ALTERNATIVA SINDACALE
Area Programmatica Congressuale
FP CGIL
Documento sulla contrattazione collettiva integrativa elaborato dall'Area Programmatica di Alternativa Sindacale FP CGIL.
Con questo documento ci proponiamo di contribuire, in rapporto con l'insieme dell'organizzazione, ad elaborare orientamenti utili ad affrontare la prossima stagione di contrattazione collettiva integrativa che si svilupperà in tutti i luoghi di lavoro della Pubblica Amministrazione.
Il documento rappresenta la base di discussione che caratterizzerà la 2° Assemblea Nazionale delle delegate e dei delegati di Alternativa Sindacale FP CGIL che si terrà il 16 aprile 1999 a Napoli con la presenza dei compagni Paolo Nerozzi Segretario Generale FP CGIL e Gian Paolo Patta Segretario Nazionale confederale CGIL.
Roma, 3 marzo 1999
La contrattazione collettiva integrativa
Contributo dell'Area Programmatica Congressuale di
Alternativa Sindacale FP CGIL
1. Fattori di contesto generale
Gli anni novanta sono stati caratterizzati dalla concertazione tra le parti sociali di politiche mirate al risanamento dei conti pubblici al fine di realizzare l'obiettivo dell'integrazione europea prevista dal trattato di Maastricht.
Lo strumento principale messo in campo per raggiungere tale obiettivo è stato sicuramente l'accordo del 23 Luglio 1993, un accordo sul quale avevamo espresso una valutazione negativa, denunciandone limiti e rischi: in particolare quello di realizzare una riduzione del deficit a discapito dei salari contrattuali e della distribuzione del reddito.
Oggi, che i parametri di integrazione economica sono stati raggiunti e si è realizzato l'ingresso dell'Italia nell'Euro, il bilancio sociale dell'accordo del 23 Luglio ha confermato i nostri timori:
- a fronte della riduzione del deficit si è determinata una distribuzione del reddito iniqua ( - 5% del reddito da lavoro);
- la riduzione del tasso di inflazione al 1,5% è stata realizzata soprattutto con un forte abbassamento del costo del lavoro, cui non sempre ha corrisposto analogo contenimento di prezzi, tariffe e servizi;
- la disoccupazione è addirittura aumentata superando l'11% e impressionante sta diventando il fenomeno della precarizzazione e della destrutturazione dei rapporti di lavoro sia nei settori privati che in quelli dei servizi e delle attività pubbliche.
Alla luce di questi dati, appare del tutto evidente, che il prezzo del risanamento è stato prevalentemente pagato dal lavoro dipendente ed è proprio per questa ragione che era ed è necessaria una nuova fase, caratterizzata da una politica economica espansiva orientata all'occupazione, attraverso una politica sociale che aggiornando e riqualificando lo stato sociale sia in grado di determinare una politica di crescita salariale e di rilancio della domanda.
2. Il Patto di Natale
Il Patto Sociale siglato il 22 Dicembre 1998 è sotto questo aspetto assolutamente deludente e quindi negativo per lavoratori e pensionati. Non solo perché riconferma l'impianto e la logica che sta alla base del 23 luglio, ma soprattutto perché non risolve, anzi rischia di accentuare, il nodo della distribuzione della ricchezza prodotta nel Paese.
Infatti, i benefici a favore delle imprese sono di gran lunga superiori e certi di quelli a favore del lavoro dipendente; inoltre, continua ad esserci una assenza di politica economica in grado di creare aumento dell'occupazione, sia nell'impresa che nella stessa pubblica amministrazione.
Non può essere questo lo scenario dopo l'avvio dell'Euro.
3. L'Europa
La priorità della costruzione europea deve spostarsi sulle questioni sociali e del lavoro. In questo contesto è necessario un progetto di medio periodo, collocato nella dimensione europea, che superi l'intervento sporadico e assistito che continua a caratterizzare l'Unione Europea, e che non riesce ad aggredire la soglia drammatica dell'11% della disoccupazione.
La costruzione di un progetto di dimensione europea all'interno di un nuovo orizzonte, che impegni il movimento sindacale a misurarsi all'interno di nuovi ambiti di contrattazione, deve essere assunta come priorità.
Ci sono oggi, a livello europeo, le condizioni politiche per riformare il Trattato di Maastricht introducendo parametri riguardanti i tassi di occupazione, l'armonizzazione dei sistemi fiscali, parametri di convergenza sulle politiche salariali e sociali in direzione dell'aumento della domanda e dello sviluppo. Occorre altresì introdurre specifiche misure per impedire il dumping sociale tra i paesi dell'Unione Europea.
4. I nuovi contratti del Pubblico Impiego
I contratti del Pubblico Impiego sottoscritti in questo periodo hanno sofferto dei limiti imposti dagli accordi concertativi, a partire dai vincoli imposti dal 23 luglio.
Questi limiti intrecciati con le rigidità del Dlgs 29 hanno determinato una gestione centralistica della spesa e una progressiva riduzione delle risorse a disposizione del sistema pubblico.
L'ossessione del rientro dal debito a discapito di iniziative di rilancio dei servizi fondate su investimenti mirati alla valorizzazione e alla crescita professionale, nonché alla qualità del lavoro e delle prestazioni, ha determinato: processi di privatizzazioni ed esternalizzazioni dei servizi; precarizzazione del lavoro; diminuzione dei livelli occupazionali, spesso accompagnati dal peggioramento della qualità dei servizi e dalla riduzione quantitativa degli stessi.
Questa impostazione va nettamente contrastata, anche perché rischia di compromettere le ragioni che hanno portato il sindacato confederale e la CGIL in particolare, ad essere protagonisti e sostenitori della riforma della Pubblica Amministrazione.
Se da un lato è bene che tali limiti di impostazione generale non vadano sottaciuti, dall'altro sarebbe sbagliato non cogliere gli elementi di innovazione e le opportunità che i CCNL recentemente siglati introducono, a partire dall'allargamento e dal potenziamento di un secondo ed autonomo livello di contrattazione, dalla nuova classificazione (materia che ha riguardato solo un'altra categoria negli ultimi trent'anni), dall'avvio di un percorso di riduzione d'orario, che seppur non corrispondente alle nostre richieste di riduzione generalizzata, risulta comunque avanzata rispetto alla regolamentazione negli altri settori.
La contrattazione integrativa, che si svolgerà in ogni luogo di lavoro, produrrà una dinamica di conflittualità nuova in grado di agire sulle contraddizioni, particolarmente accentuate in questa fase di transizione e trasformazione, ponendo con forza al centro delle politiche rivendicative i temi del lavoro, della sua qualità e della titolarità del controllo del processo produttivo.
Affermando ciò non pensiamo di essere difensori acritici della contrattazione integrativa, che se non collocata dentro una strategia ed un progetto generale rischia di produrre una deriva aziendalista e di rottura della solidarietà e della coesione tra le lavoratrici e i lavoratori, ma pensiamo che per ricostruire una nuova stagione che veda protagonisti i lavoratori e le lavoratrici sia necessario saper agire nel luogo dove si sviluppano le contraddizioni
5.Democrazia e Rappresentanza
Le recenti elezioni delle Rappresentanze Sindacali Unitarie, che hanno visto una altissima partecipazione al voto, hanno dimostrato l'interesse delle lavoratrici e dei lavoratori a fare proprio e a dare forza a questo strumento di democrazia, che può garantire un reale esercizio dei poteri negoziali in ogni luogo di lavoro.
Questo importante risultato, che da ragione a chi, come noi, si è battuto in questi anni per una democratizzazione della rappresentanza, in grado di rendere esigibili e certi i diritti di partecipazione e che auspichiamo sia al più presto consolidata in una legge generale sulla rappresentanza, deve essere sostenuto con forza nella fase di insediamento e di operatività delle RSU.
In questo contesto la FP CGIL deve impegnarsi per definire, nell'ambito dei CCNL, l'aumento delle ore di permesso sindacale a disposizione delle RSU per svolgere attività sindacale e nello stesso tempo si deve attivare con specifici percorsi formativi al fine di garantire agli eletti nelle RSU una preparazione adeguata all'esercizio dell'attività negoziale a cui gli stessi sono preposti, garantendo inoltre una continua e capillare attività di informazione.
Per una corretta vita democratica delle Rappresentanze Sindacali Unitarie è fondamentale la definizione dei regolamenti sul loro funzionamento, anche su questo tema la FP CGIL deve operare affinché:
- venga affermato il principio che gli eletti nelle RSU rispondano innanzitutto ai loro elettori;
- si regolamenti il rapporto tra RSU e Organizzazioni Sindacali, salvaguardando il principio dell'autonomia negoziale e della titolarità della RSU nella sottoscrizione degli accordi collettivi integrativi;
- vengano definite regole che consentano il confronto tra opzioni diverse, determinando la definizione di maggioranze su programmi, garantendo comunque il diritto al dissenso, prevedendo percorsi di verifica del mandato anche attraverso lo strumento referendario;
- vengano individuati criteri di utilizzo dei permessi sindacali in modo tale da garantire a tutti gli eletti l'esercizio della loro funzione sindacale;
- si definiscano con le singole amministrazioni strumenti e modalità adeguate all'esercizio delle prerogative negoziali che la legge e i contratti assegnano alla RSU;
- si prevedano momenti certi di rapporto tra RSU e RLS.
6.Esternalizzazioni e privatizzazioni
La contrattazione collettiva integrativa dovrà fare i conti con la frammentazione del lavoro pubblico; del resto, negli ultimi anni, abbiamo assistito ad una accelerazione di processi di esternalizzazione e privatizzazione dei servizi, accompagnati dal moltiplicarsi di figure lavorative e di contratti collettivi applicabili (e non sempre applicati).
La rinuncia alla gestione diretta dei servizi, nel momento in cui è più avanzato il processo di decentramento e di trasferimento di poteri, rappresenta una delle più forti contraddizioni di questa fase; essa nasconde una dura realtà: gli amministratori pubblici ritengono sia più facile appaltare alcuni servizi che provare a governare le problematiche gestionali.
Queste politiche hanno determinato la progressiva crescita di appalti affidati alle "cooperative sociali", ad un uso sempre più massiccio dei contratti di collaborazione così come dei lavoratori in mobilità o disoccupati in "lavori socialmente utili", al ricorso al volontariato ed agli obiettori di coscienza.
Questi strumenti sono stati messi in campo per ridurre i costi di gestione dei servizi (il costo del personale è più basso se si applica un contratto collettivo meno "ricco" o se non si pagano i contributi o non si prevedono i diritti) e per rendere più flessibile l'organizzazione degli enti.
Nulla, a quanto risulta, è stato fatto per valutare in modo obiettivo il rapporto costo-risultati, non solo sotto il profilo puramente economico, ma anche dal punto di vista della qualità dei servizi offerti come invece una corretta verifica dei risultati di gestione richiederebbe.
Allo stato dei fatti le esperienze consolidate stanno dimostrando che gli interventi di esternalizzazione e privatizzazione hanno prodotto una caduta della qualità delle prestazioni e dei servizi e una consistente compressione delle spese del personale, senza nessuna variazione dei costi complessivi a carico delle Amministrazioni, ma determinando spesso aumenti di rette e tariffe.
Quindi il cosiddetto "contenimento della spesa" si è realizzato unicamente a discapito di lavoratori ed utenti.
Abbiamo più volte affermato che la riduzione dei costi non è un bene in sé, tantopiù se questo viene aggravato dal peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro di coloro che sono coinvolti in questi processi.
A nostro avviso, se un servizio è ritenuto importante perché risponde a bisogni reali delle persone e/o della collettività, la scelta del suo funzionamento va fatta sul come reperire le risorse necessarie per mantenerlo in vita e non sul come sacrificarlo in funzione del suo costo.
Invece queste tendenze stanno sempre più riducendo la soglia di universalità dei diritti.
Per queste ragioni, come Alternativa Sindacale affermiamo la necessità dell'introduzione del principio di verifica dell'impatto sociale nella scelta del modello di gestione dei servizi. In particolare:
- quantificare i costi diretti ed indiretti conseguenti alle esternalizzazioni e/o privatizzazioni dei servizi;
- verificare le ricadute sul piano occupazionale;
- verificare i livelli di tutela dei diritti e l'eventuale emergere di fenomeni di dumping;
- verificare i risultati dei processi di esternalizzazione e/o privatizzazione in termini di efficacia e qualità dei servizi (effettive risposte ai bisogni).
7. La contrattazione collettiva integrativa
Con la contrattazione collettiva integrativa dobbiamo avere l'ambizione di misurarci con una doppia sfida: la qualità dei servizi e la qualità delle condizioni di lavoro.
Siamo convinti che non sia possibile affrontare la qualità dei servizi, la necessità che essi rispondano con efficacia alle domande ed ai bisogni dei cittadini utenti, se non si affronta il nodo della qualità delle condizioni di lavoro.
La qualità delle condizioni di lavoro significa affrontare nella contrattazione collettiva integrativa il tema della organizzazione del lavoro, della motivazione, della formazione e dei percorsi di professionalizzazione delle lavoratrici e dei lavoratori; significa misurarsi con il tema degli orari, della loro riduzione e della loro articolazione.
L'attività negoziale nei luoghi di lavoro deve allora stimolare e contribuire ad attivare processi di riorganizzazione, l'adozione di modelli organizzativi innovativi, dove il lavoro segmentato e deresponsabilizzato venga sostituito da un lavoro che consenta la ricomposizione del processo produttivo e la responsabilizzazione e dove le lavoratrici ed i lavoratori della pubblica amministrazione ritrovino la motivazione e la finalità della loro attività.
La contrattazione dovrà acquisire risorse economiche aggiuntive necessarie ad una nuova e qualificata gestione delle risorse umane (dobbiamo imparare a leggere i bilanci).
La spesa per la riorganizzazione dei servizi e la qualificazione del personale deve essere riconosciuta, anche nella Pubblica Amministrazione, come un investimento e non come una spesa improduttiva e fine a se stessa; è una spesa che deve essere finalizzata alla qualificazione dei servizi e alla qualità delle prestazioni erogate.
Sempre in funzione della qualificazione dei servizi vanno riconsiderate le attuali politiche restrittive in materia occupazionale nella Pubblica Amministrazione e rilanciati i piani di investimento capaci di rendere competitivo il servizio pubblico.
7.1- Le relazioni sindacali e l'organizzazione del lavoro
Filo rosso della contrattazione integrativa è l'organizzazione del lavoro. E' attraverso la conoscenza degli elementi che la compongono che si coinvolgono le lavoratrici e i lavoratori, si costruisce la piattaforma, si hanno le motivazioni per sostenere le proprie tesi. Conoscenza significa sapere quante persone, con che tipo di rapporto di lavoro, con quali professionalità, in che modo, con quali orari di lavoro, con che livello di salubrità, con che tipo di gerarchia o lavoro di gruppo, ecc. lavorano per ottenere quella determinata finalità. Capita di scoprire che la finalità, cioè il servizio pubblico, non è pienamente perseguita o che c'è sperpero di danaro pubblico o che vengono attivati contratti di collaborazione anziché assumere.
Essenziale è quindi avere la capacità di contrattare questa materia, sapendo che le controparti non lo vorranno permettere.
Non solo, determinante sarà pretendere alti livelli di informazione; su appalti e convenzioni, loro capitolati e applicazione dei contratti collettivi, della 626 e verifica della copertura contributiva; sui piani occupazionali, comprese le collaborazioni (il contratto sanità ed enti locali prevede che non possano avere trattamenti inferiori ai dipendenti), gli incarichi, gli lsu e lpu; ecc. Solo in questo modo le RSU avranno gli strumenti per operare appieno e per evitare il rischio di contrattazioni al ribasso sui diritti (altrui).
Va da sé che questo significa ridisegnare, riequilibrare i poteri nei luoghi di lavoro e proprio per questo la resistenza delle controparti sarà notevole. Ma qui sta il nodo della contrattazione integrativa di luogo di lavoro.
7.2-L'inquadramento del personale
Siamo convinti che i nuovi sistemi di classificazione siano caratterizzati da forti potenzialità innovative.
Essi segnano una forte discontinuità con il passato e con il vecchio ordinamento professionale che rispondeva ad un modello organizzativo burocratico, dove lo status e le procedure prevalevano sulle reali attività e sul risultato delle stesse.
Per questo la gestione della classificazione va strettamente collegata alla adozione di nuovi modelli organizzativi.
La contrattazione sulla classificazione ha la responsabilità di costruire percorsi coerenti tra le scelte dei modelli organizzativi e l'evoluzione professionale delle lavoratrici e dei lavoratori, che attraverso la formazione e l'arricchimento delle competenze li accompagni dentro la progressione orizzontale.
Solo in questo modo la progressione professionale diventa sinonimo di mutamento del lavoro, di un lavoro che si appropri della necessità della qualità e della motivazione di sistema.
La leva è quindi l'organizzazione del lavoro, il controllo e il governo del suo mutamento, ed i lavoratori e le lavoratrici devono e possono essere attori e protagonisti dello stesso.
Per queste ragioni riteniamo che chi continua a riproporre produttività e merito individuale come le principali leve di gestione del lavoro nella Pubblica Amministrazione è per noi ancora imprigionato in modelli e schemi conservatori.
Pertanto, come Alternativa Sindacale, riconfermiamo la valenza strategica racchiusa nell'idea del passaggio "dalla produttività alla professionalità".
Il nodo del finanziamento della classificazione deve quindi trovare una sintesi tra consolidamento del modello organizzativo e consolidamento delle risorse destinate alla progressione professionale, attraverso investimenti misurabili in coerenti scelte nei bilanci degli enti.
7.3- La produttività
Va svelata l'ipocrisia della produttività legata alla esasperazione degli obiettivi quantitativi e "dell'impegno individuale".
Gli obiettivi produttivi devono sempre più definirsi in termini di qualità legati ai centri di costo e ai risultati del lavoro di gruppo.
La contrattazione collettiva integrativa dovrà accentuare l'attenzione su parametri ed indicatori di qualità, che orientino le finalità del modello organizzativo verso il risultato del soddisfacimento dei bisogni dell'utenza.
Se aumentare la produttività significa migliorare la qualità dei servizi, non può esistere separazione tra gli obiettivi produttivi e modelli organizzativi.
Per queste ragioni siamo contrari a destinare risorse economiche su progetti di produttività fuori dall'orario di lavoro, che si configurano come vero e proprio straordinario mascherato, in contraddizione con le linee dei CCNL firmati.
7.4- La formazione
La negoziazione nei luoghi di lavoro deve riappropriarsi dei saperi e degli strumenti per la loro gestione; per questo deve misurarsi nella definizione di programmi di formazione, aggiornamento e qualificazione del personale.
Per realizzare tale obiettivo è indispensabile acquisire almeno le risorse previste contrattualmente, che devono accompagnare, attraverso la predisposizione di piani formativi, la trasformazione, l'ammodernamento e la sburocratizzazione della Pubblica Amministrazione.
In questo contesto non va sottovalutata la necessità di predisporre strumenti di controllo che consentano di certificare la qualità e l'efficacia dei percorsi formativi.
7.5-I sistemi di valutazione
I sistemi di valutazione che dovranno essere istituiti negli enti non devono diventare strumenti unilaterali delle amministrazioni per la gestione della classificazione e della produttività, ma essere strumento di trasparenza e garanzia per le lavoratrici ed i lavoratori.
La valutazione per noi significa: osservazione del lavoro, delle sue trasformazioni; significa ricognizione delle professionalità e delle competenza presenti nell'ente e che si formeranno nell'evoluzione del modello organizzativo.
I sistemi di valutazione devono esprimere coerenze tra i criteri individuati, che devono essere contrattati e condivisi, ed un clima organizzativo orientato alla valorizzazione collettiva.
7.6-L'orario -l'occupazione
Le politiche degli orari devono diventare il terreno su cui le RSU sperimentano le loro capacità di controllo dell'organizzazione del lavoro.
Infatti, per noi, la riduzione dell'orario di lavoro è il punto da cui partire per ragionare di nuova organizzazione di lavoro, di nuovo controllo dei lavoratori e dei lavoratrici sul tempo della loro vita.
Siamo convinti che anche nel pubblico impiego siano maturi i tempi per proposte che permettano non solo di ridistribuire il reddito e il lavoro che già c'è, ma anche di creare lavoro rispondendo a nuovi tipi di bisogni sociali.
A nostro parere va perseguito l'obiettivo della riduzione generalizzata dell'orario di lavoro a 35 ore settimanali, a parità di salario, come elemento qualificante dell'attuale stagione contrattuale.
In questo contesto diventa fondamentale un'azione generale tendente ad armonizzare gli orari di lavoro in tutti comparti, pubblici e privati operanti nei settori dell'intervento pubblico.
Parlare di riduzione di orario di lavoro in questi settori, significa anche porsi l'obbiettivo di ripristinare il controllo degli orari contrattuali su quelli di fatto riducendo significativamente gli straordinari, ed indirizzando le risorse verso nuova occupazione.
Nuova occupazione è possibile e necessaria, ma non può essere realizzata purchessia. Vanno contrastati fino in fondo, cioè fino al Pretore del Lavoro, i tentativi di anticipare la contrattazione nazionale su temi quali il lavoro temporaneo (interinale) o i contratti di formazione e lavoro (CFL). Così come sarà necessario non cedere al ricatto di meno occupazione diretta in cambio di maggiori risorse per gli interni.
7.7- Le condizioni di lavoro
La Pubblica Amministrazione è pessimo esempio per tutto il padronato, basti pensare agli edifici fatiscenti, alla non informazione e formazione, allo scarsissimo utilizzo dei dispositivi individuali e collettivi di sicurezza, all'organizzazione del lavoro, al non controllo su appalti e convenzioni.
La qualità e la qualificazione del lavoro si realizza anche attraverso interventi mirati a considerare con attenzione le problematiche relative alla salubrità degli ambienti di lavoro e alla tutela della salute e della sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori.
Per realizzare ciò è fondamentale la figura del Rappresentante dei Lavoratori alla Sicurezza (RLS) che deve essere eletto in tutti i luoghi di lavoro e avere una costante relazione con la RSU, perché ciascuno possa svolgere al meglio i distinti ruoli tra loro complementari e non contrapposti, ricordando che la legge prescrive che nessun onere, quindi neppure contrattuale, deve ricadere sulle lavoratrici e i lavoratori.
Particolare attenzione va data alle problematiche conseguenti all'introduzione di nuove tecnologie, non solo informatiche, che spesso vengono impiegate senza tenere conto dell'impatto che possono avere sulle condizioni di salute delle lavoratrici e dei lavoratori.
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