Per
Norberto Bobbio il criterio di
differenziazione esistente tra sinistra e destra è il diverso atteggiamento
espresso nei confronti dell’ideale dell’eguaglianza tra gli uomini. La
sinistra è egualitaria e la destra è inegualitaria perché la prima “pur non
ignorando che gli uomini
sono tanto eguali che diseguali, dà maggiore importanza per
giudicarli e per attribuire loro diritti e doveri a ciò che li rende
uguali piuttosto che a ciò che li rende diseguali” la destra è inegualitaria
perché “partendo dalla stessa constatazione dà maggiore importanza per lo
stesso scopo, a ciò che li rende diseguali piuttosto che a ciò che li rende
eguali” (Destra e Sinistra, Donzelli 1995)
Il
servizio sanitario del nostro paese, nato nel 1978 con la legge 833 sul modello
del NHS inglese ha posto il principio dell’uguaglianza del cittadino nei
confronti del diritto alla salute, da cui discende
il diritto all’universalità delle
cure, come fondamento su cui costruire l’intero edificio della tutela
sanitaria; l’intervento
pubblico è stato quindi articolato nei tre
momenti della prevenzione della cura e della riabilitazione prevedendo una loro
integrazione con gli interventi di tipo sociale al fine di superare la
precedente separatezza dei livelli di assistenza.
In
opposizione a tale modello cosiddetto beveridgiano, la destra, sotto la spinta
delle politiche degli anni ’80 avviate dalla signora Tatcher e da Ronald
Reagan, ha costruito il proprio
programma politico/culturale su una concezione residuale dell’intervento
statale sui sistemi di Welfare state sintetizzabile
nella formula dello “stato minimo”. Da tale ultimo assunto si è così
andato a costituire quel movimento di pensiero che prende il nome di
neoliberismo e che ha avuto la propria formalizzazione ideologica nel cosiddetto
“Washington consensus”. I danni prodotti da tali politiche neoliberiste
fatte proprie dal Fondo monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale ed
imposte ai paesi in via di sviluppo sono ormai evidenti; queste politiche, ha
recentemente ricordato Stiglitz, sono in realtà ispirate dal dipartimento del
Tesoro statunitense a cui solo spetta diritto di veto sulle scelte del FMI,
superando quindi la stessa potestà del governo americano. Le ultime drammatiche
vicende del Messico, dell’Argentina del Brasile e della Russia dimostrano
sempre per Stiglitz i fallimenti di una politica che pone al centro di tutto la
liberalizzazione del mercato, sollevando perplessità ancora più profonde se si
considera la stessa storia recente degli USA. Sembra infatti incomprensibile che “un paese come gli USA
che hanno sofferto le conseguenze della liberalizzazione e che è una delle
istituzioni più avanzate del mondo, abbia detto agli altri paesi di
liberalizzare i loro mercati perché andassero incontro al medesimo disastro”
( Internazionale N° 444 del 5/11 luglio 2002)
Anthony
Giddens ( La terza via, Il Saggiatore1998)
così sintetizza le caratteristiche di questi due modelli di welfare
state ( il modello della socialdemocrazia classica ed il modello neoliberista)
che rimandano a due differenti filosofie politiche tra loro antagoniste e che
integrano i criteri
differenziativi attualmente esistenti tra destra e sinistra discussi
ampiamente da Bobbio:
Tabella
1
Socialdemocrazia
classica
|
Thatcherismo o
neoliberismo
|
Intervento
pervasivo dello stato nella vita sociale ed economica |
Stato
minimo |
Lo
stato prevale sulla società civile |
Società
civile autonoma |
Primato
dei beni collettivi |
Fondamentalismo
di mercato |
Gestione
Keynesiana della domande e neocorporativismo |
Autoritarismo
sociale associato a forte individualismo economico |
Ruolo
delimitato dei mercati: economia mista e sociale |
Il
mercato del lavoro funziona come gli altri mercati |
Piena
occupazione |
Accettazione
della diseguaglianza |
Forte
egualitarismo |
Nazionalismo
tradizionale |
Welfare
state generalista che protegge i cittadini dalla culla alla tomba |
Welfare
state minimo come rete di sicurezza |
Modernizzazione
lineare |
Modernizzazione
lineare |
Bassa
consapevolezza ecologica |
Bassa
consapevolezza ecologica |
Internazionalismo |
Teoria
realista dell’ordine internazionale |
Appartiene
al mondo bipolare |
Appartiene
al mondo bipolare |
A.Giddens:
La terza Via.
Al
tema della eguaglianza ( e quindi delle disuguaglianze concretamente
esistenti, nella società), diventato
centrale in ogni dibattito di etica e politica, il premio Nobel per l’economia
Amarthia Sen ha dedicato gran parte delle sue ricerche apportando un contributo
estremamente significativo.
Sen
inquadra il problema delle disuguaglianze e della sua definizione, andando oltre
il mero dato economico, sebbene importante, della differenza del reddito
posseduto ( La Disuguaglianza, Il Mulino 1994 ); al centro della
discussione viene posta la condizione ontologica ed esperenziale
dell’individuo e quindi il suo essere nel mondo. Per Sen la vita può
essere considerata una serie di “Funzionamenti”composti da una serie
di stati di essere e fare. Le acquisizioni di un individuo, ai fini della
propria autorealizzazione, possono essere considerate come il vettore dei
funzionamenti raggiunti. I funzionamenti rilevanti possono a loro volta
variare da cose elementari come “ essere adeguatamente nutriti, essere in
buona salute, sfuggire alla morbilità prevedibile e alla morte prematura, ad
acquisizioni più complesse come essere felici, avere rispetto di sé, prendere
parte alla vita della comunità e così via. Questi funzionamenti sono
costitutivi dell’essere di
una persona e sono riconducibili
alla nozione di capacità di funzionare. Tale capacità, rappresentando
le varie combinazioni di funzionamenti
che la persona può acquisire, va così a costituire la libertà
dell’individuo di condurre un certo
tipo di vita che meriti di essere vissuto.
La
capacità, rappresentando dunque la libertà sostanziale dell’individuo, ci
consente di formulare giudizi di valore sugli stati di effettivo benessere a
differenza di quanto è ottenibile utilizzando altri parametri come quello dei beni
principali proposti da
Rawls. Inadeguata appare la teoria della Giustizia di Rawls che, nata in
opposizione al conseguenzialismo utilitarista ( Il valore di una azione
va giudicata dalle sue conseguenze) pone al centro del dibattito un etica
fondata su diritti intangibili, trascurando tuttavia la loro reale
esigibilità da parte del cittadino
chiunque ( Veca);
La
uguaglianza e la disuguaglianza deve essere invece valutata in termini di
effettiva capacità di raggiungere un livello adeguato di funzionamenti; sono
questi i motivi che non consentono nemmeno ai fini dello stesso giudizio di
valore l’ impiego come parametro delle utilità o delle preferenze,complessivamente
raggiunte della teoria utilitarista; in essa infatti
quello che conta è l’utilità globalmente raggiunta in un effetto somma tra tutti i cittadini che è indifferente al
destino toccato in sorte al singolo individuo.
Porre
invece al centro l’individuo reale significa
considerare la persona singola “problematizzata” a partire
dalla sua specifica condizione originaria; tale condizione infatti può essere
estremamente diversificata, dipendendo dalla casuale dotazione iniziale di
capitale complessivamente a disposizione ( umano ,culturale ,sociale ed
economico); nell’attuale processo di modernizzazione della società
si assiste inoltre all’emergere accanto al processo di globalizzazione
di una altrettanto significativa e progressiva individualizzazione ivi
compresa quella dell’ineguaglianza
sociale; per il sociologo U. Beck ( U. Beck,A. Giddens, S. Lash:
Modernizzazione riflessiva, Asterios editore, 1999) al
confondersi delle tradizionali classi sociali percepibili si accompagna un
acuirsi dell’ineguaglianza sociale che non “si attua più nelle
megaposizioni , identificabili nella loro eternità ed universalità, ma è di
durata temporanea( una vita ) e si frammenta nello spazio e nella società”;
poiché dunque nel processo in atto di modernizzazione si assiste alla “covariazione
decrescente delle differenziazioni del milieu determinati
economicamente e degli interessi soggettivi e delle definizioni delle
situazioni” non sembra sufficiente ai fini dell’equità
un modello di agire sociale basato sulla semplice offerta di uguaglianza
delle possibilità e quindi di una meritocrazia
spinta come vogliono i neoliberisti ( A. Giddens); il giudizio di valore
sull’equità effettivamente presente nella società deve restare
per Sen esclusivamente legato a dati di fatto; e quindi a quello che la
persona riesce a realizzare concretamente nel suo arco di vita, al di là della
propria condizione di nascita in cui, per usare una espressione di Bourdieu,
risulti casualmente imbarcato e che può rappresentare un ostacolo
insormontabile a tale scopo.
Il
modello di welfare state presente nel nostro paese ed in particolare l’attuale
servizio sanitario nazionale, ha
cercato di farsi carico di tali problematiche e degli aspetti di criticità
presenti nella società in corso di modernizzazione a partire proprio dalle
disuguaglianze crescenti; il D. Lgs.
229/1999 emanato in tal senso a correzione delle distorsioni
aziendaliste presenti nei D.Lgs. 502 e 517 ed il Piano Sanitario
1998/2000 hanno iniziato a spostare il baricentro
dell’intervento dalla
sanità ( il momento della cura) a
quello complessivo della tutela della salute, avendo come fine lo sviluppo della
persona e dunque della capacitazione di cui parla Sen .
Il
sistema adottato ha consentito così di raggiungere in termini di salute
effettivamente guadagnata risultati universalmente riconosciuti; questi outcomes
e non altro sono alla origine della forte opposizione suscitata nel nostro paese
dall’ ipotesi del governo
Berlusconi di modificare in modo sostanziale il modello esistente; nel DPEF
2003/2006 si è infatti
avanzata l’idea di “ qualificare il sistema
delle prestazioni sanitarie socio
assistenziali anche attraverso l’introduzione , in via sperimentale di
mutue integrative e/o sostitutive (Intervento ritenuto necessario dal governo dalla grande sfida posta al sistema
sanitario dall’incremento della popolazione anziana e dalla maggiore incidenza
di patologie croniche e degenerative).
Questo
tentativo di introdurre
nel nostro paese un sistema
mutualistico sul modello tedesco od assicurativo su quello di oltreoceano ci
porterebbe indietro nel tempo e va dunque fermamente contrastato per una serie
di considerazioni che è giusto ancora una volta richiamare.
Tali
argomentazioni, che vanno ben oltre l’aspetto della contrapposizione
ideologica, prendono origine invece da una approfondita analisi comparativa dei
contesti esistenti; questa analisi a sua volta si fa carico tanto degli aspetti
di tipo finanziario relativi ai costi dell’assistenza e alla sua sostenibilità
e tanto degli outcomes già realizzati dal nostro SSN
a paragone con quanto ottenuto con altri modelli
esistenti.
Per
quanto attiene il 1° aspetto dei costi complessivi e del loro trend nel corso
del tempo, l’OCSE ha recentemente resi pubblici i dati, aggiornati al 2000,
sulla spesa sanitaria rilevata negli stati membri e sugli Usa, una cui sintesi
viene riportata nella tabella seguente.
Tabella
2: Andamento Spesa sanitaria totale
( pubblico e privato ) periodo 1990-2000
|
Crescita
reale pro capite 1990-2000 (
in %) |
Spesa sanitaria
in % del PIL
1990
1998
2000 |
|||
Spesa
sanitaria
PIL |
|||||
Germania |
2,2 |
0,2 |
8,7 |
10,6 |
10,6 |
Francia
|
2,3 |
1,4 |
8,6 |
9,3 |
9,5 |
Italia
|
1,4 |
1,4 |
8,0 |
7,7 |
8,1 |
Spagna
|
3,9 |
2,4 |
6,6 |
7,6 |
7,7 |
Regno
Unito |
3,8 |
1,9 |
6,0 |
6,8 |
7,3 |
Usa
|
3,2 |
2,3 |
11,9 |
12,9 |
13,0 |
Media
Ocse |
3,3 |
2,2 |
7,2 |
8,0 |
8,0 |
Media
EU |
3,1 |
2,3 |
7,4 |
8,0 |
8,0 |
|
|
|
|
|
|
Fonte
: OCSE Health data 2002 ( riproduzione parziale)
Il
nostro paese presenta un livello di
spesa sanitaria totale ( pubblico e privato insieme) pari al 8,1%,
esattamente sovrapponibile a quello della media europea e dei paesi OCSE; questo
dato tuttavia è decisamente
inferiore a quello della Francia ( 9,5%) e della Germania (10,6%)
che vengono assunti in genere come termini di raffronto.
Se
però si procede ad una scomposizione dei dati e si analizza la spesa sanitaria
esclusivamente sostenuta dal pubblico, il quadro subisce una profonda e
significativa modificazione Tabella 3 e 4)
Tabella
3: Spesa sanitaria pubblica in % su spesa totale sanitaria
|
1995 |
1996 |
1997 |
1998 |
1999 |
2000 |
Germania |
78,1 |
78,3 |
76,6 |
75,8 |
N.
D. |
N.
D. |
Francia |
76,1 |
76,1 |
76,2 |
76,0 |
76,1 |
76,0 |
Italia |
72,2 |
71,8 |
72,2 |
72,0 |
72,3 |
73,7 |
Spagna |
70,9 |
71,1 |
71,1 |
70,5 |
70,2 |
69,9 |
Regno
Unito |
83,9 |
82,9 |
79,9 |
79,9 |
80,1 |
81,0 |
Usa |
45,3 |
45,5 |
45,2 |
44,5 |
44,3 |
44,3 |
Paesi Bassi
|
71,0 |
66,6 |
67,8 |
67,8 |
66,5 |
67,5 |
Fonte
: OCSE Health data 2002 ( riproduzione parziale)
Tabella
4: Spesa sanitaria pubblica in % sul PIL
|
1995 |
1996 |
1997 |
1998 |
1999 |
2000 |
Germania |
7,9 |
8,2 |
8,0 |
7,8 |
|
|
Francia |
7,0 |
7,3 |
7,1 |
7,0 |
7,1 |
7,2 |
Italia |
5,3 |
5,3 |
5,5 |
5,5 |
5,6 |
5,9 |
Spagna |
5,4 |
5,4 |
5,3 |
5,3 |
5,4 |
5,3 |
Regno
Unito |
5,8 |
5,8 |
5,4 |
5,4 |
5,6 |
5,9 |
Usa |
6,0 |
6,0 |
5,8 |
5,7 |
5,7 |
5,7 |
Paesi
Bassi |
5,9 |
5,5 |
5,5 |
5,4 |
5,4 |
5,4 |
Fonte
: OCSE Health data 2002 ( riproduzione parziale)
Risulta
infatti evidente che la spesa sostenuta dallo nostro Stato e pari al 5,9% è
decisamente inferiore rispetto a quella registrata in Francia ed in Germania
( quasi 2 punti di PIL); essa è invece assai simile a quella sostenuta dal
Regno Unito di cui però sono note
le disastrose condizioni in cui versa il NHS e lasciate in eredità dai governi
Tory.
Il
Servizio sanitario nazionale del nostro paese, a fronte di tale finanziamento
pubblico storicamente insufficiente alle
sue reali esigenze, ( fatto questo più volte richiamato dalla stessa Corte dei
Conti nelle sue relazioni annuali sulla gestione finanziaria delle regioni), ha
raggiunto invece risultati assai significativi in termini di outcomes . Tali
risultati, possibili proprio in virtù della sua natura universalistica, sono
stati evidenziati dalla stessa Organizzazione Mondiale della sanità nella
indagine “The world health report 2000. Health systems: improving
performance” svolta dalla stessa OMS sulla performance dei servizi sanitari di
tutti i 191 paesi membri.
In
tale indagine, finalizzata ad una valutazione quanto più possibile neutra ed
obiettiva della performance dei sistemi
sanitari dei paesi aderenti, la Organizzazione Mondiale della Sanità,
ha identificato due
criteri guida di analisi e su questi ha impostato il suo lavoro di
ricerca:
1.
Risultato: inteso come la misura di quanto è stato ottenuto in relazione
ai 5 obiettivi che la OMS ritiene debbano essere perseguiti dai servizi sanitari
( tabella 5 ) . Per l’analisi di ciascuno degli obiettivi sono stati
identificati gli indicatori specifici che hanno fornito un risultato numerico
sulla cui base i singoli paesi sono stati ordinati in una graduatoria di merito.
2.
Performance : inteso come il confronto tra il risultato ottenuto e quanto
si dovrebbe essere in grado conseguire ovvero il risultato migliore a parità di
risorse ( Tabella 5). Per il raggiungimento di una buona performance l’OMS
ritiene indispensabile una corretta gestione delle 4 funzioni ritenute
assolutamente fondamentali per ogni servizio sanitario; tra queste la Stewardship
riveste un ruolo di prevalenza
rispetto alle altre. L’indicatore globale della performance del sistema è stato a sua volta realizzato collegando i risultati agli
obiettivi minimi e massimi con
l’impiego delle risorse. Raggiungere una buona performance significa per l’OMS
“allontanarsi della risultato minimo per avvicinarsi a quello massimo”. Lo
studio della performance consente dunque di effettuare comparazioni
tra gli stati e ci può permettere di
“comprendere per quale motivo il Pakistan che spende quasi esattamente
la stessa cifra pro capite dell’Uganda con un reddito individuale simile
presenta tuttavia una speranza di vita più lunga di 25 anni”.
Lo
studio ha considerato separatamente il raggiungimento del Risultato globale e
della Performance, ordinando i paesi membri in due distinte graduatorie di
merito basate sul punteggio complessivamente acquisito a partire da una serie di
subfattori.
L’Italia
ha raggiunto un buon risultato per quanto riguarda il primo fattore di
valutazione ( Risultato), collocandosi all’11° posto della graduatoria (
punti 91,4) dopo Giappone ( 93,4), Svizzera ( 92,2), Norvegia (92,2 ), Svezia (
92), Lussemburgo (92), Francia ( 91,9), Canada ( )1,7) , Paesi Bassi ( 91,6),
Regno Unito ( 91,6), Austria ( 91,5); eccellente è stato invece quanto ottenuto
nella valutazione della Performance globale ; l’Italia si è infatti
collocato al 1° posto per i Livelli di salute raggiunti ( DALE) seguita
da Francia, Spagna Giappone, Grecia, Portogallo, Austria etc., ed al 2° posto
per Performance complessiva ( indice 0.991) dopo la Francia ( 0,994) e seguita
da Spagna, Austria, Giappone, Norvegia, Portogallo, Grecia etc.
Le
metodologie utilizzate dalla OMS, gli obiettivi prescelti, gli indicatori
utilizzati e il punteggio realizzato dal nostro paese in ogni singolo parametro,
sono sinteticamente riportati nelle già citate tabelle 5 e 6 accompagnate da un
breve commento esplicativo.
I
cinque Obiettivi che il servizio sanitario deve perseguire |
Gli
Indicatori utilizzati per la
valutazione del raggiungimento degli obiettivi |
Commento
|
Posto
in graduatoria dell’Italia |
|
Buono
stato di salute della popolazione: (
Punti in % 50) 1.
Livello globale di salute
Validità
( migliore livello medio possibile)
(Punti
25) 2.
Distribuzione della salute tra la popolazione Equità
(Minori differenze tra singoli e gruppi di individui) (Punti
25) |
1.Dale:
“Speranza di vita pesata a livello di inabilità” |
Il
parametro può essere paragonato alla speranza di vita basato sulla
mortalità ma consente rispetto a questo raffronti immediati tra i paesi. |
L’Italia
è risultata al 6° posto della classifica |
|
2.Mortalità
infantile |
La
misura varia da 1 nel caso di assoluta equità a 0 in caso di disparità
estrema |
L’Italia
è risultata al 10° posto della classifica |
||
Risposta
ai bisogni non sanitari della persona: (Punti
in % 50) 3.
Livello globale di risposta
Validità(migliore
livello medio possibile)
(Punti
12,5) 4. Distribuzione della risposta Equità
(Minori differenze tra singoli e gruppi di individui) (
Punti 12,5) |
Rispetto della
persona
|
Peso
Tot.50 |
A
ciascuno degli indicatori è stato attribuito un peso basato sulla
importanza attribuita da circa 1000 intervistati.
Al
rispetto delle persone e all’orientamento al cliente è stata attribuita
la stessa importanza globale. Il
valore segnato a fianco di ciascun parametro indica il peso finale ( in %)
attribuito. Il punteggio globale attribuito a ciascuno dei
paesi esaminati è la somma punteggi
attribuiti ai singoli indicatori . I
sistemi sanitari esaminati si sono dimostrati |
L’Italia
si è classificata al 17°
posto tanto per il livello globale che per la distribuzione |
3. Rispetto per la
dignità della persona
|
16,7
|
|||
4. Riservatezza |
16,7
|
|||
5. Autonomia nella partecipazione alle scelte
|
16,7
|
|||
Orientamento al
cliente
|
Peso
Tot.50 |
|||
6.
Attenzione ricevuta e tempestività
|
20
|
|||
7.
qualità del servizio di conforto
|
15
|
|||
8.Contatto
con reti di supporto sociale
|
10
|
sempre
relativamente validi per quanto riguarda l’accesso alle reti di supporto
sociale e della riservatezza, ma insufficienti per quanto concerne invece
la scelta del medico e la
tempestività nell’intervento. |
||
9.
Scelta del medico
|
5
|
|
Tabella
6 :Performance Del SSN Italiano ( Risultato ottenuto rispetto alle risorse
impiegate)
Funzioni del
sistema
|
Sono
quelle ritenute indispensabili ed essenziali per definire le attività dei
servizi sanitari |
Elementi
di valutazione della Performance |
Posto
in graduatoria dell’Italia |
1.
Stewardship |
Rappresenta
la gestione attenta e responsabile delle attività da parte del personale
sanitario come definita
da norme e regolamenti ; esplica una funzione di supervisione su tutte le
altre |
1.
Livello di salute raggiunto; viene calcolato in case al
DALE tenendo conto della spesa sanitaria ed altri fattori come
l’educazione scolastica ( indice del capitale umano) |
L’Italia
occupa il 1° posto della graduatoria |
2.
Erogazione di servizi |
Rappresenta
una attività fondamentale del sistema ma non deve essere considerata come
la sua essenza |
2.
Performance globale ; rappresenta la relazione tra il
Risultato Complessivo rispetto al raggiungimento dei 5 obiettivi , la
spesa sanitaria ed il risultato scolastico |
L’Italia
occupa il 2° posto della graduatoria |
3.
Finanziamento (esazione,redistribuzione ed acquisto) |
Rappresenta
una attività complessiva che non può essere circoscritta alla semplice
reperimento delle risorse |
|
|
4.
Creazione
di risorse (Investimento e formazione) |
Rappresenta
una attività di programmazione nel medio e lungo periodo |
“However,
a part of the reduction in public health care expenditure achieved in the first
half of the 1990s may not have been sustainable. The share of public health
expenditure in GDP started to increase after 1995, offsetting one-fourth of the
reduction achieved earlier. This increase was partly related to weak growth and
the continued increase in the share of elderly population, but also to the way
the reduction in health care expenditure was achieved and … the way health
care costs were budgeted and financed. In 1996 and 1997, the overruns in public
health care expenditure were sizable, mostly financed by unpaid obligations to
private suppliers” (FMI, 2000, p.90).
L’andamento
del fenomeno può essere meglio evidenziato osservando il grafico seguente che
illustra il trend decrescente della spesa sanitaria pubblica registrato dal 1992
al 1997, e la sua inversione di tendenza a partire solo dal 1998 .
E’
Dunque evidente che le motivazioni alla base del progetto di Confindustria e
tendenti ad una privatizzazione del SSN ed ad una progressiva mercatizzazione
della sanità, sul modello attualmente seguito dalla Lombardia, non possono
essere rinvenute nei costi
eccessivi del sistema; a prevalere
è stata invece la necessità di dare ossigeno al settore asfittico della sanità
privata ed ad il suo indotto, caduto in recessione a seguito della
contrazione dei finanziamenti pubblici.
Quelle
motivazioni permangono tuttavia e sono alla base della volontà espressa dal
governo Berlusconi di procedere verso una ulteriore
privatizzazione della sanità.
Il
DDL di riordino del rapporto di lavoro della dirigenza medico sanitaria,
predisposto recentemente con scarso
successo dal ministro Sirchia marcia in questa stessa direzione; esso
rappresenta, dal lato della gestione delle risorse umane, un ulteriore ed
importante tassello del progetto
di smantellamento del SSN.
Il
DDL tuttavia, nonostante i vari e numerosi tentativi del ministro Sirchia di
difenderlo, si è arenato, forse in maniera definitiva, in sede di conferenza
Stato regioni, per il convergere della netta opposizione della nostra
organizzazione ( lasciata fondamentalmente sola dalle altre OOSS) con quella
delle regioni in primis quelle di centro sinistra. A pesare in tal senso hanno
concorso sia valutazioni di merito sul ruolo dei professionisti e sulla natura
del loro rapporto di lavoro, sia preoccupazioni
di tenuta economica relativamente ai costi derivanti da
tale modifica legislativa.
Nel
DDL di riordino c’e infatti l’espressa volontà di abolire il regime di
irreversibilità della opzione di esclusività del rapporto di lavoro
attualmente vigente; si vuole così consentire ai dirigenti di modificare a
proprio piacere il rapporto di lavoro, indipendentemente dalle necessità di
programmazione della azienda ed ignorando gli obblighi di fedeltà che
rappresentano invece l’aspetto imprescindibile della dirigenza.
Nell’attuale
regime di competizione tra soggetti erogatori,
in cui le aziende ospedaliere pubbliche e le
private accreditate vengono remunerate sulla base delle prestazioni rese, non può essere concepibile che il dirigente preposto alla
direzione di una struttura pubblica possa a sua volta operare a vantaggio della
concorrenza. La prestazione resa in regime privato o presso altre strutture
infatti va a determinare una riduzione del finanziamento di quella pubblica,
creando una sorta di effetto di
fidelizzazioni proprio verso il privato. Ma l’aspetto del finanziamento deve
essere correlato non solo alle necessità di equilibrio economico; bisogna
invece considerare che l’implementazione della qualità dipende fortemente da
questo in quanto essa richiede crescenti investimenti sia per l’adeguamento
delle apparecchiature e sia per la sostituzione di quelle tecnicamente obsolete.
Tutto questo è realizzabile dunque solo con disponibilità economiche adeguate
e quindi una riduzione dell’uso delle strutture pubbliche a vantaggio di
quelle private si traduce con un meccanismo a feed back
nello scadimento progressivo della qualità dei servizi.
Questa
incompatibilità nei ruoli dirigenziali tra servizio pubblico e privato è
talmente evidente da rendere assolutamente non credibile il ministro Sirchia,
quando si definisce seguace del
pensiero liberale di Mises o Von Hayek, in cui netta è invece la separazione
tra poteri e funzioni .
Il
DDL in realtà, qualora approvato, darebbe un colpo durissimo al faticoso ed
appena avviato processo di aziendalizzazione delle strutture sanitarie, con
l’effetto di far piombare le stesse in una profonda confusione gestionale.
Nel
contempo la possibilità offerta a tutti i dirigenti di svolgere una libera
professione priva di ogni regolamentazione apporterebbe
ulteriori distorsioni in un istituto
contrattuale
già attraversato da forti contraddizioni; tale istituto non ha ricevuto le
adeguate regolamentazioni regionali e aziendali che la legge e le Linee guida
ministeriali prevedevano e deve essere opportunamente
rivisto nel senso opposto a quello indicato dal ministro. L’effetto derivante dal DDL
invece , al di là delle declamazione propagandistiche sul diritto di libera
scelta del cittadino e sulla riduzione dei tempi di attesa, si tradurrebbe nella
istituzione di un doppio canale di accesso alle prestazioni peggiorando
sensibilmente la situazione attualmente esistente . In tale proposta risulta
infatti a tutti evidente come il cittadino pagante avrebbe una corsia
preferenziale rispetto al cittadino con il foglietto rosa del proprio medico di
base, venendo così calpestati proprio quei principi di eguaglianza che sono
invece fondamentali per l’equità.
Tutto
questo aggiungerebbe ulteriori elementi di criticità contribuendo ad una
progressivo disincanto dell’utenza strumentalmente rivolta a squalificare il
servizio pubblico.
Nelle
intenzioni del governo dunque l’idea di “stato minimo” non nasce dalla
convinzione che un ridimensionamento dell’intervento pubblico, introducendo
elementi di competitività, possa contribuire ad implementare la qualità; esso
origina invece dalla particolare connotazione del nostro molle sistema
imprenditoriale disattento alla qualità e all’innovazione ed avvezzo ad
essere sostenuto e sovvenzionato dallo stato.
L’impegno
delle forze progressiste deve dunque essere quello di sostenere il modello
esistente di stato sociale che ha consentito il raggiungimento di risultati di
eccellenza, facendo però attenzione alle nuove necessità imposte dalla
modernizzazione.
E’
innegabile infatti che nel passaggio dalla prima alla seconda modernità insieme
alla globalizzazione dell’economia ed alla glocalizzazione
culturale abbiano trovato cittadinanza altre esigenze . Tali esigenze
sono determinate dal processo di individualizzazione
che si traduce in un io-centrismo che non necessariamente significa
egocentrismo od indifferenza per l’altro; in altre parole questo significa che
anche il modello di stato sociale esistente deve farsi carico delle nuove
esigenze di personalizzazione
che permeano la società contemporanea ; la libertà di scelta del cittadino nei
confronti del medico a cui si affida e della struttura a cui si rivolge è un
problema che deve spingerci ad un ulteriore sforzo di elaborazione e di
condivisione di strategie tra i vari attori sociali.
Questi
temi hanno progressivamente visto accrescere la propria importanza e quindi non
possono e non devono essere lasciati appannaggio dei neoliberisti nelle loro
diverse sfumature ma devono impegnare quelle stesse forze che hanno ideato e
realizzato nel nostro paese il sistema delle tutele universali dei cittadini.