Nel suo articolo sull’ ultimo numero della nostra rivista, Quale Stato, Rosario Lembo – segretario del Comitato italiano del Contratto mondiale per l’acqua – propone al sindacato una serie di domande e di riflessioni sul tema dell’acqua e, in particolare, sulla volontà e sulla capacità del sindacato di sviluppare, al suo interno, una nuova cultura ed una nuova strategia rispetto ai servizi pubblici e alla gestione dei beni pubblici.

Ci si chiede di uscire dalla “semplice” difesa dei lavoratori per aprirci ad una nuova cultura sindacale capace di metter al centro della lotta e dell'impegno, assieme alla difesa dei diritti nel lavoro, anche la salvaguardia del diritto di accesso ad alcuni "beni comuni dell’umanità" fra i quali, prioritario, l'acqua.

Mi piace poter usare, in questa sede, quelle domande come base di una seppur sintetica riflessione che possa spiegare il nostro impegno per coniugare la difesa - mai semplice - dei diritti di chi lavora con la difesa dei servizi pubblici e della loro capacità di assumere come diritti non negoziabili quei beni comuni dell’umanità - come l’acqua e la salute – per garantirne la distribuzione universale e la salvaguardia secondo criteri di assoluta equità e giustizia.

A me pare che sia davanti a tutti che la CGIL ha già avuto il coraggio di raccogliere la sfida lanciata dal movimento rispetto a queste tematiche.
 

Ma oggi sappiamo che il nostro impegno deve andare oltre, deve essere quello di definire una strategia capace di contrastare concretamente la tendenza alla riduzione di quei diritti a meri bisogni, col risultato di considerare l’acqua e quanto necessario alla salvaguardia della salute umana come merci la cui distribuzione ed il cui prezzo sono regolati dalle logiche di mercato e, dunque, dalla logica dei più forti.

In Europa siamo direttamente impegnati a schierare la Federazione europea dei servizi pubblici, contro la politica di liberalizzazione dei servizi pubblici ed in particolare contro la preferenza per la gestione privata dell'acqua che l'Unione europea porta avanti da tempo con l'iniziativa sull'acqua, con la sua strategia per il mercato interno, con l’ultimo Libro verde sui servizi di interesse generale e con la posizione assunta in occasione dei negoziati sui servizi per la preparazione della conferenza ministeriale dell’Organizzazione mondiale per il commercio di Cancun. E’, su questo ultimo punto, inaccettabile la volontà di procedere a un negoziato “senza alcuna esclusione”: i servizi di interesse generale fondamentali, a partire dall’acqua, dalla salute e dall’educazione, in quanto elementi costitutivi fondamentali dei diritti umani e di cittadinanza devono essere preservati dalla disciplina del commercio mondiale e ai governi deve essere lasciata la libera sovranità. La CGIL e il sindacato europeo hanno chiesto, come saprete, una moratoria per l'esclusione dei servizi pubblici (in particolare ripeto l'acqua, la sanità, l’educazione, i trasporti) dai negoziati.

In Europa, la nostra posizione sulla creazione del mercato unico europeo è che esso non deve tradursi in una sostituzione dei monopoli pubblici nazionali con i monopoli pubblici privati locali o peggio con gli oligopoli privati europei. Rispetto a questa sfida noi siamo chiamati ad esprimerci e ad impegnarci assumendo una posizione ben precisa.

Per questo motivo siamo impegnati, anche nazionalmente, ad analizzare e contrastare le politiche che il governo nazionale e gli enti locali hanno avviato e stanno portando a compimento a livello di privatizzazione delle aziende municipalizzate. Non possiamo accettare che gli enti locali siano obbligati a trasformare le proprie aziende in società per azioni. Questa forzatura verso la formazione di Spa a capitale misto, oltre che non essere motivata da alcun obbligo comunitario, non comporta infatti nessun beneficio a favore delle comunità ed ancor meno tutela la conservazione dei posti di lavoro.

Comunque, sul tema delle privatizzazioni e sulla conseguente mercificazione della gestione dell'acqua potabile, è giusto riconoscere la necessità che il sindacato, nel suo complesso, avvii a conclusioni impegnative, più coraggiose e più concludenti il suo dibattito.

Lo sottolineo ancora: per quanto ci riguarda, la Funzione pubblica CGIL è chiaramente contraria agli attuali processi di privatizzazione che alcune Regioni ed autonomie locali, sotto la spinta della legislazione nazionale, stanno portando avanti con l'emanazione di leggi-quadro di gestione della risorsa acqua. Noi spingiamo affinché le Regioni emanino leggi quadro regionali che regolamentino la gestione dell'acqua come bene comune e come un servizio pubblico di competenza esclusiva degli enti pubblici, ripristinando la facoltà degli enti locali di mantenere il monopolio pubblico del servizio.

Noi siamo pronti a mettere al centro della nostra agenda il tema della gestione pubblica della risorsa acqua contribuendo così ad attivare sinergie ed alleanze con quella "nuova politica dell'acqua", espressa con la campagna portata avanti dal Movimento dell'Acqua, nato intorno ai principi contenuti nel Manifesto per il Contratto Mondiale dell'acqua redatto da Riccardo Petrella, che ha saputo cogliere, con lungimiranza politica e culturale, l'importanza di mobilitarsi intorno alla difesa di questa fondamentale risorsa che è alla base della sopravvivenza di ogni essere umano.

Il nostro impegno in Europa e nel mondo ci fa lavorare con tanti sindacati - penso a quelli del Sudafrica, ad esempio, come a quelli dell’Europa centrale ed orientale di prossima inclusione nella Unione Europea - che si trovano costretti a subire le conseguenze delle politiche di privatizzazione spesso attuate da quelle stesse imprese italiane o aziende municipalizzate che vanno alla conquista degli "appalti internazionali".

In questo campo, il sindacato della Funzione pubblica CGIL si impegnerà per garantire l'accesso all'acqua a tutti, in particolare alle fasce sociali più deboli. E a promuovere il riconoscimento dell'acqua come un diritto non negoziabile, sollecitando dalle istituzioni pubbliche, a partire dal governo nazionale, il riconoscimento della distribuzione dell’acqua come un servizio di pubblica utilità.

Siamo molto preoccupati per le politiche che emergono in Europa. La Commissione e le sue direzioni generali stanno cercando, in tutti i modi, di giustificare l’intervento dell’Unione a favore della liberalizzazione del settore idrico in Europa. Senza fornire prove od argomentazioni, poiché si fondano prevalentemente su assunti generici e in particolare sull’ipotesi - piuttosto ideologizzata che comprovata dai fatti - che gli operatori privati offrano servizi migliori.

Vengono invece ignorati gli evidenti ed enormi interessi di parte che sono fortemente radicati in tale campo: la preponderante supremazia di due multinazionali che si spartiscono circa il 70% del mercato globale agendo in regime di “joint venture” reciprocamente o con i rispettivi concorrenti in numerosi paesi, e che preferiscono non divulgare assolutamente i contratti. Vengono colpevolmente sottovalutate le condanne per corruzione di alcuni alti dirigenti delle loro controllate in Francia, Italia e Stati Uniti, mentre i contratti esistenti continuano ad essere difesi con notevole potere giuridico.

La Commissione afferma che il settore idrico è un settore in cui potrebbero essere necessarie "nuove proposte", per ampliare le opportunità di mercato il cui potenziale è al momento limitato da numerosi enti erogatori locali. Rileva la dimensione delle potenziali opportunità di mercato affermando che le cifre concernenti l'industria idrica all'interno dell'UE superano quelle dell'industria del gas, con l’evidente intento di giungere a dimostrare la “necessità”, in un certo senso, di privatizzare o liberalizzare! Ma le cifre relative all'istruzione ed alla salute sono ancora più elevate: si dovrebbe allora avviare un regime di liberalizzazione anche in questi settori?

La direzione generale per il mercato interno è sicura del fatto che la concorrenza del settore privato nel mercato dell'acqua porterebbe a dei miglioramenti, ma non dispone di alcuna prova al riguardo e suggerisce – non credo per ingenuità - che il variare dei prezzi dell'acqua nei vari paesi d'Europa sia dovuto ad imperfezioni del mercato. Si pensa forse che sia possibile creare un mercato che sfoci nella convergenza tariffaria e che consenta ai cittadini europei di scegliere il proprio fornitore di risorse idriche in uno qualunque dei paesi dell'Unione?! Magari attraverso un'unica conduttura, o facendo scorrere l'acqua direttamente da Roma alla Germania? Pensa forse, la direzione generale, che gli irlandesi o gli olandesi, che pagano l'acqua attraverso le tasse, dovrebbero essere obbligati a scegliere un altro metodo?

Neanche la liberalizzazione nel settore dell’energia, oramai molto avanzata, ha dimostrato che vi siano stati benefici in termini di efficienza o miglioramenti a vantaggio dei consumatori in generale. Per esempio, l’esperienza che ci raccontano i sindacati del Regno Unito - in cui la liberalizzazione dei mercati dell’energia elettrica vige da più lungo tempo - suggerisce che mentre la grande utenza industriale usufruisce di tariffe più contenute che riflettono il decremento del costo dei combustibili, l’utenza residenziale non ha visto ridursi il prezzo della bolletta poiché non valeva la pena di entrare in concorrenza per quella tipologia d’uso!

Acqua e sanità, una battaglia comune
 

Ma l’assedio all’acqua non è isolato. Anche la salute, come è noto, è sottoposta allo stesso attacco. Non solo in Europa, ma nel mondo e, in particolare, a proposito dell’accesso ai farmaci essenziali per la vita: abbiamo visto quanto inadeguato, farraginoso ed ipocrita sia risultato l’accordo faticosamente raggiunto in sede OMC a Ginevra, nei giorni scorsi.

In Europa, si cerca di individuare una supremazia delle regole di mercato sui servizi sanitari suggerendo semplicisticamente che, cito il testo della Commissione, "il Mercato Interno possiede le potenzialità per essere utile ad erogatori di servizi e pazienti (proprio così) in quanto consente di utilizzare le risorse all'interno dell'Unione nel modo più razionale ed efficiente possibile". L’uso di queste affermazioni pompose è solo a supporto di controverse scelte politiche che insistono su una soluzione che sancisce la supremazia delle regole di mercato. Non è certo questo il modo di sviluppare servizi pubblici basati sulla responsabilità e sull'affidabilità in seno all’Unione europea.

La Commissione sbandiera, a sua difesa, la sua presunta neutralità sulle disposizioni emanate sia per il settore pubblico che per il privato, a proposito della concorrenza tra aziende. Le aziende pubbliche sono dunque omologate alle aziende private quanto al comportamento sul mercato: perseguire il massimo profitto e farsi concorrenza per accaparrarsi i clienti. Ma questa "neutralità" è tendenziosamente banale: eccellere nella concorrenza e negli affari, rappresenta di rado - per non dire mai - lo scopo principale delle aziende pubbliche. La loro missione non può non essere quella di fornire una struttura in grado di garantire l'erogazione di servizi, condividere i vantaggi dell'efficienza e gli utili di produttività con la comunità, escludere gli effetti nefasti prodotti dalla necessità di selezionare i migliori operatori del settore.

Questi tratti caratteristici, tuttavia, si scontrano con il principio della “massima apertura” del mercato interno, e su questo l'Unione europea non assume dunque una posizione “neutrale”, perché l’opzione per il “mercato aperto” si risolve – di fatto – nella preferenza di un mercato comunitario nel settore dei servizi, idrici e sanitari, che esercita la propria supremazia sugli operatori responsabili dell'erogazione di detti servizi a livello locale.

La Commissione insiste dunque sul fatto che le regole del commercio hanno il primato rispetto alla salvaguardia assoluta del benessere e della salute dei cittadini europei, e facilita attivamente la partecipazione del settore privato allentando le normative in materia di aiuti statali a sostegno della competitività delle strutture pubbliche.

Ecco perché, all’interno della più generale difesa dei servizi pubblici e della loro missione, dovremo essere in grado di collegare la battaglia per la difesa dell’acqua a quella per la difesa della salute, come beni “indisponibili” a qualsivoglia mercificazione dell’umanità.

Non possono esistere mezze misure.

Per concludere:

noi ci impegniamo qui perché il sindacato, in Europa e in Italia, operi:

• per richiedere il riconoscimento dell'accesso all’acqua come "diritto" e non come “bisogno”, e quindi per il riconoscimento dell'acqua come "bene comune dell’umanità”, con la conseguente definizione di regole mondiali e di istituzioni di controllo. L'acqua deve insomma essere trattata come un bene che appartiene a tutti gli esseri umani ed a tutte le specie viventi;

• per richiedere il finanziamento pubblico dell'accesso all'acqua e un nuovo modello di cooperazione decentrata fra enti locali. Le collettività pubbliche devono assumere il dovere di assicurare il finanziamento degli investimenti necessari per concretizzare il diritto all'acqua potabile per tutti ed un uso "sostenibile" del bene acqua;

• per richiedere la democratizzazione della gestione dell'acqua a tutti i livelli ed in particolare dei grandi bacini idrici mondiali (su 262 bacini mondiali, 260 sono transnazionali);

Ci impegniamo perché l’insieme dei sindacati lavori per una mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori e dei cittadini contro tutte le forme di privatizzazione dell'acqua e dei servizi corrispondenti, nel senso sia della ri-municipalizzazione e ri-pubblicizzazione dei servizi idrici già privatizzati, sia della lotta contro l'inclusione dell'acqua fra i servizi oggetto dei negoziati sui servizi in seno all’Organizzazione mondiale per il commercio.

Ci impegniamo a lavorare affinché l'Unione Europea abbandoni la politica di liberalizzazione e di deregolamentazione pubblica dell'acqua, come naturale ed inevitabile conseguenza del mercato unico europeo e si dia l’obbiettivo della costituzione di un servizio pubblico europeo.

Assumiamo questi impegni con la convinzione che è la nostra stessa funzione di rappresentanza sociale ad esigerlo.

Voglio essere molto chiaro, infine, su questo punto.

Noi siamo convinti che solo adottando con rigore e coerenza queste politiche, il sindacato sarà in grado di difendere al meglio i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori dei servizi pubblici.

Noi rivendichiamo un contratto europeo per le lavoratrici ed i lavoratori pubblici, capace di rafforzare ed unificare – ricomponendo un quadro contrattuale sempre più spezzettato – la base produttiva e distributiva pubblica dei servizi di interesse generale creando nello stesso tempo una base omogenea di diritti che si possa estendere anche ai nuovi paesi che allargheranno l’Europa, e che rappresenteranno il vero punto debole delle nuove politiche di difesa dalle liberalizzazioni e dalle privatizzazioni.

Nella nostra esperienza, in Europa e nel mondo, il peggioramento delle condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori dei servizi pubblici si collega sempre alla riduzione degli stessi servizi e alla loro privatizzazione.

Ne deriva e ne è causa nello stesso tempo.

Ecco perché il nostro impegno per i diritti nel lavoro è tutt’uno con quello per i diritti nella cittadinanza.

Partendo da qui, voglio chiudere con un’ultima riflessione e una proposta. Il 12 e 13 giugno del prossimo anno si voterà il rinnovo del Parlamento europeo. La politica italiana sembra si stia preparando a questo appuntamento occupandosi di liste uniche o separate, eludendo poi i temi e i problemi reali. Cosa dicono le forze politiche sui temi e gli impegni di cui discutevamo prima? Cosa dice la sinistra europea sulle politiche di privatizzazione e liberalizzazione dell’acqua e dei servizi pubblici? Noi crediamo che su queste risposte dovremo basarci per andare ben oltre le etichette che ognuno si vuole attaccare al di là dei contenuti. E’ d’accordo il movimento a ragionare, assieme a noi, perché le elezioni europee producano, alla fine, un Parlamento capace di incidere su queste tematiche? Noi siamo pronti a farlo, sia a livello nazionale che a livello europeo. I prossimi mesi saranno decisivi.

Questa è la convinzione profonda che ci muove e la ragione vera e profonda dell’incontro col “movimento di movimenti”, col quale condividiamo il medesimo impegno anti-liberista che vogliamo divenga sempre più forte ed incisivo.