Carlo PODDA – Conclusioni
CD FP CGIL - Roma 3-4 ottobre 2006

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Siamo giunti al termine dei lavori del nostro Comitato Direttivo ed è utile fare un bilancio dei risultati.

E’ intenzione della Segreteria Nazionale sottoporvi un ordine del giorno che consenta di fare il punto sulla nostra discussione, anche al fine di fare pesare il nostro orientamento nel confronto si svilupperà sia nella Confederazione che nella categoria sui contenuti della legge Finanziaria e sulle iniziative che dovremo prendere.

Noi avremo fatto un buon lavoro se usciremo da questo Direttivo avendo più chiari l’impianto della Finanziaria e la complessità dei giudizi che su di essa si possono dare.
Per quel che mi riguarda, dopo questa nostra discussione ho le idee un po' più chiare sull'orientamento da assumere, sul lavoro che dobbiamo fare, sul livello di difficoltà con il quale ci siamo chiamati a confrontarci.

Mi auguro che sia così anche per voi, perché è proprio dal livello di comprensione della situazione e di convincimento sulle iniziative da assumere che ciascuno di noi ha maturato , che dipenderà gran parte del lavoro che da domani dovremo fare e il suo esito positivo.

Ho già detto che il giudizio sulla Finanziaria non è un giudizio semplice, bensì complesso poiché si tratta di una materia complessa. Tuttavia c'è un punto sul quale, secondo me, non possiamo non convenire: che questa è la migliore Finanziaria che degli ultimi cinque anni perché non c'è dubbio che essa capovolga completamente la politica del Governo Berlusconi.

Da qui dobbiamo partire, facendo chiarezza tra di noi, senza nasconderci che vi sono parti che non ci trovano d’accordo e sulle quali dobbiamo esprimerci senza infingimenti e senza timidezze.

Ma non possiamo non esprimere una particolare sensibilità se la guardiamo dal punto di vista del lavoro dipendente e dei pensionati e di quella parte della cittadinanza italiana che noi pensiamo di rappresentare.

Aggiungerei che tutte le Finanziarie del governo Berlusconi che erano tenute ad indicare le poste relative al rinnovo dei contratti di lavoro, si sono sempre mosse come se il problema non esistesse. Quindi,dobbiamo riconoscere che, da questo punto di vista, un primo passo in avanti è stato fatto, altrimenti rischiamo di mandare un messaggio sconfortante alle persone che rappresentiamo.

Certo, rispetto al livello di aspettative che ciascuno di noi poteva avere rispetto alla formazione del nuovo Governo, al superamento del berlusconismo, che indubbiamente è lenta e faticosa, il risultato può apparire non all'altezza della nostra situazione, tuttavia c'è.

Sulla questione delle tabelle ci lavoreremo, in particolare lo farà Vincenzo Di Biasi, tenendo conto che ci sono anche relazioni tecniche e altri documenti un po' più complessi da analizzare che, però, ci aiutano a capire meglio la situazione.

Nella mia relazione ho parlato di una fascia di reddito fino a 27 mila euro nella quale sta l'84% delle persone che noi rappresentiamo, e di quel 50% che è invece compreso in una fascia di reddito che arriva a 25 mila euro. Non c'è dubbio che la manovra proposta anziché sottrarre risorse, come è successo con la riforma Tremonti, per quelli che non hanno familiari a carico porta ad una riduzione che va da un massimo di 137 euro ad un minimo di 59-60 euro. Tutti valori che sono destinati a crescere a seconda della composizione del nucleo familiare grazie alle misure di sostanziale incremento degli assegni familiari.

Se vogliamo mantenere come metro di giudizio il raffronto tra gli obiettivi che ci siamo posti e i risultati che si possono conseguire, dobbiamo dire che la leva fiscale sta cominciando a funzionare. E credo sia doveroso riconoscerlo perché è un successo della nostra iniziativa.

Sul fondo per la non autosufficienza ci sono risposte significative, così come per le risorse per i nostri contratti, sia pure con quel meccanismo complicato che ho spiegato e in una situazione ancora da consolidare prima di aprire il confronto con l'ARAN.

Dobbiamo però sapere che se non siamo in grado di valorizzare e sostenere i risultati positivi, questa Finanziaria rischia di essere senza padre. Ma io, più banalmente, penso che se viene criticata da destra e da sinistra, alla fine non si capisce quale parte del Paese dovrebbe sostenerla.

Per non essere superficiali occorrerà tener conto della disposizione delle forze in campo rappresentata da tutti i partiti che compongono la coalizione di Governo, compresi quelli della cosiddetta sinistra radicale, che hanno convintamente votato questa legge Finanziaria, e quelle che mostrano qualche segno di pentimento lo fanno non da sinistra, ma da destra.
Il rischio che su questi aspetti la legge Finanziaria possa peggiorare è consistente. Molti dei leader che vengono intervistati spesso non sanno quello che votano perché si occupano di politica e non di banali questioni tecniche. Io non sono d'accordo con questo modo di fare politica e, qualche volta, di fare sindacato perché i numeri contano, eccome.

E trovo sbagliato e fuorviante che ai giornalisti che chiedono "avete dato 2 miliardi per i contratti pubblici", qualcuno risponda "ma non nel 2007", quasi che questi 2 miliardi gravassero sui conti della Finanziaria del 2007.

Noi abbiamo utilizzato un artificio, facendo scrivere sulla Finanziaria del 2007 - perché ci serviva un ancoraggio - che c'erano le risorse per il biennio 2006-2007, ma che stanno nei conti della Finanziaria 2008.

Rutelli ad una domanda specifica di un giornalista de "il Sole 24Ore" che gli chiede: "in fin dei conti questi soldi potevate utilizzarli per gli ammortizzatori sociali per i lavoratori pubblici in esubero", non risponde come avrebbe dovuto.

Ma poi, in esubero da che? Da cosa? Dal momento che noi abbiamo un numero di lavoratori che sia per l'incidenza sul PIL, sia per quanto riguarda il raffronto con il resto del lavoro dipendente che per quanto riguarda l'incidenza sulla popolazione residente, è uguale o addirittura inferiore rispetto a quello dei paesi europei considerati nostri competitori, vale a dire Francia, Germania e Gran Bretagna.

Quindi, che cosa si intende quando si parla di esuberi o di un apparato particolarmente pesante nelle pubbliche amministrazioni? Parliamo per sentito dire? O in preda ad una emozione viscerale? Sicuramente non parliamo di un dato macro economico. Tuttavia il dibattito sulle risorse recuperate per i nostri contratti è questo.

Così come la questione del fisco. Sembrava che il ministro Visco si fosse spinto a dire che questi soldi verranno restituiti, poi leggendo più attentamente la sua dichiarazione, si scopre che in realtà non parla di restituzione, ma dice che "se le entrate vanno bene si potrà attenuare la pressione fiscale". Un ragionamento del tutto ovvio perché, a quel punto, una parte delle risorse che oggi sono state tolte saranno restituite, ma a tutti.

Leggendo la stampa, persino Visco, che è l'autore di questa manovra, sembrava che si fosse in qualche modo già quasi pentito.

Lo dico perché nella costruzione del sistema di alleanze delle quali abbiamo bisogno per far passare le modifiche che riteniamo necessarie, dobbiamo tener conto dei movimenti e dei soggetti interessati alle cose che sosteniamo, a cominciare dai cittadini che dovrebbero essere i primi a sostenere il mantenimento di una gamma di servizi quantitativamente e qualitativamente rilevanti, ma anche dalle forze politiche che compongono questa maggioranza. Altrimenti questa Finanziaria è destinata rapidamente a peggiorare se non sosteniamo e valorizziamo adeguatamente gli aspetti che consideriamo positivi e che certamente saranno quelli che verranno messi in discussione, con il risultato che alla fine incontreremo difficoltà a modificare gli aspetti che consideriamo negativi e subiremo un peggioramento degli aspetti positivi.

Tutto ciò comporta, da parte nostra, un sovraccarico di responsabilità perché abbiamo la necessità di fare questa operazione ma, contemporaneamente, di comunicare alle persone che rappresentiamo, al nostro quadro attivo, ai comitati degli iscritti, alle assemblee dei lavoratori e delle lavoratrici, che non intendiamo venir meno in alcun modo al mandato che abbiamo assunto e che si può riassumere nello slogan della campagna elettorale delle precedenti elezioni delle RSU: “pubblico è meglio".

Se questo è il nostro orientamento dobbiamo lavorare perché la nostra iniziativa vada in quella direzione,avendo la forza e la capacità di resistere alla tentazione di “buttare il cappello per aria”. Tentazione alla quale, qualche volta, anch’io faccio fatica a sottrarmi, perché mi capita di frequentare ambienti e palazzi in cui prevale una certa omologazione del pensiero, con una certa tendenza a farti sentire isolato.

E’ un problema che esiste, e quando , a un certo punto, saremo costretti a mettere in campo le necessarie iniziative di conflitto nel caso in cui non si riesca a cambiare le parti della Finanziaria che non ci convincono, dovremo evitare il rischio di essere additati come responsabili di una reazione di natura corporativa.
Nei prossimi tre mesi non possiamo diventare "i tassisti" del caso. Uso questa frase banale per capirci meglio, perché questo rischio esiste anche dentro la CGIL.
Dovremo, dunque, spiegare con chiarezza il nostro punto di vista che consiste nell'indicare, a fronte dei risultati che noi consideriamo positivi, quali sono le cose che, a nostro avviso, debbono in tutti i modi essere cambiate. Dobbiamo però farlo in modo serio, evitando, per esempio, di mettere in giro documenti di critica che citano personalmente il Segretario generale della Funzione Pubblica.

Il diritto di critica, di dissenso è garantito dallo Statuto della CGIL; fare altre operazioni non aiuta, secondo me, la formazione di un punto di vista forte, di massa in grado di sostenere la nostra posizione.

Il nostro obiettivo è quello di migliorare la Finanziaria cancellando le parti che consideriamo negative, che non sono, cioè, utili a migliorare la condizione non solo delle persone che noi rappresentiamo, ma dei cittadini in generale che il nostro lavoro deve mettere in grado di esigere i loro diritti fondamentali.

Dobbiamo aprire rapidamente un confronto con il Governo per dare vita a un protocollo che renda chiaro il dispositivo di esigibilità delle risorse messe a disposizione per i contratti nazionali e renda evidente, com’è successo nel passato, qual è la cifra esemplificativa per i dipendenti dello Stato. Non possiamo, infatti, prestarci a un giochino per il quale, una volta individuate le risorse in Finanziaria, ci lavora la Ragioneria e quando andiamo all'ARAN scopriamo che la cifra che noi avevamo in mente è del tutto diversa da quella che "oggettivamente" discende dall'analisi della legge Finanziaria.

Poiché negli anni precedenti abbiamo detto prima quanto valgono quelle cifre, sarà bene farlo anche adesso.

Abbiamo, cioè, bisogno di sottoscrivere un protocollo che capovolga il metodo di riorganizzazione dei ministeri proposto in questa legge Finanziaria e lo schema di contrazione della spesa per gli Enti locali e per il Servizio Sanitario Nazionale, che determina i problemi che ben conosciamo sia rispetto al mantenimento, nei fatti, del secondo livello di contrattazione, che rispetto alla questione del precariato.

Per fare tutto questo noi abbiamo bisogno di rilanciare la nostra proposta di “patto per il lavoro”, magari specificandolo meglio e chiedendo al Governo di sottoscrivere un'intesa che trovi la sua concretizzazione in un emendamento che di fatto modifichi i contenuti della Finanziaria. L'ultimo appuntamento possibile,a questo fine, è il maxi emendamento, quello con cui si concluderà l'iter della Finanziaria.

In particolare, visto che siamo tutti lavoratori pubblici, mi riferisco agli articoli 32, 57, 60, quelli cioè che si riferiscono al Servizio Sanitario Nazionale e alla possibilità per le Regioni e Province a statuto autonomo di assorbire lo svolgimento di funzioni di carattere nazionale. Questi articoli vanno modificati, insieme alla ripresa dell'iniziativa di carattere culturale per rimontare la difficoltà che ci ha creato la campagna sui fannulloni. Una campagna pericolosa non perché la sostiene Ichino, ma perché da due mesi viene ospitata dal maggiore quotidiano d'Italia, che pesa nella formazione delle opinioni non solo dei cittadini, ma di chi gestisce le decisioni politiche e il potere in questo Paese.

Dobbiamo, quindi, ridare corpo in modo più sistematico ad alcune iniziative che qui sono già state ricordate. Penso alla nostra adesione al Comitato per una proposta di legge popolare sulla questione dell'acqua; penso ai risultati della ricerca, fondata su un campione scientifico, che insieme con ARCI, ARTAG e altri abbiamo fatto sulle esternalizzazione dei servizi pubblici, con giudizi che vengono sia dai lavoratori direttamente interessati che dai cittadini. Si tratta di risultati sorprendenti rispetto a quella che può essere considerata la vulgata generale. Poter contare anche su elaborazioni di questa natura, che hanno un contenuto di natura "scientifica", ci può aiutare a sostenere la nostra campagna d’informazione.

Allo stesso modo, l'iniziativa che prenderemo a proposito del disegno di legge Lanzillotta, rispetto al quale condivido tutte le critiche che sono state qui avanzate, parte da un primo appuntamento che realizzeremo grazie all'ospitalità della nostra rivista "Quale Stato".

Per quanto motivo, per quanto mi riguarda, il 23 ottobre è un appuntamento tutt'altro che rituale. Se abbiamo messo in campo un'assemblea di 5 mila delegati, l'idea è di trasformare quella giornata in una prima manifestazione, di utilizzare quella vetrina, resa più "lucente", dal punto di vista dell'attenzione dei media, dalla presenza dei tre Segretari generali, per dire cosa pensiamo del lavoro fin qui fatto per ottenere le modifiche che oggi abbiamo richiamate.

Io credo che le nostre discussioni, i confronti avuti e la stessa partecipazione del Segretario generale alla riunione del nostro Comitato Direttivo, hanno fatto sì, ad esempio, che nel documento che è stato varato ieri dalle Segreterie unitarie di Cgil, Cisl e Uil sulla questione del precariato e su quella degli Enti locali e Sanità vi siano, siano contenute posizioni assai nette e chiare, comunque più nette e più chiare di quelle espresse la scorsa settimana.

C'è un livello di comprensione e di analisi che va aldilà della nostra Federazione, del nostro gruppo dirigente di categoria, ed è un fatto importante per la costruzione di quelle alleanze delle quali abbiamo bisogno per battere un’idea della riorganizzazione della nostra società e della politica economica nel nostro Paese che, in maniera diametralmente opposta a ciò che noi intendiamo, pensa che il lavoro pubblico sia una cosa da comprimere il più possibile. Per battere questo disegno non possiamo essere da soli, ma dobbiamo poter contare sulla solidarietà, il sostegno degli altri, facendo diventare questa nostra impostazione, ancor più di quanto non lo sia stata nei mesi passati, patrimonio di tutta l'organizzazione e, se possibile, di un sistema di alleanza ancor più vasto.

Voglio aggiungere una cosa per far comprendere quanto tutto questo sia complicato. Il giorno dopo l’approvazione della Finanziaria, ho letto con molta attenzione i commenti che sono apparsi su tutti i giornali. Ebbene, quello più vicino alle ragioni del lavoro dipendente era quello di “Liberazione”, dove Maurizio Zipponi, un giornalista che conosco e stimo, a proposito del pubblico impiego ha scritto che abbiamo trovato le risorse per i contratti pubblici, ignorando i disastri che provocherebbero, se passassero, le parti sulla riorganizzazione dei ministeri, sugli Enti locali, sullo sanità e sull’assenza totale di qualsiasi riferimento al precariato.

Lo dico perché persino orecchie che riteniamo siano particolarmente sensibili a temi come questi, fanno fatica a comprendere la vera situazione del lavoro pubblico.
Si tratta, dunque, di una partita assai complessa, ed è per questo che abbiamo bisogno di una grande misura da parte nostra, perché dobbiamo dare non la sensazione, ma la certezza alle persone che rappresentiamo che non siamo diversi dal 6 aprile:continuiamo a pensare le stesse cose e intendiamo sostenerle con la stessa forza.

Il problema è, allora, quello di convincere uno schieramento vasto a sostenere il nostro punto di vista e questo si fa costruendo una posizione anche culturale, avendo la capacità di elaborare una piattaforma e di sostenerla con tutti i mezzi e gli strumenti necessari.

Guglielmo Epifani, che non può essere considerato un rappresentante dell'ala estrema della nostra Confederazione, ma che, essendo il Segretario generale, rappresenta per definizione l'insieme della Confederazione, ha usato questa frase: "utilizzando tutti gli strumenti e attivando le forme di mobilitazione che si renderanno via via necessarie man mano che questo confronto va avanti".

La mia traduzione è che nel confronto con il Governo, quando i risultati verranno, se verranno, faremo le assemblee e gli attivi e, ad un certo punto, se dovesse essere necessario, faremo anche lo sciopero.

Del resto, per quanto ci riguarda, lo abbiamo detto con molta chiarezza anche durante l'intera stagione congressuale e nel corso dello stesso Congresso Nazionale di Rimini.
C'è, poi, la questione dei precari, per noi fondamentale.

Ce lo siamo detto qualche tempo fa: staremo in tutti i luoghi nei quali sarà possibile sostenere il nostro punto di vista. Per questo motivo ho personalmente ritenuto di aderire e di contribuire a costruire l'appello “stop alla precarietà ora” e alla manifestazione del 4 novembre. Del resto, a quello stesso cartello appartengono per intero due partiti di Governo, insieme alla sinistra DS, al movimento di iniziativa popolare "precariare stanca" e a molti dirigenti della nostra Confederazione, oltre a ad altri compagni della nostra categoria.

Penso che quella sia una manifestazione significativa e posso anticipare che nel documento finale non troverete la richiesta di un'adesione formale della Funzione Pubblica, una responsabilità di cui non vi chiedo di farvi carico.

Di queste cose dobbiamo imparare a parlare con chiarezza e la verità è che questa manifestazione è vissuta con qualche sofferenza da una parte della nostra organizzazione perché non è del tutto chiara la "compagnia", anche se è la stessa con cui facciamo le manifestazioni per la pace. Abbiamo lavorato per tanti anni con questi movimenti. E’ per questo che non capisco quale sia il problema, oggi, ma se anche per uno solo degli interlocutori il problema c'è, è inutile affannarsi a dire che non esiste.

Se si crea una situazione per la quale dentro l'organizzazione questa cosa viene vissuta come fosse ai confini dell'eresia, e se anche dentro la nostra stessa categoria c'è qualche sofferenza tra le compagne e i compagni, di questa sofferenza tutti insieme dobbiamo farci carico, perché noi siamo un gruppo dirigente alla pari e se vogliamo continuare a stare assieme, dobbiamo farlo sforzandoci di compenetrarci gli uni nelle ragioni degli altri.

Io continuo a sostenere quell'appello, aderirò a quella manifestazione, ci andrò e mi auguro che molte compagne e molti compagni della nostra organizzazione, ad iniziare dai segretari regionali, facciano altrettanto. Sono convinto che molti lo faranno, che una buona parte dell'organizzazione lavorerà per questo, ma non vi chiederò di aderire formalmente perché non scaricherò sull'organizzazione una tensione che c'è e non voglio sottoporre le compagne e i compagni a tensioni che da questa scelta deriverebbero, nei rapporti con le Camere del Lavoro e le CGIL regionali.

Ci ho riflettuto. Noi abbiamo fatto una riunione dei Segretari regionali in cui ho espresso la convinzione che questa fosse la strada da seguire. In seguito si sono manifestati punti di vista, nella nostra categoria, nel centro confederale nazionale e in giro per l'Italia che mi portano, oggi, a pensare che sia più opportuno muoverci in questa direzione.

Aggiungo che se per noi è vero quello che ci siamo sempre detti , e cioè che saremo presenti in ogni luogo in cui sarà possibile far valere le nostre ragioni, la manifestazione rappresenta un deterrente per far sì che in altri luoghi, anche più propriamente sindacali, si parli di queste cose. Io voglio fino in ultimo tentare di fare lo sciopero generale con CISL e UIL e voglio fino in ultimo provare a far sì che la CGIL, nel suo insieme, assuma una grande iniziativa sul precariato.

Quando ne ho parlato con Guglielmo Epifani, che mi ha manifestato qualche dubbio su questa nostra impostazione, gli ho detto: "caro Guglielmo, il mio punto di vista è molto semplice: questo è un tema che noi non possiamo abbandonare; se la CGIL lo assume nel suo insieme noi stiamo con la CGIL, se si riesce a fare un'iniziativa unitaria seria, noi staremo in quell’iniziativa. Personalmente, però, penso che ciascuno di noi il 4 novembre sia libero di andare dove vuole, perché non è detto che le cose si facciano nella stessa data, ma è ovvio che il mio impegno in una manifestazione è di un certo tipo se c'è solo quella, ed è di un altro se quella è una delle manifestazioni”.
Non credo che tra di noi ci dobbiamo dire che, essendo un sindacato, se ci fosse un’iniziativa strettamente sindacale, questa avrebbe la primazìa.

Quello che io temo è che mentre facciamo questo dibattito sulla primazia - lo dico ai compagni che hanno espresso sofferenza, proprio perché voglio condividere questa loro sofferenza e trovare un accordo - finisce che non c'è alcuna iniziativa e questo non è accettabile, perché io non intendo regalare a RDB la rappresentanza dei precari.

Non possiamo infatti consentire che accadano cose come quelle accadute al ministero dei Trasporti, retto da un ministro della sinistra radicale, che di fronte ad un emendamento, che era stato convenuto, da presentare in Finanziaria, per stabilizzare i lavoratori dei call center - quelli per i quali solo noi, lo scorso anno, ci siamo mossi durante tutta l'estate per impedire che venissero licenziati - a fronte di un risparmio di spesa, e non di una parità in varianza di spesa, stimato in 200 mila euro, la risposta venuta dalla politica è stata la seguente : “no, non lo facciamo perché se sono precari rendono di più”. Ovvero, aggiungiamo noi, se diventano pubblici dipendenti diventano anche fannulloni.

Questo è il problema con il quale dobbiamo confrontarci e per questo motivo dobbiamo stare nei luoghi in cui è possibile sostenere il nostro punto di vista, perché ciò che conta è quello che noi riusciamo a dire e i luoghi che abbiamo a disposizione per dirlo.


Nel documento finale non troverete una formulazione sulla questione del 4 novembre, perché penso che la responsabilità di questa scelta debba essere condivisa da tutto il gruppo dirigente, e non solo dai compagni del Comitato Direttivo.