Memoria scritta
per l’audizione del 31 gennaio 2007 presso la Commissione Igiene e Sanità del Senato della Repubblica nell’ambito dell’indagine conoscitiva sull’esercizio della libera professione medica intramuraria, con particolare riferimento alle implicazioni sulle liste di attesa e alle disparità nell’accesso ai servizi sanitari pubblici.
Libera professione intramoenia, liste di attesa ed equità nell’accesso, sono tre aspetti rilevanti per la sanità pubblica e tra loro connessi, sui quali è necessario intervenire con chiarezza, onde evitare equivoci e strumentalizzazione a danno dei cittadini e degli stessi medici. La ratio della libera professione intramoenia si deve tradurre nella possibilità del cittadino di poter scegliere quando e da chi farsi visitare od operare; fermo restando per tutti i cittadini, anche non paganti, il diritto ad essere visitati ed operati nei tempi giusti ed in strutture adeguate. Partendo da questo assunto siamo d’accordo con la possibilità per i medici e i dirigenti sanitari pubblici di poter esercitare la libera professione intramoenia. Il diritto alla cura non può e non deve essere però garantito dall’intramoenia, perché in un sistema sanitario che si rivolge a tutti, e che tutti pagano attraverso la fiscalità generale secondo le proprie capacità contributive, non è ammissibile una differenziazione dei cittadini nell’accesso alle prestazioni sanitarie dovute, tra chi può pagare e chi no. Il problema è che la scelta dei cittadini verso la libera professione intramoenia deve essere veramente libera e non essere condizionata dalla necessità di superare le liste di attesa, per le quali le responsabilità sono diffuse, ma dalle quali non possiamo escludere anche il ruolo del medico. Riteniamo comunque ingiusta una accusa generalizzata ai medici di non impegnarsi per la riduzione delle liste di attesa al fine di incrementare la loro attività privata. Per questa ragione è interesse comune dei cittadini, e degli stessi medici che operano con impegno ed onestà nel servizio pubblico, una libera professione intramuraria svolta in una casa di vetro gestita dall’azienda pubblica. Il medico, dopo aver svolto il suo impegno pubblico, ha certamente dei vantaggi a poter svolgere l’attività libero professionale intramuraria, sia ambulatoriale che in regime di ricovero, presso la stessa struttura, che si deve assumere l’onere di reperire spazi adeguati, nonché di gestire sia le prenotazioni che i pagamenti. Un compito che invece oggi può ricadere sullo stesso medico costretto a reperirsi studi e cliniche private, peraltro con conseguenze non più accettabili di mancata trasparenza, in primo luogo rispetto alle liste di attesa. In sostanza va ribaltato il concetto, che ancora oggi sussiste in diverse aziende, di una libera professione intramuraria come una questione che riguarda direttamente il medico ed il cittadino. E’ infatti prassi comune, in diversi casi, una equivalenza nei fatti della libera professione intramoenia allargata, ed in regime di ricovero nelle strutture private, con la libera professione extramoenia. La Ragioneria Generale dello Stato, nel rapporto 2005 ha denunciato l’inosservanza della normativa e dei regolamenti di attività intramuraria, e la mancata connessione, nella sua programmazione e controllo, con le liste di attesa, anche a causa del proliferare di autorizzazioni allo svolgimento dell’attività presso studi privati, anziché in spazi posti a disposizione dalle aziende pubbliche. I dati che vedono solo circa il 5% dei medici pubblici in rapporto extramoenia costituiscono un ulteriore dato a supporto della tesi di una attuale equivalenza tra la libera professione extra ed intramoenia, così come le resistenze poste alla esclusività di rapporto senza aver chiaro come andrà a finire la questione legata alla scadenza del 31 luglio 2007, che pone improrogabilmente fine alla libera professione intramoenia allargata. L’obbiettivo della libera professione intramoenia contenuto nella 229/99, non era certamente quanto quotidianamente accade in troppe realtà aziendali. Non è più sostenibile che per una prestazione sanitaria il cittadino debba aspettare diversi mesi, quando pagando il pomeriggio lo stesso medico che la mattina lavora nel pubblico, la ottiene in pochi giorni con l’intramoenia, allargata o non. E se il problema delle liste di attesa è in primo luogo legato a questioni di sottofinanziamento, di appropriatezza, di riorganizzazione dell’assistenza territoriale, e di lotta agli sprechi ed al malaffare, nonché alle commistioni pubblico-privato, anche il medico deve e può dare il suo contributo alla sua risoluzione. Nella vigente proroga di un regime di tana libera tutti, dove ogni anno il medico sceglie “liberamente” se gli convenga di più un rapporto di esclusività o non, perfino se è direttore di struttura complessa o responsabile di struttura semplice, c’è chi investe maggiormente il pomeriggio nel redditizio privato, che non la mattina nel pubblico. Ebbene noi crediamo che prima il medico debba investire nel pubblico, a rapporto esclusivo e con l’aggiornamento della relativa indennità ferma ai valori di sette anni fa, e poi possa svolgere l’attività libero professionale intramuraria in spazi adeguati nella struttura pubblica, e non negli studi privati o nelle cliniche private in regime di ricovero. Allora si tratta non di vietare ma di arrivare a nuove norme che garantiscano una libera professione intramuraria etica, corretta e non speculativa, da attuarsi nelle strutture pubbliche e con controlli appropriati, in primo luogo rispetto alle liste di attesa. Prima il medico deve garantire una serie di volumi prestazionali istituzionali concordati nell’ambito di definizione annuale del budget con l’azienda, da svolgere all’interno del suo normale orario di lavoro. In secondo luogo se viene attivata la libera professione aziendale, in particolare per abbattere le liste di attesa, può scegliere di aderire. E solo successivamente, anche in presenza di liste di attesa, può essere autorizzato alla libera professione individuale intramoenia ma all’interno della struttura pubblica, con proporzioni e percentuali concordate all’interno dell’unità operativa, e con tariffe anch’esse concordate. I tempi medi per l’esecuzione di esami e/o visite in attività istituzionale o libero professionale dovranno essere coerenti. Al fine di garantire la trasparenza della organizzazione e delle informazioni verso i cittadini, le agende di prenotazione della libera professione dovranno essere inserite nel CUP. Anche la strutturazione delle agende dell’attività istituzionale dovrebbe comunque cercare di favorire nel caso di visite ripetute e di follow-up, la possibilità del cittadino di essere seguito dallo stesso medico. Si tratta di un sistema praticabile, peraltro già concordato nella Regione Friuli Venezia Giulia, che certamente può essere portato avanti da chi crede nella sanità pubblica e ed in questa vuole investire. Pensiamo che gli stessi medici e dirigenti sanitari che vogliono lavorare esclusivamente nel pubblico, siano gratificati ad operare in strutture ospedaliere e territoriali improntate alla loro valorizzazione professionale, invece di rimanere in strutture inefficienti, con lunghe liste di attesa, e dove la gratificazione professionale è raggiunta solo da alcuni nei loro studi professionali o nelle cliniche private. Alla luce delle suddette considerazioni riteniamo che vada in primo luogo applicata la recente e condivisa legge Bersani. Si tratta di porre fine al sistema delle proroghe mantenendo la scadenza del 31 luglio 2007 per il rientro della libera professione intramuraria allargata, al fine di garantire il corretto equilibrio tra attività istituzionale e attività libero professionale intramuraria, anche in riferimento all'obiettivo di ridurre le liste d'attesa. La legge affida alle Regioni i controlli sulle modalità di svolgimento dell'attività libero professionale della dirigenza del Servizio sanitario nazionale e l'adozione di misure dirette ad attivare, previo congruo termine per provvedere da parte delle Aziende risultate inadempienti, interventi sostitutivi anche sotto forma della nomina di un commissario ad acta. In ogni caso, secondo la legge, l'attività libero professionale non può superare, sul piano quantitativo nell'arco dell'anno, l'attività istituzionale dell'anno precedente. In ultima analisi, è giunto il tempo realizzare sul campo una politica sanitaria che, in un circuito virtuoso, parta dalla effettiva realizzazione delle condizioni per una libera professione intramoenia appropriata, a vantaggio dei cittadini, e degli stessi medici e dirigenti sanitari pubblici.
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