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Programmatico 

   

VETERINARIA PUBBLICA

E PREVENZIONE

  OTTOBRE 2006

  

 

La storia 

L’articolo 32 della Costituzione della Repubblica Italiana recita ”la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività.”

La Legge 833/78, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale stabilisce, all’art. 1 ed al punto 6 dell’art. 2, che il conseguimento di questa finalità avviene anche mediante l’igiene degli alimenti, delle bevande e dei prodotti e scarti di origine animale.

L’organizzazione sanitaria del nostro paese vede storicamente impegnati i veterinari pubblici nel perseguimento di questi scopi attraverso la profilassi delle malattie infettive degli animali domestici, la profilassi delle zoonosi, il controllo sulla produzione, trasformazione, trasporto e commercializzazione degli alimenti di origine animale (carni e prodotti trasformati, latte e prodotti lattiero caseari, uova ed ovoprodotti, prodotti della pesca, miele), il controllo sull’impiego del medicinale veterinario, il controllo sull’impiego illecito di sostanze ad azione ormonale come promotori di crescita degli animali, il controllo sull’alimentazione animale, il controllo sul benessere animale , il controllo sulla riproduzione animale.

Il Servizio Veterinario Italiano vede la sua nascita con la Legge 22 dicembre 1888 n. 5849 la quale stabiliva che tutte le disposizioni inerenti le malattie infettive dell’uomo si applicassero anche alle malattie degli animali.

La Legge 13 marzo 1958 n. 296 costitutiva del Ministero della Sanità ha inquadrato il Servizio Veterinario nell’organizzazione sanitaria dello Stato italiano, attribuendo al Veterinario Provinciale il ruolo di autorità sanitaria.

Con la promulgazione della Legge 23 dicembre 1978 n. 833 “Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale” vengono attribuite ai comuni tutte le funzioni amministrative in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera. I comuni esercitano queste funzioni in forma singola o associata attraverso le Unità Sanitarie Locali, ferme restando le attribuzioni di ciascun Sindaco quale autorità sanitaria locale.

Con il Decreto Legislativo 30 dicembre 1992 n. 502, modificato dal Decreto Legislativo 7 dicembre 1993 n. 517, le Unità Sanitarie Locali diventano Aziende ed i Servizi Veterinari vedono la loro attuale collocazione  nei Dipartimenti di Prevenzione, con l’articolazione nelle tre aree funzionali di Sanità Animale (area A), Igiene della produzione, trasformazione, commercializzazione, conservazione e trasporto degli alimenti di origine animale (area B) e di Igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche (area C). 

Con la riforma De Lorenzo l’unitarietà e l’integrità dei Servizi Veterinari viene interpretata in maniera non univoca nelle diverse Regioni ed anche all’interno degli stessi ambiti regionali. In molte Aziende Sanitarie sparisce la figura del responsabile di area veterinaria con la conseguente destrutturazione e perdita di autonomia. Per mettere ordine nel complesso mosaico organizzativo creato dalla riforma De Lorenzo è necessario l’intervento della Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano che nel febbraio del 1996 emana le “Linee Guida in materia di Organizzazione della Sanità Pubblica Veterinaria”, che prevedono, nell’ambito delle Aziende Sanitarie Locali, un livello di direzione tecnico organizzativa complessa per l’area di Sanità Pubblica Veterinaria e uno di direzione tecnico specialistica per le 3 aree funzionali (A, B e C).

La riforma Bindi (D. L.vo 229/99) riafferma in un certo senso i pronunciamenti delle Linee Guida della Conferenza Stato Regioni, stabilendo che l’Area di Sanità Pubblica Veterinaria costituisce area dipartimentale del Dipartimento di Prevenzione organizzata nelle 3 strutture organizzative di Sanità Animale, Igiene delle produzione, trasformazione, commercializzazione, conservazione, e trasporto degli alimenti di origine animale e loro derivati e di Igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche.      

Con questa breve disamina storica dimostriamo come il legislatore abbia ribadito negli anni la forte connotazione sanitaria dell’attività dei Servizi Veterinari, in un ottica rivolta al controllo delle produzioni, con l’obiettivo unico di tutela della salute dei cittadini.

 

 

La filiera della veterinaria

 

 La Sanità Pubblica Veterinaria ha da sempre rivendicato la gestione della filiera alimentare come elemento fondamentale  per la tutela della salute umana ed animale, tenendo come base l’assunto scientifico che un alimento è sano se è sano l’animale che lo produce. Gli stessi Servizi Veterinari devono intendersi come unica filiera, in cui le linee produttive iniziano dal controllo sulla materia prima, se consideriamo come materia prima gli alimenti destinati agli animali da produzione, fino al prodotto finito se pensiamo all’animale macellato e agli alimenti di origine animale come prodotti finiti. Questa attività è integrata dal controllo sulle malattie infettive degli animali e dal controllo sugli avanzi animali. Nel panorama europeo questa connotazione rappresenta per così dire l’ ”anomalia italiana”. Altri paesi hanno scelto storicamente strade diverse. 

Nei paesi anglosassoni i Servizi Veterinari sono nati e continuano sostanzialmente ad avere un ruolo di puro sostegno alla produzione: l’esplosione della BSE nel Regno Unito ha provocato momenti di vera crisi nei Servizi, che sono caduti sotto il peso della perdita di fiducia dei cittadini e dei consumatori. La risposta che le autorità di quei paesi hanno dato è stata spesso poco chiara, con uno spezzettamento di competenze attribuite di volta in volta a neonate Agenzie o a strutture di volta in volta dipendenti dal Governo o da Ministeri diversi da quelli di appartenenza, creando confusione sotto l’aspetto dell’attribuzione delle responsabilità.

In altri paesi (Belgio, Spagna, Germania) sono state separate le funzioni attribuite alla Sanità Animale, inquadrata presso amministrazioni che dipendono dalla produzione agricola e la Sicurezza Alimentare che fanno capo al Ministero della Sanità. Questa dicotomia ha determinato in Germania non pochi problemi, qualche anno fa, nel corso dell’epidemia di peste suina.

I dati a disposizione sulle malattie trasmesse all’uomo dagli alimenti crediamo siano rappresentativi, in termini di efficacia nella tutela della salute pubblica, in un confronto fra diversi modi di intendere la prevenzione e la sicurezza alimentare: in Italia nell’anno 2000 sono stati notificati nel 14.460 casi di tossinfezione alimentare; negli Stati Uniti si ammalano ogni anno 76 milioni di persone in seguito ad un’infezione alimentare con l’ospedalizzazione di 325 mila persone e 5200 morti; In Inghilterra e Galles si stimano 2 milioni di casi di tossinfezione alimentare l’anno con 587 decessi; in Canada 4,2 milioni di casi l’anno; in Australia 5,4 milioni.

Questi dati, più di ogni altra cosa, rappresentano la tenuta di un sistema. Alcune voci critiche sostengono che il ruolo della prevenzione nell’impedire le tossinfezioni alimentari sarebbe marginale in quanto esse si manifestano in maggior percentuale in ambiente domestico. Noi rispondiamo semplicemente che la qualità delle preparazioni domestiche dipende sia dalla cultura alimentare dei popoli ma dipende anche dalla qualità delle materie prime e da un efficiente controllo delle produzioni. 

EVOLUZIONE RECENTE DELLA NORMATIVA IN MATERIA DI SICUREZZA ALIMENTARE 

Per meglio inquadrare quello che a nostro modo di intendere dovrà essere il futuro dell’Area di Sanità Pubblica Veterinaria all’interno dei Dipartimenti di Prevenzione (Sanità Pubblica), occorre illustrare molto brevemente come il legislatore nazionale e comunitario siano intervenuti in materia di sicurezza alimentare.

La Legge quadro 283/62 ed il relativo regolamento di esecuzione 327/80 hanno rappresentato fino a poco tempo fa le norme guida in materia di sicurezza alimentare. La tutela della salute pubblica veniva perseguita attraverso controlli preventivi finalizzati al rilascio di una autorizzazione ed a controlli ispettivi sulle produzioni.

Con il Decreto Legislativo 123/93 (recepimento della Direttiva 89/397/CEE), il legislatore pone la propria attenzione oltre che sui controlli di carattere ispettivo anche al processo produttivo dell’alimento. Parallelamente, nel corso degli anni 90, il legislatore comunitario ha emesso un corpo normativo imponente anche con l’intento di arrivare ad una sempre maggiore responsabilizzazione di tutti gli attori delle filiera alimentare: pensiamo alle norme su anagrafe bovina, igiene della macellazione a della trasformazione degli alimenti di origine animale, produzione del latte e alimenti trasformati, famacovigilanza, benessere animale, scambi di animali e di prodotti di origine animale 

Il Decreto Legislativo 155/97 che recepisce le Direttive 93/43/CEE e 96/3/CEE, introduce il principio dell’autocontrollo, secondo il principi dell’HACCP, nelle attività di preparazione, deposito, trasporto, distribuzione, manipolazione, vendita e somministrazione di prodotti alimentari. Con il Decreto 155/97 il titolare dell’impresa alimentare diventa il responsabile di quanto immette sul mercato, mentre l’attenzione del controllore si sposta dal prodotto finito all’intera filiera produttiva ponendo in primo piano la previsione e la prevenzione del rischio.

Nel solco tracciato dalle Direttive 93/43/CEE e 96/3/CEE, Il Regolamento 178/CE/2002 ed i Regolamenti del cosiddetto “pacchetto igiene” (852/CE/2004, 853/CE/2004, 854/CE/2004 e 882/CE/2004) allargano gli ambiti di interesse sull’intera filiera alimentare: igiene e sicurezza degli alimenti, mangimi, sanità animale, benessere animale, farmacovigilanza, aspetti di natura ambientale e di sanità vegetale che possono avere riflessi sulla salute umana.  

L’applicazione del Regolamento 178/2002, in vigore dall’1/1/2005 e del pacchetto igiene, in vigore da 1/1/2006 impongono una svolta storica nel modo di interpretare i controlli da parte degli organi di prevenzione. Infatti mentre sino a non poco tempo fa il controllo degli alimenti era basato sostanzialmente su: 

·        Sorveglianza degli alimenti;

·        Sorveglianza ed educazione del personale addetto alla lavorazione;

·        Sorveglianza sulle attrezzature e sugli utensili;

·        Sorveglianza sulle procedure adottate; 

oggi gli organi di vigilanza esercitano la loro attività attraverso:

 

·        La presa visione del progetto di autocontrollo in relazione all’analisi del rischio, all’individuazione dei punti critici di controllo ed all’adozione da parte del titolare dell’impresa alimentare di misure di controllo efficaci;

·        Il controllo sulla rintracciabilità delle materie prime, dei mangimi e dei prodotti finiti su tutta la filiera alimentare;

·        Misurazioni lungo i punti critici di controllo per individuare se ciò che il produttore dichiara viene rispettato;

·        Campionamenti su tutta la filiera produttiva per gli opportuni accertamenti di carattere chimico e microbiologico;

·        L’emissione di sanzioni amministrative, qualora il titolare dell’impresa alimentare e il produttore primario non abbiano provveduto all’eliminazione delle carenze evidenziate al momento dell’ispezione; 

La sfida che la veterinaria pubblica deve saper raccogliere è tutta qui; nel saper cogliere la portata del cambiamento e nel saper mutare il proprio atteggiamento di fronte al cambiamento. Crediamo che la tenuta e la credibilità di tutto il sistema della prevenzione nel nostro paese dipenderà da questo.  

 

PROPOSTE DI MIGLIORAMENTO DELL’ORGANIZZAZIONE VETERINARIA

 

Le emergenze sanitarie degli ultimi anni (BSE, diossine, micotossine, influenza aviaria), l’imponente produzione normativa, il riassetto dell’organizzazione veterinaria nei Dipartimenti di Sanità Pubblica assieme al sottofinanziamento della prevenzione da parte dall’amministrazione statale, alla accresciuta attenzione dei consumatori nelle materia della sicurezza alimentare ed alle aumentate istanze del mondo produttivo costituiscono un sistema estremamente complesso con il quale i Servizi Veterinari e più in generale tutta l’area della prevenzione dovranno confrontarsi in futuro.

L’organizzazione dei Dipartimenti di Prevenzione (Sanità Pubblica) non ha avuto sul territorio nazionale uno sviluppo comune. Regioni anche confinanti hanno seguito scelte diverse sino ad arrivare, in Lombardia, alla separazione fra i Dipartimenti di Sanità Pubblica e i Dipartimenti di Sanità Pubblica Veterinaria.

In altre Aziende Sanitarie abbiamo osservato, anche negli stessi ambiti regionali, alla creazione di “Dipartimenti forti” caratterizzati da una forte tendenza all’accentramento delle funzioni tecnico gestionali che ha portato, in molte realtà ad uno svuotamento delle responsabilità delle aree dipartimentali e di “Dipartimenti deboli” caratterizzati spesso da una forte connotazione territoriale e da sovrapposizioni di responsabilità che a lungo andare hanno finito per rompere il binomio inscindibile autonomia – responsabilità.

Anche la riorganizzazione dell’area veterinaria così come postulata dal decreto Bindi e prima ancora dal Decreto De Lorenzo non ha avuto sul territorio nazionale un percorso comune. In molteplici realtà del nostro paese si è proceduto ad una riorganizzazione per aree funzionali solo sulla carta: di fatto sono stati attribuiti gli incarichi di struttura complessa senza aver creato le strutture complesse. In queste realtà i veterinari che operano sul territorio continuano ad esercitare funzioni appartenenti a tutte e 3 le aree e di fatto riferiscono, quando va bene, a tre responsabili di struttura complessa. È fin troppo facile comprendere che anche in questo caso il binomio autonomia – responsabilità viene spezzato.

La complessità dell’ambito in cui i servizi di prevenzione oggi debbono muoversi richiede una risposta diversa.

 

La proposta organizzativa

 

La FPCGIL Medici e Veterinari e la FPCGIL credono fermamente nel ruolo e nelle funzioni dell’Area di Sanità Pubblica Veterinaria all’interno del Dipartimento di Prevenzione (Sanità pubblica). Il Direttore dell’Area di Sanità Pubblica Veterinaria rappresenta la figura di coordinamento delle tre aree funzionali e di raccordo con il Direttore di Dipartimento e gli altri responsabili dell’area dipartimentale; egli partecipa inoltre, potendone assumere la direzione, alla stesura dei programmi per la sicurezza alimentare dell’Azienda Sanitaria assieme al Direttore dell’ area di Igiene Pubblica e al Direttore del Servizio Igiene degli Alimenti e Nutrizione.

Tutto ciò in linea con gli orientamenti regionali.

Il Comitato di Dipartimento rappresenta l’organismo aziendale in cui vengono discussi ed elaborati i programmi e gli orientamenti aziendali in materia di sanità pubblica. Esso è diretto dal Direttore di Dipartimento. Del comitato di Dipartimento fanno parte i tre responsabili delle unità operative complesse dell’Area di Sanità Pubblica Veterinaria oltre ai Direttori delle altre aree dipartimentali ed ai responsabili delle Unità Operative Complesse. Del Comitato di Dipartimento fanno inoltre parte i rappresentanti del personale di vigilanza, del comparto sanitario ed amministrativo ed una componente elettiva scelta all’interno del personale del Dipartimento. Quest’ultima non può superare il 50% di tutti i componenti del Comitato. Il Direttore di Dipartimento è nominato dal Direttore Generale su una terna di Responsabili di Area Dipartimentale scelti dal Comitato di Dipartimento.   

L’Area di Sanità Pubblica Veterinaria è organizzata nelle 3 strutture organizzative    complesse di Sanità Animale, Igiene delle produzione, trasformazione, commercializzazione, conservazione e trasformazione degli alimenti di origine animale e loro derivati e di Igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche, con personale ad esse dedicato, attraverso meccanismi di selezione concordati e trasparenti.

      All’interno di ogni struttura organizzativa vengono individuate sempre attraverso procedure concorsuali interne, posizioni organizzative di alta specializzazione con il compito di elaborare procedure operative applicabili su tutto il territorio di competenza.

     La FPCGIL Medici e Veterinari e la FPCGIL intendono promuovere l’accreditamento attraverso l’implementazione di standard di prodotto che riguardano le attività più significative dei servizi veterinari. A questo proposito è essenziale il potenziamento dei Servizi Veterinari Regionali, che rappresentano il punto di riferimento principale per il raggiungimento di tale obiettivo.

Consideriamo questo come un passaggio essenziale e non più derogabile anche per rispondere alle critiche che a questo proposito ci vengono rivolte da parte di autorità sanitarie comunitarie (ufficio FVO della UE).

     La FPCGIL Medici e Veterinari insieme alla FPCGIL considera la formazione come elemento fondamentale atto al miglioramento della qualità professionale del personale del SSN. A questo proposito considera essenziale il ruolo dell’organizzazione regionale di concerto con il Ministero della Salute, nella definizione dei bisogni e dei percorsi formativi del personale afferente al Dipartimento di Prevenzione (Sanità Pubblica). Le Aziende Sanitarie Locali elaborano gli interventi formativi sulla base degli indirizzi formativi elaborati al livello regionale.

La FPCGIL Medici e Veterinari insieme alla FPCGIL considera indispensabile la creazione di una rete epidemiologica nazionale che impegni le Agenzie Regionali per l’Ambiente, gli Istituti Zooprofilattici, Regioni e Ministero della Salute. A questo proposito è indispensabile dare piena e concreta valorizzazione agli osservatori epidemiologici regionali. Essi si avvalgono dei dati provenienti dalle Agenzie Regionali per l’Ambiente e dagli Istituti Zooprofilattici e costituiscono organo tecnico e consultivo degli Assessorati Regionali alla Sanità. Gli osservatori epidemiologici regionali sono in rete con l’Istituto Superiore di Sanità, il quale raccoglie i dati del livello regionale ed è organo tecnico consultivo del Ministero, nell’elaborazione degli indirizzi in materia di Sanità Pubblica.

 

Il Ministero della Salute e la veterinaria

 

Negli anni recenti abbiamo visto tentativi di parte politica e di settori del mondo veterinario di impossessarsi del cambiamento per meri interessi di tipo corporativo o addirittura personali, che nulla hanno a che vedere con gli interessi di salute della collettività. Abbiamo sentito parlare di Agenzie della Sanità Pubblica Veterinaria, di Agenzie per la Sicurezza Alimentare, di Reti degli Istituti Zooprofilattici, di passaggi dei Servizi Veterinari al Ministero delle Politiche Agricole. La cosa che più ci lascia perplessi, a parte il generare caos quando invece ci sarebbe bisogno di mettere ordine, è l’assoluta indifferenza verso ciò che il mondo veterinario pubblico ha rappresentato in questo Paese nel campo della tutela della salute dei cittadini.

La FPCGIL Medici e Veterinari insieme alla FPCGIL respinge con fermezza ogni tentativo di collocazione diversa da quella del Ministero della Salute dei servizi veterinari pubblici, riaffermando con forza il ruolo storico che la veterinaria pubblica italiana ha avuto nella tutela della salute dei cittadini, della salute animale e di sostegno alle attività produttive.

La FPCGIL Medici e Veterinari insieme alla FPCGIL ritiene che il Ministero della Salute debba mantenere le sue attuali attribuzioni in materia di Sanità Pubblica Veterinaria, degli Alimenti e della Nutrizione nelle proprie funzioni di indirizzo ed orientamento. In questa fase è infine fondamentale che il Ministero promuova l’accreditamento dei Dipartimenti di Prevenzione (Sanità Pubblica).  

 

I veterinari non a tempo determinato

 

Da qualche anno, anche nei Servizi Veterinari delle Aziende sanitarie si registra  un preoccupante ricorso a forme di lavoro atipico. Questo si accompagna ad un progressivo invecchiamento della popolazione veterinaria pubblica, determinato sia dal blocco delle assunzioni imposto dalle ultime leggi finanziarie sia da scelte di politica aziendale locali. Di fatto negli ultimi 10 anni abbiamo assistito ad una diminuzione progressiva nel numero dei veterinari pubblici che non può in alcun modo essere giustificata ne dalla contrazione del patrimonio bovino nazionale ne dalla concentrazione degli impianti di macellazione; è bene ribadire infatti, che in questi ultimi anni gli ambiti di intervento dei veterinari pubblici sono cresciuti in modo imponente. Alla luce di tutto questo chiediamo che venga riconsiderata la dotazione organica dei medici veterinari all’interno dei Dipartimenti di Prevenzione (Sanità Pubblica) ed auspichiamo che si giunga al più presto, attraverso provvedimenti legislativi ad hoc, a stabilizzare, con contratti a tempo indeterminato, tutti quei medici veterinari che da anni prestano la loro opera nel servizio pubblico con contratti di lavoro atipico.   

Il numero di veterinari con contratti non a tempo indeterminato ha raggiunto le 1200 unità. Ciò ha determinato che anche nel mondo della veterinaria pubblica, come in altri ambiti del pubblico impiego siano andate formandosi due categorie di lavoratori: la prima, quella dei veterinari a tempo indeterminato, garantita dal CCNL; la seconda, quella dei veterinari atipici, che pur svolgendo le stesse funzioni dei primi si vede negata tutta una serie di diritti che vanno dall’accesso alla progressione di carriera, al congedo ordinario, al congedo per malattia, ad un salario adeguato. La FP CGIL Medici e Veterinari insieme alla FPCGIL crede che l’unica strada percorribile  per porre fine a questa disuguaglianza sia la stabilizzazione di questi posti di lavoro, tenendo anche conto del progressivo invecchiamento a cui è andata incontro in questi anni la categoria dei veterinari pubblici. Anche per questo riteniamo non più derogabile, come primo passo verso una progressiva stabilizzazione, l’applicazione dell’accordo siglato dalla Conferenza Stato Regioni l’ 1/3/2006 che estende l’accordo nazionale del 23/03/2005 sulla medicina convenzionata, ai medici veterinari.

 

La libera professione

 

La libera professione intra-moenia introdotta dal CCNL 1998 – 2001 ha portato, anche nel mondo della veterinaria pubblica, parecchi spunti di riflessione. Le Aziende Sanitarie hanno interpretato questa possibilità in maniera non uniforme anche in funzione delle varie realtà territoriali. Noi crediamo che non si possa essere pregiudizialmente contrari alla libera professione intra–moenia, ma allo stesso tempo riteniamo che la stessa debba svolgersi all’interno di ambiti ben definiti. Riteniamo per esempio, che le attività di formazione esterna debbano essere ricondotte all’ambito aziendale in modo da evitare, per esempio, che chi svolge la propria attività in un impianto di macellazione diventi allo stesso tempo consulente e controllore della ditta stessa. L’attività in libera professione deve riguardare le attività definite dai LEA, nei casi in cui queste attività vengano richieste dai privati in via urgente e al di fuori della ordinaria programmazione delle attività: alcuni esempi di queste attività potrebbero essere le certificazione nelle stalle di sosta o nei punti di sosta, la macellazione richiesta dai privati al di fuori del normale orario di servizio, i prelievi di compravendita con richiesta urgente, le attività di disinfezione-disinfestazione richieste da privati. Per quanto riguarda l’attività zooiatrica crediamo debba essere consentita solamente in quelle aree territorialmente svantaggiate dove si registra una palese carenza di veterinari libero professionisti, definendone in maniera chiara e puntuale i limiti e le incompatibilità.