E) Donne e fanciulli (Tutela del lavoro delle)
L. 10 aprile 1991, n. 125 (1).
Azioni positive per la realizzazione della
parita' uomo-donna nel lavoro.
1. Finalita'. - 1. Le disposizioni contenute nella presente
legge hanno lo scopo di favorire, l'occupazione femminile e di
realizzare, l'uguaglianza sostanziale tra uomini e donne nel
lavoro, anche mediante l'adozione di misure, denominate azioni
positive per le donne, al fine di rimuovere gli ostacoli che di
fatto impediscono la realizzazione di pari opportunita'.
2. Le azioni positive di cui al comma 1 hanno in particolare
lo scopo di:
a) eliminare le disparita' di fatto di cui le donne sono
oggetto nella formazione scolastica e professionale,
nell'accesso al lavoro, nella progressione di carriera, nella
vita lavorativa e nei periodi di mobilita';
b) favorire la diversificazione delle scelte professionali
delle donne in particolare attraverso l'orientamento scolastico
e professionale e gli strumenti della formazione; favorire
l'accesso al lavoro autonomo e alla formazione imprenditoriale e
la qualificazione professionale delle lavoratrici autonome e
delle imprenditrici;
c) superare condizioni, organizzazione e distribuzione del
lavoro che provocano effetti diversi, a seconda del sesso, nei
confronti dei dipendenti con pregiudizio nella formazione,
nell'avanzamento professionale e di carriera ovvero nel
trattamento economico e retributivo;
d) promuovere l'inserimento delle donne nelle attivita', nei
settori professionali e nei livelli nei quali esse sono
sottorappresentate e in particolare nei settori tecnologicamente
avanzati ed ai livelli di responsabilita';
e) favorire, anche mediante una diversa organizzazione del
lavoro, delle condizioni e del tempo di lavoro, l'equilibrio tra
responsabilita' familiari e professionali e una migliore
ripartizione di tali responsabilita' tra i due sessi.
3. Le azioni positive di cui ai commi 1 e 2 possono essere
promosse dal Comitato di cui all'articolo 5 e dai consiglieri di
parita' di cui all'articolo 8, dai centri per la parita' e le pari
opportunita' a livello nazionale, locale e aziendale, comunque
denominati, dai datori di lavoro pubblici e privati, dai centri
di formazione professionale, delle organizzazioni sindacali
nazionali e territoriali, anche su proposta delle rappresentanze
sindacali aziendali o degli organismi rappresentativi del
personale di cui all'articolo 25 della legge 29 marzo 1983, n.
93 (2).
2. Attuazione di azioni positive, finanziamenti. - 1. Le
imprese, anche in forma cooperativa i loro consorzi, gli enti
pubblici economici, le associazioni sindacali dei lavoratori e i
centri di formazione professionale che adottano i progetti di
azioni positive di cui all'articolo 1, possono richiedere al
Ministero del lavoro e della previdenza sociale di essere
ammessi al rimborso totale o parziale di oneri finanziari
connessi all'attuazione dei predetti progetti ad eccezione di
quelli di cui all'articolo 3.
2. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentito
il Comitato di cui all'articolo 5, ammette i progetti di azioni
positive al beneficio di cui al comma 1 e, con lo stesso
provvedimento, autorizza le relative spese. L'attuazione dei
progetti di cui al comma 1 deve comunque avere inizio entro due
mesi dal rilascio dell'autorizzazione.
3. Con decreto emanato dal Ministro del lavoro e della
previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, sono
stabilite le modalita' di presentazione delle richieste, di
erogazione dei fondi e dei tempi di realizzazione del progetto.
In ogni caso i contributi devono essere erogati sulla base della
verifica dell'attuazione del progetto di azioni positive, o di
singole parti, in relazione alla complessita' del progetto
stesso. La mancata attuazione del progetto comporta la decadenza
del beneficio e la restituzione delle somme eventualmente gia'
riscosse. In caso di attuazione parziale, la decadenza opera
limitatamente alla parte non attuata, la cui valutazione e'
effettuata in base ai criteri determinati dal decreto di cui al
presente comma.
4. I progetti di azioni concordate dai datori di lavoro con le
organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano
nazionale hanno precedenza nell'accesso al beneficio di cui al
comma 1.
5. L'accesso ai fondi comunitari destinati alla realizzazione
di programmi o progetti di azioni positive, ad eccezione di
quelli di cui all'articolo 3, e' subordinato al parere del
Comitato di cui all'articolo 5.
6. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della
presente legge le amministrazioni dello Stato, anche ad
ordinamento autonomo, le regioni, le province, i comuni e tutti
gli enti pubblici non economici, nazionali, regionali e locali,
sentiti gli organismi rappresentativi del personale di cui
all'articolo 25 della legge 29 marzo 1983, n. 93 (2), o in loro
mancanza, le organizzazioni sindacali locali aderenti alle
confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale,
sentito inoltre, in relazione alla sfera d'azione della propria
attivita', il Comitato di cui all'articolo 5 o il consigliere di
parita' di cui all'articolo 8, adottano piani di azioni positive
tendenti ad assicurare, nel loro ambito rispettivo, la rimozione
degli ostacoli che, di fatto, impediscono la piena realizzazione
di pari opportunita' di lavoro e nel lavoro tra uomini e donne.
3. Finanziamento delle azioni positive realizzate mediante la
formazione professionale. - 1. Al finanziamento dei progetti di
formazione finalizzati al perseguimento dell'obiettivo di cui
all'articolo 1, comma 1, autorizzati secondo le procedure
previste dagli articoli 25, 26 e 27 della legge 21 dicembre
1978, n. 845 (3), ed approvati dal Fondo sociale europeo, e'
destinata una quota del Fondo di rotazione istituito
dall'articolo 25 della stessa legge, determinata annualmente con
deliberazione del Comitato interministeriale per la
programmazione economica. In sede di prima applicazione la
predetta quota e' fissata nella misura del dieci per cento.
2. La finalizzazione dei progetti di formazione al
perseguimento dell'obiettivo di cui all'articolo 1, comma 1,
viene accertata, entro il 31 marzo dell'anno in cui l'iniziativa
deve essere attuata, dalla commissione regionale per l'impiego.
Scaduto il termine, al predetto accertamento provvede il
Comitato di cui all'articolo 5.
3. La quota del Fondo d; rotazione di cui al comma 1 e'
ripartita tra le regioni in misura proporzionale all'ammontare
dei contributi richiesti per i progetti approvati.
4. Azioni in giudizio. - 1. Costituisce discriminazione, ai
sensi della legge 9 dicembre 1977, n. 903 (4), qualsiasi atto o
comportamento che produca un effetto pregiudizievole
discriminando anche in via indiretta i lavoratori in ragione del
sesso.
2. Costituisce discriminazione indiretta ogni trattamento
pregiudizievole conseguente alla adozione di criteri che
svantaggino in modo proporzionale maggiore i lavoratori dell'uno
o dell'altro sesso e riguardino requisiti non essenziali allo
svolgimento dell'attivita' lavorativa.
3. Nei concorsi pubblici e nelle forme di selezione attuate da
imprese private e pubbliche la prestazione richiesta deve essere
accompagnata dalle parole «dell'uno o dell'altro sesso», fatta
eccezione per i casi in cui il riferimento al sesso costituisca
requisito essenziale per la natura del lavoro o della
prestazione.
4. Che intende agire in giudizio per la dichiarazione delle
discriminazioni ai sensi dei commi 1 e 2 e non ritiene di
avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai
contratti collettivi, puo' promuovere il tentativo di
conciliazione ai sensi dell'articolo 410 del codice di procedura
civile anche tramite il consigliere di parita' di cui
all'articolo 8, comma 2, competente per territorio.
5. Quando il ricorrente fornisce elementi di fatto - desunti
anche da dati di carattere statistico relativi alle assunzioni,
ai regimi retributivi, all'assegnazione di mansioni e
qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione in carriera ed
ai licenziamenti - idonei a fondare, in termini precisi e
concordanti, la presunzione dell'esistenza di atti o
comportamenti discriminatori in ragione del sesso, spetta al
convenuto l'onere della prova sulla insussistenza della
discriminazione.
6. Qualora il datore di lavoro ponga in essere un atto o un
comportamento discriminatorio di carattere collettivo, anche
quando non siano individuabili in modo immediato e diretto i
lavoratori lesi dalle discriminazioni, il ricorso puo' essere
proposto dal consigliere di parita' istituito a livello
regionale, previo parere non vincolante del collegio istruttorio
di cui all'articolo 7, da allegare al ricorso stesso, e sentita
la commissione regionale per l'impiego. Decorso inutilmente il
termine di trenta giorni dalla richiesta del parere al collegio
istruttorio, il ricorso puo' essere comunque proposto.
7. Il giudice, nella sentenza che accerta le discriminazioni
sulla base del ricorso presentato ai sensi del comma 6, ordina
al datore di lavoro di definire, sentite le rappresentanze
sindacali aziendali ovvero, in loro mancanza, le organizzazioni
sindacali locali aderenti alle organizzazioni sindacali
maggiormente rappresentative sul piano nazionale, nonche' il
consigliere regionale per la parita' competente per territorio,
un piano di rimozione delle discriminazioni accertate. Nella
sentenza il giudice fissa un termine per la definizione del
piano.
8. In caso di mancata ottemperanza alla sentenza di cui al
comma 7 si applica l'articolo 650 del codice penale richiamato
dall'articolo 15 della legge 9 dicembre 1977, n. 903 (4).
9. Ogni accertamento di atti o comportamenti discriminatori ai
sensi dei commi 1 e 2, posti in essere da imprenditori ai quali
siano stati accordati benefici ai sensi delle vigenti leggi
dello Stato, ovvero che abbiano stipulato contratti di appalto
attinenti all'esecuzione di opere pubbliche, di servizi o di
forniture, viene comunicato immediatamente dall'ispettorato del
lavoro ai Ministri nelle cui amministrazioni sia stata disposta
la concessione del beneficio o dell'appalto. Questi adottano le
opportune determinazioni, ivi compresa, se necessario, la revoca
del beneficio e, nei casi piu' gravi o nel caso di recidiva,
possono decidere l'esclusione del responsabile per un periodo di
tempo fino a due anni da qualsiasi ulteriore concessione di
agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero da qualsiasi
appalto. Tale disposizione si applica anche quando si tratti di
agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero di appalti concessi
da enti pubblici, ai quali l'ispettorato del lavoro comunica
direttamente la discriminazione accertata per l'adozione delle
sanzioni previste.
10. Resta fermo quanto stabilito dall'articolo 15 della legge
9 dicembre 1977, n. 903 (4).
5. Comitato nazionale per l'attuazione dei principi di parita'
di trattamento ed uguaglianza di opportunita' tra lavoratori e
lavoratrici. - 1. Al fine di promuovere la rimozione dei
comportamenti discriminatori per sesso e di ogni altro ostacolo
che limiti di fatto l'uguaglianza delle donne nell'accesso al
lavoro e sul lavoro e la progressione professionale e di
carriera e' istituito, presso il Ministero del lavoro e della
previdenza sociale, il Comitato nazionale per l'attuazione dei
principi di parita' di trattamento ed uguaglianza di opportunita'
tra lavoratori e lavoratrici.
2. Fanno parte del Comitato:
a) il Ministro del lavoro e della previdenza sociale o, per
sua delega, un Sottosegretario di Stato, con funzioni di
presidente;
b) cinque componenti designati dalle confederazioni
sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano
nazionale;
c) cinque componenti designati dalle confederazioni
sindacali dei datori di lavoro dei diversi settori economici,
maggiormente rappresentative sul piano nazionale;
d) un componente designato unitariamente dalle associazioni
di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo
piu' rappresentative sul piano nazionale;
e) undici componenti designati dalle associazioni e dai
movimenti femminili piu' rappresentativi sul piano nazionale
operanti nel campo della parita' e delle pari opportunita' nel
lavoro;
f) il consigliere di parita' componente la commissione
centrale per l'impiego.
3. Partecipano, inoltre, alle riunioni del Comitato, senza
diritto di voto:
a) sei esperti in materie giuridiche, economiche e
sociologiche, con competenze in materia di lavoro;
b) cinque rappresentanti, rispettivamente, dei Ministeri
della pubblica istruzione, di grazia e giustizia, degli affari
esteri, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, del
Dipartimento della funzione pubblica;
c) cinque funzionari del Ministero del lavoro e della
previdenza sociale con qualifica non inferiore a quella di primo
dirigente, in rappresentanza delle Direzioni generali per
l'impiego, dei rapporti di lavoro, per l'osservatorio del
mercato del lavoro, della previdenza ed assistenza sociale
nonche' dell'ufficio centrale per l'orientamento e la formazione
professionale dei lavoratori.
4. I componenti del Comitato durano in carica tre anni e sono
nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Per
ogni componente effettivo e' nominato un supplente.
5. Il Comitato e' convocato, oltre che ad iniziativa del
Ministro del lavoro e della previdenza sociale, quando ne
facciano richiesta meta' piu' uno dei suoi componenti.
6. Il Comitato delibera in ordine al proprio funzionamento e a
quello del collegio istruttorio e della segreteria tecnica di
cui all'articolo 7, nonche' in ordine alle relative spese.
7. Il vicepresidente del Comitato e' designato dal Ministro del
lavoro e della previdenza sociale nell'ambito dei suoi
componenti.
6. Compiti del Comitato. - 1. Per il perseguimento delle
finalita' di cui all'articolo 5, comma 1, il Comitato adotta ogni
iniziativa utile ed in particolare:
a) formula proposte sulle questioni generali relative
all'attuazione degli obiettivi della parita' e delle pari
opportunita', nonche' per lo sviluppo e il perfezionamento della
legislazione vigente che direttamente incide sulle condizioni di
lavoro delle donne;
b) informa e sensibilizza l'opinione pubblica sulla
necessita' di promuovere le pari opportunita' per le donne nella
formazione e nella vita lavorativa;
c) promuove l'adozione di azioni positive da parte delle
istituzioni pubbliche preposte alla politica del lavoro, nonche'
da parte dei soggetti di cui all'articolo 2;
d) esprime, a maggioranza, parere sul finanziamento dei
progetti di azioni positive ed opera il controllo sui progetti
in itinere verificandone la corretta attuazione e l'esito
finale;
e) elabora codici di comportamento diretti a specificare le
regole di condotta conformi alla parita' e ad individuare le
manifestazioni anche indirette delle discriminazioni;
f) verifica lo stato di applicazione della legislazione
vigente in materia di parita';
g) propone soluzioni alle controversie collettive, anche
indirizzando gli interessati all'adozione di piani di azioni
positive per la rimozione delle discriminazioni pregresse e la
creazione di pari opportunita' per le lavoratrici;
h) puo' richiedere all'ispettorato del lavoro di acquisire
presso i luoghi di lavoro informazioni sulla situazione
occupazionale maschile e femminile, in relazione allo stato
delle assunzioni, della formazione e promozione professionale;
i) promuove una adeguata rappresentanza di donne negli
organismi pubblici nazionali e locali competenti in materia di
lavoro e formazione professionale;
l) redige il rapporto di cui all'articolo 10.
7. Collegio istruttorio e segreteria tecnica. - 1. Per
l'istruzione degli atti relativi alla individuazione e alla
rimozione delle discriminazioni e per la redazione dei pareri
del Comitato di cui all'articolo 5 e ai consiglieri di parita', e'
istituito un collegio istruttorio cosi' composto:
a) il vicepresidente del Comitato di cui all'articolo 5, che
lo presiede;
b) un magistrato designato dal Ministero di grazia e
giustizia fra quelli che svolgono funzioni di giudice del
lavoro;
c) un dirigente superiore del ruolo dell'ispettorato del
lavoro;
d) gli esperti di cui all'articolo 5, comma 3, lettera a);
e) il consigliere di parita' di cui all'articolo 8, comma 4.
2. Ove si renda necessario per le esigenze di ufficio, i
componenti di cui alle lettere b) e c) del comma 1, su richiesta
del Comitato di cui all'articolo 5, possono essere elevati a
due.
3. Al fine di provvedere alla gestione amministrativa ed al
supporto tecnico del Comitato e del collegio istruttorio e'
istituita la segreteria tecnica. Essa ha compiti esecutivi alle
dipendenze della presidenza del Comitato ed e' composta di
personale proveniente dalle varie direzioni generali del
Ministero del lavoro e della previdenza sociale, coordinato da
un dirigente generale del medesimo Ministero. La composizione
della segreteria tecnica e' determinata con decreto del Ministro
del lavoro e della previdenza sociale, sentito il Comitato.
4. Il Comitato ha facolta' di deliberare in ordine alla stipula
di convenzioni per la effettuazione di studi e ricerche.
8. Consiglieri di parita'. - 1. I consiglieri di parita' di cui
al decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726 (5), convertito, con
modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, sono
componenti a tutti gli effetti delle rispettive commissioni
regionali per l'impiego.
2. A livello provinciale e' nominato un consigliere di parita'
presso la commissione circoscrizionale per l'impiego che ha sede
nel capoluogo di provincia, con facolta' di intervenire presso le
altre commissioni circoscrizionali per l'impiego operanti
nell'ambito della medesima provincia.
3. I consiglieri di parita' di cui ai commi 1 e 2 sono nominati
dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su
designazione del competente organo delle regioni, sentite le
organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello
nazionale e devono essere scelti tra persone che abbiano
maturato un'esperienza tecnico-professionale di durata almeno
triennale nelle materie concernenti l'ambito della presente
legge.
4. Il consigliere di parita' di cui all'articolo 4, comma 2,
della legge 28 febbraio 1987, n. 56 (6), e' componente con voto
deliberativo della commissione centrale per l'impiego.
5. Qualora si determini parita' di voti nelle commissioni di
cui ai commi 1, 2 e 4 prevale il voto del presidente.
6. Oltre ai compiti ad essi assegnati dalla legge nell'ambito
delle competenze delle commissioni circoscrizionali, regionali e
centrale per l'impiego, i consiglieri di parita' svolgono ogni
utile iniziativa per la realizzazione delle finalita' della
presente legge. Nell'esercizio delle funzioni loro attribuite, i
consiglieri di parita' sono pubblici funzionari e hanno l'obbligo
di rapporto all'autorita' giudiziaria per i reati di cui vengono
a conoscenza nell'esercizio delle funzioni medesime. I
consiglieri di parita', ai rispettivi livelli, sono componenti
degli organismi di parita' presso gli enti locali regionali e
provinciali.
7. Per l'espletamento dei propri compiti i consiglieri di
parita' possono richiedere all'ispettorato del lavoro di
acquisire presso i luoghi di lavoro informazioni sulla
situazione occupazionale maschile e femminile, in relazione allo
stato delle assunzioni, della formazione e promozione
professionale.
8. I consiglieri di parita' di cui al comma 2 e quelli
regionali competenti per territorio, ferma restando l'azione in
giudizio di cui all'articolo 4, comma 6, hanno facolta' di agire
in giudizio sia nei procedimenti promossi davanti al pretore in
funzione di giudice del lavoro che davanti al tribunale
amministrativo regionale su delega della lavoratrice ovvero di
intervenire nei giudizi promossi dalla medesima ai sensi
dell'articolo 4.
9. I consiglieri di parita' ricevono comunicazioni sugli
indirizzi dal Comitato di cui all'articolo 5 e fanno ad esso
relazione circa la propria attivita'. I consiglieri di parita'
hanno facolta' di consultare il Comitato e il consigliere
nazionale di parita' su ogni questione ritenuta utile.
10. I consiglieri di parita' di cui ai commi 1, 2 e 4, per
l'esercizio delle loro funzioni, sono domiciliati
rispettivamente presso l'ufficio regionale del lavoro e della
massima occupazione, l'ufficio provinciale del lavoro e della
massima occupazione e presso una direzione generale del
Ministero del lavoro e della previdenza sociale. Tali uffici
assicurano la sede, l'attrezzatura, il personale e quanto
necessario all'espletamento delle funzioni dei consiglieri di
parita'. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con
proprio decreto, puo' modificare la collocazione del consigliere
di parita' nell'ambito del Ministero.
11. Oltre al gettone giornaliero di presenza per la
partecipazione alle riunioni delle commissioni circoscrizionali,
regionali e centrale per l'impiego, spettano ai consiglieri di
parita' gettoni dello stesso importo per le giornate di effettiva
presenza nelle sedi dove sono domiciliati in ragione del loro
ufficio, entro un limite massimo fissato annualmente con decreto
del Ministro del lavoro e della previdenza sociale. L'onere
relativo fa carico al bilancio del Ministero del lavoro e della
previdenza sociale.
12. Il consigliere di parita' ha diritto, se lavoratore
dipendente, a permessi non retribuiti per l'espletamento del suo
mandato. Quando intenda esercitare questo diritto, deve darne
comunicazione scritta al datore di lavoro, di regola tre giorni
prima.
9. Rapporto sulla situazione del personale. - 1. Le aziende
pubbliche e private che occupano oltre cento dipendenti sono
tenute a redigere un rapporto almeno ogni due anni sulla
situazione del personale maschile e femminile in ognuna delle
professioni ed in relazione allo stato di assunzioni, della
formazione, della promozione professionale, dei livelli, dei
passaggi di categoria o di qualifica, di altri fenomeni di
mobilita', dell'intervento della Cassa integrazione guadagni, dei
licenziamenti, dei prepensionamenti e pensionamenti, della
retribuzione effettivamente corrisposta (6/a).
2. Il rapporto di cui al comma 1 e' trasmesso alle
rappresentanze sindacali aziendali e al consigliere regionale di
parita'.
3. Il primo rapporto deve essere redatto entro un anno dalla
data di entrata in vigore della presente legge, in conformita'
alle indicazioni definite, nell'ambito delle specificazioni di
cui al comma 1, dal Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, con proprio decreto da emanarsi entro tre mesi dalla
data di entrata in vigore della presente legge.
4. Qualora, nei termini prescritti, le aziende di cui al comma
1 non trasmettano il rapporto, l'ispettorato regionale del
lavoro, previa segnalazione dei soggetti di cui al comma 2,
invita le aziende stesse a provvedere entro sessanta giorni. In
caso di inottemperanza si applicano le sanzioni di cui
all'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 19
marzo 1955, n. 520 (7). Nei casi piu' gravi puo' essere disposta
la sospensione per un anno dei benefici contributivi
eventualmente goduti dall'azienda.
10. Relazione al Parlamento. - 1. Trascorsi due anni dalla
data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro del
lavoro e della previdenza sociale riferisce, entro trenta
giorni, alle competenti commissioni parlamentari del Senato
della Repubblica e della Camera dei deputati sull'attuazione
della legge stessa, sulla base di un rapporto redatto dal
Comitato di cui all'articolo 5.
11. Copertura finanziaria. - 1. Per il funzionamento degli
organi di cui agli articoli 5 e 7, a decorrere dal 1991, e'
autorizzata la spesa di lire 1.000 milioni annui. Per il
finanziamento degli interventi previsti dall'articolo 2 e'
autorizzata, a decorrere dal 1991, la spesa di lire 9.000
milioni annui. Con decreto del Ministro del lavoro e della
previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro,
viene stabilita la misura del compenso da corrispondere ai
componenti del Comitato nazionale di cui all'art. 5 e del
Collegio istruttorio e della segreteria tecnica di cui all'art.
7 (8).
2. All'onere di lire 10.000 milioni annui nel triennio
1991-1993 si provvede mediante corrispondente riduzione dello
stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993,
al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del
tesoro per l'anno 1991 utilizzando l'accantonamento
«Finanziamento del Comitato nazionale per la parita' presso il
Ministero e delle azioni positive per le pari opportunita'».
3. Il Ministro del tesoro e' autorizzato ad apportare, con
propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 15 aprile 1991, n. 88.
(2) Riportata alla voce Impiegati civili dello Stato.
(3) Riportata al n. Ó/II.
(4) Riportata al n. E/II.
(5) Riportato al n. A/LV.
(6) Riportata alla voce Collocamento di lavoratori.
(6/a) Vedi il D.M. 8 luglio 1991, riportato al n.
E/XXIX.
(7) Riportato alla voce Ministero del lavoro e della
previdenza sociale.
(8) Periodo aggiunto dall'art. 4, D.L. 20 maggio 1993,
n. 148, riportato al n. A/XCIII.
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