ASSEMBLEA NAZIONALE LA SANITA’ CHE VOGLIAMO: dalla teoria alla pratica Profili professionali, legge 42 e 251 LE PROPOSTE DELLA CGIL PER VALORIZZARE IL LAVORO DEGLI OPERATORI
ORGANIZZAZIONE I vari passaggi che si sono succeduti negli ultimi trent’anni e che hanno portato al processo di aziendalizzazione del s.s.n. e del s.s.r. hanno creato due principali tipi di cambiamento: · Istituzionale: il cambiamento prodotto dalla stessa normativa e che ha dato buona forma giuridica alle organizzazioni · Organizzativo: il cambiamento che ha a che fare con la concreta organizzazione del lavoro.
L’oggetto istituzionale e l’oggetto organizzativo spesso si separano e risultano distinti sebbene il primo agisca sul secondo e, a seguito di un disegno politico principale, attua metodologie e regole che strutturano le organizzazioni. All’interno dello stesso modello istituzionale si vengono a sviluppare realtà organizzative differenziate e spesso non riconducibili le une alle altre. Non si può pensare che l’organizzazione sia solo costituita da spazi fisici e/o tecnologie e /o persone che si adattano ad esse, ma da risorse che variano a seconda del contesto (variabili di contesto) e che possono essere umane, tecnologiche , economiche.ad esse si aggiungono le leve organizzative: ruoli, gerarchie, regole di funzionamento, meccanismi operativi che dovranno essere costruiti secondo i modelli professionali che costituiscono l’organizzazione stessa. L’organizzazione è cultura: una continua ridefinizione di idee, abitudini, rapporti tra le persone e i gruppi che costituiscono l’organizzazione stessa. Negli ultimi venti anni abbiamo assistito dunque a una trasformazione concettuale dell’organizzazione da sistema razionale, a un sistema molto più dinamico basato sull’evoluzione continua, sulle attività dei membri-attori delle organizzazioni stesse: si tratta quindi di un sistema complesso sul quale è difficile costruire un sistema di riferimento unico perché difficilmente standardizzabile. Un qualsiasi discorso sui modelli organizzativi non può trascendere da un dato di fatto: le persone si muovono all’interno delle organizzazioni e le costruiscono sulla base di modelli più o meno verosimili. La rappresentazione della realtà, specie quando complessa e articolata, può difficilmente essere ricondotta a modelli ideali di riferimento. Se pure si può far leva sui modelli ideali di riferimento, non si deve però prescindere dalla realtà organizzativa di partenza in cui ogni operatore offre la sua professionalità. Il primo sforzo da fare è quindi di tipo culturale poiché l’organizzazione è un sistema di relazioni orientate a un unico obiettivo. Come espressione culturale, l’organizzazione si esprime attraverso i suoi modelli organizzativi che, proprio perché inseriti in un contesto socio-economico, sono soggetti a continua trasformazione. Il modello tradizionale, di tipo piramidale, considera l’organizzazione come stabile e pre-definita, cioè come realtà perfettamente razionale. Se concepissimo le organizzazioni come realtà perfettamente conoscibile e razionale, esse non corrisponderebbero ai nuovi e vecchi bisogni degli utenti. Come si trasforma la società e il nostro paese, così dovrebbe avviarsi la trasformazione di tutta la struttura sanitaria. Le caratteristiche del modello piramidale possono essere sintetizzate nella struttura verticistica: il modo di intervenire in un’organizzazione è qualcosa che viene dall’alto. In questa concezione la progettazione delle organizzazioni è un fatto tecnico in cui sono distinguibili i tre livelli: · Livello di progettazione dei meccanismi operativi che regolano i processi produttivi; · Definizione di una struttura basata sull’unicità del comando; · Legittimazione di un potere burocratico come autorità del sistema organizzativo. L’adozione di un modello di questo tipo porta ad inevitabili difficoltà: l’esigenza di razionalità non può mai essere completamente soddisfatta in qualsiasi sistema poiché la centralità del sistema sanitario è il bisogno di salute della collettività. La funzionalità più efficace del sistema sanitario, essendo un servizio, da una parte deve tenere conto del paziente e della sua unicità e dall’altra dell’autonomia e della discrezionalità dell’azione.viene meno, adottando il sistema piramidale una risposta valida ai bisogni venutisi a creare in questi ultimi anni. Le necessità produttive e di mercato del secolo scorso (il xx), grazie alla tumultuosa rivoluzione tecnologica, hanno di fatto allargato gli orizzonti del mercato e hanno accelerato gli spostamenti della forza-lavoro.nel nostro paese, per questi motivi, oltre che per i motivi economici interni, è in atto una modificazione strutturale della domanda di servizi tale che si debba prevedere un modello gestionale che riconosca l’esistenza di una stretta correlazione tra risorse organizzative e servizi erogati. La nuova struttura organizzativa dovrà essere in grado di aggiornare e modificare i servizi adeguandoli alle esigenze dell’utente e dall’utente sono sollecitati e adeguati; dobbiamo quindi configurare anche un nuovo modello in cui diventano fondamentali l’organizzazione, le caratteristiche di erogazione dei servizi, il sistema delle relazioni. L’organizzazione non può più essere rappresentata come un complesso di ingranaggi perfettamente congegnato, né come una piramide con un vertice ed una base. Il modello da noi proposto tiene conto dei bisogni sociali attuando una rivoluzione culturale affinché gli utenti, gli enti locali acquistino centralità e i servizi siano personalizzati, pertanto tanto più dinamici quanto più in grado di assimilare in termini di cultura viva le nuove esigenze.. Le norme, le procedure, i meccanismi operativi, se pur indispensabili, hanno in sé dei limiti legati alle diverse interpretazioni da parte degli attori del sistema e alla loro autonomia di giudizio. L’imprevedibilità è parte della struttura organizzativa e va quindi governata in modo tale che si riduca la probabilità che l’”evento avverso si verifichi”. La concezione del potere cambia in quanto non è predefinito né legato alla struttura, ma legato agli obiettivi. Diventano importanti meccanismi come la leadership, l’empowerment, la motivazione; la cultura diventa il determinante principale dell’azione organizzativa. La formazione e l’apprendimento organizzativo fanno parte della struttura stessa. Il punto cardine del modello innovativo è la progettazione organizzativa basata sui processi e in grado di adattarsi alle situazioni contingenti. L’attenzione va al feedback, alla ricaduta organizzativa più che alla regola da seguire. Il coordinamento è regolato da linee guida, progetti, programmi indipendentemente dalle gerarchie. Queste organizzazioni risultano costruite sul principio della gestione per processi, sulla situazione contingente e sull’apprendimento organizzativo. L’approccio alle organizzazioni è legato al problema, è basato sulla qualità del processo e sul benchmarking. I processi sono analizzati attraverso il coinvolgimento diretto degli operatori indipendentemente dall’unità organizzativa di appartenenza e dalla loro posizione nell’organizzazione. Per concludere i postulati su cui si basa questo modo di concepire l’organizzazione sono: § Superamento della logica dell’accentramento del potere; § Il governo dell’incertezza come parte integrante dell’organizzazione; § La concezione del potere funzionale all’obiettivo e non predefinito.
Dopo un anno dall’emanzione della 42, la pubblicazione della legge 251 nel 2000 segna, per le professioni sanitarie, il passo conclusivo di un processo di evoluzione della professione e allo stesso tempo l’inizio della “cultura della partecipazione e della gestione dei processi” nel sistema sanitario. La legge dà la responsabilità alla regione e allo stato di promuovere la valorizzazione delle professioni indicando la “diretta responsabilizzazione di funzioni organizzative e didattiche”, il sistema per contribuire alla salute del cittadino e al miglioramento della qualità organizzativa e professionale dei servizi “con l’obiettivo di un’integrazione omogenea con i servizi sanitari e gli ordinamenti degli altri stati dell’unione europea”. Queste professioni sanitarie diventano professioni intellettuali: proprio perché autonome e fatte da professionisti responsabili e competenti si trasformano, e il saper essere vuol dire saper adattarsi ai contesti, avere peso decisionale nei processi e quindi gestirli. Questa è la nuova cultura del management sanitario: saper gestire nell’ottica dell’efficacia le risorse a disposizione, lavorare per obiettivi, garantire qualità, con l’ottimale utilizzo delle risorse. E’ di questi anni la cultura dell’interdisciplinarietà cioè dell’interazione tra le diverse professioni che compongono i sistemi sanitari nel reciproco rispetto del proprio ruolo: c’è un obiettivo comune che è quello della cooperazione nel fornire salute al cittadino e questa è o dovrebbe essere la cultura delle aziende sanitarie. La legge definisce anche il percorso formativo per l’accesso alla posizione descritta, i titoli equipollenti riconosciuti per l’accesso e i livelli di inquadramento (art.5 e 6). Gli operatori sanitari possono avere i loro dirigenti sanitari di riferimento per la professione che costituiscono i primi veri interlocutori di tutto il personale sanitario e negoziano direttamente con la direzione aziendale. L’articolo 7 (disposizioni transitorie) fa però emergere una contraddizione di non poco conto se si pensa alle difficoltà che in molte regioni esiste nel far decollare la legge: l’esigenza importante ed enfatizzata nei primi 4 articoli della legge, di valorizzare le professioni sanitarie al fine di migliorare il sistema, non rispecchia la necessaria definizione degli strumenti: è infatti lasciata alla facoltà discrezionale alle aziende sanitarie di istituire i servizi dell’assistenza infermieristica e di attribuire gli incarichi ai dirigenti dei servizi sanitari delle quattro aree: infermieristico, tecnico, riabilitazione e prevenzione se la legge regionale lo prevede. Possiamo comunque affermare che in virtù dell’approvazione delle lauree specialistiche l’attribuzione degli incarichi dirigenziali debba essere non una facoltà discrezionale delle aziende ma un obbligo previsto dalla normativa. Per quanto riguarda l’organizzazione che caratterizza le professioni sanitarie, solo poche regioni hanno emanato provvedimenti(leggi regionali,regolamenti,linee di indirizzo) per l’applicazione della 251/00,in virtù della propria autonomia in materia sanitaria; questo non è più accettabile visto il recepimento nelle code contrattuali della dirigenza stpa della legge 251 e l’attivazione della lauree specialistiche. Quello che abbiamo tentato di fare è “pensare” un modello organizzativo capace di adeguarsi alle esigenze di salute della popolazione e per essere tale , proprio perché il contesto sociale è in continua mutazione, dovrà essere basato sulla valorizzazione di tutte le professioni sanitarie e sociali, in un rapporto di continua collaborazione e integrazione, secondo quanto previsto dalla 251/00.
Chiediamo quindi l’integrale applicazione della 251/00 in tutte le regioni, che si esplica in: · Presenza dei dirigenti sanitari nel collegio di direzione della aziende · Istituzione dei dirigenti sanitari delle aree definite dalla legge · Applicazione nella fase transitoria (art.7)
Allo stato attuale la responsabilità delle aziende ricade infatti sul direttore generale che, per espletare le sue funzioni, si avvale di un direttore amministrativo e di un direttore sanitario. Al di sotto di questi dirigenti, troviamo i responsabili dei distretti, dei presidi ospedalieri e dei dipartimenti. Gli obiettivi che ci siamo posti nella valutazione di nuovi modelli organizzativi sono soprattutto legati al fabbisogno di salute da parte dell’utente sia in termini di presenza sul territorio sia in termini di qualità della prestazione erogata e a tale fine è necessario il coinvolgimento a tutti i livelli delle professioni sanitarie poiché i professionisti sono attori delle organizzazioni che erogano i servizi al cittadino. Nell’ottica di rendere servizi sempre più efficaci ed efficienti e quindi nell’ottica del miglioramento continuo della qualità percepita è necessaria una visione dinamica dello sviluppo delle carriere e delle professioni stesse che sempre di più necessitano di integrazione e di sviluppo. Il modello che proponiamo prevede almeno una macrostruttura che afferisce in posizione di staff alla direzione generale ed è strutturata nelle aree professionali sanitarie e sociali. Negli atti aziendali deve essere definito il modello organizzativo con cui si concretizza l’applicazione della 251/00. La dirigenza è espressione delle diverse aree professionali e tutte devono poter accedere ad essa.. La composizione della macrostruttura dipenderà quindi dalla complessità aziendale. Le dirigenze di area avranno un ruolo strategico di primaria importanza poiché ad esse afferiscono tutti i professionisti: esse quindi avranno il compito di coniugare gli obiettivi aziendali con le esigenze di crescita della professione stessa. Le dirigenze di area sono coadiuvate da almeno un responsabile tecnico-professionale per ognuna delle 22 professioni ( posizioni organizzative professional). I direttori di area dovranno tenere conto : 1. Della complessità nei processi assistenziali, tecnologici e formativi 2. Della intensità di cura e specificità professionale nei percorsi assistenziali 3. Della complessità degli interventi nell’area della prevenzione 4. Della presenza di programmi di sviluppo gestionale, formativo o clinico assistenziale 5. Del numero di operatori inseriti nei processi operativi 6. Della lstruttura territoriale E sulla base di tali complessità definire le opportune figure di responsabilità sul territorio, nei presidi e nei dipartimenti ospedalieri i quali gestiscono i budget assegnati alla macrostruttura (gestional). Una volta negoziati gli obiettivi aziendali chi dirige della macrostruttura avrà il compito di sviluppare le linee guida, progettare sistemi di intervento nei processi laddove già esistono o progettarne di nuovi, attivarli e riverificarne l’esito. Per fare questo dovrà necessariamente avvalersi della collaborazione di tutti i professionisti. Sul piano attuativo i dirigenti di area e i responsabili di dipartimento, distretto e presidio dovranno essere supportati dai coordinatori di unità operativa. Le figure del coordinamento saranno diverse e di diverso tipo e si differenzieranno a seconda degli obiettivi da raggiungere anche in ragione della complessità dell’unità operativa di appartenenza: esse saranno pertanto gestionali e professionali.
Per concludere concepire una
macrostruttura (o due, come al momento si sta configurando in alcune
regioni) che tiene conto della valorizzazione delle professioni sanitarie
e sociali permette di dare una concreta risposta alla domanda di salute
della collettività poiché articolata in maniera capillare fino ad
ottimizzare l’operato in ogni settore o reparto o unità operativa nel
quale ogni professionista è chiamato ad esprimersi. Roma, 25 ottobre 2004
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