Pace,
Libertà, Solidarietà
Comunicazione
della Commissione sull’architettura istituzionale
Introduzione
1.
Semplificare le modalità d’azione dell’Unione
1.1
Programmare e concepire
1.2 Legiferare
1.3 Dirigere l’azione dell’Unione
1.3.1
Coordinamento delle politiche economiche
1.3.2 Cooperazione amministrativa in materia di polizia
1.3.3 Conduzione della politica estera e di sicurezza comune
1.3.4 Controllare il rispetto delle regole comuni
1.3.5 Assicurare l’esecuzione delle regole comuni
1.4
Finanziare le politiche comuni
2.
Riformare le istituzioni
2.1
Il Parlamento europeo
2.2 Il Consiglio
2.2.1
Determinazione della maggioranza qualificata
2.2.2 Organizzazione dei lavori del Consiglio
2.3
La Commissione
2.3.1
Designazione e responsabilità politica della Commissione
2.3.2 Composizione e funzionamento della Commissione europea
2.4
Le relazioni tra le istituzioni e i parlamenti nazionali
3.
Ristrutturare i trattati
Il
primo maggio 2004, ci sarà quasi un raddoppiamento del numero di Stati membri
.
La posta in gioco in questo processo è di estendere ai paesi europei vicini le
condizioni di pace, di solidarietà e di sviluppo economico di cui beneficiamo
oggi, accogliendoli in un quadro istituzionale appropriato, chiave della
riuscita del progetto europeo.
Con
una comunicazione del 22 maggio scorso , la Commissione aveva auspicato, prima
di qualsiasi discussione di natura istituzionale, incoraggiare la riflessione
sugli obiettivi e le missioni dell’Unione europea. Nel momento in cui la
Convenzione esamina i primi risultati dei gruppi di lavoro ed evoca la struttura
del futuro trattato costituzionale, la Commissione intende contribuire a questi
dibattiti presentando le modifiche del quadro istituzionale che le sembrano
necessarie per approfondire il progetto europeo.
Quale progetto per l’Europa?
L’introduzione
dell’euro, l’approfondimento del mercato interno, il coordinamento delle
politiche economiche, il ravvicinamento delle politiche fiscali e sociali, la
solidarietà tra paesi e regioni d’Europa, l’elaborazione di politiche
dell’ambiente ambiziose e l’affermazione di un modello europeo di società
sono delle evoluzioni auspicate dai cittadini, necessarie all’equilibrio del
progetto europeo. L’Unione deve approfondire un progetto in cui i suoi
cittadini si ritrovino e che apporti loro prosperità e solidarietà e rispetto
di una certa qualità di vita che riposa sulla preservazione dell’ambiente,
l’esistenza di servizi di interesse generale di qualità e accessibili per
tutti e ad un alto livello di protezione sociale.
I
cittadini europei ci invitano a rispondere a delle domande precise. Preservare
la pace e la sicurezza, lottare contro la disoccupazione, combattere i crimini e
i traffici organizzati, ridurre la povertà, garantire alle donne pari
opportunità, proteggere l’ambiente, la qualità e la sicurezza dei prodotti:
i cittadini si aspettano dall’Unione più sicurezza e stabilità all’interno
e più impegno sul piano internazionale, nel rispetto della diversità delle
identità nazionali, regionali e locali.
Per
preservare questo equilibrio e l’adesione dei cittadini al progetto europeo,
l’Unione deve dunque consolidare e sviluppare la sua integrazione.
Per
rispondere a queste aspettative, la Commissione ha identificato tre missioni
fondamentali per l’Unione di domani: il consolidamento del suo modello di
sviluppo economico e sociale che garantisce ai cittadini prosperità e
solidarietà; lo sviluppo del suo spazio di libertà, di sicurezza e di
giustizia che darà tutto il senso alla nozione di cittadinanza europea e
l’esercizio da parte dell’Unione delle responsabilità di una potenza
mondiale.
Come organizzarsi?
La
questione con la quale dobbiamo confrontarci è quella di sapere in che modo
l’Unione allargata potrà compiere le sue missioni fondamentali e come potrà
mantenere la sua capacità decisionale e la sua coesione affinché
l’approfondimento della costruzione europea resti possibile.
Si
è spesso sottolineato il carattere innovativo e il particolare equilibrio della
costruzione comunitaria, che organizza non la separazione, ma la condivisione
dei poteri. Così, il potere legislativo appartiene al Parlamento europeo, ma
anche al Consiglio; e lo stesso condivide il potere esecutivo con la Commissione
europea che dispone del monopolio dell’iniziativa legislativa, mentre
l’esecuzione delle politiche ricade largamente sulle amministrazioni nazionali
o regionali.
Bisogna
preservare questa unione di tutte le forze e di tutti i poteri attorno
all’interesse generale europeo. E mantenere la Commissione europea così come
l’ hanno voluta i fondatori dell’Europa, in quanto istituzione indipendente
che assicura l’uguaglianza di trattamento tra gli Stati membri e rappresenta
concretamente il luogo di coerenza, di sintesi e di considerazione
dell’interesse generale.
Questa
visione resta valida. Bisognerà, per i settori relativamente nuovi come le
questioni di politica estera e di difesa, di sicurezza, di giustizia o di
polizia, o ancora di cooperazione economica, istituire dei sistemi di arbitrato
e di azione in cui si ritrovano l’efficacia e la legittimità del metodo
comunitario.
Questo
metodo che si basa sull’equilibrio tra le istituzioni nel corso delle diverse
fasi del processo decisionale, dalla concezione all’esecuzione con un ruolo
particolare della Commissione in quanto garante dell’interesse generale,
permette di garantire la trasparenza, la coerenza e l’efficacia delle azioni
intraprese. Mentre appaiono chiaramente i limiti di altri modi di
organizzazione. Quelli della cooperazione intergovernativa, fonte di
inefficacia. Quelli di una direzione politica dell’Unione da parte di alcuni
Stati membri, fonte potenziale di tensione e di blocco.
Saranno
necessari degli adattamenti. Tutte le istituzioni dovranno incentrarsi
nuovamente sulle loro missioni fondamentali e accettare di riformarsi in
profondità.
Quali
adattamenti istituzionali?
Al
fine di consolidare il modello di sviluppo economico e sociale dell’Unione, di
proseguire la realizzazione dello spazio europeo di libertà, di sicurezza e di
giustizia e di permettere all’Unione di esercitare le responsabilità di una
potenza mondiale, la Commissione propone di semplificare le modalità d’azione
dell’Unione e di riformare le istituzioni nel rispetto dell’equilibrio
istituzionale attuale.
Questo
esercizio di semplificazione e di razionalizzazione delle modalità d’azione
dell’Unione e del funzionamento delle istituzioni dovrebbe permettere ai
cittadini di identificare le responsabilità di ciascuno nel processo
decisionale di un’Unione che sembrerà quindi più trasparente, più semplice
e più vicina.
La
chiarificazione dei ruoli e delle responsabilità delle istituzioni è
soprattutto necessaria per le tre istituzioni, il Parlamento europeo, il
Consiglio e la Commissione, che hanno oggi le funzioni legislative ed esecutive
dell’Unione. Il futuro trattato costituzionale dovrà tuttavia tenere conto
dell’insieme delle importanti missioni svolte dalle altre istituzioni e dagli
organi dell’Unione e in particolare, il Comitato delle regioni, il Comitato
economico e sociale europeo e il Mediatore.
Le
modifiche proposte non dovrebbero sconvolgere l’equilibrio istituzionale
attuale. Esse rispettano la natura peculiare dell’Unione, fondata sulla doppia
legittimità degli Stati e dei popoli e senza rimettere in discussione i
principi di base della costruzione europea come quello dell’uguaglianza tra
gli Stati membri.
L’obiettivo
di semplificazione e di ravvicinamento dei cittadini deve ugualmente guidare i
lavori conducendo, a partire dall’acquis della costruzione europea, a una
ristrutturazione dei trattati attuali in un trattato costituzionale, nel quale
potrà essere inserita la nuova architettura istituzionale dell’Unione.
E’
a partire dal progetto preliminare di trattato costituzionale presentato dal
Praesidium della Convenzione che si deve organizzare la riflessione della
Convenzione. Alla luce degli orientamenti esposti nella presente comunicazione,
la Commissione parteciperà attivamente alla riflessione della Convenzione
sull’elaborazione del trattato costituzionale. Essa considera che il metodo
della Convenzione, poiché associa tutte le fonti di legittimità che coesistono
in Europa, merita di essere mantenuto per le future modifiche dei testi
costituzionali.
Infine,
il progetto europeo deve essere chiaramente identificato attraverso il nome. La
Commissione ritiene che l’espressione "Unione europea", che i
cittadini degli Stati membri e dei paesi candidati hanno imparato a conoscere,
descriva bene le finalità del progetto europeo. La Commissione propone che la
Convenzione si pronunci sul motto comune dell’Unione, che potrebbe essere
"Pace, Libertà, Solidarietà".
La
Convenzione ha la responsabilità di immaginare l’Europa di domani.
Un’Unione i cui Stati membri, uniti da politiche comuni e tenuti insieme da
istituzioni forti, restino capaci di andare al di là delle proprie divergenze
per rispondere, semplicemente, alle aspettative dei loro popoli.
1.
Semplificare le modalità d’azione dell’Unione
La
specificità della costruzione europea è all’origine della complessità del
sistema attuale. La Commissione ritiene tuttavia, che sia possibile semplificare
la maniera in cui l’Unione europea esercita le sue principali funzioni.
1.1
Programmare e concepire
La
Commissione raccomanda il coordinamento degli sforzi di pianificazione e di
programmazione, al fine di arrivare, nel rispetto dell’autonomia decisionale e
delle responsabilità di ciascuna istituzione, ad una programmazione
interistituzionale dei lavori dell’Unione.
A
partire da una proposta della Commissione presentata ogni anno, un dialogo
interistituzionale dovrà condurre ad un accordo del Parlamento europeo, del
Consiglio e della Commissione su una programmazione pluriennale, i cui elementi
essenziali sarebbero vagliati dal Consiglio europeo.
La
Commissione iscriverebbe così l’esercizio del suo diritto d’iniziativa in
un programma globale coerente dell’Unione. La trasparenza dei lavori
legislativi dell’Unione sarebbe maggiore.
Quanto
all’elaborazione delle iniziative legislative e alla concezione delle
politiche, il futuro trattato costituzionale potrebbe prevedere, nel rispetto
dei sistemi costituzionali degli Stati membri, dei principi generali di
consultazione delle parti interessate, delle amministrazioni nazionali e delle
autorità regionali e locali. Bisognerà sforzarsi, laddove opportuno, di
prendere meglio in considerazione la diversità delle situazioni locali, allo
stadio di concezione delle politiche o della loro esecuzione, per esempio
attraverso dei contratti tripartiti che potrebbero essere conclusi tra la
Commissione, gli Stati membri e le regioni o le collettività locali per
l’applicazione di certe leggi comunitarie, nel rispetto dei sistemi
costituzionali degli Stati membri.
L’esercizio
della funzione legislativa deve essere semplificato intorno ai tre principi che
costituiscono le basi del metodo comunitario: diritto d’iniziativa esclusivo
della Commissione, codecisione del Parlamento europeo e del Consiglio e voto a
maggioranza qualificata in Consiglio.
Il
diritto d’iniziativa esclusivo della Commissione, esercitandosi nel quadro di
una programmazione interistituzionale, dovrà estendersi all’insieme
dell’ambito legislativo. Allo scopo di rafforzare la legittimità democratica
delle decisioni dell’Unione conviene applicare la procedura di codecisione
all’insieme delle leggi europee. Infine, affinché l’Unione allargata resti
capace di decidere, la Commissione raccomanda di generalizzare il voto a
maggioranza qualificata in Consiglio.
In
un’Unione di 25 Stati membri o più, la possibilità per uno solo di questi
Stati di opporsi ad un’azione dell’Unione condurrebbe rapidamente alla
paralisi. In un mercato integrato, gli attori economici devono giocare ad armi
pari. In caso contrario, gli aggiustamenti si faranno a scapito proprio del
modello di società europeo e dei valori riconosciuti dalle democrazie europee.
L’abbandono dell’unanimità dovrà dunque valere ugualmente per le questioni
fiscali e sociali legate al buon funzionamento del mercato interno.
Per
certi casi particolari sensibili, il legislatore dovrà poter ricorrere a delle
maggioranze rafforzate, cosa che permetterebbe di facilitare l’abbandono
dell’unanimità.
Una
classificazione degli strumenti permetterà di distinguere le norme le norme che
rilevano rispettivamente della legge e dell’esecuzione della legge. La
Commissione propone che la classificazione
delle norme [3] sia stabilita come segue:
Le
leggi possono prevedere una delega legislativa alla Commissione per modificare
degli atti adottati dal legislatore, per esempio in vista del loro adattamento
al progresso tecnologico. La Commissione dovrebbe esercitare questa competenza
solo nei limiti e alle condizioni fissati dalla delega legislativa. L’atto
legislativo delegato non potrebbe entrare in vigore se il Parlamento europeo o
il Consiglio, interpellati ad esempio un mese prima della sua entrata in vigore,
si pronunciano contro questa misura, rispettivamente alla maggioranza dei membri
che lo compongono e alla maggioranza qualificata. In una simile ipotesi, la
Commissione, o rinuncia al suo progetto, o lo modifica, o presenta una proposta
al legislatore.
Il
trattato costituzionale dovrebbe sforzarsi di prevedere per ogni azione
dell’Unione una base giuridica appropriata. Tuttavia, come ha riconosciuto la
Convenzione, il mantenimento di una clausola di flessibilità, sull’esempio di
quanto previsto dall’attuale articolo 308 del trattato CE, resta
indispensabile per il dinamismo della costruzione europea. Tenuto conto della
natura particolare di una tale disposizione, la Commissione propone che queste
misure siano adottate dal Consiglio a maggioranza rafforzata in seguito ad
avviso conforme del Parlamento europeo.
1.3
Dirigere l’azione dell’Unione
L’esercizio
delle funzioni governative dell’Unione è particolare. Le due funzioni che, a
livello nazionale sono esercitate dal governo, rilevano oggi, a livello
dell’Unione, al tempo stesso del Consiglio e della Commissione. Inoltre,
l’applicazione delle decisioni dell’Unione è di solito affidata alle
amministrazioni degli Stati membri, a volte in coordinazione con la Commissione.
A
livello nazionale, i compiti governativi sono di due tipi : esecuzione delle
leggi (misure regolamentari più dettagliate, applicazione individuale) e
l’azione autonoma del governo, generalmente fondata direttamente sulla
Costituzione, come ad esempio la rappresentanza internazionale o la conclusione
di accordi.
A
livello dell’Unione, né i trattati, né la pratica comunitaria fanno una
chiara distinzione tra questi compiti. Ciò porta ad un’assenza di leggibilità
per i cittadini. La chiarificazione del sistema ed il ricentramento di ciascuna
istituzione sulle sue funzioni principali semplificheranno la struttura
istituzionale europea.
Con
l’eccezione delle azioni che fanno appello a delle capacità militari, i
principi fondatori del metodo comunitario dovrebbero ugualmente applicarsi a
queste funzioni, con una condivisione dei ruoli tra la Commissione che,
nell’interesse generale europeo, fa delle proposte, e il Consiglio che decide,
a seconda dei casi in seguito alla consultazione del Parlamento europeo.
Per
delle ragioni di efficacia e per garantire che gli interessi dei diversi Stati
membri siano presi in considerazione al momento della formulazione delle
proposte, il diritto di iniziativa della Commissione deve essere generalizzato.
Per
queste funzioni, il potere decisionale dovrà rimanere al Consiglio, in cui sono
rappresentati i governi che esercitano questi poteri a livello nazionale, con un
coinvolgimento appropriato del Parlamento europeo. Come in materia legislativa,
l’efficacia del processo di decisione impone il ricorso generalizzato al voto
a maggioranza qualificata o in ogni caso a delle forme di presa di decisione che
non necessitano dell’unanimità degli Stati membri, come la maggioranza
qualificata rafforzata o l’astensione costruttiva.
D’altronde,
l’Unione deve poter disporre di diversi strumenti per dare esecuzione alle sue
politiche. A titolo di metodi non vincolanti, è il caso di segnalare in
particolare il metodo del coordinamento
aperto [4] in base al quale degli orientamenti comuni possono essere
indicati per certe azioni esclusive nel campo di competenza legislativa
dell’Unione. Il trattato costituzionale dovrebbe menzionare questo metodo e
garantire che le condizioni della sua applicazione rispettino il metodo
comunitario.
1.3.1.
Coordinamento delle politiche economiche
Le
politiche economiche sono, e resteranno, di competenza nazionale. Ma il loro
coordinamento è un obbligo comune. Quest’obbligo deve essere rispettato
meglio, poiché l’Unione economica e monetari a ha bisogno, per funzionare, di
discipline comuni e di coordinamento. Affinché l’Unione sia effettivamente in
grado di esercitare correttamente questa funzione, bisogna rafforzare il ruolo
della Commissione, ma anche la capacità di decisione del Consiglio, e garantire
una rappresentanza esterna efficace della zone euro presso le istanze economiche
e finanziarie internazionali.
Ruolo
della Commissione
Il
rafforzamento del diritto di iniziativa della Commissione è particolarmente
importante in materia di coordinamento delle politiche economiche. Attualmente,
la Commissione indirizza al Consiglio una semplice raccomandazione per i
"grandi orientamenti di politica economica" e gli "avvisi"
previsti dal Patto di Stabilità. Il Consiglio può agevolmente modificare il
contenuto di queste raccomandazioni o anche ignorare dei punti importanti.
Questa situazione incita a dei compromessi che incidono sulla credibilità dei
meccanismi di coordinamento delle politiche economiche.
Quindi
la Commissione raccomanda la trasformazione delle raccomandazioni in proposte
per i grandi orientamenti di politica economica e per gli avvisi previsti per
garantire il rispetto del patto di stabilità o dei grandi orientamenti. In
altre parole, per la modifica di queste proposte sarebbe necessario l’accordo
della Commissione, a meno che il Consiglio, all’unanimità, non decida di
modificarle. E’ il modo di lavoro solito, previsto dal trattato.
Questo
adattamento permetterebbe di dare alla Commissione i mezzi per far rispettare le
regole da parte di tutti gli Stati membri e per preservare il carattere
comunitario dell’esercizio e la coerenza delle politiche.
Capacità
di decisione del Consiglio
Le
frontiere della zona dell’euro, hanno vocazione a coincidere con quelle
dell’Unione. Ma, poiché diversi Stati membri non fanno ancora parte della
zona e poiché questo numero di Stati aumenterà con l’allargamento,
quest’obiettivo naturale non sarà probabilmente raggiunto prima di diversi
anni.
Ora,
i meccanismi di decisione previsti attualmente dai trattati, non sono adatti ai
bisogni della zona euro quando l’Unione conterà quasi trenta Stati membri.
E’ puro buon senso autorizzare gli Stati della zona euro a decidere tra loro
sulle questioni relative alla loro moneta.
Nel
2004 l’Unione comprenderà un numero maggiore di Stati non membri della zona
euro che di Stati partecipanti. L’Eurogruppo, creato dal Consiglio europeo nel
1997, è un forum di discussione informale tra Stati partecipanti.
Innegabilmente utile, può sussistere in quanto istanza informale di
discussione. Ma, nell’ambito attuale del trattato, solo il Consiglio (Ecofin)
può adottare delle decisioni. Per trattare ad esempio le questioni di deficit
eccessivo tra gli Stati che partecipano all’euro, le questioni relative agli
orientamenti della politica dei cambi, le decisioni relative agli Stati membri
che desiderano adottare l’euro, o ancora la parte dei grandi orientamenti di
politica economica consacrata alla zona euro, la Commissione raccomanda la
creazione di un "Consiglio Ecofin per la zona euro", che riunisca i
ministri delle Finanze dei soli Stati membri della zona euro e dotato di poteri
decisionali nei settori di interesse comune agli Stati membri che condividono la
stessa moneta.
Altro
importante aggiustamento: per l’efficacia del processo di decisione, conviene
che lo Stato membro interessato sia escluso dal voto sugli avvisi. Il trattato
prevede già una simile esclusione quando il Consiglio obbliga uno Stato a
correggere un deficit eccessivo – ma questa precisione è stata omessa per il
voto sugli avvisi. Per definizione, lo Stato interessato sarà generalmente
contro qualunque tipo di avviso. Escluderlo dal voto permetterebbe di evitare
che non sia al tempo stesso giudice e giudicato.
Rappresentanza
della zona euro nelle istanze internazionali
L’euro
è oggi la seconda moneta più importante del mondo e la zona euro costituisce
nell’insieme, la seconda grande potenza economica e commerciale mondiale.
Tuttavia, l’Unione europea non ne trae tutti i benefici possibili a livello
internazionale. La questione della rappresentanza internazionale della zona euro
resta de facto non regolamentata.
La
posizione della presidenza nelle discussioni internazionali è certamente
preparata oggi in maniera concertata, ma è spesso stabilita su una base di
compromesso che non permette all’Unione di dare prova di una autorità e di
una capacità di iniziativa sufficienti.
La
Convenzione dovrebbe esaminare i mezzi per regolare la questione in maniera
pragmatica, conformemente a quanto prevede già l’articolo 111 del trattato
per decidere della rappresentanza internazionale dell’euro o della posizione
della Comunità. Affinché l’Unione europea possa affrontare le discussioni
monetarie e finanziarie internazionali con coerenza, perché si esprima i
maniera forte e soprattutto stabile, la zona euro ne guadagnerebbe ad essere
rappresentata dalla Commissione, in stretta concertazione con tutte le istanze
interessate.
1.3.2.
Cooperazione amministrativa in materia di polizia
Attualmente,
la cooperazione in materia di polizia rileva delle disposizioni del trattato
sull’Unione europea relative alla cooperazione giudiziaria e di polizia in
materia penale. Con l’abbandono della struttura in pilastri, la Commissione
ritiene che convenga sottomettere questo settore alle regole generali
applicabili alle altre politiche dell’Unione. Così, le legislazioni
necessarie in questo ambito, specialmente per lo sviluppo di Europol, dovrebbero
essere adottate secondo la procedura di codecisione, con il Consiglio che
delibera a maggioranza qualificata.
Per
la cooperazione amministrativa tra i servizi di polizia, queste attività sono
tuttavia, per loro natura, di responsabilità delle autorità nazionali. Nella
misura in cui sarebbe opportuno prendere delle iniziative in questo settore a
livello europeo, converrà poter beneficiare dell’esperienza delle autorità
nazionali. La Commissione eserciterà il suo diritto d’iniziativa
essenzialmente per proporre delle misure di cooperazione.
Infine,
le decisioni del Consiglio relative alla pianificazione, alle modalità e
all’abito di coordinamento delle azioni nazionali in materia di polizia,
potrebbero rilevare della maggioranza qualificata rafforzata al termine di un
periodo transitorio di cinque anni durante il quale l’Unione dovrebbe adottare
i principi essenziali in questa materia.
1.3.3.
Conduzione della politica estera e di sicurezza comune
Definizione
degli obiettivi comuni e coerenza dell’azione esterna
Fondata
sulla riconciliazione storica delle nazioni e dei popoli europei, la costruzione
europea ha consolidato la pace e la stabilità nell’Europa occidentale. Da
allora fino ad oggi, essa esporta tale stabilità. L’allargamento costituisce
indubbiamente l’azione politica più tangibile che l’Unione compirà nel
corso dei prossimi anni, la più decisiva per la sicurezza del continente. Il
vicinato immediato dell’Unione, a sud e ad est, costituisce di fatto lo spazio
privilegiato di una politica estera comune, al di là di ciò che rappresentano
da tempo per l’Unione la relazione transatlantica ed il partenariato con i
paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico.
Per
affermarsi maggiormente, la politica estera dell’Unione deve disporre di una
capacità di decisione in materia di sicurezza e di difesa. Tale evoluzione è
ugualmente necessaria per la protezione delle popolazioni civili, ad esempio in
caso di aggressione terrorista da parte di entità non statali. Dopo la guerra
fredda e con la comparsa di nuove forme di terrorismo, la solidarietà
collettiva sul territorio dell’Unione e la proiezione di forze su dei teatri
esterni, al servizio della pace, diventano importanti tanto quanto la nozione di
difesa del territorio europeo. Lo sviluppo di un’industria europea militare
dovrà ugualmente essere incoraggiata, al servizio di un concetto comune di
minacce specifiche alle quali gli Europei sono confrontati e delle azioni che
devono intraprendere all’esterno del territorio europeo. Queste evoluzioni non
devono naturalmente incidere sulla posizione specifica di certi Stati membri
rispetto ad azioni che avrebbero delle implicazioni in materia di difesa e la
Convenzione dovrebbe tenere conto di queste specificità.
L’Unione
europea deve esercitare un ruolo particolare rispetto alla globalizzazione. Dopo
l’allargamento, l’Unione sarà la prima economia del mondo. La sua capacità
di pesare sulla governance economica globale ne risulterà rafforzata, cose che
impone di tenere conto, ancora di più di quanto non avvenga già, degli
interessi del resto del mondo nelle scelte di politica economica.
E’
attraverso l’Unione europea, attraverso la concertazione e l’unione delle
volontà politiche che gli Europei potranno difendere il loro modello di società
ed esercitare meglio ed in maniera più completa i loro diritti democratici.
E’ l’Europa, attore internazionale di primo piano, che può contribuire alla
governance e alla stabilizzazione del sistema internazionale.
L’Unione
deve poter agire in maniera più risoluta e più efficace in favore dello
sviluppo sostenibile e per proteggersi da certi rischi nuovi, legati quasi
sempre ai gravi disequilibri economici e sociali che persistono o si aggravano
nel mondo. L’Unione deve quindi difendere una strategia di sviluppo
sostenibile, fondata su un organizzazione multilaterale e multipolare
dell’economia mondiale in contrapposizione ad un approccio egemonico o
unilaterale. Per realizzare ciò, potrebbe essere necessario completare su certi
punti le attuali competenze dell’Unione. In ogni caso, l’Unione dovrebbe
essere in grado di difendere e sfruttare pienamente la dimensione internazionale
delle sue politiche interne e dovrebbe disporre a tale scopo di strumenti e
mezzi necessari. L’Unione porterebbe così all’esterno le competenze di cui
dispone all’interno.
Allo
scopo di garantire la coerenza dell’azione esterna dell’Unione e l’unicità
di espressione delle sue posizioni, la Commissione ha raccomandato nella sua
comunicazione del 22 maggio scorso di fondere, secondo delle modalità
particolari e un calendario da definire, le funzioni dell’Alto rappresentante
e quelle del Commissario alle relazioni esterne. Questa evoluzione istituzionale
a tappe deve accompagnarsi, a partire dall’attuale acquis, con
un’integrazione e un progressivo adattamento coerente delle diverse dimensioni
dell’azione esterna. Ciò che si applica già largamente al commercio deve
valere ugualmente per gli aspetti esterni delle politiche comuni, specialmente
lo sviluppo sostenibile e le questioni economiche e finanziarie, che si tratti
di procedure di negoziazione o di decisione, o di modalità di rappresentanza.
Ciò non potrebbe tuttavia valere per le questioni di difesa e le azioni che
fanno appello a delle capacità militari, di cui la Convenzione dovrà
precisare, quando verrà il momento, meccanismi e modalità.
Evoluzione
istituzionale a tappe
La
Commissione propone la creazione di una funzione di Segretario dell’Unione,
vice presidente della Commissione, con uno statuto particolare. Il Segretario
dell’Unione dovrà essere nominato di comune accordo dal Consiglio europeo e
dal Presidente designato della Commissione. Sarà responsabile individualmente
al tempo stesso davanti al Consiglio europeo e davanti al Presidente della
Commissione, che potranno, l’uno e l’altro, mettere fine al suo mandato. In
quanto membro della Commissione, sarà inoltre responsabile davanti al
Parlamento europeo secondo la responsabilità collettiva del collegio.
Questa
doppia responsabilità del Segretario dell’Unione rende possibile una
valutazione istituzionale importante, che tiene conto della specificità della
politica estera e di sicurezza comune.
Durante
un periodo transitorio da definire, si propone che il Segretario dell’Unione
eserciti il diritto d’iniziativa della Commissione in materia di politica
estera e di sicurezza comune nell’ambito degli orientamenti e dei mandati che
gli indirizza il Consiglio o un gruppo di Stati membri più particolarmente
interessati da una questione specifica e i cui interessi comuni richiederebbero
un’azione da parte dell’Unione.
Al
termine di questo periodo transitorio, il Consiglio, su proposta della
Commissione e deliberando a maggioranza qualificata rafforzata, si pronuncerà
sulle modalità con cui il Segretario dell’Unione eserciterà in maniera
autonoma il diritto d’iniziativa della Commissione in materia di politica
estera e di sicurezza comune. Di conseguenza, il Consiglio dovrà ugualmente
pronunciarsi sulla portata del diritto d’iniziativa degli Stati membri al
termine del periodo transitorio. Nello spirito di quanto prevede oggi il
trattato (articolo 208), sarebbe auspicabile che il Consiglio, o un gruppo di
Stati membri, possa, al termine del periodo transitorio, domandare al Segretario
dell’Unione di sottomettere al Consiglio ogni proposta appropriata per la
realizzazione degli obiettivi comuni.
Dalla
creazione della funzione di Segretario dell’Unione, le proposte della
Commissione in materia di politica estera e di sicurezza comune e le decisioni
necessarie per la loro realizzazione, saranno adottate dal Segretario
dell’Unione in accordo con il Presidente della Commissione, secondo i casi, al
seguito di un dibattito collegiale.
Le
altre proposte e decisioni in materia di relazioni esterne (ad esempio il
commercio internazionale e lo sviluppo) o di politiche interne (ad esempio
l’agricoltura o l’ambiente)continuano a rilevare dell’iniziativa autonoma
della Commissione e restano regolate dall’esercizio normale della collegialità.
Il Presidente della Commissione e il Segretario dell’Unione dovranno garantire
la coerenza tra queste proposte e decisioni e le azioni di politica estera.
Il
Segretario dell’Unione rappresenterà l’Unione presso i terzi per la
conduzione delle azioni di politica estera e sarà responsabile della
realizzazione delle decisioni comuni. Dovrà disporre per questo di
un’amministrazione unica creata a partire dai mezzi del Segretariato generale
del Consiglio, della Commissione e degli Stati membri, posti sotto la sua
autorità e che beneficiano dell’infrastruttura amministrativa della
Commissione. Le delegazioni esterne della Commissione e gli uffici di
collegamento del Consiglio diventeranno delle delegazioni dell’Unione gestite
amministrativamente dalla Commissione e sulle quali eserciterà al sua autorità
il Segretario generale dell’Unione. Questa unicità dell’amministrazione è
in effetti indispensabile all’efficacia dell’azione comune.
La
Commissione ritiene che il modo di designazione del Segretario dell’Unione ,
la sua responsabilità individuale davanti al Consiglio europeo e le modalità
specifiche dell’esercizio del diritto d’iniziativa della Commissione
permetteranno di creare tra le istituzioni e gli Stati membri la fiducia
necessaria per la conduzione di una politica estera più coerente ed efficace.
Essa considera che questo obiettivo di coerenza ed efficacia giustifichi
pienamente l’adattamento dei metodi di lavoro della Commissione e il controllo
specifico esercitato dal Consiglio sulle iniziative del Segretario
dell’Unione, vice presidente della Commissione.
1.3.4.
Assicurare l’esecuzione delle regole comuni
Per
quanto riguarda l’esecuzione della legislazione europea, il trattato prevede
già che questa sia affidata alla Commissione, nella misura in cui
un’esecuzione è necessaria a livello dell’Unione e non sia dunque lasciata
agli Stati membri. Il trattato prevede tuttavia la possibilità per il Consiglio
di riservarsi, in certi casi specifici ed eccezionali, l’esercizio diretto di
competenze di esecuzione. Questa eccezione prevede una confusione sul ruolo del
Consiglio in quanto legislatore rispetto al ruolo esecutivo della Commissione e
non è compatibile con il fatto che la funzione legislativa sia esercitata da
due istituzioni, il Consiglio e il Parlamento europeo. Dovrebbe dunque essere
soppressa. Così, la responsabilità della Commissione per l’esecuzione a
livello europeo di ciò che il legislatore avrà deciso diverrebbe chiara ed
univoca per i cittadini.
Esercitando
la funzione esecutiva nell’ambito della legge, la Commissione raccoglie,
all’interno dei comitati, i pareri e le competenze delle amministrazioni
nazionali spesso chiamate a realizzare sul terreno la legislazione europea.
Questi comitati devono continuare ad esistere, ma solo in quanto comitati
consultivi. Allo scopo di permettere il controllo democratico da parte del
legislatore della sua azione, la Commissione informerà sia il Parlamento
europeo che il Consiglio delle misure che prevede di adottare; queste due
istituzioni potranno manifestare avvisi o, secondo i casi, obiezioni. La
Commissione resta l’istanza responsabile della decisione per le misure di
esecuzione striato sensu, a differenza della procedura che è prevista per la
delegazione legislativa.
Può
rivelarsi appropriato ricorrere a delle agenzie europee di regolamentazione per
la prestazione di assistenza tecnica alle istituzioni, l’elaborazione di
pareri e raccomandazioni, l’adozione di decisioni individuali nell’ambito di
una legislazione determinata. E’ inteso che queste agenzie non possono vedersi
conferite né delle responsabilità che il trattato attribuisce direttamente
alla Commissione, né un potere di decisione nei settori in cui dovrebbe
giudicare conflitti tra diversi interessi pubblici, né esercitare un potere di
valutazione politica o procedere a delle valutazioni economiche complesse. Gli
attuali trattati non contengono una base giuridica propria sulla quale fondare
la creazione di simili agenzie. Sarebbe dunque opportuno che il trattato
costituzionale contenga una disposizione sui criteri relativi alla creazione, al
funzionamento e al controllo politico, giuridico e di bilancio di queste
agenzie.
1.3.5.
Controllare il rispetto delle regole comuni
Il
trattato ha conferito alla Commissione il compito generale di controllare la
corretta applicazione del diritto dell’Unione. Con l’allargamento e
nell’intento di preservare il normale funzionamento del mercato interno, i
meccanismi previsti a tale scopo dal trattato dovranno essere rafforzati.
Come
era previsto dal trattato CECA, la Commissione dovrebbe vedersi attribuire il
diritto di prendere delle decisioni constatando le infrazioni al diritto
dell’Unione. Nel caso in cui uno Stato membro dovesse contestare
l’infrazione, il trattato dovrebbe prevedere la facoltà per questo Stato di
introdurre un ricorso davanti alla Corte di giustizia. Questa innovazione, che
rafforza la capacità della Commissione a garantire la sua funzione di guardiana
dei trattati, permetterebbe di esercitare un controllo più efficace del
rispetto degli Stati membri dei loro obblighi. La possibilità di ricorso
davanti alla Corte di giustizia conferisce in ogni caso agli Stati membri ed
agli operatori economici tutte le garanzie necessarie per essere sicuri della
fondatezza delle decisioni della Commissione.
In
certi settori, in particolare nell’ambito della concorrenza in cui
l’applicazione dei principi comuni in materia di aiuti di Stato e il rispetto
da parte delle imprese delle condizioni della concorrenza restano essenziali, il
trattato conferisce direttamente alla Commissione il potere autonomo di adottare
delle misure di applicazione di norme di base che non si trovano in una
legislazione, ma nel trattato stesso. Il potere di controllo della Commissione
in questo ambito può assumere la forma di decisioni individuali e, in certi
casi, di misure generali di esecuzione. Il trattato costituzionale dovrà
identificare chiaramente queste funzioni.
1.4
Finanziare le politiche comuni
La
Commissione ritiene che la Convenzione dovrà esaminare le modalità di
finanziamento delle politiche comuni. Converrà tradurre meglio nella realtà le
disposizioni del trattato (articolo 269 CE) che prevedono il finanziamento del
budget dell’Unione attraverso delle risorse proprie, alle quali contribuiscono
gli Stati membri e i cittadini. Bisognerà ugualmente, in questo contesto,
trovare un equilibrio appropriato tra questi diversi contributi.
Questa
questione è legata a diversi temi trattati dalla Convenzione: la democrazia
(assenza di potere del Parlamento europeo in materia di risorse), la trasparenza
(i cittadini non sono in grado di valutare i loro contributi individuali al
finanziamento dell’Unione) e la solidarietà (difficili dibattiti sul
"giusto ritorno" ai singoli Stati membri del loro contributo legato al
PIL). Da questo punto di vista, le riflessioni sul finanziamento dell’Unione
trovano anche il loro posto nei dibattiti sulla legittimità dell’azione
dell’Unione.
La
questione del finanziamento dell’Unione dovrà essere riesaminata, sempre
mantenendo gli acquis del sistema attuale: equità, adeguamento tra spese ed
entrate, semplicità. Il trattato dovrà estendere la capacità dell’Unione a
definire il modo di finanziamento.
Il
trattato costituzionale dovrebbe prevedere che le prospettive finanziarie
pluriannuali, che sono stabilite attualmente con un accordo interistituzionale,
sono adottate, su proposta della Commissione, dal Parlamento europeo e dal
Consiglio.
Di
conseguenza, le procedure per l’adozione della decisione sulle risorse proprie
e per l’adozione del budget annuale potranno ugualmente essere razionalizzate.
La Commissione raccomanda che la decisione sulle risorse proprie sia adottata da
una legge organica, che richiede delle maggioranze rafforzate al Parlamento
europeo e al Consiglio. La Convenzione dovrà esaminare la questione
dell’associazione a questa decisione dei parlamenti nazionali.
Il
budget sarebbe adottato dal Parlamento europeo e dal Consiglio con una procedura
che si ispira alla procedura di codecisione, a partire da un progetto della
Commissione. La distinzione tra spese obbligatorie e spese non obbligatorie
verrebbe così soppressa.
La
Commissione si riserva di approfondire tali questioni ulteriormente attraverso
una comunicazione specifica.
Infine
la Commissione ricorda la sua proposta di creare un procuratore europeo,
indipendente, per proteggere gli interessi finanziari dell’Unione. La
Commissione ritiene che il trattato costituzionale dovrebbe prevedere
l’istituzione di un procuratore europeo; il suo statuto e le modalità
essenziali del suo funzionamento dovranno poi essere regolamentate da una legge
organica.
2.
Riformare le istituzioni
La
Commissione conferma il suo attaccamento all’equilibrio delle istituzioni e
alla condivisione dei poteri, caratteristiche della costruzione europea. Tra
cooperazione intergovernativa e strutture federali, il metodo comunitario ha
saputo tracciare un percorso che associa l’efficacia e il rispetto delle
identità nazionali. Ogni progetto di riforma delle istituzioni deve rispettare
questo equilibrio ed evitare la creazione di nuove istanze che renderebbero il
funzionamento del processo decisionale meno leggibile e meno efficace. Si tratta
di preservare l’originalità del sistema rafforzando la responsabilità di
ciascuna istituzione permettendo di rispondere alle sfide dell’allargamento.
2.1
Il Parlamento europeo
Il
Parlamento europeo deve essere confermato nella sua funzione legislativa,
attraverso la generalizzazione della procedura di codecisione.
Il
principio della procedura elettorale uniforme in tutti gli Stati membri per
l’elezione dei parlamentari europei deve essere riaffermato nel trattato
costituzionale. E’ auspicabile che gli Stati membri lo approvino il più
presto possibile, conformemente alle loro rispettive regole costituzionali,
affinché le elezioni del 2004 si possano svolgere sulla base di questa nuova
procedura elettorale.
Per
il futuro, la Commissione conferma che sarebbe di grande interesse per
l’Unione che un certo numero di deputati europei venisse eletto su delle liste
europee presentate, in tutta l’Unione, all’insieme degli elettori europei.
Questi dovranno allora esprimere due voti: uno a titolo nazionale e l’altro
per i deputati da eleggere su queste liste transnazionali. Il ricorso ad una
tale organizzazione per le elezioni europee contribuirà ad approfondire la
democrazia a livello europeo.
Con
l’allargamento, il Consiglio dovrà adottare il suo funzionamento, prolungando
così le riforme stabilite dal Consiglio europeo di Siviglia (giugno 2002).
2.2.1
Determinazione della maggioranza qualificata
Sarebbe
necessario, per legiferare come per dirigere l’azione dell’Unione,
abbandonare i modi di decisione che richiedono l’unanimità.
Il
voto a maggioranza qualificata deve rispondere alle esigenze di semplicità e di
legittimità democratica. Inoltre, la Commissione raccomanda alla Convenzione di
rivedere il sistema complesso di decisione che risulta dal trattato di Nizza e
di sostituirlo con una doppia maggioranza semplice proposta in precedenza dalla
Commissione. Le decisioni del Consiglio sarebbero acquisite se riunissero la
maggioranza degli Stati membri rappresentati una maggioranza della popolazione
dell’Unione. Questa regola di presa di decisione ha il vantaggio di essere più
leggibile e di corrispondere più direttamente alla natura peculiare
dell’Unione.
La
Commissione propone di eliminare il ricorso all’unanimità. Questa regola non
dovrebbe applicarsi soltanto all’adozione della legislazione dell’Unione, ma
per ogni decisione del Consiglio. Quindi, la nomina dei membri del direttorio
della Banca centrale europea dovrebbe essere decisa a maggioranza qualificata,
sull’esempio di ciò che il trattato di Nizza ha stabilito per la nomina della
Commissione.
Bisognerà
tuttavia prevedere, per certi casi particolari, che il Consiglio decida con una
maggioranza più forte di quella qualificata. Per questi casi particolare, il
trattato potrebbe prevedere la maggioranza rafforzata; in questi casi la
decisione dovrebbe essere votata dai tre quarti dei governi, rappresentanti i
due terzi della popolazione totale dell’Unione.
2.2.2
Organizzazione dei lavori del Consiglio
Il
Consiglio europeo di Siviglia ha ridotto il numero di formazioni del Consiglio a
nove. Tenuto conto del numero importante di Stati che, nell’Europa allargata,
non faranno parte nell’immediato della zona euro, il futuro trattato
costituzionale dovrà creare un’istanza formale di decisione per i soli Stati
membri interessati, che funzionerebbe come Consiglio "Ecofin-eurozona".
Converrebbe
inoltre approfondire le riflessioni in corso sulla distinzione tra funzioni
legislative ed esecutive del Consiglio, allo scopo, in particolare, di
permettere una maggiore trasparenza dei lavori del Consiglio.
Due
categorie di misure, indipendenti dalla riflessione sulla presidenza, possono
svolgere un ruolo importante per la continuità e la coerenza del lavori del
Consiglio: la programmazione interistituzionale del lavori dell’Unione, che
inquadra l’esercizio della presidenza e la rappresentanza esterna da parte del
Segretario dell’Unione.
Per
la presidenza del Consiglio, la Commissione propone di tenere conto, da una
parte, del bisogno di rafforzare la continuità dei lavori del Consiglio e,
dall’altra, dell’interesse che presenta l’esercizio della presidenza in
termini di mobilitazione delle amministrazioni nazionali e di valorizzazione
dell’impegno europeo di ciascuno Stato membro.
Quindi
la Commissione raccomanda di mantenere la rotazione semestrale per la presidenza
del Consiglio europeo e del Consiglio Affari generali, cioè per la presidenza
del comitato dei rappresentanti permanenti, tenuto conto del ruolo generale di
coordinamento esercitato da queste istanze.
Per
le altre formazioni del Consiglio, la presidenza potrebbe essere esercitata da
un membro del Consiglio eletto da suoi pari per un periodo di un anno. Questa
formula ha il vantaggio di permettere una maggiore continuità del lavori del
Consiglio e di confidare la presidenza ad un/a ministra con esperienza che avrà
la fiducia dei suoi pari, garantendo che ciascuna amministrazione nazionale potrà
conoscere regolarmente l’esperienza dell’esercizio della presidenza del
Consiglio.
Questa
formula di presidenza dovrebbe ugualmente applicarsi per il Consiglio delle
relazioni esterne, poiché non è auspicabile, per l’equilibrio istituzionale,
la confusione delle funzioni di un presidente del Consiglio, che ricerca il
compromesso, con le funzioni di proposta, esecuzione e rappresentanza esterna
dell’Unione.
2.3.1
Designazione e responsabilità politica della Commissione
La
legittimità democratica della Commissione, responsabile di enunciare
l’interesse generale dell’Unione, deve continuare a basarsi sia sul
Consiglio europeo che sul Parlamento europeo. E’ per questo che la Commissione
raccomanda di conferire al Consiglio europeo e al Parlamento europeo dei diritti
equivalenti sia per la nomina che per il controllo dell’azione della
Commissione. In futuro, la Commissione dovrà continuare ad esercitare le sue
funzioni in maniera indipendente e affermare le sue responsabilità politiche.
La
Commissione potrà essere formata come segue, dopo l’elezione del Parlamento
europeo:
Affinché
la Commissione possa mantenere la sua necessaria indipendenza rispetto agli
interessi nazionali e partigiani, il trattato dovrà precisare le modalità
attraverso cui il Parlamento europeo potrebbe sottoporre al voto una proposta
per la presidenza della Commissione e indicare che tale voto si farà a
scrutinio segreto e alla maggioranza dei due terzi dei membri del Parlamento
europeo.
Così,
investita di una doppia legittimità rafforzata, la Commissione dovrà essere
responsabile sia davanti al Parlamento europeo che al Consiglio europeo,
ciascuno dei quali disporrebbe del diritto di censurare l’azione della
Commissione. Chiaramente, il presidente della Commissione non parteciperebbe
alle eventuali deliberazioni del Consiglio europeo finalizzate a censurare la
Commissione europea.
2.3.2
Composizione e funzionamento della Commissione europea
Secondo
il trattato di Nizza, la Commissione sarà composta da un Commissario per
ciascuno Stato membro fino al momento in cui sarà designato il primo collegio
che seguirà l’adesione del ventisettesimo Stato membro. Il collegio sarà
allora composto da un numero di Commissari inferiore al numero di Stati membri,
scelti in applicazione di una rotazione egualitaria tra Stati membri.
La
prossima Commissione sarà dunque composta da un cittadino di ciascuno Stato
membro. La Commissione ritiene che un siffatto collegio sarà in grado di
prendere bene in considerazione le diversità di preoccupazioni o percezioni
nazionali al momento in cui un numero importante di nuovi Stati membri
raggiungerebbe l’Unione.
Affinché
la Commissione possa assumere le sue funzioni esecutive con efficacia, una
strutturazione del collegio sarà tuttavia necessaria con l’adesione di nuovi
Stati, intorno alle funzioni principali dell’Unione. I poteri conferiti al
Presidente della Commissione gli permettono di decidere su una strutturazione
del collegio adeguata per mantenere l’efficacia della Commissione. E’ così
previsto che, sotto l’autorità del Presidente, alcuni vice presidenti o
commissari possano coordinare l’azione dei loro colleghi, nel rispetto del
principio di collegialità.
Altri
adattamenti istituzionali sarebbero ugualmente richiesti a tale scopo nel futuro
trattato costituzionale. Come ha già proposto la Commissione, il Presidente
dovrebbe ugualmente disporre di un potere maggiore di direzione politica e
specialmente potersi opporre alle iniziative che giudica inopportune.
Saranno
ugualmente richieste delle nuove regole interne per permettere ai commissari di
prendere individualmente un numero maggiore di decisioni in nome della
Commissione.
In
seguito, e in un contesto in cui le istituzioni dell’Unione eserciterebbero
delle nuove responsabilità, in cui la presidenza del Consiglio sarebbe
garantita in maniera più stabile e più efficace e in cui la Commissione
affermerebbe il suo ruolo nell’esercizio della funzione governativa,
converrebbe restringere la composizione della Commissione conformemente alle
modalità previste dal trattato di Nizza.
2.4
Le relazioni tra le istituzioni e i parlamenti nazionali
Nel
sistema di democrazia parlamentare proprio agli Stati membri dell’Unione, il
controllo che i parlamenti nazionali esercitano sui governi è il miglior mezzo
per influenzare le attività dell’Unione. Per facilitare l’esercizio di
questo controllo, possono essere apportate alcune modifiche al protocollo di
Amsterdam. Come auspicato dal gruppo di lavoro della Convenzione consacrato al
ruolo dei parlamenti nazionali, la Commissione potrà trasmettere direttamente
ai parlamenti nazionali le sue proposte legislative, i suoi documenti di
consultazione (libri verdi, libri bianchi e comunicazioni) e i suoi documenti di
programmazione strategica (strategia politica annuale, programma legislativo e
di lavoro annuale).
La
Commissione risponderà alle domande dei parlamenti nazionali che mirano a
rafforzare il dialogo tra le istituzioni europee e i parlamenti nazionali.
D’altronde,
la Commissione ritiene che la trasparenza dei lavori del Consiglio sulle
questioni legislative permetterà ai parlamenti nazionali di seguire meglio
l’evoluzione delle discussioni del Consiglio. Il controllo dell’azione dei
governi risulterebbe rafforzato dall’istituzione di legami più diretti tra i
parlamenti nazionali e le delegazioni nazionali che siedono al Consiglio.
Come
proposto dai gruppi di lavoro della Convenzione, la Commissione ritiene
auspicabile che i parlamenti nazionali svolgano un ruolo nel controllo del
rispetto del principio di sussidiarietà, senza pronunciarsi sull’opportunità
delle proposte. Il controllo politico ex ante dovrebbe esercitarsi nel corso di
tutta la procedura legislativa, e non solo a monte sulle proposte presentate
dalla Commissione. La Convenzione esamina ugualmente la possibilità di adire la
Corte per i parlamenti nazionali e per il comitato delle regioni. Se il
controllo giurisdizionale ex post dovesse essere aperto ai parlamenti nazionali,
la Commissione ritiene che converrebbe allora che tutti i parlamenti nazionali
possano avervi accesso senza per questo essere obbligati ad emettere un
avvertimento al titolo del meccanismo di allerta precoce.
La
Commissione ritiene che la Convenzione dovrebbe proseguire le sue riflessioni
sui mezzi per associare meglio i parlamenti nazionali alla gestione degli affari
europei. Al di là delle proposte attualmente esaminate dai gruppi di lavoro ed
ora evocate, due temi di interesse particolare per i parlamenti nazionali devono
essere approfonditi dalla Convenzione:
3.
Ristrutturare i trattati
La
Commissione ha preso conoscenza, con interesse, della proposta presentata dal
Presidente della Convenzione il 28 ottobre scorso per la struttura del futuro
trattato costituzionale. Essa ritiene in effetti auspicabile preparare un
trattato costituzionale semplice e leggibile, che stabilisca una personalità
giuridica unica per l’Unione. Come prevede questo progetto, la Commissione
ritiene necessario in particolare, enunciare in un testo di natura
costituzionale i valori e i diritti fondamentali su cui l’Unione europea fonda
la sua azione.
Mantenere
la flessibilità dell’azione dell’Unione
Durante
i dibattiti della primavera 2002, la Convenzione aveva sottolineato il rischio
di una delimitazione delle competenze che apporterebbe delle rigidità eccessive
nel funzionamento dell’Unione. E’ importante che il futuro trattato
costituzionale, presentando delle categorie di competenze non ecceda ciò che è
necessario alla buona comprensione da parte dei cittadini delle missioni
essenziali dell’Unione.
La
Commissione ritiene che l’approccio proposto nel progetto preliminare di
trattato presentato dal praesidium della Convenzione non risponda pienamente a
tale esigenza. In particolare, l’istituzione di una categoria "di azioni
condotte dagli Stati membri in maniera congiunta nell’ambito
dell’Unione" nuoce alla chiarezza del trattato e non rende conto del
fatto che l’Unione porta avanti attualmente una politica estera e di sicurezza
comune e delle azioni comuni in materia di cooperazione di polizia e giudiziaria
penale.
La
Commissione raccomanda quindi una presentazione delle competenze che metta in
evidenza i diversi livelli di intensità dell’azione dell’Unione e
l’estensione delle sue responsabilità, senza per questo introdurre gli
elementi di rigidità inerenti ad un catalogo di competenze. Il trattato
potrebbe così distinguere tra le politiche principali dell’Unione, le
politiche di accompagnamento e le azioni complementari. Una tale presentazione
permetterebbe di sottolineare che, in diversi settori, l’Unione dispone solo
di poteri d’azione limitati.
Preservare
l’acquis
Il
progetto preliminare di trattato prevede di sostituire i trattati esistenti.
E’ tuttavia necessario preservare l’acquis di cinquant’anni di
integrazione. Non si tratterebbe quindi di mettere in discussione in questa
occasione, il contenuto delle politiche dell’Unione.
Una
certa prudenza si impone ugualmente rispetto alla maniera in cui le politiche
comuni sono presentate nel futuro trattato costituzionale. A parte una
disposizione generale sugli obiettivi, il progetto preliminare di trattato
costituzionale presentato alla Convenzione descrive le politiche comuni, non
nella parte sull’architettura costituzionale, ma unicamente in una seconda
parte. Questa presentazione non dovrebbe in nessun caso modificare il fatto che
tutte le parti del futuro trattato costituzionale rilevano del diritto primario
dell’Unione. Inoltre, poiché il futuro trattato non si identifica con la
costituzione di uno Stato, è essenziale precisare, prima di descrivere le
competenze e le istituzioni, le missioni dell’Unione.
Entrata
in vigore del futuro trattato
Si
pone la questione di sapere quale sarà il rapporto fra il trattato
costituzionale e i trattati attuali. Esistono, a tale proposito, diverse maniere
di affrontare la questione.
La
Convenzione potrebbe seguire la via classica e stabilire un trattato che
modifichi i trattai attuali, sulla scia di quanto fatto ad Amsterdam e Nizza.
Questo approccio presenterebbe il vantaggio di non modificare di non modificare
quelle disposizioni che il processo di costituzionalizzazione lascia invariate.
Al tempo stesso però, produce una sovrapposizione di testi successivi
difficilmente comprensibile.
La
Convenzione potrebbe ugualmente scegliere di sostituire i trattati attuali con
il nuovo trattato costituzionale. Questo secondo approccio presenta il vantaggio
della semplicità e permette di presentare in maniera chiara le questioni-chiave
del processo costituzionale. La riscrittura e l’insieme delle disposizioni
degli attuali trattati presenta tuttavia maggiori rischi in termini di stabilità
dell’acquis comunitario.
In
virtù dell’articolo 48 del TUE, la modifica degli attuali trattati richiede
una decisione unanime degli Stati ed una ratifica da parte di ciascuno Stato
membro. Che si opti per un trattato modificativo o per uno interamente nuovo,
esiste comunque il rischio che alcuni Stati membri non siano nelle condizioni di
ratificare questo testo e che un solo Stato faccia fallire l’intero processo.
Tale
questione e la possibilità che il futuro trattato costituzionale entri in
vigore prima di essere ratificato dall’insieme degli Stati membri, devono
essere studiate in modo approfondito dalla Convenzione.
Nota
Ufficio internazionale FP CGIL
Preparato
per mesi e in gran segreto dall’entourage del presidente Romano Prodi, il
progetto di Europa basato sugli orientamenti politici della Commissione, è ora
un documento accessibile a tutti. E’ il contenuto di una Comunicazione in cui
si delinea nel dettaglio la futura architettura istituzionale dell’Unione,
sviluppando, spesso criticando, alcune proposte lanciate nei mesi passati dai
membri della Convenzione che studia la riforma dell’Ue. Il progetto intende
prima di tutto ribadire l’importanza di una chiara visione dell’Unione, da
spiegare nel preambolo della futura Costituzione europea. Poiché infatti
l’Europa non è uno Stato e non si sta redigendo la costituzione di uno Stato,
quello che conta prima di tutto è spiegare cos’è e qual è la sua missione,
prima di passare alla descrizione della macchina burocratica. E l’Ue
rappresenta il primo esperimento di democrazia sovranazionale, per la
realizzazione del quale non bisogna allontanarsi dall’intuizione di Jean
Monnet e dal suo metodo: preservare l’originalità del sistema unendo
cooperazione intergovernativa e strutture federali.
Il
progetto propone di ricollocare la Commissione al centro della costruzione
comunitaria, trasformandola in un vero e proprio governo, un
esecutivo responsabile davanti alle istanze democratiche, Consiglio e Parlamento
europeo.
Viene
bocciata l’idea di creare un superpresidente del Consiglio Ue (l’impostazione
di Giscard d’Estaing) e proposta una razionalizzazione dell’amministrazione
di Bruxelles.
Primo
passo: la fusione di due cariche, quella di Mister Pesc e quella di
Commissario responsabile delle relazioni esterne, da cui dovrebbe nascere una
sorta di ministro degli esteri Ue, il Segretario dell’Unione, vice presidente
della Commissione e responsabile della politica estera europea.
Nel
documento viene criticata la proposta di Giscard di redigere una lista delle
competenze dell’Unione per semplificare e rendere più comprensibile il
progetto europeo. Ma, secondo la Commissione, lo sforzo di avvicinare l’Europa
ai cittadini, non deve far perdere di vista la complessità insita
nell’originalità stessa del sistema. La lista rigida di competenze è
rischiosa perché non terrebbe conto della diversa intensità dell’azione
dell’Unione nei diversi settori e della flessibilità che è uno degli aspetti
positivi maggiori della costruzione europea. Cosa più importante è distinguere
tra chi fa le leggi e chi le applica e far entrare Montesquieu anche
nell’architettura istituzionale europea.
La
proposta della Commissione è un documento di lavoro sul quale i membri della
Convenzione dovranno inevitabilmente riflettere a lungo.
La
traduzione del testo è nostra (6 dicembre 2002)