Stretta su attività privata che costa 1mld
Roma, 17 luglio (Il
Sole24Ore del Lunedì).
Dal 2009 potrà
essere svolta solo all’interno delle Asl (Paolo Del Bufalo)
Ancora tre anni.
Poi basta. Con la speranza che diminuisca no anche i costi a carico dei
cittadini: ben 1 miliardo solo un anno fa. Dal 2009 si cambia: la libera
professione dei medici pubblici negli studi privati e nelle strutture extra
aziendali del Ssn, sarà prorogata fino al 31 luglio 2009. Da quel momento la
famosa "intramoenia" potrà essere svolta solo all'interno delle aziende
sanitarie pubbliche. Con controlli e strumenti adeguati. Investendo,
finalmente e senza più trucchi, sulla realizzazione di spazi e con
strumentazioni adeguate.
È questa la direzione di marcia dell'emendamento alla manovra d'estate (Dl
223) che il ministro della Salute, Livia Turco, si prepara a presentare
questa settimana al Senato. Un cambio di rotta che potrebbe incidere,
oltreché sulla normalità della gestione, anche sui disagi e sui costi a
carico degli assistiti. Basta pensare che la spesa da 1 miliardo sopportata
nel 2005 dai cittadini, vale circa la metà di quanto spendono privatamente
per cure ospedaliere extra, rispetto a quelle erogate dal Ssn. E che quasi
il 90% delle somme spese va ai medici,mentre solo il 10 12%resta alle
aziende sanitarie.
Ora, dunque, si cerca di voltare pagina.
A sorvegliare la realizzazione delle nuove strutture secondo l'emendamento,
e soprattutto del corretto utilizzo della libera professione, ci penseranno
le Regioni. Contando su un Osservatorio ad hoc che sarà costituito entro
fine ottobre.
L'intramoenia presuppone la possibilità di scelta da parte dell'assistito
pagante del medico pubblico da cui vuole essere curato e fin dal 1999 era
prevista la realizzazione di spazi specifici e della giusta
organizzazione.Invece è stato un fiasco.
Secondo stime sindacali, in oltre il 70% dei casi (ma c'è chi dice anche il
90%) si svolge invece ancora negli studi privati dei medici o in strutture
non accreditate col Ssn e appositamente convenzionate con l'azienda
sanitaria.
L'"intramoenia allargata", cioè la libera professione fuori azienda, è nata
nel 2000. Doveva cessare nel 2003. Ma di anno in anno è stata prorogata.
L'ultima deroga è quella del 31 luglio 2006, ormai alle porte.
Una data (e un metodo) su cui ora il Governo è pronto a intervenire. Anche
perché in tempi di conti che non tornano, non c'è più spazio per gli
sprechi. Per realizzare le strutture nelle aziende, nel 2001 erano stati
infatti stanziati 826 milioni, utilizzati però dalle Regioni a fine 2005 per
poco più della metà. A fare la parte del leone sono state Emilia Romagna,
Toscana, Lazio e Veneto, che hanno assorbito il 65% degli interventi
autorizzati.
«Non si può proseguire di anno in anno con l'intramoenia allargata. Né si
può ignorare la necessità di un controllo rigoroso sull'organizzazione degli
spazi nelle strutture necessari a evitarla. Per questo è indispensabile
lasciare tempo alle aziende di riorganizzarsi, ma anche prevedere controlli
e interventi severi per chi non lo farà», afferma Serafino Zucchelli,
sottosegretario alla Salute. Oggi Zucchelli illustrerà il progetto ai
sindacati nella «Consulta delle professioni». In agenda, in tempi brevi,
anche un nuovo Ddl sul «governo clinico » per ridisegnare il rapporto tra
medici e direttori generali e per garantire trasparenza nella scelta dei
primari.
Ma al centro del confronto c'è un altro argomento scottante: l'esclusività
del rapporto di lavoro, al quale la stessa intramoenia è legata a doppio
filo, visto che solo chi ha giurato fedeltà al Ssn può svolgerla. L'idea è
quella già indicata nel programma dell'Ulivo: lasciare la possibilità del
cambio di scelta tra esclusività (e quindi libera professione intramoenia) e
non esclusivita, come indicato nella legge 138/2004,ma legando l'opzione al
contratto individuale e non più a una scelta annuale. E per i primari non ci
saranno via d'uscita: l'esclusiva per loro sarà un obbligo. Perché,è la
parola d'ordine, chi comanda deve essere assolutamente e sempre "fedele".
I
furbetti delle liste d'attesa (Roberto Turno)
Non è davvero un bello spendere dover sborsare un miliardo di euro all'anno
per ottenere visite e prestazioni private dal medico pubblico. E non è
davvero poca cosa. Soprattutto se, e quando, all'attività libero
professionale dei nostri dottori del Ssn si è costretti per ragioni poco
commendevoli: per aggirare lo strazio e la vergogna delle liste d'attesa,
magari quando quelle liste sono create alla bisogna.
Non è per criminalizzare una categoria, tantomeno per considerarla l'unica
responsabile di vizi e misfatti di un Servizio sanitario pubblico che tutti
vogliamo difendere con le unghie. Certo però è che i medici sono forse
l'unica specie di lavoratore dipendente che possa svolgere due lavori. E
decuplicare (e più) lo stipendio con l'attività privata. C'è l'esclusività
del rapporto col Ssn, si dirà, che poi non è esattamente mal retribuita. Ma
c'è anche una pessima organizzazione ancora diffusa e quell'orario 24ore su
24 che negli ospedali è ancora un tabù. Per non dire di tutti i soldi
buttati al vento per creare i famosi "spazi" per l'intramoenia nel Ssn.
Sprechi, certo. Ma anche furberie consumate per farci uscire dall'ospedale
pubblico e gettarci nell'arena del mercato. Pasto per i pesci voraci.
Ben venga dunque un cambio di passo. Anche se tra anni per cambiare sono
troppi. E ben vengano i controlli a tappeto (finora mai fatti) delle Regioni
e del nuovo Osservatorio. Ma a un patto: basta, davvero basta, con i
furbetti del quartierino. Chi sgarra, questa volta, paghi davvero. Il Ssn è
per i cittadini, non per i suoi dipendenti.
I sindacati divisi sui tempi del rinvio (Manuela Perrone)
Le Regioni sono d'accordo a voltare pagina sull'intramoenia negli studi,
rafforzando i controlli e lavorando per ampliare gli spazi nelle aziende
sanitarie. I sindacati dei medici ospedalieri anche, ma con importanti
distinguo: per tutti la proroga è una "necessità" (l'unica via per
esercitare il diritto alla libera professione quando mancano le strutture ad
hoc negli ospedali), ma le sigle maggiori si dividono sui tempi del rinvio.
L'Anaao ritiene accettabile l'ipotesi di tre anni, la Cimo no. "Ci sono
stati forti ritardi - ammette Enrico Rossi (Toscana), coordinatore degli
assessori alla sanità - e ben venga una decisione definitiva che prenda atto
delle difficoltà e impegni tutti a superarle con piani realistici". Per
Giovanni Bissoni (Emilia Romagna) "un provvedimento nazionale sarebbe
utile", anche se "con la riforma del Titolo V le Regioni possono
regolamentare la materia". Flavio Tosi (Veneto) ritiene troppi tre anni:
"Noi abbiamo già realizzato circa il 70% del programma per l'intramoenia.
Perché gli altri non si sono organizzati?". Risponde Doris Lo Moro
(Calabria, dove l'intramoenia allargata è la regola): "Qui per anni si è
disattesa gran parte degli impegni".
"Poche Regioni hanno dato seguito al Dlgs 229/99, il nostro punto di
riferimento - conferma Carlo Lusenti, segretario Anaao, il maggior sindacato
degli ospedalieri - Non si può più restare ostaggio delle proroghe: occorre
dare spazi puù ampi alle aziende sanitarie e richiamare chi non ha applicato
le regole".
"Riforme e contratti - osserva Stefano Biasioli presidente Cimo - non sono
mai riusciti a costringere gli ospedali a creare spazi idonei per i pazienti
paganti. In queste condizioni l'intramoenia allargata è una necessità: non
accettiamo proroghe con scadenze".
Vuole, invece, "tempi certi" Massimo Cozza (Fp Cgil medici): "L'intramoenia
negli studi deve finire, perchè è diventata uguale all'extramoenia: si
scavalcano le liste d'attesa con tariffe identiche al privato puro".
|