le questioni di deficit eccessivo tra gli Stati che partecipano all’euro, le questioni relative agli orientamenti della politica dei cambi, le decisioni relative agli Stati membri che desiderano adottare l’euro, o ancora la parte dei grandi orientamenti di politica economica consacrata alla zona euro, la Commissione raccomanda la creazione di un "Consiglio Ecofin per la zona euro", che riunisca i ministri delle Finanze dei soli Stati membri della zona euro e dotato di poteri decisionali nei settori di interesse comune agli Stati membri che condividono la stessa moneta.

Altro importante aggiustamento: per l’efficacia del processo di decisione, conviene che lo Stato membro interessato sia escluso dal voto sugli avvisi. Il trattato prevede già una simile esclusione quando il Consiglio obbliga uno Stato a correggere un deficit eccessivo – ma questa precisione è stata omessa per il voto sugli avvisi. Per definizione, lo Stato interessato sarà generalmente contro qualunque tipo di avviso. Escluderlo dal voto permetterebbe di evitare che non sia al tempo stesso giudice e giudicato.

Rappresentanza della zona euro nelle istanze internazionali

L’euro è oggi la seconda moneta più importante del mondo e la zona euro costituisce nell’insieme, la seconda grande potenza economica e commerciale mondiale. Tuttavia, l’Unione europea non ne trae tutti i benefici possibili a livello internazionale. La questione della rappresentanza internazionale della zona euro resta de facto non regolamentata.

La posizione della presidenza nelle discussioni internazionali è certamente preparata oggi in maniera concertata, ma è spesso stabilita su una base di compromesso che non permette all’Unione di dare prova di una autorità e di una capacità di iniziativa sufficienti.

La Convenzione dovrebbe esaminare i mezzi per regolare la questione in maniera pragmatica, conformemente a quanto prevede già l’articolo 111 del trattato per decidere della rappresentanza internazionale dell’euro o della posizione della Comunità. Affinché l’Unione europea possa affrontare le discussioni monetarie e finanziarie internazionali con coerenza, perché si esprima i maniera forte e soprattutto stabile, la zona euro ne guadagnerebbe ad essere rappresentata dalla Commissione, in stretta concertazione con tutte le istanze interessate.

 

1.3.2. Cooperazione amministrativa in materia di polizia 

Attualmente, la cooperazione in materia di polizia rileva delle disposizioni del trattato sull’Unione europea relative alla cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale. Con l’abbandono della struttura in pilastri, la Commissione ritiene che convenga sottomettere questo settore alle regole generali applicabili alle altre politiche dell’Unione. Così, le legislazioni necessarie in questo ambito, specialmente per lo sviluppo di Europol, dovrebbero essere adottate secondo la procedura di codecisione, con il Consiglio che delibera a maggioranza qualificata.

Per la cooperazione amministrativa tra i servizi di polizia, queste attività sono tuttavia, per loro natura, di responsabilità delle autorità nazionali. Nella misura in cui sarebbe opportuno prendere delle iniziative in questo settore a livello europeo, converrà poter beneficiare dell’esperienza delle autorità nazionali. La Commissione eserciterà il suo diritto d’iniziativa essenzialmente per proporre delle misure di cooperazione.

Infine, le decisioni del Consiglio relative alla pianificazione, alle modalità e all’abito di coordinamento delle azioni nazionali in materia di polizia, potrebbero rilevare della maggioranza qualificata rafforzata al termine di un periodo transitorio di cinque anni durante il quale l’Unione dovrebbe adottare i principi essenziali in questa materia.

 

1.3.3. Conduzione della politica estera e di sicurezza comune

 

Definizione degli obiettivi comuni e coerenza dell’azione esterna

Fondata sulla riconciliazione storica delle nazioni e dei popoli europei, la costruzione europea ha consolidato la pace e la stabilità nell’Europa occidentale. Da allora fino ad oggi, essa esporta tale stabilità. L’allargamento costituisce indubbiamente l’azione politica più tangibile che l’Unione compirà nel corso dei prossimi anni, la più decisiva per la sicurezza del continente. Il vicinato immediato dell’Unione, a sud e ad est, costituisce di fatto lo spazio privilegiato di una politica estera comune, al di là di ciò che rappresentano da tempo per l’Unione la relazione transatlantica ed il partenariato con i paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico.

Per affermarsi maggiormente, la politica estera dell’Unione deve disporre di una capacità di decisione in materia di sicurezza e di difesa. Tale evoluzione è ugualmente necessaria per la protezione delle popolazioni civili, ad esempio in caso di aggressione terrorista da parte di entità non statali. Dopo la guerra fredda e con la comparsa di nuove forme di terrorismo, la solidarietà collettiva sul territorio dell’Unione e la proiezione di forze su dei teatri esterni, al servizio della pace, diventano importanti tanto quanto la nozione di difesa del territorio europeo. Lo sviluppo di un’industria europea militare dovrà ugualmente essere incoraggiata, al servizio di un concetto comune di minacce specifiche alle quali gli Europei sono confrontati e delle azioni che devono intraprendere all’esterno del territorio europeo. Queste evoluzioni non devono naturalmente incidere sulla posizione specifica di certi Stati membri rispetto ad azioni che avrebbero delle implicazioni in materia di difesa e la Convenzione dovrebbe tenere conto di queste specificità.

L’Unione europea deve esercitare un ruolo particolare rispetto alla globalizzazione. Dopo l’allargamento, l’Unione sarà la prima economia del mondo. La sua capacità di pesare sulla governance economica globale ne risulterà rafforzata, cose che impone di tenere conto, ancora di più di quanto non avvenga già, degli interessi del resto del mondo nelle scelte di politica economica.

E’ attraverso l’Unione europea, attraverso la concertazione e l’unione delle volontà politiche che gli Europei potranno difendere il loro modello di società ed esercitare meglio ed in maniera più completa i loro diritti democratici. E’ l’Europa, attore internazionale di primo piano, che può contribuire alla governance e alla stabilizzazione del sistema internazionale.

L’Unione deve poter agire in maniera più risoluta e più efficace in favore dello sviluppo sostenibile e per proteggersi da certi rischi nuovi, legati quasi sempre ai gravi disequilibri economici e sociali che persistono o si aggravano nel mondo. L’Unione deve quindi difendere una strategia di sviluppo sostenibile, fondata su un organizzazione multilaterale e multipolare dell’economia mondiale in contrapposizione ad un approccio egemonico o unilaterale. Per realizzare ciò, potrebbe essere necessario completare su certi punti le attuali competenze dell’Unione. In ogni caso, l’Unione dovrebbe essere in grado di difendere e sfruttare pienamente la dimensione internazionale delle sue politiche interne e dovrebbe disporre a tale scopo di strumenti e mezzi necessari. L’Unione porterebbe così all’esterno le competenze di cui dispone all’interno.

Allo scopo di garantire la coerenza dell’azione esterna dell’Unione e l’unicità di espressione delle sue posizioni, la Commissione ha raccomandato nella sua comunicazione del 22 maggio scorso di fondere, secondo delle modalità particolari e un calendario da definire, le funzioni dell’Alto rappresentante e quelle del Commissario alle relazioni esterne. Questa evoluzione istituzionale a tappe deve accompagnarsi, a partire dall’attuale acquis, con un’integrazione e un progressivo adattamento coerente delle diverse dimensioni dell’azione esterna. Ciò che si applica già largamente al commercio deve valere ugualmente per gli aspetti esterni delle politiche comuni, specialmente lo sviluppo sostenibile e le questioni economiche e finanziarie, che si tratti di procedure di negoziazione o di decisione, o di modalità di rappresentanza. Ciò non potrebbe tuttavia valere per le questioni di difesa e le azioni che fanno appello a delle capacità militari, di cui la Convenzione dovrà precisare, quando verrà il momento, meccanismi e modalità.

Evoluzione istituzionale a tappe

La Commissione propone la creazione di una funzione di Segretario dell’Unione, vice presidente della Commissione, con uno statuto particolare. Il Segretario dell’Unione dovrà essere nominato di comune accordo dal Consiglio europeo e dal Presidente designato della Commissione. Sarà responsabile individualmente al tempo stesso davanti al Consiglio europeo e davanti al Presidente della Commissione, che potranno, l’uno e l’altro, mettere fine al suo mandato. In quanto membro della Commissione, sarà inoltre responsabile davanti al Parlamento europeo secondo la responsabilità collettiva del collegio.

Questa doppia responsabilità del Segretario dell’Unione rende possibile una valutazione istituzionale importante, che tiene conto della specificità della politica estera e di sicurezza comune.

Durante un periodo transitorio da definire, si propone che il Segretario dell’Unione eserciti il diritto d’iniziativa della Commissione in materia di politica estera e di sicurezza comune nell’ambito degli orientamenti e dei mandati che gli indirizza il Consiglio o un gruppo di Stati membri più particolarmente interessati da una questione specifica e i cui interessi comuni richiederebbero un’azione da parte dell’Unione.

Al termine di questo periodo transitorio, il Consiglio, su proposta della Commissione e deliberando a maggioranza qualificata rafforzata, si pronuncerà sulle modalità con cui il Segretario dell’Unione eserciterà in maniera autonoma il diritto d’iniziativa della Commissione in materia di politica estera e di sicurezza comune. Di conseguenza, il Consiglio dovrà ugualmente pronunciarsi sulla portata del diritto d’iniziativa degli Stati membri al termine del periodo transitorio. Nello spirito di quanto prevede oggi il trattato (articolo 208), sarebbe auspicabile che il Consiglio, o un gruppo di Stati membri, possa, al termine del periodo transitorio, domandare al Segretario dell’Unione di sottomettere al Consiglio ogni proposta appropriata per la realizzazione degli obiettivi comuni.

Dalla creazione della funzione di Segretario dell’Unione, le proposte della Commissione in materia di politica estera e di sicurezza comune e le decisioni necessarie per la loro realizzazione, saranno adottate dal Segretario dell’Unione in accordo con il Presidente della Commissione, secondo i casi, al seguito di un dibattito collegiale.

Le altre proposte e decisioni in materia di relazioni esterne (ad esempio il commercio internazionale e lo sviluppo) o di politiche interne (ad esempio l’agricoltura o l’ambiente)continuano a rilevare dell’iniziativa autonoma della Commissione e restano regolate dall’esercizio normale della collegialità. Il Presidente della Commissione e il Segretario dell’Unione dovranno garantire la coerenza tra queste proposte e decisioni e le azioni di politica estera.

Il Segretario dell’Unione rappresenterà l’Unione presso i terzi per la conduzione delle azioni di politica estera e sarà responsabile della realizzazione delle decisioni comuni. Dovrà disporre per questo di un’amministrazione unica creata a partire dai mezzi del Segretariato generale del Consiglio, della Commissione e degli Stati membri, posti sotto la sua autorità e che beneficiano dell’infrastruttura amministrativa della Commissione. Le delegazioni esterne della Commissione e gli uffici di collegamento del Consiglio diventeranno delle delegazioni dell’Unione gestite amministrativamente dalla Commissione e sulle quali eserciterà al sua autorità il Segretario generale dell’Unione. Questa unicità dell’amministrazione è in effetti indispensabile all’efficacia dell’azione comune.

La Commissione ritiene che il modo di designazione del Segretario dell’Unione , la sua responsabilità individuale davanti al Consiglio europeo e le modalità specifiche dell’esercizio del diritto d’iniziativa della Commissione permetteranno di creare tra le istituzioni e gli Stati membri la fiducia necessaria per la conduzione di una politica estera più coerente ed efficace. Essa considera che questo obiettivo di coerenza ed efficacia giustifichi pienamente l’adattamento dei metodi di lavoro della Commissione e il controllo specifico esercitato dal Consiglio sulle iniziative del Segretario dell’Unione, vice presidente della Commissione.

 

1.3.4. Assicurare l’esecuzione delle regole comuni 

Per quanto riguarda l’esecuzione della legislazione europea, il trattato prevede già che questa sia affidata alla Commissione, nella misura in cui un’esecuzione è necessaria a livello dell’Unione e non sia dunque lasciata agli Stati membri. Il trattato prevede tuttavia la possibilità per il Consiglio di riservarsi, in certi casi specifici ed eccezionali, l’esercizio diretto di competenze di esecuzione. Questa eccezione prevede una confusione sul ruolo del Consiglio in quanto legislatore rispetto al ruolo esecutivo della Commissione e non è compatibile con il fatto che la funzione legislativa sia esercitata da due istituzioni, il Consiglio e il Parlamento europeo. Dovrebbe dunque essere soppressa. Così, la responsabilità della Commissione per l’esecuzione a livello europeo di ciò che il legislatore avrà deciso diverrebbe chiara ed univoca per i cittadini.

Esercitando la funzione esecutiva nell’ambito della legge, la Commissione raccoglie, all’interno dei comitati, i pareri e le competenze delle amministrazioni nazionali spesso chiamate a realizzare sul terreno la legislazione europea. Questi comitati devono continuare ad esistere, ma solo in quanto comitati consultivi. Allo scopo di permettere il controllo democratico da parte del legislatore della sua azione, la Commissione informerà sia il Parlamento europeo che il Consiglio delle misure che prevede di adottare; queste due istituzioni potranno manifestare avvisi o, secondo i casi, obiezioni. La Commissione resta l’istanza responsabile della decisione per le misure di esecuzione striato sensu, a differenza della procedura che è prevista per la delegazione legislativa.

Può rivelarsi appropriato ricorrere a delle agenzie europee di regolamentazione per la prestazione di assistenza tecnica alle istituzioni, l’elaborazione di pareri e raccomandazioni, l’adozione di decisioni individuali nell’ambito di una legislazione determinata. E’ inteso che queste agenzie non possono vedersi conferite né delle responsabilità che il trattato attribuisce direttamente alla Commissione, né un potere di decisione nei settori in cui dovrebbe giudicare conflitti tra diversi interessi pubblici, né esercitare un potere di valutazione politica o procedere a delle valutazioni economiche complesse. Gli attuali trattati non contengono una base giuridica propria sulla quale fondare la creazione di simili agenzie. Sarebbe dunque opportuno che il trattato costituzionale contenga una disposizione sui criteri relativi alla creazione, al funzionamento e al controllo politico, giuridico e di bilancio di queste agenzie.

 

1.3.5. Controllare il rispetto delle regole comuni 

Il trattato ha conferito alla Commissione il compito generale di controllare la corretta applicazione del diritto dell’Unione. Con l’allargamento e nell’intento di preservare il normale funzionamento del mercato interno, i meccanismi previsti a tale scopo dal trattato dovranno essere rafforzati.

Come era previsto dal trattato CECA, la Commissione dovrebbe vedersi attribuire il diritto di prendere delle decisioni constatando le infrazioni al diritto dell’Unione. Nel caso in cui uno Stato membro dovesse contestare l’infrazione, il trattato dovrebbe prevedere la facoltà per questo Stato di introdurre un ricorso davanti alla Corte di giustizia. Questa innovazione, che rafforza la capacità della Commissione a garantire la sua funzione di guardiana dei trattati, permetterebbe di esercitare un controllo più efficace del rispetto degli Stati membri dei loro obblighi. La possibilità di ricorso davanti alla Corte di giustizia conferisce in ogni caso agli Stati membri ed agli operatori economici tutte le garanzie necessarie per essere sicuri della fondatezza delle decisioni della Commissione.

In certi settori, in particolare nell’ambito della concorrenza in cui l’applicazione dei principi comuni in materia di aiuti di Stato e il rispetto da parte delle imprese delle condizioni della concorrenza restano essenziali, il trattato conferisce direttamente alla Commissione il potere autonomo di adottare delle misure di applicazione di norme di base che non si trovano in una legislazione, ma nel trattato stesso. Il potere di controllo della Commissione in questo ambito può assumere la forma di decisioni individuali e, in certi casi, di misure generali di esecuzione. Il trattato costituzionale dovrà identificare chiaramente queste funzioni.

 

1.4 Finanziare le politiche comuni 

La Commissione ritiene che la Convenzione dovrà esaminare le modalità di finanziamento delle politiche comuni. Converrà tradurre meglio nella realtà le disposizioni del trattato (articolo 269 CE) che prevedono il finanziamento del budget dell’Unione attraverso delle risorse proprie, alle quali contribuiscono gli Stati membri e i cittadini. Bisognerà ugualmente, in questo contesto, trovare un equilibrio appropriato tra questi diversi contributi.

Questa questione è legata a diversi temi trattati dalla Convenzione: la democrazia (assenza di potere del Parlamento europeo in materia di risorse), la trasparenza (i cittadini non sono in grado di valutare i loro contributi individuali al finanziamento dell’Unione) e la solidarietà (difficili dibattiti sul "giusto ritorno" ai singoli Stati membri del loro contributo legato al PIL). Da questo punto di vista, le riflessioni sul finanziamento dell’Unione trovano anche il loro posto nei dibattiti sulla legittimità dell’azione dell’Unione.

La questione del finanziamento dell’Unione dovrà essere riesaminata, sempre mantenendo gli acquis del sistema attuale: equità, adeguamento tra spese ed entrate, semplicità. Il trattato dovrà estendere la capacità dell’Unione a definire il modo di finanziamento.

Il trattato costituzionale dovrebbe prevedere che le prospettive finanziarie pluriannuali, che sono stabilite attualmente con un accordo interistituzionale, sono adottate, su proposta della Commissione, dal Parlamento europeo e dal Consiglio.

Di conseguenza, le procedure per l’adozione della decisione sulle risorse proprie e per l’adozione del budget annuale potranno ugualmente essere razionalizzate. La Commissione raccomanda che la decisione sulle risorse proprie sia adottata da una legge organica, che richiede delle maggioranze rafforzate al Parlamento europeo e al Consiglio. La Convenzione dovrà esaminare la questione dell’associazione a questa decisione dei parlamenti nazionali.

Il budget sarebbe adottato dal Parlamento europeo e dal Consiglio con una procedura che si ispira alla procedura di codecisione, a partire da un progetto della Commissione. La distinzione tra spese obbligatorie e spese non obbligatorie verrebbe così soppressa.

La Commissione si riserva di approfondire tali questioni ulteriormente attraverso una comunicazione specifica.

Infine la Commissione ricorda la sua proposta di creare un procuratore europeo, indipendente, per proteggere gli interessi finanziari dell’Unione. La Commissione ritiene che il trattato costituzionale dovrebbe prevedere l’istituzione di un procuratore europeo; il suo statuto e le modalità essenziali del suo funzionamento dovranno poi essere regolamentate da una legge organica.

 

2. Riformare le istituzioni 

La Commissione conferma il suo attaccamento all’equilibrio delle istituzioni e alla condivisione dei poteri, caratteristiche della costruzione europea. Tra cooperazione intergovernativa e strutture federali, il metodo comunitario ha saputo tracciare un percorso che associa l’efficacia e il rispetto delle identità nazionali. Ogni progetto di riforma delle istituzioni deve rispettare questo equilibrio ed evitare la creazione di nuove istanze che renderebbero il funzionamento del processo decisionale meno leggibile e meno efficace. Si tratta di preservare l’originalità del sistema rafforzando la responsabilità di ciascuna istituzione permettendo di rispondere alle sfide dell’allargamento.

 

2.1 Il Parlamento europeo 

Il Parlamento europeo deve essere confermato nella sua funzione legislativa, attraverso la generalizzazione della procedura di codecisione.

Il principio della procedura elettorale uniforme in tutti gli Stati membri per l’elezione dei parlamentari europei deve essere riaffermato nel trattato costituzionale. E’ auspicabile che gli Stati membri lo approvino il più presto possibile, conformemente alle loro rispettive regole costituzionali, affinché le elezioni del 2004 si possano svolgere sulla base di questa nuova procedura elettorale.

Per il futuro, la Commissione conferma che sarebbe di grande interesse per l’Unione che un certo numero di deputati europei venisse eletto su delle liste europee presentate, in tutta l’Unione, all’insieme degli elettori europei. Questi dovranno allora esprimere due voti: uno a titolo nazionale e l’altro per i deputati da eleggere su queste liste transnazionali. Il ricorso ad una tale organizzazione per le elezioni europee contribuirà ad approfondire la democrazia a livello europeo.

 

2.2 Il Consiglio 

Con l’allargamento, il Consiglio dovrà adottare il suo funzionamento, prolungando così le riforme stabilite dal Consiglio europeo di Siviglia (giugno 2002).

 

2.2.1 Determinazione della maggioranza qualificata 

Sarebbe necessario, per legiferare come per dirigere l’azione dell’Unione, abbandonare i modi di decisione che richiedono l’unanimità.

Il voto a maggioranza qualificata deve rispondere alle esigenze di semplicità e di legittimità democratica. Inoltre, la Commissione raccomanda alla Convenzione di rivedere il sistema complesso di decisione che risulta dal trattato di Nizza e di sostituirlo con una doppia maggioranza semplice proposta in precedenza dalla Commissione. Le decisioni del Consiglio sarebbero acquisite se riunissero la maggioranza degli Stati membri rappresentati una maggioranza della popolazione dell’Unione. Questa regola di presa di decisione ha il vantaggio di essere più leggibile e di corrispondere più direttamente alla natura peculiare dell’Unione.

La Commissione propone di eliminare il ricorso all’unanimità. Questa regola non dovrebbe applicarsi soltanto all’adozione della legislazione dell’Unione, ma per ogni decisione del Consiglio. Quindi, la nomina dei membri del direttorio della Banca centrale europea dovrebbe essere decisa a maggioranza qualificata, sull’esempio di ciò che il trattato di Nizza ha stabilito per la nomina della Commissione.

Bisognerà tuttavia prevedere, per certi casi particolari, che il Consiglio decida con una maggioranza più forte di quella qualificata. Per questi casi particolare, il trattato potrebbe prevedere la maggioranza rafforzata; in questi casi la decisione dovrebbe essere votata dai tre quarti dei governi, rappresentanti i due terzi della popolazione totale dell’Unione.

 

2.2.2 Organizzazione dei lavori del Consiglio 

Il Consiglio europeo di Siviglia ha ridotto il numero di formazioni del Consiglio a nove. Tenuto conto del numero importante di Stati che, nell’Europa allargata, non faranno parte nell’immediato della zona euro, il futuro trattato costituzionale dovrà creare un’istanza formale di decisione per i soli Stati membri interessati, che funzionerebbe come Consiglio "Ecofin-eurozona".

Converrebbe inoltre approfondire le riflessioni in corso sulla distinzione tra funzioni legislative ed esecutive del Consiglio, allo scopo, in particolare, di permettere una maggiore trasparenza dei lavori del Consiglio.

Due categorie di misure, indipendenti dalla riflessione sulla presidenza, possono svolgere un ruolo importante per la continuità e la coerenza del lavori del Consiglio: la programmazione interistituzionale del lavori dell’Unione, che inquadra l’esercizio della presidenza e la rappresentanza esterna da parte del Segretario dell’Unione.

Per la presidenza del Consiglio, la Commissione propone di tenere conto, da una parte, del bisogno di rafforzare la continuità dei lavori del Consiglio e, dall’altra, dell’interesse che presenta l’esercizio della presidenza in termini di mobilitazione delle amministrazioni nazionali e di valorizzazione dell’impegno europeo di ciascuno Stato membro.

Quindi la Commissione raccomanda di mantenere la rotazione semestrale per la presidenza del Consiglio europeo e del Consiglio Affari generali, cioè per la presidenza del comitato dei rappresentanti permanenti, tenuto conto del ruolo generale di coordinamento esercitato da queste istanze.

Per le altre formazioni del Consiglio, la presidenza potrebbe essere esercitata da un membro del Consiglio eletto da suoi pari per un periodo di un anno. Questa formula ha il vantaggio di permettere una maggiore continuità del lavori del Consiglio e di confidare la presidenza ad un/a ministra con esperienza che avrà la fiducia dei suoi pari, garantendo che ciascuna amministrazione nazionale potrà conoscere regolarmente l’esperienza dell’esercizio della presidenza del Consiglio.

Questa formula di presidenza dovrebbe ugualmente applicarsi per il Consiglio delle relazioni esterne, poiché non è auspicabile, per l’equilibrio istituzionale, la confusione delle funzioni di un presidente del Consiglio, che ricerca il compromesso, con le funzioni di proposta, esecuzione e rappresentanza esterna dell’Unione.

 

2.3 La Commissione

 

2.3.1 Designazione e responsabilità politica della Commissione 

La legittimità democratica della Commissione, responsabile di enunciare l’interesse generale dell’Unione, deve continuare a basarsi sia sul Consiglio europeo che sul Parlamento europeo. E’ per questo che la Commissione raccomanda di conferire al Consiglio europeo e al Parlamento europeo dei diritti equivalenti sia per la nomina che per il controllo dell’azione della Commissione. In futuro, la Commissione dovrà continuare ad esercitare le sue funzioni in maniera indipendente e affermare le sue responsabilità politiche.

La Commissione potrà essere formata come segue, dopo l’elezione del Parlamento europeo:

Affinché la Commissione possa mantenere la sua necessaria indipendenza rispetto agli interessi nazionali e partigiani, il trattato dovrà precisare le modalità attraverso cui il Parlamento europeo potrebbe sottoporre al voto una proposta per la presidenza della Commissione e indicare che tale voto si farà a scrutinio segreto e alla maggioranza dei due terzi dei membri del Parlamento europeo.

Così, investita di una doppia legittimità rafforzata, la Commissione dovrà essere responsabile sia davanti al Parlamento europeo che al Consiglio europeo, ciascuno dei quali disporrebbe del diritto di censurare l’azione della Commissione. Chiaramente, il presidente della Commissione non parteciperebbe alle eventuali deliberazioni del Consiglio europeo finalizzate a censurare la Commissione europea.

 

2.3.2 Composizione e funzionamento della Commissione europea 

Secondo il trattato di Nizza, la Commissione sarà composta da un Commissario per ciascuno Stato membro fino al momento in cui sarà designato il primo collegio che seguirà l’adesione del ventisettesimo Stato membro. Il collegio sarà allora composto da un numero di Commissari inferiore al numero di Stati membri, scelti in applicazione di una rotazione egualitaria tra Stati membri.

La prossima Commissione sarà dunque composta da un cittadino di ciascuno Stato membro. La Commissione ritiene che un siffatto collegio sarà in grado di prendere bene in considerazione le diversità di preoccupazioni o percezioni nazionali al momento in cui un numero importante di nuovi Stati membri raggiungerebbe l’Unione.

Affinché la Commissione possa assumere le sue funzioni esecutive con efficacia, una strutturazione del collegio sarà tuttavia necessaria con l’adesione di nuovi Stati, intorno alle funzioni principali dell’Unione. I poteri conferiti al Presidente della Commissione gli permettono di decidere su una strutturazione del collegio adeguata per mantenere l’efficacia della Commissione. E’ così previsto che, sotto l’autorità del Presidente, alcuni vice presidenti o commissari possano coordinare l’azione dei loro colleghi, nel rispetto del principio di collegialità.

Altri adattamenti istituzionali sarebbero ugualmente richiesti a tale scopo nel futuro trattato costituzionale. Come ha già proposto la Commissione, il Presidente dovrebbe ugualmente disporre di un potere maggiore di direzione politica e specialmente potersi opporre alle iniziative che giudica inopportune.

Saranno ugualmente richieste delle nuove regole interne per permettere ai commissari di prendere individualmente un numero maggiore di decisioni in nome della Commissione.

In seguito, e in un contesto in cui le istituzioni dell’Unione eserciterebbero delle nuove responsabilità, in cui la presidenza del Consiglio sarebbe garantita in maniera più stabile e più efficace e in cui la Commissione affermerebbe il suo ruolo nell’esercizio della funzione governativa, converrebbe restringere la composizione della Commissione conformemente alle modalità previste dal trattato di Nizza.

 

2.4 Le relazioni tra le istituzioni e i parlamenti nazionali 

Nel sistema di democrazia parlamentare proprio agli Stati membri dell’Unione, il controllo che i parlamenti nazionali esercitano sui governi è il miglior mezzo per influenzare le attività dell’Unione. Per facilitare l’esercizio di questo controllo, possono essere apportate alcune modifiche al protocollo di Amsterdam. Come auspicato dal gruppo di lavoro della Convenzione consacrato al ruolo dei parlamenti nazionali, la Commissione potrà trasmettere direttamente ai parlamenti nazionali le sue proposte legislative, i suoi documenti di consultazione (libri verdi, libri bianchi e comunicazioni) e i suoi documenti di programmazione strategica (strategia politica annuale, programma legislativo e di lavoro annuale).

La Commissione risponderà alle domande dei parlamenti nazionali che mirano a rafforzare il dialogo tra le istituzioni europee e i parlamenti nazionali.

D’altronde, la Commissione ritiene che la trasparenza dei lavori del Consiglio sulle questioni legislative permetterà ai parlamenti nazionali di seguire meglio l’evoluzione delle discussioni del Consiglio. Il controllo dell’azione dei governi risulterebbe rafforzato dall’istituzione di legami più diretti tra i parlamenti nazionali e le delegazioni nazionali che siedono al Consiglio.

Come proposto dai gruppi di lavoro della Convenzione, la Commissione ritiene auspicabile che i parlamenti nazionali svolgano un ruolo nel controllo del rispetto del principio di sussidiarietà, senza pronunciarsi sull’opportunità delle proposte. Il controllo politico ex ante dovrebbe esercitarsi nel corso di tutta la procedura legislativa, e non solo a monte sulle proposte presentate dalla Commissione. La Convenzione esamina ugualmente la possibilità di adire la Corte per i parlamenti nazionali e per il comitato delle regioni. Se il controllo giurisdizionale ex post dovesse essere aperto ai parlamenti nazionali, la Commissione ritiene che converrebbe allora che tutti i parlamenti nazionali possano avervi accesso senza per questo essere obbligati ad emettere un avvertimento al titolo del meccanismo di allerta precoce.

La Commissione ritiene che la Convenzione dovrebbe proseguire le sue riflessioni sui mezzi per associare meglio i parlamenti nazionali alla gestione degli affari europei. Al di là delle proposte attualmente esaminate dai gruppi di lavoro ed ora evocate, due temi di interesse particolare per i parlamenti nazionali devono essere approfonditi dalla Convenzione:

3. Ristrutturare i trattati 

La Commissione ha preso conoscenza, con interesse, della proposta presentata dal Presidente della Convenzione il 28 ottobre scorso per la struttura del futuro trattato costituzionale. Essa ritiene in effetti auspicabile preparare un trattato costituzionale semplice e leggibile, che stabilisca una personalità giuridica unica per l’Unione. Come prevede questo progetto, la Commissione ritiene necessario in particolare, enunciare in un testo di natura costituzionale i valori e i diritti fondamentali su cui l’Unione europea fonda la sua azione.

Mantenere la flessibilità dell’azione dell’Unione

Durante i dibattiti della primavera 2002, la Convenzione aveva sottolineato il rischio di una delimitazione delle competenze che apporterebbe delle rigidità eccessive nel funzionamento dell’Unione. E’ importante che il futuro trattato costituzionale, presentando delle categorie di competenze non ecceda ciò che è necessario alla buona comprensione da parte dei cittadini delle missioni essenziali dell’Unione.

La Commissione ritiene che l’approccio proposto nel progetto preliminare di trattato presentato dal praesidium della Convenzione non risponda pienamente a tale esigenza. In particolare, l’istituzione di una categoria "di azioni condotte dagli Stati membri in maniera congiunta nell’ambito dell’Unione" nuoce alla chiarezza del trattato e non rende conto del fatto che l’Unione porta avanti attualmente una politica estera e di sicurezza comune e delle azioni comuni in materia di cooperazione di polizia e giudiziaria penale.

La Commissione raccomanda quindi una presentazione delle competenze che metta in evidenza i diversi livelli di intensità dell’azione dell’Unione e l’estensione delle sue responsabilità, senza per questo introdurre gli elementi di rigidità inerenti ad un catalogo di competenze. Il trattato potrebbe così distinguere tra le politiche principali dell’Unione, le politiche di accompagnamento e le azioni complementari. Una tale presentazione permetterebbe di sottolineare che, in diversi settori, l’Unione dispone solo di poteri d’azione limitati.

Preservare l’acquis

Il progetto preliminare di trattato prevede di sostituire i trattati esistenti. E’ tuttavia necessario preservare l’acquis di cinquant’anni di integrazione. Non si tratterebbe quindi di mettere in discussione in questa occasione, il contenuto delle politiche dell’Unione.

Una certa prudenza si impone ugualmente rispetto alla maniera in cui le politiche comuni sono presentate nel futuro trattato costituzionale. A parte una disposizione generale sugli obiettivi, il progetto preliminare di trattato costituzionale presentato alla Convenzione descrive le politiche comuni, non nella parte sull’architettura costituzionale, ma unicamente in una seconda parte. Questa presentazione non dovrebbe in nessun caso modificare il fatto che tutte le parti del futuro trattato costituzionale rilevano del diritto primario dell’Unione. Inoltre, poiché il futuro trattato non si identifica con la costituzione di uno Stato, è essenziale precisare, prima di descrivere le competenze e le istituzioni, le missioni dell’Unione.

Entrata in vigore del futuro trattato

Si pone la questione di sapere quale sarà il rapporto fra il trattato costituzionale e i trattati attuali. Esistono, a tale proposito, diverse maniere di affrontare la questione.

La Convenzione potrebbe seguire la via classica e stabilire un trattato che modifichi i trattai attuali, sulla scia di quanto fatto ad Amsterdam e Nizza. Questo approccio presenterebbe il vantaggio di non modificare di non modificare quelle disposizioni che il processo di costituzionalizzazione lascia invariate. Al tempo stesso però, produce una sovrapposizione di testi successivi difficilmente comprensibile.

La Convenzione potrebbe ugualmente scegliere di sostituire i trattati attuali con il nuovo trattato costituzionale. Questo secondo approccio presenta il vantaggio della semplicità e permette di presentare in maniera chiara le questioni-chiave del processo costituzionale. La riscrittura e l’insieme delle disposizioni degli attuali trattati presenta tuttavia maggiori rischi in termini di stabilità dell’acquis comunitario.

In virtù dell’articolo 48 del TUE, la modifica degli attuali trattati richiede una decisione unanime degli Stati ed una ratifica da parte di ciascuno Stato membro. Che si opti per un trattato modificativo o per uno interamente nuovo, esiste comunque il rischio che alcuni Stati membri non siano nelle condizioni di ratificare questo testo e che un solo Stato faccia fallire l’intero processo.

Tale questione e la possibilità che il futuro trattato costituzionale entri in vigore prima di essere ratificato dall’insieme degli Stati membri, devono essere studiate in modo approfondito dalla Convenzione.



Nota Ufficio internazionale FP CGIL 

Preparato per mesi e in gran segreto dall’entourage del presidente Romano Prodi, il progetto di Europa basato sugli orientamenti politici della Commissione, è ora un documento accessibile a tutti. E’ il contenuto di una Comunicazione in cui si delinea nel dettaglio la futura architettura istituzionale dell’Unione, sviluppando, spesso criticando, alcune proposte lanciate nei mesi passati dai membri della Convenzione che studia la riforma dell’Ue. Il progetto intende prima di tutto ribadire l’importanza di una chiara visione dell’Unione, da spiegare nel preambolo della futura Costituzione europea. Poiché infatti l’Europa non è uno Stato e non si sta redigendo la costituzione di uno Stato, quello che conta prima di tutto è spiegare cos’è e qual è la sua missione, prima di passare alla descrizione della macchina burocratica. E l’Ue rappresenta il primo esperimento di democrazia sovranazionale, per la realizzazione del quale non bisogna allontanarsi dall’intuizione di Jean Monnet e dal suo metodo: preservare l’originalità del sistema unendo cooperazione intergovernativa e strutture federali.  

Il progetto propone di ricollocare la Commissione al centro della costruzione comunitaria, trasformandola in un vero e proprio governo, un esecutivo responsabile davanti alle istanze democratiche, Consiglio e Parlamento europeo.

Viene bocciata l’idea di creare un superpresidente del Consiglio Ue (l’impostazione di Giscard d’Estaing) e proposta una razionalizzazione dell’amministrazione di Bruxelles.

Primo passo: la fusione di due cariche, quella di Mister Pesc e quella di Commissario responsabile delle relazioni esterne, da cui dovrebbe nascere una sorta di ministro degli esteri Ue, il Segretario dell’Unione, vice presidente della Commissione e responsabile della politica estera europea.

Nel documento viene criticata la proposta di Giscard di redigere una lista delle competenze dell’Unione per semplificare e rendere più comprensibile il progetto europeo. Ma, secondo la Commissione, lo sforzo di avvicinare l’Europa ai cittadini, non deve far perdere di vista la complessità insita nell’originalità stessa del sistema. La lista rigida di competenze è rischiosa perché non terrebbe conto della diversa intensità dell’azione dell’Unione nei diversi settori e della flessibilità che è uno degli aspetti positivi maggiori della costruzione europea. Cosa più importante è distinguere tra chi fa le leggi e chi le applica e far entrare Montesquieu anche nell’architettura istituzionale europea.

La proposta della Commissione è un documento di lavoro sul quale i membri della Convenzione dovranno inevitabilmente riflettere a lungo.

La traduzione del testo è nostra (6 dicembre 2002)