E) Donne e fanciulli (Tutela del lavoro delle)
L. 9 dicembre 1977, n. 903 (1).
Parita’ di trattamento tra uomini e donne in
materia di lavoro.
1. E' vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per
quanto riguarda l'accesso al lavoro indipendentemente dalle
modalita’ di assunzione e qualunque sia il settore o il ramo di
attivita’, a tutti i livelli della gerarchia professionale.
La discriminazione di cui al comma precedente e’ vietata anche
se attuata:
1) attraverso il riferimento allo stato matrimoniale o di
famiglia o di gravidanza;
2) in modo indiretto, attraverso meccanismi di preselezione
ovvero a mezzo stampa o con qualsiasi altra forma pubblicitaria
che indichi come requisito professionale l'appartenenza all'uno
o all'altro sesso.
Il divieto di cui ai commi precedenti si applica anche alle
iniziative in materia di orientamento, formazione,
perfezionamento e aggiornamento professionale, per quanto
concerne sia l'accesso sia i contenuti.
Eventuali deroghe alle disposizioni che precedono sono ammesse
soltanto per mansioni di lavoro particolarmente pesanti
individuate attraverso la contrattazione collettiva.
Non costituisce discriminazione condizionare all'appartenenza
ad un determinato sesso l'assunzione in attivita’ della moda,
dell'arte e dello spettacolo, quando cio’ sia essenziale alla
natura del lavoro o della prestazione.
2. La lavoratrice ha diritto alla stessa retribuzione del
lavoratore quando le prestazioni richieste siano uguali o di
pari valore.
I sistemi di classificazione professionale ai fini della
determinazione delle retribuzioni debbono adottare criteri
comuni per uomini e donne.
3. E' vietata qualsiasi discriminazione fra uomini e donne per
quanto riguarda l'attribuzione delle qualifiche, delle mansioni
e la progressione nella carriera.
Le assenze dal lavoro, previste dagli articoli 4 e 5 della
legge 30 dicembre 1971, n. 1204 (2), sono considerate, ai fini
della progressione nella carriera, come attivita’ lavorativa,
quando i contratti collettivi non richiedano a tale scopo
particolari requisiti.
4. Le lavoratrici, anche se in possesso dei requisiti per aver
diritto alla pensione di vecchiaia, possono optare di continuare
a prestare la loro opera fino agli stessi limiti di eta’ previsti
per gli uomini da disposizioni legislative, regolamentari e
contrattuali, previa comunicazione al datore di lavoro da
effettuarsi almeno tre mesi prima della data di perfezionamento
del diritto alla pensione di vecchiaia.
Per le lavoratrici che alla data di entrata in vigore della
presente legge prestino ancora attivita’ lavorativa pur avendo
maturato i requisiti per avere diritto alla pensione di
vecchiaia, si prescinde dalla comunicazione al datore di lavoro
di cui al comma precedente.
La disposizione di cui al primo comma si applica anche alle
lavoratrici che maturino i requisiti previsti entro i tre mesi
successivi alla entrata in vigore della presente legge. In tal
caso la comunicazione al datore di lavoro dovra’ essere
effettuata non oltre la data in cui i predetti requisiti vengono
maturati.
Nelle ipotesi di cui ai commi precedenti si applicano alle
lavoratrici le disposizioni della legge 15 luglio 1966, n. 604,
e successive modifiche ed integrazioni, in deroga all'articolo
11 della legge stessa.
5. Nelle aziende manifatturiere, anche artigianali, e’ vietato
adibire le donne al lavoro dalle ore 24 alle ore 6. Tale divieto
non si applica alle donne che svolgono mansioni direttive,
nonche’ alle addette ai servizi sanitari aziendali.
Il divieto di cui al comma precedente puo’ essere diversamente
disciplinato, o rimosso, mediante contrattazione collettiva,
anche aziendale, in relazione a particolari esigenze della
produzione e tenendo conto delle condizioni ambientali del
lavoro e dell'organizzazione dei servizi. Della relativa
regolamentazione le parti devono congiuntamente dare
comunicazione entro quindici giorni all'ispettorato del lavoro,
precisando il numero delle lavoratrici interessate.
Il divieto di cui al primo comma non ammette deroghe per le
donne dall'inizio dello stato di gravidanza e fino al compimento
del settimo mese di eta’ del bambino.
6. Le lavoratrici che abbiano adottato bambini, o che li
abbiano ottenuti in affidamento preadottivo, ai sensi
dell'articolo 314/20 del codice civile, possono avvalersi,
sempreche’ in ogni caso il bambino non abbia superato al momento
dell'adozione o dell'affidamento i sei anni di eta’,
dell'astensione obbligatoria dal lavoro di cui all'articolo 4,
lettera c), della legge 30 dicembre 1971, n. 1204 (2), e del
trattamento economico relativo, durante i primi tre mesi
successivi all'effettivo ingresso del bambino nella famiglia
adottiva o affidataria.
Le stesse lavoratrici possono altresi’ avvalersi del diritto di
assentarsi dal lavoro di cui all'articolo 7, primo comma, della
legge di cui sopra entro un anno dall'effettivo ingresso del
bambino nella famiglia e sempreche’ il bambino non abbia superato
i tre anni di eta’, nonche’ del diritto di assentarsi dal lavoro
previsto dal secondo comma dello stesso articolo 7.
7. Il diritto di assentarsi dal lavoro e il trattamento
economico previsti rispettivamente dall'art. 7 e dal secondo
comma, dell'art. 15, L. 30 dicembre 1971, n. 1204 (2), sono
riconosciuti anche al padre lavoratore anche se adottivo o
affidatario ai sensi dell'art. 314/20 del codice civile in
alternativa alla madre lavoratrice ovvero quando i figli siano
affidati al solo padre.
A tal fine, il padre lavoratore presenta al proprio datore di
lavoro una dichiarazione da cui risulti la rinuncia dell'altro
genitore ad avvalersi dei diritti di cui sopra, nonche’ nel caso
di cui al secondo comma dell'articolo 7 della legge 30 dicembre
1971, n. 1204 (3) il certificato medico attestante la malattia
del bambino.
Nel caso di cui al primo comma dell'articolo 7 della legge 30
dicembre 1971, n. 1204 (3), il padre lavoratore, entro dieci
giorni dalla dichiarazione di cui al comma precedente, deve
altresi’ presentare al proprio datore di lavoro una dichiarazione
del datore di lavoro dell'altro genitore da cui risulti
l'avvenuta rinuncia.
Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano ai
padri lavoratori, compresi gli apprendisti, che prestino la loro
opera alle dipendenze di privati datori di lavoro, nonche’ alle
dipendenze delle amministrazioni dello Stato, anche ad
ordinamento autonomo, delle regioni, delle province, dei comuni,
degli altri enti pubblici, anche a carattere economico, e delle
societa’ cooperative, anche se soci di queste ultime. Sono
esclusi i lavoratori a domicilio e gli addetti ai servizi
domestici e familiari (3/a).
8. Per i riposi di cui all'articolo 10 della legge 30 gennaio
1971, n. 1204 (3), con effetto dal 1° gennaio 1978, e’ dovuta
dall'ente assicuratore di malattia, presso il quale la
lavoratrice e’ assicurata, un'indennita’ pari all'intero ammontare
della retribuzione relativa ai riposi medesimi.
L'indennita’ e’ anticipata dal datore di lavoro ed e’ portata a
conguaglio con gli apporti contributivi dovuti all'ente
assicuratore.
All'onere derivante agli enti di malattia per effetto della
disposizione di cui al primo comma, si fa fronte con
corrispondenti apporti dello Stato. A tal fine gli enti di
malattia tengono apposita evidenza contabile.
9. Gli assegni familiari, le aggiunte di famiglia e le
maggiorazioni delle pensioni per familiari a carico possono
essere corrisposti, in alternativa, alla donna lavoratrice o
pensionata alle stesse condizioni e con gli stessi limiti
previsti per il lavoratore o pensionato. Nel caso di richiesta
di entrambi i genitori gli assegni familiari, le aggiunte di
famiglia e le maggiorazioni delle pensioni per familiari a
carico debbono essere corrisposti al genitore con il quale il
figlio convive.
Sono abrogate tutte le disposizioni legislative che siano in
contrasto con la norma di cui al comma precedente.
10. Alla lettera b) dell'art. 205 del testo unico delle
disposizioni per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro
e le malattie professionali, approvate con D.P.R. 30 giugno
1965, n. 1124 (3), le parole «loro mogli e figli» sono
sostituite con le parole «loro coniuge e figli».
11. Le prestazioni ai superstiti, erogate dall'assicurazione
generale obbligatoria, per l'invalidita’, la vecchiaia ed i
superstiti, gestita dal Fondo pensioni per i lavoratori
dipendenti, sono estese, alle stesse condizioni previste per la
moglie dell'assicurato o del pensionato, al marito
dell'assicurata o della pensionata deceduta posteriormente alla
data di entrata in vigore della presente legge (3/b).
La disposizione di cui al precedente comma si applica anche ai
dipendenti dello Stato e di altri enti pubblici nonche’ in
materia di trattamenti pensionistici sostitutivi ed integrativi
dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidita’, la
vecchiaia ed i superstiti e di trattamenti a carico di fondi,
gestioni ed enti istituiti per lavoratori dipendenti da datori
di lavoro esclusi od esonerati dall'obbligo dell'assicurazione
medesima, per lavoratori autonomi e per liberi professionisti.
12. Le prestazioni ai superstiti previste dal testo unico
delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli
infortuni sul lavoro e le malattie professionali, approvato con
D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (4), e della legge 5 maggio 1976,
n. 248, sono estese alle stesse condizioni stabilite per la
moglie del lavoratore al marito della lavoratrice deceduta
posteriormente alla data di entrata in vigore della presente
legge (4/a).
13.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .(5).
14. Alle lavoratrici autonome che prestino lavoro continuativo
nell'impresa familiare e’ riconosciuto il diritto di
rappresentare l'impresa negli organi statutari delle
cooperative, dei consorzi e di ogni altra forma associativa.
15. Qualora vengano posti in essere comportamenti diretti a
violare le disposizioni di cui agli articoli 1 e 5 della
presente legge, su ricorso del lavoratore o per sua delega delle
organizzazioni sindacali, il pretore del luogo ove e’ avvenuto il
comportamento denunziato, in funzione di giudice del lavoro, nei
due giorni successivi, convocate le parti e assunte sommarie
informazioni, se ritenga sussistente la violazione di cui al
ricorso, ordina all'autore del comportamento denunciato, con
decreto motivato ed immediatamente esecutivo, la cessazione del
comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti.
L'efficacia esecutiva del decreto non puo’ essere revocata fino
alla sentenza con cui il pretore definisce il giudizio
instaurato a norma del comma seguente.
Contro il decreto e’ ammessa entro quindici giorni dalla
comunicazione alle parti opposizione davanti al pretore che
decide con sentenza immediatamente esecutiva. Si osservano le
disposizioni degli articoli 413 e seguenti del codice di
procedura civile.
L'inottemperanza al decreto di cui al primo comma o alla
sentenza pronunciata nel giudizio di opposizione e’ punita ai
sensi dell'articolo 650 del codice penale.
Ove le violazioni di cui al primo comma riguardino dipendenti
pubblici si applicano le norme previste in materia di
sospensione dell'atto dell'art. 21, ultimo comma, della legge 6
dicembre 1971, n. 1034.
16. L'inosservanza delle disposizioni contenute negli articoli
1, primo, secondo e terzo comma, 2, 3 e 4 della presente legge,
e’ punita con l'ammenda da lire 200.000 a lire 1.000.000.
L'inosservanza delle disposizioni contenute nell'articolo 5 e’
punita con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da
lire un milione a lire cinque milioni (6).
Per l'inosservanza delle disposizioni di cui agli articoli 6 e
7 si applicano le penalita’ previste dall'articolo 31 della legge
30 dicembre 1971, n. 1204 (7).
17. Agli oneri derivanti dall'applicazione degli articoli 9 e
11 della presente legge, valutati, in ragione d'anno,
rispettivamente in 10 ed in 18 miliardi di lire, si provvede per
l'anno finanziario 1977 con un'aliquota delle maggiori entrate
di cui al decreto-legge 8 ottobre 1976, n. 691, convertito nella
legge 30 novembre 1976, n. 786, concernente modificazioni al
regime fiscale di alcuni prodotti petroliferi e del gas metano
per autotrazione.
Il Ministro per il tesoro e’ autorizzato ad apportare, con
propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
18. Il Governo e’ tenuto a presentare ogni anno al Parlamento
una relazione sullo stato di attuazione della presente legge.
19. Sono abrogate tutte le disposizioni legislative in
contrasto con le norme della presente legge. In conseguenza,
cessano di avere efficacia le norme interne e gli atti di
carattere amministrativo dello Stato e degli altri enti pubblici
in contrasto con le disposizioni della presente legge.
Sono altresi’ nulle le disposizioni dei contratti collettivi o
individuali di lavoro, dei regolamenti interni delle imprese e
degli statuti professionali che siano in contrasto con le norme
contenute nella presente legge.
La presente legge entra in vigore il giorno successivo a
quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 17 dicembre 1977, n.
343.
(2) Riportata al n. E/XIII.
(3) Riportata al n. E/XIII.
(3/a) La Corte costituzionale con sentenza 14-19 gennaio
1987, n. 1 (Gazz. Uff. 28 gennaio 1987, n. 5 - Serie
speciale), ha dichiarato l'illegittimita’ dell'art. 7, L.
9 dicembre 1977, n. 903, nella parte in cui non prevede
che il diritto all'astensione dal lavoro e il diritto al
godimento dei riposi giornalieri, riconosciuti alla sola
madre lavoratrice, rispettivamente dagli artt. 6, L. 9
dicembre 1977, n. 903, 4, lett. c), e 10, L. 31 dicembre
1971, n. 1204, siano riconosciuti anche al padre
lavoratore ove l'assistenza della madre al minore sia
divenuta impossibile per decesso o grave infermita’. Con
altra sentenza 11-15 luglio 1991, n. 341 (Gazz. Uff. 24
luglio 1991, n. 29 - Serie speciale), la Corte ha
dichiarato l'illegittimita’ del primo comma dell'art. 7,
nella parte in cui non consente al lavoratore,
affidatario di minore ai sensi dell'art. 10, L. 4 maggio
1983, n. 184, l'astensione dal lavoro durante i primi
tre mesi successivi all'effettivo ingresso del bambino
nella famiglia affidataria, in alternativa alla moglie
lavoratrice. La stessa Corte, con sentenza 2-21 aprile
1993, n. 179 (Gazz. Uff. 28 aprile 1993, n. 18 - Serie
speciale), ha dichiarato l'illegittimita’ dell'art. 7,
nella parte in cui non estende, in via generale ed in
ogni ipotesi, al padre lavoratore, in alternativa alla
madre lavoratrice consenziente, il diritto ai riposi
giornalieri previsti dall'art. 10, legge 30 dicembre
1971, n. 1204, per l'assistenza al figlio nel suo primo
anno di vita.
(3/b) La Corte costituzionale, con sentenza 25-30
gennaio 1980, n. 6 (Gazz. Uff. 6 febbraio 1980, n. 36),
ha dichiarato: a) l'illegittimita’ dell'art. 13, R.D.L.
14 aprile 1939, n. 636, convertito nella L. 6 luglio
1939, n. 1272, sostituito con l'art. 2, L. 4 aprile
1952, n. 218, e con l'art. 22, L. 21 luglio 1965, n.
903, nella parte in cui (comma quinto) stabilisce che
«se superstite e’ il marito la pensione e’ corrisposta
solo nel caso che esso sia riconosciuto invalido al
lavoro ai sensi del primo comma dell'art. 10»; b)
d'ufficio, ai sensi dell'art. 27, L. 11 marzo 1953, n.
87, l'illegittimita’ dell'art. 11, comma primo, L. 9
dicembre 1977, n. 903, limitatamente alle parole
«deceduta posteriormente alla data di entrata in vigore
della presente legge».
(4) Riportato alla voce Infortuni sul lavoro e malattie
professionali.
(4/a) La Corte costituzionale, con sentenza 24 aprile
1986, n. 117 (Gazz. Uff. 7 maggio 1986, n. 20 - Serie
speciale), ha dichiarato l'illegittimita’ del presente
art. 12 limitatamente alle parole «deceduta
posteriormente alla data di entrata in vigore della
presente legge».
(5) Sostituisce l'ultimo comma dell'art. 15, L. 20
maggio 1970, n. 300, riportata al n. W/I.
(6) Comma cosi’ sostituito dall'art. 26, D.Lgs. 19
dicembre 1994, n. 758, riportato al n. A/CVII.
(7) Riportata al n. E/XIII.
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