Turco: progetti dopo 2
mesi di governo
"Obbligo d'esclusiva per i primari"
"Se scelgono la libera
professione dovranno abbandonare l'incarico"
di MARIO REGGIO da LA REPUBBLICA del 6 agosto 2006
ROMA
- Reintrodurre l'obbligo del rapporto esclusivo per i primari ospedalieri.
Potenziare i consultori. Modificare radicalmente la legge Fini sulle droghe.
Lanciare la campagna contro l'obesità infantile. Raggiungere l'accordo con
le Regioni sul finanziamento del Fondo sanitario nazionale e i livelli
essenziali di assistenza. L'agenda di lavoro del ministro della Salute Livia
Turco è piena di scelte impegnative.
Una delle questioni sul tappeto è l'aborto.
"Le anticipo alcuni dati della relazione sulla legge 194 che presenterò in
Parlamento alla ripresa dei lavori. Le interruzioni volontarie della
gravidanza sono diminuite di oltre il 6% nel 2005 rispetto all'anno prima, e
quasi del 45 rispetto al picco del 1982. Ma c'è ancora molto da fare. Le
donne extracomunitarie ricorrono all'aborto tre volte di più delle italiane.
Voglio trasferire i modelli di eccellenza dei consultori piemontesi,
toscani, emiliani e umbri nelle Regioni dove l'informazione e l'assistenza
alle donne è ancora deficitaria".
Un'altra questione di rilievo riguarda la carriera medica, tra pubblico e
privato. Torna il rapporto esclusivo per i primari?
"Non voglio in alcun modo intaccare il diritto dei medici all'esercizio
della libera professione. Ma nel disegno di legge sul governo clinico, che
presenterò in autunno, ci sarà una norma che prevede per i primari e i capi
dipartimento il rapporto esclusivo con il Servizio sanitario nazionale. Nel
caso scegliessero il lavoro privato esterno, dovranno lasciare l'incarico.
Oggi la scelta, senza perdere alcuna prerogativa, si può fare ogni anno. Con
le nuove norme verrà mantenuta la reversibilità, ma con i tempi legati al
contratto".
E per la libera professione intramoenia?
"Le Aziende sanitarie locali hanno un anno di tempo per adeguare le
strutture. La storia si trascina da troppi anni, ben 412 milioni di euro
previsti in bilancio non sono mai stati richiesti dalle Regioni per adeguare
gli spazi sanitari. Segno che qualcosa non ha funzionato. Un altro punto
basilare è che l'attività intramoenia non può mai superare quella ordinaria
svolta nei reparti ospedalieri".
Droga e legge Fini. Qual è la sua linea?
"Scorrendo la relazione sugli effetti della legge Fini sulle droghe ho
scoperto che gli arrestati per i provvedimenti delle forze di Polizia sono
5.515. Oltre la metà di queste persone sono restate in carcere in media 11
giorni. Che senso ha? È la conferma che la sola repressione non ha alcuna
efficacia. Molti giovani sono finiti in carcere per la prima volta, un duro
scotto e senza nessun percorso di recupero. Questo mi convince ancor di più
che dobbiamo fare presto a modificare la legge".
Altra emergenza: l'obesità sempre più diffusa. Una malattia sociale anche in
Italia.
"I dati più recenti che mi sono stati forniti sono agghiaccianti. Le stime
parlano di 23 miliardi di euro spesi ogni anno e tra questi 14 miliardi
legati ai ricoveri ospedalieri. In gran parte sono risorse impegnate per
curare le patologie legate all'obesità: cardiovascolari, diabete, fegato,
cancro, ipertensione e sindromi depresssive. Inquietanti anche i dati
relativi al fenomeno tra bambini e adolescenti: tra i 7 ed i 9 anni il 36
per cento è in sovrappeso. Assieme al ministro della Pubblica Istruzione
Giuseppe Fioroni lanceremo una campagna d'informazione nelle scuole
indirizzata a studenti e famiglie per una corretta alimentazione".
Con i farmacisti è finita la guerra?
"L'accordo è stato raggiunto. E le farmacie dovranno garantire il presidio
della comunità assistenziale. Ripenso alle piccole farmacie dei paesi del
Cuneese dove sono nata, bisognerà rivedere la dislocazione territoriale
assieme a Regioni e Comuni per assicurare la loro valenza sociale".
Resta ancora da definire l'accordo con le Regioni sui finanziamenti del
Servizio sanitario nazionale e i Livelli essenziali di assistenza.
"Stiamo lavorando al patto per la salute. Da un lato combattere gli sprechi
rivedendo e uniformando i criteri di accreditamento delle strutture private,
dall'altro far uscire il Sistema sanitario nazionale dal clima di continua
emergenza".
Non sarà semplice.
"Il meccanismo di finanziamento è già stato delineato nel Dpef. Si parte
dalla valutazione condivisa con le Regioni del fabbisogno finanziario, nel
gruppo di lavoro che comprende anche il ministero dell'Economia. Le
previsioni tendenziali del Fondo sanitario per il 2007 parlano di 103
miliardi di euro. Si dovranno valutare i meccanismi di razionalizzazione per
ridurre la spesa globale, permettendo così di finanziare i Livelli
essenziali di assistenza".
Ma sei Regioni sono in grave crisi da anni e accumulano debiti.
"Abbiamo concordato un piano triennale di rientro del deficit. Ma non basta.
Le Regioni non avranno più vincoli per raccogliere risorse. Ma lo strumento
su cui contiamo è l'équipe di esperti di Sanità, Regioni, ministeri
economici che dovrà studiare i modelli sanitari delle Regioni in crisi".
Può spiegare meglio?
"Se il deficit è cronico vuol dire che la politica sanitaria deve cambiare.
Quindi le regioni virtuose possono e devono trasferire il loro know-how
organizzativo a quelle che non ce la fanno. È l'accompagnamento fuori dalla
crisi di cui si è più volte parlato. Gli standard sui posti letto,
l'assistenza ospedaliera, la medicina sul territorio, le nuove tecnologie,
come funzionano in molte regioni del centro-nord possono essere assunte
anche da quelle in difficoltà. Altrimenti scatterà il commissariamento".
Un giudizio sui primi due mesi di lavoro.
"C'è ancora molto da fare, ma non siamo stati a guardare. A partire dal
parto indolore introdotto nei livelli essenziali di assistenza, alla
revisione dei finanziamenti sulla ricerca oncologica, dalle nomine dei
direttori degli Istituti di ricerca, ricovero e cura, all'abolizione di 28
commissioni ministeriali inutili. Fino alla creazione della Commissione
d'integrazione socio-sanitaria. In due mesi non è poco".
(6 agosto 2006)
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