DOCUMENTI

file doc

documenti

COMITATO DIRETTIVO FP CGIL 20-21 DICEMBRE 2006
 

Guglielmo EPIFANI - Conclusioni 

Tenterò di fare qualche ragionamento a voce alta. E' un po' strana l'impressione che sarebbe bastato  aggiungere e togliere  pochissimo per far diventare questa finanziaria più bella.

           Ci abbiamo lavorato molto, premuto, discusso e proprio in ragione di questo giudizio non si riesce a capire perché non si sono tolte alcune cose e perché non se ne sono aggiunte altre.

          Quando insisto  dicendo che, in fondo, manca un cuore – gli investimenti per la formazione, ricerca, innovazione e, per questa strada, la lotta alla precarietà  - credo di dire una cosa che non solo sta nel programma dell'Ulivo, ma che è di assoluto buon senso.

          Sarebbe bastato togliere alcune sciocchezze: i soldi per la  televisione digitale, cosa di cui non si capisce onestamente che senso abbia né dal punto di vista della politica industriale né della politica di sostegno ai consumi; la rottamazione degli elettrodomestici che, come mi ha spiegato Merloni, non  serve perché  noi abbiamo una quota del 30% del mercato nazionale ed esportiamo; oppure le palestre per i giovani che, così com’è stata concepita,è un’idea che non ha né capo né coda.

          Se sommate queste tre misure, più qualcun'altra che tranquillamente si può aggiungere, noi avremmo potuto contare su 200, 300, 400 milioni di euro  per sostenere iniziative importanti.

E per venire alle vostre cose, la  questione di come è stato gestito l'emendamento della precarietà al Senato. Noi avevamo proposto al Governo di istituire  un tavolo centrale e uno periferico dove stabilire  il fabbisogno delle uscite e, quindi, il fabbisogno in entrata di tutte le Pubbliche amministrazioni.

          Questo perché si possono avere tanti precari in una amministrazione e aver bisogno di persone da assumere in un'altra amministrazione. A questo, appunto,   serve un tavolo di compensazione, per programmare i fabbisogni e indirizzare secondo principi corretti, attraverso la formazione, i concorsi per chi non li ha, le persone che oggi sono in precarietà.

In più c'era la disponibilità della categoria a accettare che  che tutto questo potesse avvenire nel corso della legislatura di cinque anni.

          Il Governo, alla fine, si è impiccato con uno pseudo emendamento al Senato, che non era nemmeno quello immaginato inizialmente.

          Allo stesso modo, anche se su un altro versante, ci sono cose che davvero gridano vendetta. Io insisto sulla faccenda del bollo auto, che è difficile da spiegare. Si doveva partire mettendo una specie di sovrattassa sui SUV, sul modello utilizzato in California. Non si tratta di prendersela con i simboli del benessere, ma scoraggiare l’uso di mezzi che  inquinano e occupano spazio. Alla fine si è deciso di aumentare il bollo delle macchine della povera gente.

          Ha una logica tutto questo?  Ho voluto fare tre esempi, uno dei quali vi riguarda, per renderci conto di come davvero bastava poco per avere una finanziaria che sarebbe stata accolta in modo diverso.

          Questo, secondo me, non deve far velo sul giudizio di fondo che resta positivo perché è diversa  rispetto al DPEF che prevedeva  una finanziaria costruita sui tagli. Questa  legge finanziaria contiene anche dei tagli, ma non è costituita principalmente da tagli. La dimensione è cresciuta in ragione degli investimenti che occorreva finanziare, e anche su questo il Governo ha fatto pasticci a non finire: ha sbagliato le previsioni su quest'anno, perché era partito con un saldo, per poi cambiarlo  e fino all'ultimo giorno i numeri sono cresciuti  in ragione delle necessità di investimento.

          Non si può trasmettere al Paese una simile immagine di pressappochismo, tanto è vero che io non mi sono stupito che sia cresciuto, una volta approvata la finanziaria al Senato, il consenso del Governo perché ognuno di noi quando, ad esempio,passò alla Camera , tirò un sospiro di sollievo. Basta con gli annunci in cui, nella stessa giornata, il Governo o la maggioranza riuscivano a dire tre cose diverse: si fa così, no non si fa così, si ritorna a far così, trasmettendo incertezza, confusione, mandando messaggi sbagliati alle persone e poi questo si paga.

          Detto questo, però, resta una finanziaria dall'impostazione positiva: mette  in ordine i conti pubblici; il risanamento è robusto e nei prossimi anni dovrebbe metterci al riparo da brutte sorprese; introduce finalmente qualche embrione di politica industriale e di intervento verso il Mezzogiorno. Dopo  anni di abbandono di qualsiasi idea di politica di sviluppo, la finanziaria si occupa di Mezzogiorno. Sui temi della lotta alla precarietà non c'è tutto, ma c'è un punto di partenza apprezzabile nelle parti che riguardano il mercato del lavoro,  per come è stato costruito il cuneo, apprezzabile perché sono aumentati i contributi che rendono il lavoro precario meno conveniente di prima. Per la scuola abbiamo sostanzialmente risolto il problema, perché con la scelta di lasciare aperte le graduatorie, è destinato a definirsi  nel tempo,ed è un segnale importante. Per il pubblico impiego vi sono le luci e le ombre di cui, anche voi avete parlato.

          Devo aggiungere che la mia impressione è che nel pubblico impiego, fermo restando che le cose che andavano fatte non sono state fatte, siamo però in condizione di governare i processi di stabilizzazione.

          Anch’io penso che per nella sanità, anche attraverso il lavoro che stiamo facendo con la Conferenza delle Regioni, il processo si possa governare. Nei grandi Comuni, penso anzitutto a Roma, ormai non resta quasi più nessun precario da sistemare. Abbiamo altri problemi per altri Comuni, ma non c'è più il vincolo del divieto di assunzione. Abbiamo il problema dei bilanci differenziati, ma se si sviluppa il clima di  emulazione tra comuni, è un fattore che  possiamo utilizzare positivamente.

          Noi abbiamo subito scritto  ai presidenti della Conferenza delle Regioni, dell'ANCI e dell'UPI per chiedere, alla ripresa, un confronto con CGIL, CISL e UIL un po' su tutto: soprattutto, su come affrontiamo  il tema della sanità e delle addizionali regionali, provinciali e comunali.

          Per quanto riguarda le loro competenze, io vorrei porre anche in quella sede - accanto all'indicazione di non utilizzare la leva fiscale come vendetta a livello di territorio rispetto ai tagli decisi dalla finanza nazionale - il problema del precariato, in modo tale che anche attraverso questi tavoli riusciamo a non isolare i problemi laddove si pongono nella maniera più forte.

          Credo che su questo giudizio mediamente anche la nostra gente si ritrovi. La finanziaria naturalmente lascia  scoperti alcuni nervi: penso alla condizione degli anziani e dei pensionati, di quelli incapienti, in modo particolare; l’aumento dei carichi del lavoro, attraverso i carichi familiari, quando si parla di un anziano o di un pensionato.

          C'è un grosso intervento  nella lotta al sommerso,  all'elusione e all'evasione fiscale che dovrebbe cominciare a dare i suoi frutti.

          La fase che si apre ora è, naturalmente,  molto complicata. In verità fasi semplici non riesco mai a vederle. Ai tempi del governo di Centrodestra da un lato era più semplice, ma dall'altro, per la condizione delle nostre persone, era assai più complicato. Questi mesi sono stati mesi difficili di rodaggio del Governo, di complicazione e di confronto, e anche i problemi che si presenteranno da gennaio in poi lo saranno. Penso però anche che non dobbiamo smarrire la nostra  capacità di governare  o, almeno, di indicare la soluzione di questi problemi.

          Tutto sta a vedere se  il Governo saprà trarre una lezione dai problemi di questi mesi, se riescirà a fare i conti con questa sua anima composita, dove, naturalmente, non è in discussione la ricchezza di questa maggioranza, ma la capacità di fare sintesi, di realizzare almeno la  convergenza sui criteri di fondo, agganciandosi al programma e usando il buon senso.  Se, cioè, di fronte alle scadenze prevarrà la logica che ognuno pensa a sé, oppure se prevarrà nell’’azione del Governo  la logica dell’interesse generale.

          Questa, in fondo, è la vera questione che riguarda il rapporto con noi, ma prima ancora riguarda il rapporto con il Paese, con la pubblica opinione,con i cittadini, con la soluzione dei problemi, con il rispetto degli impegni presi.

          Come sapete, a giugno, milioni e milioni di cittadini chiamati saranno chiamati alle urne, quindi, anche il Governo si troverà di fronte a un problema di un certa delicatezza.

          Il primo problema che avremo a gennaio è l'ingorgo di tanti tavoli.

          Io non so come finirà il memorandum sulla riforma delle Pubbliche Amministrazioni. Ci stiamo lavorando ed è faticoso perché il confronto era partito pensando ad una parte molto limitata riferita ai dirigenti, ai dirigenti generali, a qualche ministero. Ma se vogliamo affrontarlo come si deve, dobbiamo allargarlo a tutti: enti centrali, enti periferici, sanità, enti locali, e  così via.

          Se riuscissimo a firmare il memorandum, avremmo quattro tavoli in qualche misura già definiti: quello  sulla previdenza, quello sulla rivisitazione del mercato del lavoro, quello cosiddetto  sullo sviluppo e la produttività.

          Questo pone innanzitutto un problema: i tavoli quattro sono e quattro devono restare. Non avrebbe senso un “tavolone”, perché è un modo per non fare nulla.

           Bisognerebbe poi dare almeno un ordine di priorità, anche perché sono tavoli impegnativi sia  per il Governo che per il mondo del lavoro.

          Partiamo dalle pensioni. Su questo tema  il Governo procede in ordine sparso,  per ora con tre o quattro posizioni al proprio interno. Dico “ per ora,  perché ogni partito farà il suo convegno, avrà le sue idee e farà le sue proposte, e da qui bisognerà ripartire.

          Noi, d'altro parte,  non possiamo pensare di discutere al buio. Abbiamo bisogno di un Governo in  grado di individuare criteri interni sui quali far convergere la maggioranza.

          Non si può andare avanti con qualcuno che sostiene che il gradone va cancellato  e basta, con un altro che  sostiene  che il gradone alla fine può anche restare,  per di più con un Governo che al Senato ha forse un voto in più dell’opposizione.

          Non parliamo del mercato del lavoro. E’il terreno sul quale abbiamo più problemi con CISL e UIL, con Confindustria. Il Governo avrà un proprio punto di vista? Avrà la capacità di dire dei no a Confindustria e dei sì a qualcun altro? O si limiterà ad aspettare che noi facciamo, prima unitariamente e poi, magari, con Confindustria, una proposta?

          Sulla produttività il Governo seguirà il nostro consiglio di istruire, prima del tavolo, una fase istruttoria? Si tratta infatti di un tema su cui può dire tutto e il contrario di tutto, e l'unica cosa che noi non possiamo accettare è che prevalga l'idea di Confindustria, in base alla quale la produttività vuol dire: energie, infrastrutture, formazione, collegamenti, trasporti, commercio estero, e un po' di mano libera sugli orari di lavoro.

          Questo non sarebbe un tavolo sulla produttività, ma solo un modo furbo per accaparrarsi qualcosa e poi  far finta di discutere sul resto.

          Sono tutti  tavoli complessi, in particolare  quello sulla Pubblica Amministrazione. In questo caso, infatti, il Governo, una volta firmato il memorandum, dovrebbe fare quello che non ha fatto con la finanziaria, cioè raccordarsi meglio , ad esempio, con la Conferenza delle Regioni, con l'Associazione dei Comuni, con l'Unione delle Province. Tra l’altro devo aggiungere che per noi è una garanzia che siano seduti al tavolo tutti i soggetti che , giorno dopo giorno, conoscono i problemi, li vivono, li affrontano, anziché una burocrazia ministeriale che conosce un pezzo di realtà, ma non conosce tutta la realtà.

Da questo punto di vista, quindi, due sono i problemi : da un lato sollecitare il Governo perché faccia questo salto di qualità nella sua capacità di fare proposte, di ascoltare, di mediare, di arrivare a un posizione; dall'altro lato preparare noi stessi a questi confronti.

          Nello stesso tempo però, deve essere chiaro che non  dobbiamo far dipendere le nostre impostazioni da quello che farà il Governo, perché sarebbe sbagliata anche un'idea di subordinazione ai tempi degli altri. Noi, in qualche misura, dobbiamo costruirci delle griglie di ragionamento. Vale per la previdenza, vale per  il pubblico impiego, vale per il mercato del lavoro e varrà anche per la produttività.

          Nella preparazione di  questa griglia, alcune cose sono state  abbastanza chiarite, altre le dobbiamo costruire con CISL e UIL, quasi tutte, dovremo poi confrontarle con i lavoratori. Perché se una cosa ci insegna questa vicenda,  è che senza un rapporto costante con i lavoratori si corre il rischio di non essere  capiti nemmeno quando si conquistano cose positive. Quindi, abbiamo davvero bisogno di un  esercizio democratico molto forte nei primi mesi dell'anno e a questo dovremo prepararci con grande attenzione.

          Quando parlo di griglia intendo una cosa molto  semplice. Prendiamo, per esempio,  la previdenza.  Dobbiamo costruire dei ragionamenti, prima al nostro interno e poi con  CISL e UIL, che abbiano il senso di marcia di quello che vogliamo fare. Abolizione del gradone? Sì. Non accettare i coefficienti di trasformazione? Sì. Porci in maniera diversa la questione dei lavori che non si possono toccare? Sì. Affrontare, a quel punto, i costi del superamento del gradone? Sì. Completare la Dini in tutte le sue parti, dalla vostra previdenza integrativa fino alla totalizzazione dei contributi dei lavoratori discontinui? Sì.

          Questi sono i criteri sui quali dobbiamo aprire un confronto con il Governo e a fronte di una sua opinione,  facciamo discendere da questa griglia di criteri una piattaforma, dei titoli più precisi, così come facemmo in occasione della riforma Dini.

          Questo ci consente di stare in campo subito e di disporre del tempo necessario per seguire e incalzare le politiche del Governo.

          Mi pare di aver capito, tra l'altro, che tutta questa fretta il Governo non ce l'ha, perché in ragione del fatto che si vota in tutta una serie di comuni, province e amministrazioni, si rende conto che  quello sarà un passaggio che riguarda non solo l’intero  schieramento, ma anche la visibilità di ogni singola forza politica. Quindi è possibile ipotizzare qualche slittamento dei tempi di questi tavoli, compreso quello della previdenza.

          Questa cosa ovviamente non ci spaventa, a condizione, però, che ad un certo punto si faccia sul serio. Non possiamo cavarcela  dicendo che tanto non si fa nulla sulla previdenza, perché dal 1° gennaio 2008 il gradone sarà lì. Se facciamo passare troppo tempo, i coefficienti di trasformazione non li salveremo, se non facciamo le riforme, la vostra previdenza integrativa non partirà automaticamente, il problema dei discontinui, dei giovani precari non verrà risolto.

          Un conto è, quindi, assecondare un tempo ragionevole, che ci consente anche di avere un rapporto democratico forte con i lavoratori, un conto è immaginare di non stringere mai. Questo non sarebbe ammissibile.

          Sembra una previsione molto azzardata, ma non lo è: vorrei evitare di arrivare al DPEF avendo aperti tutti i problemi. Se riflettete su tutte le scadenze che ci attendono, scoprirete che il tempo di presentazione del DPEF non è poi così lontano. E se arrivassimo senza aver combinato nulla, ci troveremmo di nuovo di fronte allo psicodramma di questa legge finanziaria.

Per questo credo che sia importante, all'inizio della ripresa, sollecitare in modo particolare il Presidente del Consiglio ad assumersi la responsabilità di portare a sintesi le diverse anime e posizioni presenti nel Governo. Deve essere, secondo me, Palazzo Chigi la sede di questi confronti, anche per segnare subito la serietà dell'impostazione.

          Mi permetterei di aggiungere - visto che l’ho verificato anche con i gruppi e le commissioni parlamentari -  che il Governo dovrebbe, in premessa, evitare quello che ha fatto con la finanziaria, cioè  decidere al proprio interno senza tener conto, appunto,  anche del rapporto con i gruppi parlamentari e la commissioni parlamentari, stante la situazione.

          Io credo che questo sia fondamentale. Prendiamo, per esempio, la previdenza, e pensiamo di fare un accordo cn un Governo che esprime posizioni diverse.  Il giorno dopo una parte della maggioranza aprirebbe certamente dei problemi sul testo  concordato: cosa dovrebbe fare un sindacato degno di questo nome, a quel punto? Uno sciopero contro il Governo. Oppure,  chiedere al Parlamento, non alla maggioranza, di approvare comunque il testo sottoscritto con il Governo.

          Come voi capite, in entrambi i casi, saremmo di fronte ad un passaggio che metterebbe in discussione l'esistenza del Governo stesso.

          Anche in ragione di questo dobbiamo  insistere , caricando di questo la responsabilità del Governo.

          La stessa cosa vale per il tavolo sulla produttività. Se vogliamo evitare la trappola di Confindustria, il Governo deve fare un’ istruttoria, nel corso della quale ascoltare tutti: CGIL, CISL e UIL, Confidustria, Confcommercio, gli artigiani e, sulla base di quello che emergerà, provare a definire un campo di lavoro.

          Sui fattori esterni di competitività non c'è discussione,  ma per quanto attiene al secondo livello di contrattazione, a come lo si potenzia, a come lo si raccorda con la produttività, occorre che il Governo presti la massima attenzione.

          Noi porteremo proposte nostre, che naturalmente avranno un vincolo, cioè quello in base al quale noi non intendiamo sottrarre materie e prerogative né al contratto collettivo nazionale, né alla contrattazione di secondo livello. Per essere chiari: non ho alcuna intenzione di fare una qualsiasi  cosa che intervenga nei poteri delle categorie su materie che le riguardano.

          L'orario di lavoro è materia che riguarda i settori, perché non ci può essere uniformità tra il commercio e i meccanici, tra l'agricoltura e gli alimentaristi,e così via. E’ chiaro che le dimensioni di orario sono dimensioni di settore e poi di azienda.

          Ma anche perché sta partendo la stagione dei rinnovi contrattuali, pubblici e privati. Perché, allora, non utilizzare questo strumento per rivedere gli inquadramenti, ma anche per contrattare salario in più, magari in cambio di una maggiore flessibilità dell’orario di lavoro secondo la storia, la sensibilità, il mandato democratico dei lavoratori, di ogni singola categoria?

          Ma anche per non mandare messaggi sbagliati a Confindustria, bisogna che il Governo definisca con grande chiarezza gli ambiti entro i quali si farà questa trattativa.

          Non c'è dubbio che , per quanto vi riguarda, dobbiamo in qualche modo sciogliere il nodo del rapporto tra il memorandum di riforma e i rinnovi contrattuali. Tutti insieme ci siamo presi l'impegno di chiudere a primavera gli accordi contrattuali, anche  perché la scelta delle dimensioni salariali era legata a quella data. E’ chiaro che la firma del memorandum agevola, ma in ogni caso i rinnovi contrattuali debbono andare avanti,  altrimenti abbiamo conquistato inutilmente una cosa importante come quella dei tempo di trascrizione e convalida dei contratti, sottraendoli alla  discrezionalità della Ragioneria e della Corte dei Conti. E questo è tanto più importante nel momento in cui anche voi, dopo la scuola, andate al voto per rinnovare le rappresentanze sindacali unitarie.

          Da questo punto di vista apro e chiudo una parentesi. La vicenda della scuola ci dimostra che malgrado i ritardi e le difficoltà imputabili al Governo, quando un’organizzazione sta in campo con serietà,  con coerenza, i risultati arrivano.

          Il voto della scuola è davvero importante. Hanno votato 900 mila persone per il terzo triennio consecutivo, sono state presentate un numero di liste come mai prima. Alla fine  CGIL, CISL e UIL sono andate avanti, mentre sono arretrate tutte le formazioni autonome e corporative, compresi i Cobas che sono praticamente spariti. Questo dicono i risultati, difficilmente contestabili, perché ha votato l'81% degli aventi diritto, con un risultato assolutamente  omogeneo.

          Io sono convinto che questo sia un segnale che anche voi confermerete, anche se la vostra situazione è più complicata.

          Abbiamo, fra l'altro, gli ultimi dati sulla RSU di queste ore: alla Perugina siamo i due terzi; in altre due grandi aziende meccaniche a Firenze abbiamo fatto il pieno. Malgrado le difficoltà di quadro, la tenuta e la credibilità della nostra organizzazione si rivelano molto forti e molto solide e questo è un bel segnale anche per il futuro.

L'ultima cosa che voglio dire riguarda ii problemi della legalità. La vicenda della prescrizione è davvero una vicenda odiosa, terribile. Noi da tempo avevamo detto che le  modalità con cui viene fatta la finanziaria, con il maxi emendamento finale, non vanno bene. Ieri, il Presidente della Repubblica è stato durissimo, e bene ha fatto. Non si può consegnare a tre persone la gestione di un maxi emendamento con mille comma e 280 pagine, perché vuol dire davvero privare la democrazia rappresentativa di ogni principio di trasparenza. Non si sa mai chi ha messo che cosa, basta alterare un numero di un comma e il maxi emendamento cambia totalmente. Quindi, ben venga una riforma della legge di bilancio, che semplificherebbe le cose anche a noi , ci eviterebbe  questa rincorsa, queste difficoltà, sarebbe tutto più trasparente, anche nel rapporto tra istituzioni, democrazia, fiducia, cittadini, mandati democratici. Davvero un passo fondamentale.

          Sulla legalità dobbiamo andare avanti. Lo sciopero e la manifestazione di Napoli e della Campania sono stati un fatto importante anche perchè la riuscita di uno sciopero generale di 8 ore in questa situazione non era scontata. Eppure la gente ha risposto, la manifestazione è stata grande, non abbiamo lasciato soli tutti coloro che si battono in quel territorio contro la camorra.

          Stiamo ragionando con CISL e UIL sulla possibilità di fare una cosa analoga in Calabria, dove la situazione è aggravata dalla  confusione istituzionale e politica creata dalla crisi della giunta regionale, ma la nostra intenzione e di farlo dappertutto.

          Dobbiamo incalzare il Governo, così come dobbiamo incalzare gli amministratori locali attorno a questa questione, anche perché la cosa che  ci preoccupa è che in queste aree nei prossimi anni arriveranno  tanti soldi, quelli europei e quelli co-finanziati.  Dobbiamo dunque puntare su opere per infrastrutture,  per investimenti, per ambiente,  per portare aziende, posti di lavoro, perché la partita che abbiamo di fronte  si chiama anche  tenuta dell'unitarietà culturale e civile del Paese e, contemporaneamente, efficacia dell'azione e degli investimenti pubblici europei nel nostro Mezzogiorno.

            Tutto questo richiede a noi una mobilitazione e uno sforzo eccezionali, alle autorità centrali di vigilare, ma richiede soprattutto ai territori la capacità di non abbassare la guardia, a volte anche il coraggio di esporsi.