SENTENZA
N. 270
ANNO 2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Piero Alberto CAPOTOSTI Presidente
- Guido NEPPI MODONA Giudice
- Annibale MARINI “
- Franco BILE “
- Giovanni Maria FLICK “
- Francesco AMIRANTE “
- Ugo DE SIERVO “
- Romano VACCARELLA “
- Paolo MADDALENA “
- Alfio FINOCCHIARO “
- Alfonso QUARANTA “
- Franco GALLO “
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli articoli 42 e 43 della
legge 16 gennaio 2003, n. 3 (Disposizioni ordinamentali in materia di
pubblica amministrazione); del decreto legislativo 16 ottobre 2003, n. 288
(Riordino della disciplina degli Istituti di ricovero e cura a carattere
scientifico, a norma dell’articolo 42, comma 1, della legge 16 gennaio
2003, n. 3) e dell’articolo 4, comma 236, della legge 24 dicembre 2003, n.
350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato – legge finanziaria 2004), promossi con due ricorsi della
Regione Siciliana (reg. ric. nn. 30 e 98 del 2003), con un ricorso della
Regione Veneto (reg. ric. 31 del 2003), con tre ricorsi della Regione
Emilia-Romagna (reg. ric. n. 32 del 2003 e nn. 3 e 33 del 2004) e con due
ricorsi della Regione Marche (reg. ric. nn. 34 e 96 del 2003), notificati
il 21 marzo 2003 (reg. ric. nn. 30, 31, 32 e 34 del 2003), il 19 dicembre
2003 (reg. ric. nn. 96 e 98 del 2003), il 27 dicembre 2003 (reg. ric. n. 3
del 2004) e il 24 febbraio 2004 (reg. ric. n. 33 del 2004), depositati in
cancelleria il 26 marzo 2003 (reg. ric. n. 30 del 2003), il 27 marzo 2003
(reg. ric. nn. 31, 32 e 34 del 2003), il 23 dicembre 2003 (reg. ric. 96
del 2003), il 29 dicembre 2003 (reg. ric. 98 del 2003), il 2 gennaio 2004
(reg. ric. n. 3 del 2004) e il 4 marzo 2004 (reg. ric. n. 33 del 2004) ed
iscritti ai nn. 30, 31, 32, 34, 96 e 98 del registro ricorsi 2003 ed ai nn.
3 e 33 del registro ricorsi 2004.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 19 aprile 2005 il Giudice relatore Ugo De
Siervo;
uditi gli avvocati Giovanni Carapezza Figlia per la Regione Siciliana,
Carlo Albini per la Regione Veneto, Giandomenico Falcon per la Regione
Emilia-Romagna, Stefano Grassi per la Regione Marche e l’avvocato dello
Stato Paolo Cosentino per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. – La Regione Siciliana, con ricorso notificato il 21 marzo 2003 e
depositato il 26 marzo 2003, ha impugnato l’art. 42 della legge 16 gennaio
2003, n. 3 (Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica
amministrazione), che delega il Governo ad emanare un decreto legislativo
recante norme per il riordino della disciplina degli istituti di ricovero
e cura a carattere scientifico di diritto pubblico (IRCCS) di cui al
decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 269, e successive modificazioni,
sulla base di principi e criteri direttivi individuati nello stesso
articolo, per violazione degli artt. 117, terzo comma e 118, della
Costituzione, nonché dell’art. 17, lettere b) e c) dello statuto
regionale.
La Regione ritiene che la disposizione impugnata sia da ricondurre alla
materia “ricerca scientifica” e alla materia “tutela della salute”,
entrambe affidate alla legislazione concorrente dall’art. 117, comma
terzo, della Costituzione e, quanto alla “tutela della salute”, altresì
contemplata nello statuto della Regione Siciliana (art. 17, lettere b e
c).
In particolare, secondo la ricorrente, la norma impugnata delegherebbe il
Governo al riordino della disciplina degli IRCCS, mentre «avrebbe dovuto
limitarsi a fissare ‘i principi e i criteri direttivi’, aventi natura di
principi fondamentali destinati alle Regioni quali limiti all’esercizio
della potestà legislativa alle stesse ascritta». Il concreto riordino
avrebbe dovuto essere effettuato con norme regionali e non con decreto
legislativo.
La Regione conclude affermando che l’attribuzione al Ministero della
salute, operata dalla norma oggetto di censura, del compito di procedere
alla trasformazione dei predetti istituti, anche se con l’intesa della
Regione interessata, sarebbe lesiva del riparto delle funzioni
amministrative di cui all’art. 118 della Costituzione.
2. – Con ricorso notificato il 21 marzo 2003 e depositato il 27 marzo
2003, anche la Regione Veneto ha impugnato, tra gli altri, gli articoli 42
e 43 della legge n. 3 del 2003.
La ricorrente ritiene che la materia disciplinata dall’art. 42 rientri
nell’ambito della tutela della salute prevista dall’art. 117, terzo comma,
Cost. D’altra parte, la disciplina della trasformazione degli istituti di
ricovero e cura a carattere scientifico in fondazioni e l’organizzazione a
rete di quelli dedicati a particolari discipline non potrebbero neppure
essere ricondotte «nell’ambito della determinazione dei livelli essenziali
delle prestazioni di cui alla lettera m) del secondo comma dell’art. 117».
Il rispetto della competenza regionale in una materia di legislazione
concorrente, richiederebbe il riconoscimento della possibilità per la
Regione di porre norme di dettaglio, possibilità che non potrebbe ridursi
alla “semplice espressione” di un parere in sede di Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e
di Bolzano sullo schema del decreto legislativo.
La Regione ritiene, pertanto, che gli articoli oggetto di censura violino
gli articoli 114, 117 e 118 della Costituzione.
3. – Anche la Regione Emilia-Romagna, con ricorso notificato il 21 marzo
2003 e depositato il 27 marzo 2003, ha impugnato, fra gli altri, gli
articoli 42 e 43 della legge n. 3 del 2003.
Preliminarmente, la ricorrente illustra l’evoluzione della disciplina
legislativa sugli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico,
evidenziando «la loro progressiva attrazione nell’ambito del servizio
sanitario, quindi verso la competenza regionale».
In particolare, la ricorrente ritiene che, a seguito della riforma del
Titolo V della Costituzione, il quale ha attribuito alla potestà
legislativa concorrente delle Regioni sia la “tutela della salute”, sia la
“ricerca scientifica”, l’assetto degli IRCCS dovrebbe considerarsi
interamente assorbito nell’ambito della competenza regionale, nel rispetto
dei soli principî fondamentali posti dalla legge statale.
L’art. 42 impugnato violerebbe invece la competenza legislativa regionale,
in quanto non si limiterebbe a determinare i soli principî fondamentali,
né delegherebbe il Governo ad adottare norme di tale tipologia, dal
momento che i singoli principî e criteri direttivi contenuti nella delega
consentirebbero al legislatore delegato di porre norme di dettaglio. La
competenza legislativa regionale risulterebbe, dunque, del tutto estranea
al complessivo impianto della delega.
La ricorrente esclude che si versi nella materia dell’ordinamento e
organizzazione degli “enti pubblici nazionali”, di cui all’art. 117, comma
secondo, lettera g), Cost., in quanto per enti nazionali, a seguito del
nuovo assetto istituzionale, andrebbero considerati solo quelli che
operano nelle materie ora riservate allo Stato o quelli individuati da
idonee fonti che ne prevedano l’esistenza a tutela di interessi
infrazionabili.
Specifica censura è rivolta dalla Regione nei confronti dell’art. 42,
comma 1, lettera a), della citata legge, il quale individua, come
principio e criterio della delega, la trasformazione degli istituti di
ricovero e cura a carattere scientifico di diritto pubblico esistenti alla
data di entrata in vigore della legge, “nel rispetto delle attribuzioni
delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano […],
d’intesa con la regione interessata”, in fondazioni di rilievo nazionale
sottoposte alla vigilanza del Ministero della salute e del Ministero
dell’economia e delle finanze, “ferma restando la natura pubblica degli
istituti medesimi”. La Regione Emilia-Romagna ritiene che tanto il
rispetto delle attribuzioni regionali quanto la previsione di un’intesa
riguardino le sole modalità e condizioni attraverso le quali il Ministero
della salute provvederebbe alla trasformazione in fondazioni. Tale
disposizione sarebbe quindi in contrasto sia con l’art. 117, terzo comma,
Cost., in quanto inciderebbe in ambiti di competenza legislativa
regionale, sia con l’art. 118 Cost., in quanto anche se la materia fosse
di competenza statale, la Regione sarebbe il livello adeguato per
deliberare e gestire l’eventuale trasformazione ed esercitare la vigilanza
«in connessione con i propri compiti generali in materia di tutela della
salute e di gestione del servizio sanitario».
Relativamente al medesimo art. 42, comma 1, lettera b), la Regione ritiene
che l’indirizzo dato al Governo, concernente l’istituzione degli organi e
i profili organizzativi, dovrebbe essere rivolto al legislatore regionale
e che la prevista rappresentanza “paritetica” del Ministero della salute e
della Regione interessata nel consiglio di amministrazione
rappresenterebbe un’indebita ingerenza del Ministero in compiti di
gestione locali. Lesive delle competenze regionali sarebbero poi la
riserva di nomina del direttore generale-amministratore delegato al
consiglio di amministrazione, così come la previsione che il direttore
scientifico responsabile della ricerca sia nominato dal Ministero della
salute “sentita la Regione interessata”, anziché dalla Regione competente.
Tali norme avrebbero comunque carattere di dettaglio e non sarebbero più
rispondenti al nuovo assetto costituzionale che vede l’inclusione della
“ricerca scientifica” tra le materie di legislazione concorrente. Esse
costringerebbero la Regione a dettare una disciplina omogenea a quella
dettata dalla legge statale, senza la possibilità di adottare, pur nel
rispetto dei principî fondamentali, un modello organizzativo autonomo o
comunque diversamente articolato. Inoltre determinerebbe una indebita
ingerenza del Ministero in compiti di gestione locali.
La disposizione dell’art. 42, comma 1, lettera c), nel prevedere, tra i
principî e criteri direttivi della delega, quello di «trasferire ai nuovi
enti, in assenza di oneri, il patrimonio, i rapporti attivi e passivi e il
personale degli istituti trasformati», disponendo altresì che «il
personale già in servizio all’atto della trasformazione può optare per un
contratto di lavoro di diritto privato, fermi restando, in ogni caso, i
diritti acquisiti», violerebbe l’art. 3 Cost., in quanto porrebbe non già
un principio, ma un vero e proprio privilegio a beneficio di una categoria
di personale regionale. Contrasterebbe inoltre con gli artt. 117, terzo
comma, e 118 Cost., poiché, comunque, si tratterebbe di una “scelta
operativa e organizzativa” che competerebbe alle Regioni, in quanto
concernente personale regionale il cui stato giuridico sarebbe del tutto
assimilabile a quello del restante personale delle aziende sanitarie
regionali.
L’art. 42, comma 1, lettera d), nel prevedere, tra i principî e criteri
direttivi, quello di «individuare, nel rispetto della programmazione
regionale, misure idonee di collegamento e sinergia con altre strutture di
ricerca e di assistenza sanitaria, pubbliche e private, e con le
università, al fine di elaborare e attuare programmi comuni di ricerca,
assistenza e formazione», contrasterebbe con gli artt. 117, terzo comma, e
118 Cost., in quanto tale disposizione concernerebbe materie chiaramente
rientranti nella competenza regionale, spettando pertanto alla Regione il
potere di coordinamento con le altre strutture di ricerca e sanitarie.
Inciderebbe, inoltre, sulla potestà legislativa concorrente la
disposizione dell’art. 42, comma 1, lettera e), riguardante la
valorizzazione e la tutela della proprietà dei risultati scientifici, non
trattandosi della disciplina civilistica della proprietà intellettuale.
L’art. 42, comma 1, lettera f) – ancora – comprimerebbe le competenze dei
livelli di governo regionale conferendo compiti amministrativi allo Stato
in sede di assegnazione di progetti finalizzati di ricerca, i quali già
sarebbero assegnati sulla base di appositi bandi il cui testo è definito
mediante accordo sancito in sede di Conferenza per i rapporti tra lo
Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano. Tale
previsione contrasterebbe, inoltre, con il sistema di finanziamento del
Fondo sanitario nazionale, basato prevalentemente su fondi di provenienza
regionale.
Anche la lettera g) del comma 1 dell’art. 42 invaderebbe le competenze
legislative delle Regioni, laddove contempla, tra i principî e i criteri
direttivi, quello di disciplinare le modalità con cui applicare i principî
di cui al medesimo articolo agli IRCCS di diritto privato. Tale previsione
rappresenterebbe, secondo la ricorrente, un principio che dovrebbe essere
attuato direttamente dal legislatore regionale e non dal Governo mediante
decreto legislativo.
Analogamente, la previsione contenuta nell’art. 42, comma 1, lettera i),
stabilendo che debbano essere disciplinate le modalità attraverso le quali
le fondazioni possono concedere ad altri soggetti pubblici e privati
compiti di gestione, anche di assistenza sanitaria, invaderebbe la
competenza regionale, ponendo un principio che dovrebbe essere
direttamente attuato dal legislatore regionale e non mediante decreto
legislativo.
Anche la disciplina del riconoscimento delle nuove fondazioni e la revoca
dei riconoscimenti contenuta nell’art. 42, comma 1, lettera m),
contrasterebbe con gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost. Spetterebbe
infatti alle Regioni sia il riconoscimento di nuovi enti, sia la relativa
revoca. La mancata menzione delle attribuzioni regionali al riguardo
determinerebbe una riduzione del ruolo delle Regioni rispetto alle
previsioni contenute nell’art. 2 del d.lgs. 30 giugno 1993, n. 266
(Riordinamento del Ministero della sanità, a norma dell’art. 1, comma 1,
lettera h), della legge 23 ottobre 1992, n. 421), nel testo risultante a
seguito della sentenza di questa Corte n. 338 del 1994, il quale prevede
che per il riconoscimento del carattere scientifico degli enti in
questione, nonché per la revoca, sia almeno sentita la Regione
interessata.
L’art. 42, comma 1, lettera n), prevedendo la devoluzione del patrimonio
in favore di altri enti “disciplinati dal presente articolo aventi
analoghe finalità”, potrebbe essere ritenuto legittimo se considerato come
guida della legislazione regionale e non già come criterio direttivo per
il Governo.
L’art. 42, comma 1, lettera p), occupandosi degli istituti “non
trasformati” o di quelli che “non sono oggetto di trasformazione”, sarebbe
illegittimo, dal momento che non porrebbe un principio suscettibile di
essere sviluppato dalla legislazione regionale, ma riserverebbe al
Ministero della salute la nomina di metà dei membri del consiglio di
amministrazione e attribuirebbe al Ministro la nomina del direttore
scientifico, in violazione dell’art. 117, terzo comma e dell’art. 118
Cost.
L’art. 43, infine, disponendo che con decreto del Ministro della salute,
sentita la Conferenza permanente, venga disciplinata l’organizzazione a
rete degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico dedicati a
particolari discipline”, conferirebbe al Ministro un potere “di natura
sostanzialmente regolamentare”, di contenuto indeterminato, in violazione
dell’art. 117, sesto comma, Cost. In subordine, si rileva che il decreto
violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto, intervenendo in
materia affidata alla legislazione concorrente, il decreto di cui alla
norma censurata dovrebbe essere adottato d’intesa con la Conferenza
Stato-Regioni.
4. – Con ricorso notificato il 21 marzo 2003 e depositato il 27 marzo
2003, anche la Regione Marche ha impugnato gli articoli 42 e 43 della
legge n. 3 del 2003, proponendo censure sostanzialmente analoghe a quelle
prospettate dalla Regione Emilia-Romagna.
Nel ricorso, tuttavia, la censura relativa all’art. 42, comma 1, lettera
f), è proposta anche in riferimento al parametro costituzionale espresso
dall’art. 119 della Costituzione. In particolare, la ricorrente rileva che
la disposizione censurata, nell’attribuire allo Stato «compiti di
definizione delle risorse per la ricerca, senza un pieno coinvolgimento
delle regioni e comunque sovrapponendosi alle competenze regionali»,
violerebbe appunto i principî in materia di autonomia finanziaria,
considerato che, anche in seguito alla modifica della disciplina del
finanziamento del Servizio sanitario nazionale, il finanziamento della
ricerca finalizzata «si basa anche su fondi di provenienza regionale».
5. – In tutti i giudizi si è costituito il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato.
Negli atti di costituzione, di contenuto sostanzialmente identico,
l’Avvocatura sostiene che la disciplina degli IRCCS rientrerebbe nella
competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117,
secondo comma, lettera g), Cost., in quanto si tratterebbe di organismi
rientranti nella categoria degli “enti pubblici nazionali”.
Peraltro, l’art. 42 della legge n. 3 del 2003 sarebbe rispettoso delle
attribuzioni regionali, in quanto, in aderenza con il principio della
leale cooperazione, sarebbe comunque richiesta la previa intesa con la
Regione interessata, nonché l’acquisizione del parere della Conferenza
Stato-Regioni sullo schema di decreto legislativo da emanare in attuazione
della delega.
6. – In prossimità della data fissata per l’udienza, la Regione Veneto ha
depositato una memoria nella quale dà atto che la Giunta regionale ha
autorizzato il Presidente a rinunciare al ricorso promosso avverso la
legge n. 3 del 2003, limitatamente alle disposizioni di cui agli artt. 42
e 43.
7. – La Regione Emilia-Romagna ha depositato una memoria nella quale,
replicando alle argomentazioni svolte dall’Avvocatura dello Stato nel
proprio atto di costituzione in giudizio, sostiene che l’estraneità degli
IRCCS rispetto agli enti di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g),
Cost. troverebbe conferma nell’art. 1 del d.lgs. 16 ottobre 2003, n. 288
(Riordino della disciplina degli Istituti di ricovero e cura a carattere
scientifico, a norma dell’art. 42, comma 1, della legge 16 gennaio 2003,
n. 3), che qualifica tali istituti come “enti a rilevanza nazionale”.
Ancora, il carattere di dettaglio della disciplina contenuta nella legge
n. 3 del 2003 sarebbe confermato sia dal contenuto del d.lgs. n. 288 del
2003, sia dalla sentenza di questa Corte n. 15 del 2004, nella quale si
qualifica, appunto, come “analitica e organica” la disciplina contenuta
nel decreto.
Quanto alla previsione dell’intesa con la Regione interessata e
all’acquisizione del parere della Conferenza Stato-Regioni sullo schema di
decreto legislativo, la ricorrente afferma che tali forme di
partecipazione non sarebbero sufficienti a rendere legittime le norme
censurate, in quanto non eliminerebbero «la lesione derivante dall’aver
accentrato una funzione amministrativa in assenza di esigenze di carattere
unitario».
Sostiene infine la Regione Emilia-Romagna che sui ricorsi non inciderebbe
l’intesa raggiunta, ai sensi dell'art. 5 del d.lgs. n. 288 del 2003, in
sede di Conferenza Stato-Regioni con l’accordo 1° luglio 2004, concernente
le modalità di organizzazione, gestione e funzionamento degli IRCCS non
trasformati in fondazioni. Ciò sia in quanto i ricorsi riguarderebbero
anche gli IRCCS trasformati in fondazioni, sia in quanto la ricorrente ha
contestato la previsione stessa dell’intesa, sostenendo che vi sarebbe
competenza legislativa piena, ovvero concorrente, della Regione.
8. – La Regione Marche ha depositato una memoria nella quale, confermando
le censure sollevate nel ricorso, ribadisce che la legge n. 3 del 2003, in
quanto delega il Governo al riordino della disciplina e non soltanto alla
definizione dei principî fondamentali, lederebbe la potestà legislativa
concorrente delle Regioni in materia di ricerca scientifica e di tutela
della salute.
La Regione esclude che gli IRCCS possano essere ricondotti alla competenza
legislativa esclusiva dello Stato di cui all’art. 117, secondo comma,
lettera g), Cost., dal momento che “enti nazionali” potrebbero essere solo
quelli «che per vocazione e struttura sono articolati su una base
territoriale tendenzialmente idonea a consentirne lo svolgimento delle
proprie funzioni sull’intero territorio nazionale».
9. – Anche l’Avvocatura dello Stato ha presentato memorie nelle quali ha
innanzitutto eccepito la carenza di interesse al ricorso della Regione
Siciliana e della Regione Veneto, dal momento che nei loro rispettivi
territori non insisterebbe alcuno degli istituti contemplati nella
disciplina impugnata.
Nel merito, l’Avvocatura afferma che le caratteristiche stesse degli IRCCS,
per come configurati dalla peculiare normativa che li concerne, ne
contraddistinguerebbero la natura, distinguendola rispetto a quella degli
altri istituti del Servizio sanitario nazionale. Si tratterebbe, infatti,
di centri di eccellenza che svolgono attività di ricerca scientifica
biomedica, di cui sono tenuti a garantire un elevato livello,
trasferendone altresì i risultati a favore del Servizio nazionale. Ciò
comporterebbe la necessità di un controllo centralizzato «che garantisca
uniformità di applicazione dei risultati della ricerca sul territorio
nazionale, anche al fine della determinazione dei livelli essenziali delle
prestazioni nonché della relativa applicazione». Queste caratteristiche
sottrarrebbero tali istituti alla normativa ordinaria in materia di sanità
e di ricerca scientifica e alla relativa competenza legislativa delle
Regioni.
Inoltre, il Ministero della salute sarebbe competente al finanziamento
dell’attività scientifica di base, finalizzata alla ricerca su patologie
di rilievo nazionale, nonché al controllo dei risultati della ricerca
stessa. Ciò confermerebbe il carattere nazionale degli IRCCS e
giustificherebbe l’attribuzione allo Stato delle funzioni di alta
vigilanza e controllo, senza nulla togliere alle competenze delle Regioni
in materia di assistenza che sarebbero assicurate, tra l’altro, anche
dalla presenza di rappresentanti regionali negli organi di gestione.
Nelle memorie depositate nei giudizi concernenti i ricorsi promossi dalle
Regioni Veneto, Emilia-Romagna e Marche, l’Avvocatura contesta altresì la
censura mossa avverso l’art. 43 della legge n. 3 del 2003, relativo alla
organizzazione a rete degli IRCCS, sostenendo che tale organizzazione
favorirebbe la circolazione dei risultati delle ricerche svolte dagli
istituti e, in definitiva, la ricerca scientifica e la tutela della salute
nell’ampia accezione delineata dall’art. 32 Cost.
10. – La Regione Emilia-Romagna ha depositato una ulteriore memoria nella
quale, replicando alle osservazioni svolte dall’Avvocatura dello Stato,
afferma che non sarebbe affatto necessario un controllo centrale
sull’attività di ricerca scientifica svolta dagli IRCCS, ben potendo tale
controllo essere espletato dalle Regioni, sulla base dei principî
fondamentali fissati dallo Stato.
Anche laddove vi fossero esigenze di carattere unitario, la previsione di
un potere di controllo statale sarebbe comunque illegittima in quanto non
contemplerebbe un coinvolgimento delle Regioni.
La ricorrente richiama, inoltre, le recenti pronunce di questa Corte n. 31
del 2005 e n. 423 del 2004 nelle quali sono stati delineati i casi in cui
potrebbe essere ritenuto ammissibile l’intervento statale nell’ambito
della materia della ricerca scientifica, al di fuori dei quali la
competenza sarebbe della Regione ai sensi dell’art. 117, terzo comma,
Cost.
11. – Con ricorso notificato il 19 dicembre 2003 e depositato il 23
dicembre 2003, la Regione Marche ha impugnato l’art. 1, comma 2, l’art. 2,
commi 1, 2 e 3, l’art. 7, commi 1, 2, 3 e 4, l’art. 8, l’art. 11, commi 1
e 2, nonché l’art. 12, comma 2, del decreto legislativo 16 ottobre 2003,
n. 288 (Riordino della disciplina degli Istituti di ricovero e cura a
carattere scientifico, a norma dell’art. 42, commi 1, della legge 16
gennaio 2003, n. 3).
Anche in tale ricorso, la Regione ricorrente sostiene che la disciplina
degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico rientri in parte
nella materia della tutela della salute e in parte in quella della ricerca
scientifica, entrambe attribuite alla competenza legislativa concorrente
delle Regioni, fermi restando i principî fondamentali della disciplina
stabiliti da legge statale. Ai fini dell’individuazione della competenza
legislativa, il carattere nazionale di tali istituti – affermato nel
precedente assetto costituzionale nel quale si giustificava esclusivamente
in ragione della competenza statale in materia di ricerca scientifica –
non rileverebbe più, dal momento che «la legge di revisione
costituzionale, nel momento in cui ha affidato alle Regioni le competenze
anche in materia di ricerca scientifica (non limitata alla ricerca
afferente le sole materie di competenza regionale) ha mutato radicalmente
i presupposti per la qualificazione degli istituti come enti nazionali».
Ciò premesso, la ricorrente censura l’art. 1, comma 2, del decreto
legislativo, il quale attribuisce al Ministero della salute funzioni di
vigilanza e controllo sugli IRCCS tali da escludere qualsiasi ulteriore
controllo da parte della Regione; la norma sarebbe lesiva delle competenze
legislative, regolamentari e amministrative della Regione così come
configurate dagli artt. 117, terzo e sesto comma, e 118, primo e secondo
comma, Cost., dal momento che non lascerebbe alcuno spazio alla Regione in
tema di disciplina e di svolgimento delle funzioni di vigilanza e
controllo sulle attività di assistenza svolte dagli istituti.
Medesimo tenore ha la censura prospettata nei confronti dell’art. 2, comma
1, del d.lgs. n. 288 del 2003, il quale attribuisce la funzione di
vigilanza e controllo sulle neoistituite Fondazioni IRCCS al Ministero
della salute e al Ministero dell’economia e delle finanze “senza alcuna
salvaguardia delle competenze regionali”.
La Regione Marche impugna, poi, l’art. 2, commi 2 e 3, l’art. 7, commi 1,
2, 3 e 4, l’art. 8 e l’art. 12, comma 2, in quanto tali disposizioni
conterrebbero norme di dettaglio nella materia delle Fondazioni IRCCS e
degli Istituti non trasformati in fondazioni, non limitandosi “alla
fissazione dei principî fondamentali”. La ricorrente evidenzia come i
principî fondamentali stabiliti dalle leggi quadro nazionali debbano avere
un “livello di maggiore astrattezza” rispetto alle regole stabilite dal
legislatore regionale; le norme censurate conterrebbero, invece, una
disciplina dettagliata, auto-applicativa, non cedevole e direttamente
operante, che non lascerebbe margine alcuno all’intervento legislativo
regionale. Le norme censurate invaderebbero quindi l’ambito riservato
dalla Costituzione alla funzione legislativa e regolamentare della
Regione, in violazione degli artt. 117, terzo e sesto comma, e 118, primo
e secondo comma, Cost.
Da ultimo, la Regione Marche censura l’art. 2, comma 3, e l’art. 11, commi
1 e 2, che disciplinano le assunzioni e i rapporti di lavoro del personale
degli IRCCS. Al legislatore statale sarebbe riservata la sola disciplina
di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost. relativa alla
materia “ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli
enti pubblici nazionali” e non “l’ordinamento e organizzazione
amministrativa delle regioni, degli enti locali e degli enti pubblici
substatali”, materia quest’ultima che spetterebbe «inequivocabilmente alla
competenza residuale del legislatore regionale». Le disposizioni censurate
violerebbero così l’art. 117 Cost., in quanto, trattandosi di personale
regionale il cui stato giuridico sarebbe del tutto assimilabile a quello
del restante personale degli enti del Servizio sanitario nazionale, esse
inciderebbero illegittimamente su ambiti di potestà legislativa residuale
regionale o, comunque, se anche si volesse ammettere un titolo di
legislazione concorrente, andrebbero ben al di là della riserva statale
concernente i principî fondamentali. Tali disposizioni violerebbero
inoltre l’art. 118, primo e secondo comma, Cost., in quanto alla Regione
sarebbe impedita l’auto-organizzazione delle proprie funzioni
amministrative.
Né tali previsioni potrebbero essere ricondotte alla “determinazione dei
livelli essenziali delle prestazioni” che sarebbe «cosa del tutto diversa
dalla decisione circa le modalità di effettuazione delle assunzioni e il
regime del rapporto di lavoro del personale».
12. – Con ricorso notificato il 19 dicembre 2003 e depositato il 29
dicembre 2003, anche la Regione Siciliana ha impugnato il decreto
legislativo n. 288 del 2003.
Nel ribadire le posizioni già espresse nel ricorso formulato nei confronti
della legge n. 3 del 2003, la Regione afferma che il decreto legislativo
impugnato recherebbe una compiuta e dettagliata disciplina degli Istituti
di ricovero e cura a carattere scientifico che «indebitamente restringe,
se non addirittura annulla, ogni spazio utile per l’esercizio della
potestà normativa regionale, violando altresì le competenze amministrative
alla Regione spettanti in conformità all’art. 118 della Costituzione».
13. – Con ricorso notificato il 27 dicembre 2003 e depositato il 2 gennaio
2004, anche la Regione Emilia-Romagna ha impugnato l’art. 2, commi 1, 2 e
3, l’art. 3, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6, l’art. 4, l’art. 5, l’art. 8, comma
5, l’art. 10, comma 1, ultima frase, l’art. 11, comma 1, l’art. 14, l’art.
15, commi 1 e 2, l’art. 16, commi 1, 2, 3 e 4, l’art. 17, comma 2, nonché
l’art. 19 del d.lgs. n. 288 del 2003.
Argomentazioni sostanzialmente analoghe a quelle esposte nel ricorso
presentato dalla Regione Marche sono alla base delle censure formulate nei
confronti dell’art. 2, commi 1, 2, 3 e dell’art. 11, comma 1.
Per quanto concerne le disposizioni contenute all’art. 3 – che rinviano
alla normativa civilistica per la disciplina del regime giuridico delle
fondazioni IRCCS (comma 1), e regolano la composizione e nomina del
consiglio di amministrazione (comma 2), la nomina del presidente della
Fondazione (comma 3), determinano gli indirizzi per l’autonomia statutaria
e la nomina del direttore generale e del direttore scientifico (comma 4),
la cessazione dei comitati straordinari (comma 6) – e le disposizioni di
cui all’art. 4 – che determina i compiti del collegio sindacale, la sua
composizione e nomina e i requisiti dei membri – la ricorrente ritiene che
tale disciplina, concernente l’organizzazione delle fondazioni,
rientrerebbe nell’ambito di cui all’art. 117, quarto comma, Cost. Ma se
anche si volessero ricondurre le norme impugnate alle materie di cui
all’art. 117, comma terzo, esse sarebbero illegittime “in quanto
dettagliate”, né esse potrebbero considerarsi legittime “in virtù di una
loro ipotetica cedevolezza”, in quanto questa Corte, con le sentenze n.
303 del 2003 e n. 282 del 2002, avrebbe statuito l’inammissibilità di
norme statali di dettaglio cedevoli, «salvo il caso che ciò sia necessario
per assicurare l’immediato svolgersi di funzioni amministrative che lo
Stato ha attratto per soddisfare esigenze unitarie e che non possono
essere esposte al rischio della ineffettività». In via ulteriormente
subordinata, la norma in questione contrasterebbe con l’art. 118 Cost.,
prevedendo una indebita ingerenza ministeriale in compiti di gestione o di
controllo locali.
La ricorrente, ancora, censura l’art. 5 del d.lgs. n. 288 del 2003. Tale
norma, con riguardo agli Istituti non trasformati, prevede che, con atto
di intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, «sono disciplinate le
modalità di organizzazione, di gestione e di funzionamento degli Istituti
di ricovero e cura a carattere scientifico non trasformati in Fondazioni,
nel rispetto del principio di separazione delle funzioni di indirizzo e
controllo da quelle di gestione e di attuazione, nonché di salvaguardia
delle specifiche esigenze riconducibili alla attività di ricerca e alla
partecipazione alle reti nazionali dei centri di eccellenza assistenziale,
prevedendo altresì che il direttore scientifico responsabile della ricerca
sia nominato dal Ministero della salute, sentito il Presidente della
Regione interessata». Tale disposizione violerebbe l’art. 117 Cost., in
quanto attribuirebbe un potere normativo necessariamente secondario alla
Conferenza in una materia (“organizzazione degli IRCCS non trasformati”)
che rientrerebbe nella potestà legislativa residuale regionale o,
comunque, nella potestà legislativa concorrente. In subordine, la norma,
nel prevedere che sia il Ministro della salute a nominare il direttore
scientifico (sentito il Presidente della Regione interessata)
contrasterebbe con l’art. 118 Cost., in quanto consentirebbe una indebita
ingerenza ministeriale in compiti di gestione o di controllo locali.
L’art. 8, comma 5, prevedendo la stipulazione di accordi, convenzioni o la
costituzione o partecipazione a consorzi, società di persone o capitali
con soggetti pubblici e privati “al fine di trasferire i risultati della
ricerca in ambito industriale”, inciderebbe, secondo la ricorrente, su un
oggetto rientrante nella potestà legislativa regionale concorrente, non
trattandosi della disciplina civilistica della proprietà intellettuale
scientifica, ma di strumenti organizzativi per l’incentivazione e la
migliore utilizzazione dei risultati scientifici.
L’art. 10, comma 1, ultima frase, nell’attribuire al Ministero della
salute, nella ripartizione dei fondi di cui all’articolo 12, comma 2, del
d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia
sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421),
la possibilità di riservare apposite quote per il finanziamento di
progetti gestiti mediante organizzazione a rete, lederebbe l’autonomia
amministrativa e finanziaria delle Regioni di cui all’art. 119 Cost.; la
disposizione censurata ridurrebbe le competenze dei livelli di governo
regionali, conferendo compiti amministrativi allo Stato in sede di
assegnazione di progetti che già attualmente «sono assegnati sulla base di
appositi bandi il cui testo è definito mediante Accordo sancito in sede di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le
Province autonome di Trento e di Bolzano». Nel ricorso si precisa,
inoltre, che attualmente la ricerca finalizzata, compresa quella svolta
dagli IRCCS, sarebbe finanziata prevalentemente su fondi di provenienza
regionale e che «pertanto si impone una revisione della relativa
disciplina in senso esattamente opposto a quello dell’art. 10, comma 1,
ultima frase, d.lgs. n. 288/03».
La norma, ancora, violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., nonché il
principio di leale collaborazione, in quanto non prevederebbe un’intesa
con le Regioni nella definizione delle quote da riservare.
L’art. 14 sarebbe illegittimo per violazione dell’art. 118 Cost., in
quanto, disciplinando il procedimento di riconoscimento e attribuendone la
competenza al Ministero della salute, d’intesa con il Presidente della
Regione interessata (art. 14), regolerebbe una funzione amministrativa che
spetterebbe alla legge regionale. Non esisterebbe infatti alcuna esigenza
unitaria tale da imporre una competenza statale “secondo un criterio di
sussidiarietà, proporzionalità e ragionevolezza”.
Analoghe considerazioni varrebbero per l’art. 15, il quale attribuisce al
Ministro della salute la verifica periodica del possesso dei requisiti
necessari per il riconoscimento delle Fondazioni IRCCS, il potere di
scioglimento dei consigli di amministrazione di tali fondazioni e degli
organi degli IRCCS non trasformati, nonché il potere di nomina del
commissario straordinario. Tale norma violerebbe l’art. 118 Cost., in
quanto attribuirebbe al Ministro una funzione amministrativa in assenza di
qualsiasi esigenza unitaria tale da giustificare la necessarietà
dell’intervento statale.
L’art. 16, comma 1, il quale prevede la costituzione, da parte del
Ministro della salute, di “appositi comitati paritetici di vigilanza”,
contrasterebbe con gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., in quanto non
sussisterebbe titolo alcuno per una disciplina statale di allocazione
delle competenze amministrative e per l’esercizio da parte di organi misti
delle funzioni di vigilanza. La Regione Emilia-Romagna, inoltre, censura
la norma in esame in quanto i comitati da essa previsti non sarebbero
effettivamente paritetici, essendo formati da tre membri di nomina
“statale” (due designati dal Ministro della salute e uno dal Ministro
dell’economia) e due di nomina “regionale”.
La ricorrente impugna, ancora, l’art. 17, comma 2, il quale prevede, alla
loro estinzione, la devoluzione allo Stato del patrimonio delle Fondazioni
IRCCS, con successiva destinazione di tale patrimonio, previa intesa tra
il Ministro della salute, il Presidente della Regione interessata e, ove
presenti, i soggetti portatori degli interessi originari, agli altri IRCCS
o Fondazioni IRCCS ubicati nella Regione in cui insiste la sede prevalente
di attività dell’ente estinto, o, in assenza di questi, ad enti pubblici
aventi sede nella Regione stessa, esclusivamente per finalità di ricerca e
assistenza. Tale disposizione contrasterebbe con l’art. 118 Cost. in
quanto prevederebbe un intervento amministrativo statale (l’intesa con il
Ministro della salute) in materia di competenza legislativa residuale
regionale (quella dell’ordinamento degli enti regionali) o, comunque, in
materia di legislazione concorrente, non giustificato da alcuna esigenza
unitaria e tale da pregiudicare, a causa dell’eccessiva rigidità del
criterio della destinazione “esclusiva” in favore di altri istituti
scientifici, il buon andamento dell’amministrazione in un settore di
competenza regionale. L’art. 17, inoltre, violerebbe gli artt. 76 e 118
Cost., in quanto la norma di delega avrebbe previsto la devoluzione
diretta del patrimonio in favore di altri IRCCS, senza il “passaggio
intermedio” attraverso l’amministrazione statale, passaggio che sarebbe
poco chiaro, irragionevole e non giustificato da alcuna esigenza unitaria.
Infine, la Regione censura l’art. 19, laddove prevede che la richiesta di
conferma del carattere scientifico degli Istituti di ricovero e cura
esistenti alla data di entrata in vigore della legge n. 3 del 2003, sia
sottoposta anche al Ministero, rinviando alle disposizioni procedimentali
di cui agli artt. 14 e 15. Tale disposizione violerebbe l’art. 118 Cost.,
in quanto attribuirebbe al Ministro una funzione amministrativa in assenza
di qualsiasi esigenza unitaria tale da giustificare la necessarietà
dell’intervento statale.
14. – In tutti i giudizi si è costituto il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, la quale –
dopo aver ribadito che la disciplina degli IRCCS rientrerebbe nella
competenza legislativa esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo
comma, lettera g), Cost. – afferma che, per quanto attiene alla specifica
disciplina delle fondazioni, essa rientrerebbe nella previsione dell’art.
117, secondo comma, lettera l), Cost. Inoltre, la difesa erariale sostiene
che il decreto legislativo atterrebbe ai settori della ricerca scientifica
e della tutela della salute in cui lo Stato avrebbe competenza
concorrente, competenza della quale non sarebbero stati superati i limiti.
Il mantenimento allo Stato delle funzioni di vigilanza e controllo non
limiterebbe le attribuzioni regionali e comunque tale previsione si
giustificherebbe per la necessità di assicurare l’esercizio unitario delle
funzioni amministrative in tale delicato settore, trovando fondamento
nell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. Tale disposizione
assegnerebbe allo Stato un particolare “compito” di carattere
“trasversale”, nel cui esercizio lo Stato conserverebbe il potere di
dettare standard di protezione uniformi validi in tutte le Regioni e non
derogabili da queste. «Pertanto, ogni qual volta la garanzia di interessi
di rilievo nazionale richieda l’esistenza di regole omogenee in tutto il
territorio della Repubblica», le norme poste in attuazione di tali compiti
sarebbero «efficaci anche se interferenti con le materie attribuite alla
competenza concorrente o residuale delle Regioni».
15. – La Regione Emilia-Romagna, in prossimità dell’udienza, ha presentato
una memoria nella quale contesta che la disciplina degli IRCCS rientri
nella competenza statale in materia civilistica ex art. 117, secondo
comma, lettera l) Cost. Tale rilievo sarebbe infondato, dal momento che
l’art. 2 del decreto manterrebbe ferma la natura pubblicistica di tali
istituti.
Inoltre, il richiamo alla competenza statale di cui all’art. 117, secondo
comma, lettera m), Cost. non sarebbe pertinente, non avendo le norme
censurate alcun collegamento con i livelli essenziali delle prestazioni
concernenti diritti civili e sociali.
16. – La Regione Marche, nella ulteriore memoria depositata, oltre a
ribadire le argomentazioni già svolte, osserva che la previsione contenuta
nell’art. 8, comma 3, del d.lgs. n. 288 del 2003, secondo la quale la
programmazione della ricerca degli IRCCS dovrebbe svolgersi in coerenza
con gli atti di programmazione regionale, ridurrebbe ulteriormente lo
spazio di intervento regionale, pure riconosciuto dall’art. 10, comma 1,
lettera a), della legge 13 maggio 1999, n. 133 (Disposizioni in materia di
perequazione, razionalizzazione e federalismo fiscale), il quale prevede
l’intesa con la Conferenza Stato-Regioni per la determinazione dei criteri
di raccordo dell’attività di tali istituti con la programmazione
regionale, nonché delle modalità di finanziamento delle attività
assistenziali.
Infine, anche la Regione Marche contesta la possibilità di ricondurre le
norme impugnate alla materia di cui all’art. 117, secondo comma, lettera
m), Cost. per il solo fatto che la disciplina in esame concerna anche il
diritto alla salute.
17. – L’Avvocatura dello Stato, nel giudizio promosso dalla Regione Marche
(reg. ric. n. 96 del 2003) ha depositato una memoria nella quale svolge
ulteriori considerazioni in ordine alle censure formulate da tale Regione
avverso il d.lgs. n. 288 del 2003, affermando che le medesime
considerazioni varrebbero anche con riferimento al ricorso proposto dalla
Regione Siciliana – il quale sarebbe peraltro inammissibile per carenza di
interesse e per mancata specificazione delle norme censurate – nonché al
ricorso della Regione Emilia-Romagna.
La difesa erariale afferma che la ricostruzione della natura degli IRCCS
operata dalle ricorrenti non terrebbe conto dell’elemento più qualificante
di tali enti, e cioè del fatto di costituire “centri di eccellenza”,
nonché dell’indispensabile collegamento in una rete di servizi al fine di
conseguire vari obiettivi, tra cui crescenti sinergie tra gli istituti
stessi, l’innalzamento delle loro prestazioni in tutto il Paese, l’accesso
ai programmi europei di ricerca. Tale carattere ne precluderebbe
l’inquadramento nell’ambito delle ordinarie strutture sanitarie. Ciò
sarebbe confermato dall’art. 4 del d.lgs. n. 502 del 1992, il quale
stabilisce la possibilità di costituire gli IRCCS di diritto pubblico in
aziende sanitarie ma con le particolarità procedurali di cui all’art. 11,
comma 1, lettera b) della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo
per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per
la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione
amministrativa), così confermando indirettamente l’autonomia della
struttura organizzativa degli IRCCS.
Quanto alle singole censure, rileva l’Avvocatura che le competenze
regionali non sarebbero lese dal momento che la trasformazione degli
istituti in fondazioni dovrebbe avvenire su istanza della Regione. La
vigilanza statale sarebbe già prevista dalla normativa vigente e si
giustificherebbe in considerazione del fatto che le fonti di finanziamento
sarebbero appunto statali. Le prerogative regionali sulla vigilanza
sarebbero peraltro assicurate dalla previsione di comitati paritetici
(art. 16). In ogni caso, la competenza statale sarebbe giustificata dalla
necessaria uniformità della trasformazione degli IRCCS.
Il carattere dettagliato delle previsioni del d.lgs. n. 288 si
giustificherebbe, poi, con l’esigenza di garantire l’uniformità
organizzativa degli istituti su tutto il territorio nazionale e non
pregiudicherebbe le prerogative regionali in ordine alla programmazione
dell’attività di assistenza. Infondate, infine, sarebbero le censure sulle
norme concernenti il personale degli IRCCS in quanto, rinviando al d.lgs.
n. 502 del 1992 e al d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali
sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni
pubbliche), esse assicurerebbero, nell’ambito degli istituti non
trasformati, uniformità di comportamento e salvaguarderebbero le
competenze regionali delineate da tale normativa.
18. – La Regione Emilia-Romagna, con ricorso notificato il 24 febbraio
2003 e depositato il 4 marzo 2003, ha impugnato, fra gli altri, l’art. 4,
comma 236, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge
finanziaria 2004).
La disposizione in esame prevede che gli IRCCS, al fine di ripianare i
debiti pregressi fino al 31 ottobre 2003, possano procedere alla
alienazione del proprio patrimonio e che «le modalità di attuazione sono
autorizzate con decreto del Ministero della salute, di concerto con il
Ministro dell’economia e delle finanze». Tale disciplina, secondo la
ricorrente, violerebbe gli articoli 117, terzo comma, e 118 Cost. Gli
IRCCS, infatti, sarebbero «enti che rientrano ormai nell’orbita
regionale», in quanto operanti in ambiti di legislazione concorrente,
mentre la disposizione non potrebbe in alcun modo essere considerata un
“principio fondamentale della materia”, con la conseguenza che ogni
decisione volta a consentire o vietare l’alienazione del patrimonio di
tali enti dovrebbe spettare alle Regioni. La norma censurata, inoltre,
contrasterebbe con l’art. 117, sesto comma, Cost., in quanto affiderebbe
al Ministro un potere regolamentare in ambiti di potestà legislativa
concorrente.
19. – In tale giudizio, si è costituto il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, contestando
genericamente i motivi di censura formulati dalla ricorrente.
Nella memoria depositata successivamente, l’Avvocatura dello Stato osserva
che gli IRCCS sarebbero qualificati dal d.lgs. n. 288 del 2003 come “enti
a rilevanza nazionale” e quindi rientrerebbero nella potestà legislativa
esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera g),
Cost. Inoltre, poiché la disposizione censurata atterrebbe alla disciplina
della capacità di agire di tali persone giuridiche, essa rientrerebbe
nella materia dell’ordinamento civile, di cui all’art. 117, secondo comma,
lettera g), Cost.
20. – In data 26 ottobre 2004, anteriormente allo svolgimento dell’udienza
pubblica, la difesa della Regione Siciliana ha depositato un atto in cui
il Presidente della Regione dichiara di rinunciare ad entrambi i ricorsi
proposti. L’Avvocatura dello Stato ha accettato tale rinuncia.
Considerato in diritto
1. – La Regione Siciliana e le Regioni Veneto, Emilia-Romagna e Marche,
con distinti ricorsi (rispettivamente iscritti nel registro ricorsi ai nn.
30, 31, 32 e 34 del 2003), hanno proposto questioni di legittimità
costituzionale (le Regioni Veneto ed Emilia-Romagna insieme ad altre
disposizioni) degli articoli 42 e 43 della legge 16 gennaio 2003, n. 3
(Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione), i
quali delegano il Governo ad emanare un decreto legislativo recante norme
per il riordino della disciplina degli istituti di ricovero e cura a
carattere scientifico di diritto pubblico, per violazione degli artt. 3,
114, 117, terzo e sesto comma, 118, 119 Cost., nonché, per ciò che
riguarda la Regione Siciliana, dell’art. 17, lettere b) e c) dello statuto
regionale, approvato con r.d.lgs. 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione
dello statuto della Regione Siciliana), e convertito in legge
costituzionale con la legge cost. 26 febbraio 1948, n. 2.
La Regione Marche, la Regione Siciliana e la Regione Emilia-Romagna, con
distinti ricorsi (rispettivamente iscritti nel registro ricorsi ai nn. 96
e 98 del 2003, n. 3 del 2004) hanno impugnato l’intero decreto legislativo
16 ottobre 2003, n. 288 (Riordino della disciplina degli Istituti di
ricovero e cura a carattere scientifico, a norma dell’art. 42, comma 1,
della legge 16 gennaio 2003, n. 3), nonché numerose disposizioni che lo
compongono, in relazione agli artt. 3, 76, 117, terzo, quarto e sesto
comma, 118, primo e secondo comma, 119 ed al principio di leale
collaborazione, nonché, per ciò che riguarda la Regione Sicilia, all’art.
17, lettere b) e c) dello statuto regionale.
La Regione Emilia-Romagna con ricorso iscritto al n. 33 del registro
ricorsi del 2004 ha impugnato, in relazione agli artt. 117, terzo comma, e
118 Cost., tra gli altri, l’art. 4, comma 236, della legge 24 dicembre
2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004), il quale consente la
alienazione del patrimonio degli IRCCS, al fine di ripianare i debiti
pregressi fino al 31 ottobre 2003.
2. – Per ragioni di omogeneità di materia, le questioni di legittimità
costituzionale sollevate avverso gli artt. 42 e 43 della legge n. 3 del
2003 e avverso l’art. 4, comma 236, della legge n. 350 del 2003 devono
essere trattate separatamente dalle altre concernenti gli stessi atti
normativi e sollevate con i medesimi ricorsi delle Regioni Veneto ed
Emilia-Romagna, oggetto di distinte decisioni.
Considerata l’identità di materia, nonché la sostanziale analogia delle
questioni prospettate, i giudizi possono essere riuniti per essere
affrontati congiuntamente e decisi con unica sentenza.
3. – In prossimità alla data fissata per l’udienza, la Regione Veneto ha
rinunciato al ricorso n. 31 del 2003 avverso gli artt. 42 e 43 della legge
n. 3 del 2003.
In occasione dell’udienza pubblica la difesa della Regione Siciliana ha
depositato la rinuncia ai ricorsi nn. 30 e 98 del 2003.
Entrambe le rinunce sono state accettate dall’Avvocatura generale dello
Stato, cosicché i relativi giudizi devono essere dichiarati estinti; la
presente decisione avrà dunque ad oggetto le questioni sollevate con i
ricorsi nn. 32, 34, 96 del 2003 e nn. 3 e 33 del 2004.
4. – Numerosi e frammentati appaiono i rilievi di costituzionalità
sollevati. Essi possono essere sintetizzati nei termini seguenti:
I. – l’art. 42 della legge n. 3 del 2003, considerato nel suo complesso,
delegando il Governo a dettare norme di dettaglio volte al riordino degli
Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, anziché fissare
principi fondamentali per l’attuazione del riordino da parte delle
Regioni, violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto si
verterebbe in ambiti materiali affidati alla legislazione concorrente, nei
quali lo Stato dovrebbe limitarsi esclusivamente a porre i principî
fondamentali; ciò, sia che si ritenesse la normativa impugnata incidente
nella materia “tutela della salute”, sia che la si ritenesse incidente
nell’ambito della “ricerca scientifica” (Regione Emilia-Romagna, Regione
Marche);
II. – l’art. 42 della legge n. 3 del 2003, anche ove fosse interpretato
nel senso di abilitare il Governo a dettare soltanto “i principî
fondamentali per il riordino della disciplina” degli Istituti di ricovero
e cura a carattere scientifico, violerebbe comunque l’art. 117, terzo
comma, Cost., in quanto tale interpretazione “adeguatrice” non troverebbe
alcun riscontro concreto nei contenuti della delega, dal momento che i
singoli principî e criteri direttivi posti al legislatore delegato
sarebbero tali da consentirne al Governo uno sviluppo solo mediante
normative di mero dettaglio in materie di legislazione concorrente
(Regione Emilia-Romagna);
III. – l’art. 42, comma 1, lettera a), della legge n. 3 del 2003, nel
disporre che il Governo debba «prevedere e disciplinare […] le modalità e
le condizioni attraverso le quali il Ministro della salute, d’intesa con
la Regione interessata, possa trasformare gli istituti di ricovero e cura
a carattere scientifico di diritto pubblico […] in fondazioni di rilievo
nazionale, aperte alla partecipazione di soggetti pubblici e privati e
sottoposte alla vigilanza del Ministero della salute e del Ministero
dell’economia e delle finanze, ferma restando la natura pubblica degli
istituti medesimi», violerebbe: a) l’art. 117, terzo comma, Cost., in
quanto inciderebbe in ambiti di legislazione concorrente in violazione
delle prerogative regionali, non valendo in senso inverso la previsione
dell’intesa con la Regione interessata, riferita solo alle modalità ed
alle condizioni dell’operare del Ministro; b) l’art. 118 Cost., in quanto
allocherebbe al livello statale le funzioni amministrative connesse alla
trasformazione degli istituti pur essendo del tutto adeguato allo
svolgimento delle stesse il livello regionale (Regione Emilia-Romagna,
Regione Marche);
IV. – l’art. 42, comma 1, lettera b), della legge n. 3 del 2003, nella sua
interezza, costituendo principio della delega rivolta al Governo, e non
principio fondamentale rivolto al legislatore regionale per l’esercizio
della potestà legislativa spettante alle Regioni in ambiti di potestà
concorrente, violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost. (Regione
Emilia-Romagna);
V. – l’art. 42, comma 1, lettera b), della legge n. 3 del 2003, ponendo
una disciplina di dettaglio sulla composizione degli organi di
amministrazione, compresa la riserva della nomina del direttore
generale-amministratore delegato al consiglio di amministrazione, nonché
la nomina del direttore scientifico responsabile della ricerca da parte
del Ministero della salute, sentita la Regione interessata, violerebbe gli
artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., in quanto interverrebbe in materie di
competenza concorrente, quali la tutela della salute e la ricerca
scientifica, costringendo la Regione a dettare una disciplina omogenea a
quella dettata dalla legge statale, senza la possibilità di adottare, pur
nel rispetto dei principî fondamentali, un modello organizzativo autonomo
o comunque diversamente articolato (Regione Emilia-Romagna e Regione
Marche);
VI. – l’art. 42, comma 1, lettera b), della legge n. 3 del 2003, nella
parte in cui impone di assicurare, nell’organo di indirizzo composto da
consiglio di amministrazione e presidente, la rappresentanza paritetica
del Ministero della salute e della Regione “interessata”, violerebbe gli
artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., in quanto determinerebbe una indebita
ingerenza del Ministero in compiti di gestione locali (Regione
Emilia-Romagna);
VII. – l’art. 42, comma 1, lettera b), della legge n. 3 del 2003,
prevedendo la nomina del direttore scientifico responsabile della ricerca
da parte del Ministero della salute, sentita la Regione interessata,
violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto il ruolo meramente
consultivo della Regione in ordine a tale profilo non risponderebbe più
all’inclusione della ricerca scientifica tra le materie di legislazione
concorrente (Regione Emilia-Romagna);
VIII. – l’art. 42, comma 1, lettera c), della legge n. 3 del 2003, nel
prevedere, tra i principi e criteri direttivi, quello di «trasferire ai
nuovi enti, in assenza di oneri, il patrimonio, i rapporti attivi e
passivi e il personale degli istituti trasformati», disponendo altresì che
«il personale già in servizio all’atto della trasformazione può optare per
un contratto di lavoro di diritto privato, fermi restando, in ogni caso, i
diritti acquisiti», violerebbe: gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost.,
comprimendo illegittimamente l’autonomia legislativa regionale, dal
momento che si tratterebbe di una “scelta operativa e organizzativa” che
competerebbe alle Regioni in quanto concernente personale regionale il cui
stato giuridico sarebbe del tutto assimilabile a quello del restante
personale delle aziende sanitarie regionali (Regione Emilia-Romagna e
Regione Marche), ponendosi, altresì, in contrasto con l’art. 3 Cost., in
quanto attribuirebbe un privilegio a beneficio di una categoria di
personale (parametro, quest’ultimo, evocato solo dalla Regione
Emilia-Romagna);
IX. – l’art. 42, comma 1, lettera d), della legge n. 3 del 2003, nel
prevedere, tra i principî e criteri direttivi, quello di «individuare, nel
rispetto della programmazione regionale, misure idonee di collegamento e
sinergia con altre strutture di ricerca e di assistenza sanitaria,
pubbliche e private, e con le università, al fine di elaborare e attuare
programmi comuni di ricerca, assistenza e formazione», violerebbe gli artt.
117, terzo comma, e 118 Cost., in quanto tale disposizione concernerebbe
materie chiaramente rientranti nella competenza regionale, spettando
pertanto alla Regione il potere di coordinamento con le altre strutture di
ricerca e sanitarie (Regione Emilia-Romagna e Regione Marche);
X. – l’art. 42, comma 1, lettera e), della legge n. 3 del 2003, nel
contemplare tra i principî e criteri direttivi, quello di «prevedere
strumenti che valorizzino e tutelino la proprietà dei risultati
scientifici, ivi comprese la costituzione e la partecipazione ad organismi
ed enti privati, anche aventi scopo di lucro, operanti nel settore della
ricerca biomedica e dell’industria, con modalità atte a salvaguardare la
natura no profit delle fondazioni», violerebbe gli artt. 117, terzo comma,
e 118 Cost., in quanto tale disposizione concernerebbe materie chiaramente
rientranti nella competenza regionale, ponendo peraltro un principio che
dovrebbe essere direttamente attuato dalla legge regionale e non dal
Governo mediante decreto legislativo (Regione Emilia-Romagna e Regione
Marche);
XI. – l’art. 42, comma 1, lettera f), della legge n. 3 del 2003,
nell’individuare, tra i principî e criteri direttivi, quello di prevedere
che il Ministro della salute assegni a ciascuna fondazione, o a fondazioni
aggregate a rete, diversi e specifici progetti finalizzati di ricerca,
anche fra quelli proposti dalla comunità scientifica, sulla base dei quali
aggregare scienziati e ricercatori considerando la necessità di garantire
la qualità della ricerca e valorizzando le specificità scientifiche già
esistenti o nelle singole fondazioni ovvero nelle singole realtà locali,
violerebbe: a) gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., in quanto tale
disposizione ridurrebbe le competenze dei livelli di governo regionali,
rispetto a procedimenti già attualmente in essere, dal momento che – a
seguito delle modificazioni del sistema di finanziamento del Fondo
sanitario regionale – la ricerca finalizzata (compresa quella svolta dagli
IRCCS) sarebbe attualmente finanziata prevalentemente su fondi di
provenienza regionale (Regione Emilia-Romagna e Regione Marche); b) l’art.
119 Cost. in quanto, l’attribuzione allo Stato di compiti di definizione
delle risorse per la ricerca, senza il pieno coinvolgimento delle Regioni,
lederebbe le attribuzioni loro costituzionalmente garantite (parametro
evocato solo dalla Regione Marche);
XII. – l’art. 42, comma 1, lettera g), della legge n. 3 del 2003, nel
prevedere, tra i principî e criteri direttivi, quello di «disciplinare le
modalità attraverso le quali applicare i principî di cui al presente
articolo agli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di
diritto privato, salvaguardandone l’autonomia giuridico-amministrativa»,
violerebbe gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., in quanto tale
disposizione concernerebbe materie chiaramente rientranti nella competenza
regionale, ponendo peraltro un principio che dovrebbe essere direttamente
attuato dalla legge regionale e non dal Governo mediante decreto
legislativo (Regione Emilia-Romagna e Regione Marche);
XIII. – l’art. 42, comma 1, lettera i), della legge n. 3 del 2003, nel
prevedere, tra i principî e criteri direttivi, quello di «disciplinare le
modalità attraverso le quali le fondazioni, nel rispetto degli scopi, dei
programmi e degli indirizzi deliberati dal consiglio di amministrazione,
possono concedere ad altri soggetti, pubblici e privati, compiti di
gestione, anche di assistenza sanitaria, in funzione della migliore
qualità e maggiore efficienza del servizio reso», violerebbe gli artt.
117, terzo comma, e 118 Cost., in quanto tale disposizione concernerebbe
materie chiaramente rientranti nella competenza regionale, ponendo
peraltro un principio che dovrebbe essere direttamente attuato dalla legge
regionale e non dal Governo mediante decreto legislativo (Regione
Emilia-Romagna e Regione Marche);
XIV. – l’art. 42, comma 1, lettera m), della legge n. 3 del 2003, nel
prevedere, tra i principî e criteri direttivi, quello di «regolamentare i
criteri generali per il riconoscimento delle nuove fondazioni e le ipotesi
e i procedimenti per la revisione e la eventuale revoca dei riconoscimenti
già concessi, sulla base di una programmazione nazionale riferita ad
ambiti disciplinari specifici secondo criteri di qualità ed eccellenza»,
violerebbe: a) gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., in quanto tale
disposizione non lascerebbe alcuno spazio, a prescindere dalle scelte del
legislatore delegato, per una disciplina regionale (Regione Marche); b)
gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., in quanto tale disposizione
concernerebbe materie chiaramente rientranti nella competenza regionale,
ponendo peraltro un principio che dovrebbe essere direttamente attuato
dalla legge regionale e non dal Governo mediante decreto legislativo
(Regione Emilia-Romagna); c) gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., in
quanto spetterebbe alla Regione il riconoscimento di nuovi enti, nonché la
revoca di tale riconoscimento (Regione Emilia-Romagna); d) gli artt. 117,
terzo comma, e 118 Cost., in quanto tale disposizione verrebbe a ridurre
le competenze dei livelli di governo regionali, rispetto a procedimenti
già attualmente in essere, così come previsti dall’art. 2 del d.lgs. 30
giugno 1993, n. 266 (Riordinamento del Ministero della sanità, a norma
dell’art. 1, comma 1, lettera h), della legge 23 ottobre 1992, n. 421),
come risultante dalla sentenza della Corte costituzionale n. 338 del 1994,
il quale prevede che per il riconoscimento del carattere scientifico degli
enti in questione nonché per la revoca sia almeno sentita la Regione
interessata (Regione Emilia-Romagna e Regione Marche);
XV. – l’art. 42, comma 1, lettera n), della legge n. 3 del 2003, nel
prevedere, tra i principî e criteri direttivi, quello di «prevedere, in
caso di estinzione, la devoluzione del patrimonio in favore di altri enti
pubblici disciplinati dal presente articolo aventi analoghe finalità»,
violerebbe: a) gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., in quanto tale
disposizione non lascerebbe alcuno spazio, a prescindere dalle scelte del
legislatore delegato, per una disciplina regionale (Regione Marche); b)
l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto tale disposizione concernerebbe
materie chiaramente rientranti nella competenza regionale, ponendo
peraltro un principio che dovrebbe essere direttamente attuato dalla legge
regionale e non dal Governo mediante decreto legislativo (Regione
Emilia-Romagna e Regione Marche);
XVI. – l’art. 42, comma 1, lettera p), della legge n. 3 del 2003, nel
contemplare, tra i principî e criteri direttivi, quello di prevedere che
gli istituti “non trasformati ai sensi della lettera a)” adeguino la
propria organizzazione ed il proprio funzionamento ai principi di cui alle
lettere d), e), h) e n), nonché al principio di separazione delle funzioni
di cui alla lettera b), garantendo che l’organo di indirizzo sia composto
da soggetti designati per metà dal Ministro della salute e per l’altra
metà dalla Regione, e dal presidente dell’istituto, nominato dal medesimo
Ministro, e che le funzioni di gestione siano attribuite ad un direttore
generale nominato dal c.d.a., garantendo comunque la autonomia del
direttore scientifico, nominato dal Ministro della salute, sentito il
presidente della regione interessata, violerebbe: a) gli artt. 117, terzo
comma, e 118 Cost., in quanto tale disposizione non lascerebbe alcuno
spazio, a prescindere dalle scelte del legislatore delegato, per una
disciplina regionale (Regione Marche); b) l’art. 117, terzo comma, Cost.
in quanto tale disposizione concernerebbe materie chiaramente rientranti
nella competenza regionale, ponendo peraltro un principio che dovrebbe
essere direttamente attuato dalla legge regionale e non dal Governo
mediante decreto legislativo (Regione Emilia-Romagna); c) l’art. 118 Cost.,
non essendovi ragioni per allocare al livello statale la competenza a
compiere le suddette nomine (Regione Emilia-Romagna);
XVII. – l’art. 43 della legge n. 3 del 2003, nel prevedere che, «al fine
di favorire la ricerca nazionale e internazionale e poter acquisire
risorse anche a livello comunitario, il Ministro della salute, sentita la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le
Province autonome di Trento e Bolzano, individua, con proprio decreto,
l’organizzazione a rete degli istituti di ricovero e cura a carattere
scientifico dedicati a particolari discipline», violerebbe: a) gli artt.
117, terzo comma, e 118 Cost., in quanto tale disposizione verrebbe a
ridurre le competenze dei livelli di governo regionali, rispetto a
procedimenti già attualmente in essere, dal momento che – a seguito delle
modificazioni del sistema di finanziamento del Fondo sanitario regionale –
la ricerca finalizzata (compresa quella svolta dagli IRCCS) è attualmente
finanziata prevalentemente su fondi di provenienza regionale (Regione
Marche, con motivazione riferita a quanto dedotto a proposito delle
lettere d) e f); b) l’art. 117, sesto comma, Cost. in quanto conferirebbe
al Ministro un potere sostanzialmente regolamentare di contenuto
indeterminato (Regione Emilia-Romagna e Regione Marche);
XVIII. – in subordine, l’art. 43 della legge n. 3 del 2003, nel prevedere
che, «al fine di favorire la ricerca nazionale e internazionale e poter
acquisire risorse anche a livello comunitario, il Ministro della salute,
sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e
le Province autonome di Trento e Bolzano, individua, con proprio decreto,
l’organizzazione a rete degli istituti di ricovero e cura a carattere
scientifico dedicati a particolari discipline», violerebbe l’art. 117,
terzo comma, Cost., in quanto, trattandosi di materie affidate alla
legislazione concorrente, l’atto in questione dovrebbe essere adottato
d’intesa con la conferenza Stato-Regioni (Regione Emilia-Romagna e Regione
Marche);
XIX. – il decreto legislativo n. 288 del 2003, e in particolare, gli artt.
1, comma 2, 2, commi 1, 2 e 3, 7, commi 1, 2, 3 e 4, 8, 11, commi 1 e 2,
12, comma 2, violerebbero: a) l’art. 117, terzo comma, Cost., ponendo
norme non qualificabili come “principî fondamentali” in materie di
competenza legislativa concorrente (ossia la “tutela della salute” e la
“ricerca scientifica”); b) l’art. 118 Cost., in quanto comprimerebbero le
competenze amministrative regionali (Regione Marche);
XX. – l’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 288 del 2003, nella parte in cui
riserva in termini generici e astrattamente onnicomprensivi al Ministero
della salute le funzioni di vigilanza e di controllo sulle attività di
ricerca e assistenza svolte dagli IRCCS, violerebbe gli artt. 117, terzo e
sesto comma, e 118, primo e secondo comma, Cost., in quanto non
residuerebbe per la Regione alcuno spazio di disciplina (legislativa e
regolamentare) e di svolgimento delle suddette funzioni (Regione Marche);
XXI. – l’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 288 del 2003, nella parte in cui
attribuisce al Ministro della salute il potere di trasformazione degli
IRCCS ed al Ministero della salute e a quello dell’economia la vigilanza
sulle Fondazioni IRCCS, violerebbe gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost.,
in quanto: a) il potere di allocare le funzioni amministrative nella
materia de qua spetterebbe alla Regione; b) la Regione stessa
costituirebbe il livello adeguato per deliberare e gestire l’eventuale
trasformazione, e per esercitare la vigilanza, non sussistendo esigenze
unitarie idonee a giustificare l’attrazione di tali funzioni a livello
statale (Regione Emilia-Romagna);
XXII. – l’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 288 del 2003, nella parte in cui
attribuisce al Ministero dell’economia (insieme al Ministero della salute)
la vigilanza sulle Fondazioni IRCCS, violerebbe: a) il principio di
ragionevolezza, in quanto tale Ministero sarebbe del tutto estraneo ad
ogni competenza in materia (Regione Emilia-Romagna); b) gli artt. 117,
terzo e sesto comma, e 118, primo e secondo comma, Cost., in quanto non
residuerebbe per la Regione alcuno spazio di disciplina (legislativa e
regolamentare) e di svolgimento delle suddette funzioni (Regione Marche);
XXIII. – l’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 288 del 2003, nella parte in cui
detta una disciplina di dettaglio ed esaustiva sugli enti fondatori e sui
possibili enti partecipanti, rinviando agli statuti la disciplina delle
condizioni e delle modalità della partecipazione, violerebbe: a) gli artt.
117, terzo e sesto comma, e 118, primo e secondo comma, Cost., in quanto
non residuerebbe per la Regione alcuno spazio di esercizio della propria
potestà normativa di rango legislativo e regolamentare (Regione Marche);
b) l’art. 117, quarto comma, Cost., dal momento che, senza lasciare alcuno
spazio alla potestà legislativa regionale, interverrebbe in una materia –
quella della organizzazione delle fondazioni – in relazione alla quale non
sarebbe reperibile alcun titolo di intervento statale e che,
conseguentemente, sarebbe ascrivibile alla competenza residuale delle
Regioni (Regione Emilia-Romagna);
XXIV. – l’art. 2, comma 3, e l’art. 11, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 288 del
2003, nella parte in cui prevedono il trasferimento alle fondazioni IRCCS,
oltre che dei rapporti e del patrimonio, anche del personale degli IRCCS
trasformati, prevedendo altresì la disciplina del rapporto di lavoro di
tale personale, con la possibilità per coloro che risultino già in
servizio di optare per un “contratto di diritto privato entro centottanta
giorni dal decreto di trasformazione” violerebbe: a) l’art. 117, quarto
comma Cost., in quanto, trattandosi di personale regionale il cui stato
giuridico sarebbe del tutto assimilabile a quello del restante personale
degli enti del Servizio sanitario nazionale, tali norme inciderebbero
illegittimamente su ambiti di potestà legislativa residuale regionale
(Regione Emilia-Romagna e Regione Marche), ponendosi, altresì, in
contrasto con l’art. 3 Cost., in quanto attribuirebbe un privilegio a
beneficio di una categoria di personale (parametro, quest’ultimo, evocato
solo dalla Regione Emilia-Romagna); b) l’art. 117, terzo comma, Cost. in
quanto, se anche si volesse ammettere un titolo di legislazione
concorrente, le disposizioni censurate andrebbero ben al di là della
riserva statale concernente i principî fondamentali (Regione Marche); c)
l’art. 118, primo e secondo comma, Cost., in quanto alla Regione sarebbe
impedita l’auto-organizzazione delle proprie funzioni amministrative
(Regione Marche);
XXV. – l’art. 3, comma 1, ultimo periodo, del d.lgs. n. 288 del 2003,
nella parte in cui dispone la applicazione alle Fondazioni IRCCS, per
quanto compatibili con lo stesso decreto legislativo, delle “disposizioni
di cui al Libro I, Titolo II, del codice civile” in materia di persone
giuridiche, violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost. (parametro non
espressamente indicato), in quanto le eventuali lacune normative del
d.lgs. dovrebbero essere colmate dalla legislazione regionale (Regione
Emilia-Romagna);
XXVI. – l’art. 3, commi 1 (salvo l’ultimo periodo) e 5, del d.lgs. n. 288
del 2003, nella parte in cui attribuisce al Ministro della salute
(d’intesa con il Presidente della Regione interessata) il potere di
disporre con decreto la trasformazione degli IRCCS, e nella parte in cui
prevede la nomina, in caso di inerzia del c.d.a., di un commissario ad
acta al fine della adozione dello statuto, da parte del Ministro della
salute, d’intesa con il Presidente della Regione interessata, violerebbe
gli artt. 117, terzo comma e 118 Cost., in quanto: a) il potere di
allocare le funzioni amministrative nella materia de qua spetterebbe alla
Regione; b) la Regione stessa costituirebbe il livello adeguato allo
svolgimento di dette funzioni amministrative, non sussistendo esigenze
unitarie idonee a giustificare la loro attrazione a livello statale
(Regione Emilia-Romagna);
XXVII. – l’art. 3, commi 2, 3, 4 e 6, del d.lgs. n. 288 del 2003,
disciplinando la composizione e la nomina del c.d.a., la nomina del
Presidente della Fondazione, gli indirizzi per la autonomia statutaria, la
nomina del direttore scientifico e la cessazione dei commissari
straordinari, violerebbe l’art. 117, quarto comma, Cost., in quanto,
attenendo all’organizzazione delle fondazioni, rientrerebbero nell’ambito
della competenza legislativa residuale delle Regioni (Regione
Emilia-Romagna);
XXVIII. – in subordine (ove si ritenesse che le disposizioni impugnate
rientrino nell’ambito della materia “tutela della salute” o della materia
“ricerca scientifica”), l’art. 3, commi 2, 3, 4 e 6, del d.lgs. n. 288 del
2003, disciplinando la composizione e la nomina del c.d.a., la nomina del
Presidente della Fondazione, gli indirizzi per la autonomia statutaria, la
nomina del direttore scientifico e la cessazione dei commissari
straordinari, violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto
detterebbe una disciplina non limitata alla determinazione dei principî
fondamentali in un ambito affidato alla competenza legislativa concorrente
(Regione Emilia-Romagna);
XXIX. – in via ulteriormente subordinata, l’art. 3, comma 2, del d.lgs. n.
288 del 2003, nella parte in cui prevede che tre consiglieri di
amministrazione siano nominati dal Ministro della salute, l’art. 3, comma
4, nella parte in cui prevede che il direttore scientifico sia nominato
dal Ministro della salute, sentito il Presidente della Regione e l’art. 4,
comma 3, ove prevede che due membri del collegio sindacale siano designati
dal Ministro della salute e dal Ministro dell’economia, violerebbero
l’art. 118 Cost., prevedendo una indebita ingerenza ministeriale in
compiti di gestione o di controllo locali (Regione Emilia-Romagna);
XXX. – l’art. 4, determinando analiticamente i compiti del collegio
sindacale, la sua composizione e la sua nomina, nonché i requisiti dei
suoi membri, violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto
detterebbe una disciplina di dettaglio, non limitata alla determinazione
dei principî fondamentali in un ambito affidato alla competenza
legislativa concorrente (Regione Emilia-Romagna, Regione Marche);
XXXI. – in via subordinata, l’art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 288 del 2003
ove dispone che due membri del collegio sindacale siano designati dal
Ministro della salute e dal Ministro dell’economia, violerebbe l’art. 118
Cost., prevedendo una indebita ingerenza ministeriale in compiti di
gestione o di controllo locali (Regione Emilia-Romagna, Regione Marche);
XXXII. – l’art. 5 del d.lgs. n. 288 del 2003, nella parte in cui,
disciplinando gli Istituti non trasformati, prevede che, con atto di
intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, «sono disciplinate le modalità
di organizzazione, di gestione e di funzionamento degli Istituti di
ricovero e cura a carattere scientifico non trasformati in Fondazioni, nel
rispetto del principio di separazione delle funzioni di indirizzo e
controllo da quelle di gestione e di attuazione, nonché di salvaguardia
delle specifiche esigenze riconducibili alla attività di ricerca e alla
partecipazione alle reti nazionali dei centri di eccellenza assistenziale,
prevedendo altresì che il direttore scientifico responsabile della ricerca
sia nominato dal Ministero della salute, sentito il Presidente della
Regione interessata», violerebbe l’art. 117 Cost., in quanto attribuirebbe
un potere normativo necessariamente secondario alla Conferenza in una
materia (organizzazione degli IRCCS non trasformati) che rientrerebbe
nella potestà legislativa residuale regionale o, comunque, nella potestà
legislativa concorrente (Regione Emilia-Romagna);
XXXIII. – in subordine, l’art. 5 del d.lgs. n. 288 del 2003, nel disporre
che sia il Ministro della salute a nominare il direttore scientifico
(sentito il Presidente della Regione interessata), violerebbe l’art. 118
Cost., prevedendo una indebita ingerenza ministeriale in compiti di
gestione o di controllo locali (Regione Emilia-Romagna);
XXXIV. – l’art. 7, commi 1, 2, 3 e 4, del d.lgs. n. 288 del 2003, nel
disciplinare analiticamente il patrimonio e il regime giuridico dei beni
delle Fondazioni IRCCS e degli Istituti non trasformati, violerebbe gli
artt. 117, terzo e sesto comma, e 118, primo e secondo comma, Cost., in
quanto non residuerebbe per la Regione alcuno spazio di esercizio della
propria potestà normativa di rango legislativo e regolamentare (Regione
Marche);
XXXV. – l’art. 8 del d.lgs. n. 288 del 2003, nel disciplinare
analiticamente l’attività di ricerca, di assistenza sanitaria e di
formazione delle Fondazioni IRCCS e degli Istituti non trasformati,
violerebbe gli artt. 117, terzo e sesto comma, e 118, primo e secondo
comma, Cost., in quanto non residuerebbe per la Regione alcuno spazio di
esercizio della propria potestà normativa di rango legislativo e
regolamentare (Regione Marche);
XXXVI. – l’art. 8, comma 5, del d.lgs. n. 288 del 2003, nel prevedere la
possibilità per gli istituti e gli enti disciplinati da tale decreto di
stipulare accordi o convenzioni, di costituire e partecipare a consorzi,
società di persone o capitali, con soggetti pubblici e privati di cui sia
accertata la qualificazione e l’identità, al fine di trasferire i
risultati della ricerca in ambito industriale, violerebbe l’art. 117,
terzo comma, Cost., in quanto detterebbe una normativa dettagliata che, in
un ambito di competenza concorrente, non lascerebbe alle Regioni alcun
margine di operatività (Regione Emilia-Romagna);
XXXVII. – l’art. 10, comma 1, ultima frase, del d.lgs. n. 288 del 2003,
nel prevedere il finanziamento dell’attività di ricerca delle Fondazioni
IRCCS e degli Istituti non trasformati mediante gli stanziamenti di cui
all’art. 12, comma 2, del d.lgs. n. 502 del 1992, nonché ad opera delle
Regioni e di altri organismi pubblici, ed aggiungendo che «nella
ripartizione dei fondi di cui al citato decreto legislativo […] sono
riservate apposite quote, annualmente stabilite dal Ministro della salute,
per il finanziamento di progetti gestiti mediante organizzazioni in rete e
sono favorite forme di co-finanziamento», ove tale previsione debba
interpretarsi nel senso che la “riserva” delle quote comporti la “non
ripartizione” delle stesse, violerebbe: a) l’art. 119 Cost., dal momento
che, autorizzando il Ministro della salute a trattenere risorse destinate
a finanziare attività di ricerca rientranti nella competenza regionale,
scegliendo altresì i progetti da finanziare, sarebbe lesivo dell’autonomia
amministrativa e finanziaria della Regione in materia di competenza
legislativa concorrente; b) l’art. 117, terzo comma, Cost., e il principio
di leale collaborazione, per la mancanza di un’intesa con le Regioni sia
nella scelta dei progetti da finanziare sia nella definizione delle quote
da riservare (Regione Emilia-Romagna);
XXXVIII. – in subordine, l’art. 10, comma 1, ultima frase, del d.lgs. n.
288 del 2003, nel prevedere il finanziamento dell’attività di ricerca
delle Fondazioni IRCCS e degli Istituti non trasformati da parte degli
stanziamenti di cui all’art. 12, comma 2, del d.lgs. n. 502 del 1992,
nonché dalle Regioni e da altri organismi pubblici, ed aggiungendo che
«nella ripartizione dei fondi di cui al citato decreto legislativo […]
sono riservate apposite quote, annualmente stabilite dal Ministero della
salute, per il finanziamento di progetti gestiti mediante organizzazioni
in rete e sono favorite forme di co-finanziamento», ove tale previsione
debba interpretarsi nel senso che le quote in questione siano bensì
ripartite tra le Regioni, ma con vincolo di destinazione finalizzato al
“finanziamento di progetti gestiti mediante organizzazioni in rete”,
violerebbe: a) l’art. 119 Cost., dal momento che, prevedendo un fondo a
destinazione vincolata, costituirebbe una illegittima interferenza
nell’autonomia amministrativa e finanziaria della Regione in materia di
competenza concorrente; b) l’art. 117, terzo comma, Cost., e il principio
di leale collaborazione, per la mancanza di un’intesa con le Regioni nella
definizione delle quote da riservare (Regione Emilia-Romagna);
XXXIX. – l’art. 12, comma 2, del d.lgs. n. 288 del 2003, nel subordinare
l’assunzione del personale presso gli IRCCS di diritto privato
all’espletamento di procedure di selezione e valutazione dei candidati
atte a verificarne la professionalità e l’esperienza, e comunque nel
condizionare tale assunzione “al possesso degli stessi requisiti previsti
per le corrispondenti qualifiche degli enti e strutture del Servizio
sanitario nazionale”, violerebbe gli artt. 117, terzo e sesto comma, e
118, primo e secondo comma, Cost., in quanto non residuerebbe per la
Regione alcuno spazio di esercizio della propria potestà normativa di
rango legislativo e regolamentare (Regione Marche);
XL. – l’art. 14 del d.lgs. n. 288 del 2003, attribuendo la competenza del
riconoscimento dei nuovi IRCCS al Ministro della salute, d’intesa con il
Presidente della Regione interessata e previo parere della Conferenza
Stato-Regioni, violerebbe l’art. 118 Cost., in quanto attribuirebbe al
Ministro una funzione amministrativa in assenza di qualsiasi esigenza
unitaria tale da giustificare la necessità dell’intervento statale
(Regione Emilia-Romagna);
XLI. – l’art. 15, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 288 del 2003, che attribuisce
al Ministro della salute il compito di verificare periodicamente il
possesso dei requisiti necessari per il riconoscimento, ed eventualmente,
dopo una diffida all’ente, di confermare o revocare quest’ultimo,
violerebbe l’art. 118 Cost., in quanto attribuirebbe al Ministro una
funzione amministrativa in assenza di qualsiasi esigenza unitaria tale da
giustificare la necessità dell’intervento statale (Regione Emilia-Romagna);
XLII. – l’art. 16, comma 1, del d.lgs. n. 288 del 2003, nella parte in cui
prevede la costituzione, da parte del Ministro della salute, di “appositi
comitati paritetici di vigilanza”, violerebbe gli artt. 117, terzo comma,
e 118 Cost., in quanto non sussisterebbe titolo alcuno per una disciplina
statale di allocazione delle competenze amministrative e per l’esercizio
da parte di organi misti delle funzioni di vigilanza (Regione
Emilia-Romagna);
XLIII. – in subordine l’art. 16, comma 1, del d.lgs. n. 288 del 2003,
nella parte in cui prevede la costituzione, da parte del Ministro della
salute, di “appositi comitati paritetici di vigilanza”, violerebbe gli
artt. 117, terzo comma, e 118 Cost. (parametri non espressamente
indicati), in quanto tali comitati non sarebbero effettivamente
paritetici, essendo formati da tre membri di nomina “statale” (due
designati dal Ministro della salute e uno dal Ministro dell’economia) e
due di nomina “regionale” (Regione Emilia-Romagna);
XLIV. – in via consequenziale (rispetto all’eventuale accoglimento della
censura principale sull’art. 16, comma 1), l’art. 16, comma 2, del d.lgs.
n. 288 del 2003, che disciplina con norme di dettaglio gli atti oggetto
della vigilanza prevista dal comma 1, nonché il relativo procedimento,
violerebbe gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost. (parametri non
espressamente indicati) (Regione Emilia-Romagna);
XLV. – l’art. 16, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 288 del 2003, nell’attribuire
al Ministro della salute, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle
finanze e con il Presidente della Regione, il potere di scioglimento dei
c.d.a. delle Fondazioni IRCCS e degli organi degli IRCCS non trasformati,
nonché il potere di nomina del commissario straordinario, violerebbe
l’art. 118 Cost., in quanto attribuirebbe al Ministro una funzione
amministrativa in assenza di qualsiasi esigenza unitaria tale da
giustificare la necessità dell’intervento statale (Regione Emilia-Romagna);
XLVI. – l’art. 17, comma 2, del d.lgs. n. 288 del 2003, nel prevedere,
alla loro estinzione, la devoluzione allo Stato del patrimonio delle
Fondazioni IRCCS con deliberazione del c.d.a., per essere destinato,
previa intesa tra il Ministro della salute, il Presidente della Regione
interessata e, ove presenti, i soggetti portatori degli interessi
originari, agli altri IRCCS o Fondazioni IRCCS ubicati nella Regione in
cui insiste la sede prevalente di attività dell’ente estinto, o, in
assenza di questi, ad enti pubblici aventi sede nella Regione stessa,
esclusivamente per finalità di ricerca e assistenza, violerebbe: a) l’art.
118 Cost. in quanto prevederebbe un intervento amministrativo statale
(l’intesa con il Ministro della salute) in materia di competenza
legislativa residuale regionale (quella dell’ordinamento degli enti
regionali) o, comunque, in materia di legislazione concorrente, non
giustificato da alcuna esigenza unitaria e tale da pregiudicare – a causa
dell’eccessiva rigidità del criterio della destinazione “esclusiva” in
favore di altri istituti scientifici – il buon andamento
dell’amministrazione in un settore di competenza regionale; b) gli artt.
76 e 118 Cost., in quanto la norma di delega prevedeva la devoluzione
diretta del patrimonio in favore di altri IRCCS, senza il “passaggio
intermedio” attraverso l’amministrazione statale, passaggio che risulta
poco chiaro, irragionevole e non giustificato da alcuna esigenza unitaria
(Regione Emilia-Romagna);
XLVII. – l’art. 19 del d.lgs n. 288 del 2003, nel prevedere che la
richiesta di conferma del carattere scientifico degli IRCCS esistenti alla
data di entrata in vigore della legge n. 3 del 2003 sia sottoposta anche
al Ministero e nel rinviare alle disposizioni procedimentali di cui agli
artt. 14 e 15 del medesimo decreto, violerebbe l’art. 118 Cost., in quanto
attribuirebbe al Ministro una funzione amministrativa in assenza di
qualsiasi esigenza unitaria tale da giustificare la necessarietà
dell’intervento statale (Regione Emilia-Romagna);
XLVIII. – l’art. 4, comma 236, della legge n. 350 del 2003, nella parte in
cui autorizza le Fondazioni IRCCS e gli Istituti non trasformati ad
alienare i beni immobili del proprio patrimonio al fine di ripianare i
debiti pregressi maturati fino al 31 ottobre 2003, stabilendo che «le
modalità di attuazione sono autorizzate con decreto del Ministero della
salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle Finanze»,
violerebbe: a) gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., trattandosi di
“enti che rientrano ormai nell’orbita regionale” in quanto operanti in
ambiti di legislazione concorrente e non potendo costituire la
disposizione un “principio fondamentale della materia”, con la conseguenza
che ogni decisione volta a consentire o vietare l’alienazione del
patrimonio di tali enti dovrebbe spettare alle Regioni; b) l’art. 117,
sesto comma, Cost., in quanto affiderebbe al Ministro un potere
regolamentare in ambiti di potestà legislativa concorrente.
5. – Appare opportuno esaminare in via preliminare le censure concernenti
le disposizioni di cui agli artt. 42 e 43 della legge n. 3 del 2003, dal
momento che la loro considerazione fornisce l’attuale quadro istituzionale
degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, al cui interno
successivamente poter valutare le altre e diverse disposizioni impugnate.
A ciò si aggiunga che trattandosi, quanto meno per ciò che riguarda l’art.
42 della legge n. 3 del 2003, di principî e criteri direttivi di una
delega legislativa, la loro preliminare considerazione riduce naturalmente
la necessità di considerare specificamente alcune censure analoghe,
sollevate anche in relazione alle disposizioni dell’impugnato decreto
delegato n. 288 del 2003.
6. – In via preliminare, occorre dichiarare l’inammissibilità delle
questioni aventi ad oggetto l’art. 42, comma 1, lettera c) della legge n.
3 del 2003 e l’art. 11, commi 1 e 2 del d.lgs. n. 288 del 2003, sollevata
dalla Regione Emilia-Romagna in relazione all’art. 3 Cost. (questioni VIII
in parte qua, e XXIV sub a in parte qua). Come questa Corte ha più volte
chiarito, le Regioni sono legittimate a denunciare la violazione di norme
costituzionali non relative al riparto di competenze con lo Stato solo
quando tale violazione comporti un'incidenza diretta o indiretta sulle
competenze attribuite dalla Costituzione alle Regioni stesse (in tal
senso, si vedano le sentenze n. 287 e n. 286 del 2004; n. 303 del 2003).
Con le censure in esame si lamenta la creazione di un vero e proprio
privilegio in favore di una determinata categoria di dipendenti per ciò
che riguarda la disciplina del loro rapporto di lavoro; in tale
prospettazione, peraltro, non si realizza alcuna incisione, diretta o
indiretta, delle competenze attribuite dalla Costituzione alla Regione
ricorrente e pertanto le questioni devono essere dichiarate inammissibili.
7. – Le questioni di costituzionalità indicate con i numeri I e II non
sono fondate.
Le Regioni ricorrenti, pur senza riferirsi espressamente all’art. 76 Cost.,
in realtà contestano che il Parlamento in materie legislative affidate
alla competenza concorrente di Stato e Regioni, piuttosto che porre
direttamente principî fondamentali, possa delegare il Governo ad adottare
disposizioni con forza di legge per disciplinare la trasformazione degli
istituti di ricovero e cura a carattere scientifico in fondazioni, così
imponendo al Governo di porre in essere normative di dettaglio.
Deve in contrario essere evidenziato come la giurisprudenza di questa
Corte sia ferma nell’ammettere la possibilità dell’utilizzazione della
normazione mediante il procedimento di delega legislativa al fine di
dettare i principî fondamentali di cui al terzo comma dell’art. 117 Cost.,
dal momento che questi ultimi possiedono caratteristiche e livelli di
specificità in astratto compatibili con il menzionato procedimento
normativo (cfr., fra le altre, le sentenze n. 50 del 2005, n. 280 del 2004
e n. 359 del 1993). Ciò, naturalmente, fermo restando il necessario
rispetto del limite dei principî fondamentali che la normazione statale
esplicantesi nelle forme indicate dall’art. 76 Cost. incontra nei diversi
ambiti materiali individuati dal terzo comma dell’art. 117 Cost.
8. – Le Regioni ricorrenti censurano altresì l’eccessiva analiticità dei
principî e criteri direttivi contenuti nelle disposizioni di delega, o
addirittura l’inserimento in essa di disposizioni di dettaglio, fonti di
conseguente radicale compressione dei poteri legislativi regionali in
materia; contestano, inoltre, l’attribuzione di numerosi e rilevanti
poteri amministrativi ad organi statali in materie di competenza delle
Regioni.
Pregiudiziale ad ogni valutazione delle questioni sollevate è quindi la
individuazione dell’ambito materiale sul quale intervengono le
disposizioni censurate nel contesto del riparto di competenze stabilito
nel Titolo quinto della seconda parte della Costituzione: da quest’ultimo
punto di vista, occorre evidentemente partire dall’innovazione introdotta
dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V
della parte seconda della Costituzione), che ha esplicitamente attribuito
alla competenza legislativa concorrente delle Regioni, di cui al nuovo
terzo comma dell’art. 117 Cost., sia la “ricerca scientifica” sia la
“tutela della salute”; ciò in quanto, fino ad allora, proprio la esclusiva
competenza statale in materia di “ricerca scientifica” aveva legittimato
la solo parziale riconduzione di questi enti pubblici, pur certamente
operanti anche nell’area sanitaria, all’ambito delle istituzioni sanitarie
di competenza delle Regioni.
In effetti, la soluzione normativa raggiunta sotto la vigenza del
precedente art. 117 Cost. (che – come ben noto – enumerava fra le materie
di competenza legislativa delle Regioni la sola materia “assistenza
sanitaria ed ospedaliera”) poteva distinguere agevolmente dagli ordinari
enti sanitari la particolare posizione degli enti pubblici che, pur
operanti nel settore dell’assistenza sanitaria, erano essenzialmente
caratterizzati dalla loro attività di ricerca scientifica nell’ambito
sanitario: da ciò la riconduzione solo parziale di questi ultimi enti alla
competenza regionale, limitata alle sole attribuzioni di tipo
assistenziale delle Regioni, mentre la loro predominante caratterizzazione
di enti di ricerca sanitaria giustificava la loro disciplina da parte del
legislatore statale ed il perdurante esercizio di molteplici poteri
amministrativi su di essi da parte dei diversi organi ministeriali (si
vedano, in tal senso, anche le sentenze di questa stessa Corte n. 338 del
1994, n. 356 del 1992, n. 285 del 1974 e n. 176 del 1971).
Peraltro, pur in questo contesto di affermata competenza statale sugli
istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, a causa della loro
evidente connessione – sia in generale sia nei diversi contesti
territoriali – con il sistema degli ordinari enti sanitari, la stessa
legislazione dello Stato prevedeva alcune (pur limitate) forme di
coinvolgimento delle Regioni nella loro disciplina e nel loro
funzionamento; né può essere dimenticato che questa Corte era intervenuta
in materia con la sentenza n. 338 del 1994, nella quale, pur confermando
la natura statale degli istituti, aveva rafforzato le forme di
coinvolgimento delle Regioni previste dalla normativa ad essi inerente.
Nel nuovo quadro costituzionale, caratterizzato dall’inserimento
nell’ambito della legislazione concorrente di cui al terzo comma dell’art.
117 Cost. anzitutto della materia “tutela della salute”, assai più ampia
rispetto alla precedente materia “assistenza ospedaliera”, ed inoltre
della materia “ricerca scientifica”, non può dubitarsi che di norma tutti
gli enti pubblici operanti in queste materie di competenza delle Regioni
siano oggetto della corrispondente potestà legislativa regionale (la quale
deve peraltro svolgersi, ovviamente, nell’ambito dei principî fondamentali
determinati dal legislatore statale), dal momento che la loro previsione e
disciplina rappresenta una delle possibili opzioni organizzative per
conseguire le finalità prescelte dall’ente costituzionalmente responsabile
nella materia o nelle materie interessate.
9. – Quanto appena esposto implicitamente esclude che la normativa oggetto
del presente giudizio possa essere ricondotta al titolo di legittimazione
della potestà legislativa statale costituito dall’art. 117, secondo comma,
lettera g), Cost., con la conseguenza di una radicale esclusione delle
Regioni dalla disciplina degli istituti di ricovero e cura a carattere
scientifico.
D’altronde tale tesi, pur ampiamente sviluppata dall’Avvocatura generale
dello Stato, non appare sorretta da argomentazioni condivisibili e non
sembra neppure essere stata assunta come criterio di riferimento dallo
stesso legislatore statale sia negli artt. 42 e 43 della legge n. 3 del
2003 che nel decreto legislativo n. 288 del 2003.
La competenza dello Stato a legiferare nella materia “ordinamento e
organizzazione amministrativa degli enti pubblici nazionali” contemplata
nella richiamata lettera g) del secondo comma dell’art. 117 Cost. non può
assumere le caratteristiche di un titolo “trasversale” in grado di
legittimare qualsivoglia intervento legislativo indipendentemente dalle
specifiche funzioni che ad un determinato ente pubblico vengano in
concreto attribuite e dalle materie di competenza legislativa cui tali
funzioni afferiscano.
Come accennato, infatti, la profonda modificazione dei criteri di riparto
fra le competenze legislative dello Stato e delle Regioni comporta, in via
di principio, che la scelta di prevedere e disciplinare enti pubblici
strumentali al conseguimento delle diverse finalità pubbliche perseguite
spetti al legislatore competente a disciplinare le funzioni ad essi
affidate e che, dunque, lo Stato possa prevedere e disciplinare enti
pubblici nazionali in tutti i casi in cui disponga di una competenza
legislativa non limitata ai principî fondamentali. In altre parole, il
legislatore statale può istituire enti pubblici – e conseguentemente
utilizzare la lettera g) del secondo comma dell’art. 117 Cost. per
dettarne la relativa disciplina ordinamentale e organizzativa – solo
allorché affidi a tali enti funzioni afferenti a materie di propria
legislazione esclusiva, oppure nei casi in cui, al fine di garantire
l’esercizio unitario di determinate funzioni che pur sarebbero di normale
competenza delle Regioni o degli enti locali – avendole valutate come non
utilmente gestibili a livello regionale o locale –, intervenga in
sussidiarietà proprio mediante la previsione e la disciplina di uno o più
appositi enti pubblici nazionali. Peraltro, un intervento come quello
appena accennato, al fine di evitare un improprio svuotamento delle nuove
prescrizioni costituzionali, esige non solo l’attenta valutazione
dell’effettiva sussistenza delle condizioni legittimanti (necessarietà
dell’attrazione al livello statale della funzione e della relativa
disciplina regolativa, nonché idoneità, pertinenza logica e
proporzionalità di tale disciplina rispetto alle esigenze di regolazione
della suddetta funzione), ma anche la previsione di adeguate forme di
coinvolgimento delle Regioni interessate, secondo i moduli di leale
collaborazione più volte indicati come ineliminabili da questa Corte (cfr.,
fra le altre, le sentenze. n. 6 del 2004 e n. 303 del 2003).
Il numero degli istituti pubblici di ricovero e cura a carattere
scientifico attualmente esistenti, i loro risalenti rapporti con il
sistema delle autonomie territoriali dovuti alla localizzazione sul
territorio, nonché la relativa eterogeneità delle attività in concreto
svolte, mettono in evidenza che in questo settore ben difficilmente
potrebbe essere superato lo stretto controllo di ragionevolezza sulla
effettiva esistenza di una situazione tale da giustificare la attrazione a
livello statale delle funzioni e della relativa disciplina. Lo stesso
legislatore statale non sembra aver compiuto una scelta del genere, dal
momento che le disposizioni di delega rendono evidente che era consapevole
di intervenire in una materia caratterizzata da un intreccio di competenze
statali e regionali (cfr. art. 42, comma 1, lett. a), e comma 2 della
legge n. 3 del 2003).
D’altra parte queste valutazioni sono confermate anche dai lavori
preparatori del decreto di attuazione della delega, che ha seguito il
procedimento prescritto dal secondo comma dell’art. 42 della legge n. 3
del 2003: avendo, infatti, il Governo definito gli IRCCS “enti nazionali”
nello schema di decreto legislativo inviato alle Camere ed alla Conferenza
Stato-Regioni per i necessari pareri prima dell’esercizio del potere
legislativo ad esso delegato, sia la Commissione igiene e sanità del
Senato che la Conferenza Stato-Regioni ed i Presidenti delle Regioni hanno
esplicitamente contestato che una previsione del genere fosse contenuta
nelle disposizioni di delega. In particolare, la dodicesima Commissione
del Senato ha rilevato che «all’art. 1, comma 1, è necessario eliminare la
definizione degli IRCCS quali ‘enti nazionali’. Questa definizione non è
presente nella delega (art. 42 della legge 16 gennaio 2003, n. 3) e
porterebbe gli IRCCS nell’ambito della competenza legislativa esclusiva
dello Stato» (cfr. Senato della Repubblica, dodicesima Commissione, 30
luglio 2003).
In modo del tutto simile su questo punto si erano già espresse la
Conferenza Stato-Regioni e la Conferenza dei Presidenti delle Regioni e
delle Province autonome in data 24 luglio 2003, aggiungendo che «tale
definizione farebbe ricadere artificiosamente gli IRCCS nella fattispecie
del comma 2, lettera g), dell’art. 117 della Costituzione e quindi tra le
materie sulle quali lo Stato ha legislazione esclusiva».
La definizione contenuta nell’art. 1, comma 1, del decreto legislativo n.
288 del 2003, ove gli IRCCS vengono qualificati “enti a rilevanza
nazionale”, rappresenta quindi la rinuncia alla precedente contestata
definizione di tali istituti come “enti nazionali”, in conformità ai
pareri surricordati; al tempo stesso questa vicenda conferma in termini
inequivocabili il fatto che primari protagonisti delle procedure
legislative abbiano convenuto nella considerazione che il legislatore
delegante non avesse inteso rivendicare la disciplina degli IRCCS
all’esclusiva competenza legislativa dello Stato.
10. – La riconduzione dell’ambito materiale disciplinato dagli artt. 42 e
43 della legge n. 3 del 2003 a due materie contemplate nel terzo comma
dell’art. 117 Cost. permette di procedere nella valutazione dei numerosi
rilievi di costituzionalità sollevati proprio in riferimento all’eccesso
di analiticità che caratterizzerebbe alcuni dei principî e criteri
direttivi, nonché alla attribuzione ad organi statali di numerosi e
rilevanti poteri.
A questo proposito, occorre prendere atto che il potere del legislatore
nazionale di determinare i principî fondamentali delle materie cui si è
ricondotta la disciplina sottoposta al presente giudizio risente
naturalmente in modo significativo sia della complessità e delicatezza
dell’oggetto da disciplinare, sia del tipo di procedimento di
trasformazione o di riordino configurato dalla normativa di cornice.
Occorre altresì sottolineare che, per ciò che riguarda, ad esempio, la
ricerca scientifica, questa Corte ha già avuto occasione di affermare che
l’inclusione di tale materia tra quelle appartenenti alla competenza
concorrente non esclude che lo Stato conservi una propria competenza «in
relazione ad attività di ricerca scientifica strumentale e intimamente
connessa a funzioni statali, allo scopo di assicurarne un miglior
espletamento» e neppure esclude che lo Stato possa – come nelle altre
materie di competenza legislativa regionale – «attribuire con legge
funzioni amministrative a livello centrale, per esigenze di carattere
unitario, e regolarne al tempo stesso l’esercizio», attraverso una
disciplina «che sia logicamente pertinente e risulti limitata a quanto
strettamente indispensabile a tali fini» (così, da ultimo, la sentenza n.
31 del 2005; si vedano, altresì, le già richiamate sentenze n. 6 del 2004
e n. 303 del 2003). Ciò rende possibile allo Stato, nelle materie di
legislazione concorrente, andare al di là di quanto possono disciplinare
ordinariamente le leggi cornice, per tutelare al tempo stesso in modo
diretto anche “esigenze di carattere unitario” ai sensi dell’art. 118,
primo comma, Cost., seppur evidentemente nei limiti e con le necessarie
forme collaborative cui fa riferimento la giurisprudenza costituzionale in
materia.
La stessa titolazione dell’art. 42 della legge n. 3 del 2003 indica che la
normativa di cornice delegata dal legislatore nazionale concerne “la
trasformazione degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico
in fondazioni”, e cioè un procedimento del tutto innovativo e che per di
più opera con riferimento ad un nuovo tipo di soggetto giuridico (la
Fondazione IRCCS di diritto pubblico) che è nella esclusiva disponibilità
del legislatore statale, dal momento che corrisponde ad una nuova
tipologia di persona giuridica che esige necessariamente una disciplina
uniforme della sua fondamentale caratterizzazione organizzativa.
Se quindi si considera unitariamente la normale area delle normative di
cornice specie in un settore come quello relativo alla ricerca scientifica
in campo medico, la necessità di disciplinare un procedimento uniforme di
trasformazione degli IRCCS esistenti in un nuovo tipo di soggetto
pubblico, caratterizzato da un rinnovato modello organizzativo destinato a
soddisfare le esigenze di funzionamento a rete, la opportunità di
riservare ad organi statali alcuni – pur limitati e condivisi con le
Regioni – poteri amministrativi di attuazione di questo rinnovato sistema
di organizzazione e di gestione, la ineludibile permanenza di alcune
specifiche responsabilità di organi statali in materie complementari (come
quelle inerenti i rapporti con l’ordinamento comunitario e con
l’ordinamento internazionale), può ben comprendersi come la grande
maggioranza dei rilievi di costituzionalità avanzati dalle ricorrenti in
riferimento agli artt. 42 e 43 siano infondati.
In particolare, la delega legislativa contiene alcuni principî e criteri
concernenti la previsione di fondamentali caratteristiche organizzative
comuni di questo nuovo tipo di fondazioni, i rapporti fra di esse,
necessitati dalla loro complessiva funzione di assicurare “la ricerca
nazionale ed internazionale” nel settore sanitario (cui accenna l’art. 43
della legge n. 3 del 2003), nonché il regime giuridico degli IRCCS non
trasformati; ciò comporta l’infondatezza (salvo quanto verrà esaminato al
paragrafo seguente con specifico riferimento ad alcune puntuali
prescrizioni in contrasto con la attuale natura degli istituti) delle
questioni di costituzionalità dell’art. 42, lettere b), c), d), e), i) e
m), contraddistinte con i numeri IV, V (per la parte che si riferisce alla
composizione degli organi di amministrazione), VIII, IX, X, XIII, XV.
La legittima disciplina da parte del legislatore statale del processo di
trasformazione degli IRCCS pubblici in apposite fondazioni di diritto
pubblico a sua volta giustifica (diversamente da quanto asserito dalle
ricorrenti) che venga prevista nella delega anche la disciplina
dell’assetto giuridico degli IRCCS non trasformati o degli IRCCS di
diritto privato, in quanto parte di un complessivo processo di
trasformazione, che non può non riguardare anche le figure affini o
residuali. Sono perciò infondate anche le censure concernenti l’art. 42,
comma 1, lettera g) e lettera p), di cui alle questioni XII e XVI, sub a e
sub b.
Del pari infondate sono le questioni di costituzionalità di cui ai numeri
III, V (per la parte che si riferisce alla nomina del direttore
scientifico), VII, XI, sub a), XIV, XVI, sub c (per la parte che si
riferisce alla nomina del direttore scientifico), XVII e XVIII.
Tutte queste ultime questioni partono dalla premessa che sarebbe
ingiustificabile, ai sensi degli artt. 117 e 118 Cost., la riserva ad
organi statali di poteri amministrativi o normativi in materia di IRCCS o
che comunque essi, ove in ipotesi dovessero essere ammessi, dovrebbero
essere accompagnati dalla previsione di adeguate forme di leale
collaborazione.
Trattandosi di fattispecie tra loro diverse, occorre riferirsi
separatamente ai diversi principî e criteri di delega contestati dalle
Regioni ricorrenti. Innanzitutto, la lettera a) del primo comma dell’art.
42 della legge 3 del 2003 (questioni III, sub a e sub b) individua nel
“Ministro della salute, d’intesa con la Regione interessata” il soggetto
preposto alla trasformazione degli IRCCS esistenti in Fondazioni di
rilievo nazionale: scelta che non appare irragionevole, dal momento che
occorre evidentemente garantire una sostanziale uniformità di valutazione,
mentre la necessità dell’intesa con la Regione assicura la partecipazione
paritaria della Regione direttamente interessata.
Il contenuto di questa disposizione permette anche di superare i dubbi che
possano sorgere dalla mera lettura della lettera m) del primo comma
dell’art. 42 della legge n. 3 del 2003, che delega il Governo a
disciplinare «i criteri generali per il riconoscimento delle nuove
fondazioni e le ipotesi e i procedimenti per la revisione e la eventuale
revoca dei ricoscimenti già concessi» (questioni XIV, sub a, sub b, sub c
e sub d). Le disposizioni delegate, infatti, non potranno che riprodurre,
negli specifici contesti previsti dalla delega legislativa, i ruoli
fondamentali previsti dalla disposizione relativa alla trasformazione
degli IRCCS esistenti, con particolare riferimento al ruolo del Ministro
ed alla necessaria intesa della Regione interessata; e d’altra parte, ciò
è quanto è avvenuto nell’attuazione della delega (si vedano, in
particolare, gli artt. 14 e 15 del d.lgs. n. 288 del 2003).
Anche la previsione, contenuta nell’art. 43 della legge n. 3 del 2003,
secondo cui spetta al Ministro della salute la determinazione
dell’“organizzazione a rete degli istituti di ricovero e cura a carattere
scientifico dedicati a particolari discipline”, seppur “sentita la
Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le Regioni e le
Province autonome di Trento e di Bolzano” (questioni XVII, sub a e sub b,
e questione XVIII), risponde ad una scelta non implausibile e compatibile
con gli artt. 117 e 118 Cost., dal momento che responsabilità del genere
sembrano spettare naturalmente ad un organo che riesca ad avere una
visione d’insieme della complessiva capacità e specificità degli IRCCS,
anche in relazione alle mutevoli tendenze della ricerca scientifica in
materia sanitaria a livello internazionale ed a livello comunitario. Tali
considerazioni valgono a rendere ragione anche del motivo per il quale si
prevede in materia una forma meno rigida di partecipazione regionale
all’esercizio del potere del Ministro della salute.
Proprio in questo ruolo particolare riconosciuto al Ministro in tema di
garanzia di una visione unitaria sul piano della ricerca scientifica
dell’intera rete degli IRCCS, trovano giustificazione sia il potere del
Ministro di affidare “diversi e specifici progetti finalizzati di ricerca”
ai diversi IRCCS (art. 42, comma 1, lettera f) della legge n. 3 del 2003),
(questioni XI, sub a, e sub b), sia il potere del Ministro di nominare,
“sentita la Regione interessata”, il “direttore scientifico responsabile
della ricerca”, tanto negli IRCCS trasformati in fondazioni, quanto in
quelli non trasformati (lettere b) e p) del comma 1 dell’art. 42 della
legge n. 3 del 2003) (questioni V, per la parte che si riferisce alla
nomina del direttore scientifico; VII e XVI sub c, per la parte che si
riferisce alla nomina del direttore scientifico).
11. – Fondate risultano, invece, le censure concernenti l’art. 42, comma
1, lettera b) (questione VI) e lettera p) (questione XVI, sub c),
limitatamente alla parte in cui contengono vincoli relativi alla
composizione del consiglio di amministrazione delle Fondazioni ed alla
rappresentanza paritetica in questo Consiglio “del Ministero della salute
e della Regione interessata”, nonché alla composizione paritetica fra
rappresentanti regionali e ministeriali del Consiglio di indirizzo degli
IRCCS non trasformati e alla nomina da parte del Ministro della salute del
Presidente dell’Istituto non trasformato.
Infatti, la intervenuta modificazione del Titolo V della Costituzione, ed
in particolare il riconoscimento di una competenza legislativa di tipo
concorrente delle Regioni sia in tema di “ricerca scientifica” che di
“tutela della salute”, non legittima ulteriormente una presenza
obbligatoria per legge di rappresentanti ministeriali in ordinari organi
di gestione di enti pubblici che non appartengono più all’area degli enti
statali, né consente di giustificare in alcun modo, in particolare sotto
il profilo del rispetto della competenza a dettare i principî
fondamentali, che il legislatore statale determini quali siano le
istituzioni pubbliche che possano designare la maggioranza del consiglio
di amministrazione delle fondazioni.
Pertanto, va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’alinea b) del
comma 1 dell’art. 42, limitatamente alle parole «Ministero della salute,
regioni e comuni, con rappresentanza paritetica del Ministero della salute
e della regione interessata», e dell’alinea p) del medesimo comma 1
dell’art. 42, limitatamente alle parole «designati per la metà dal
Ministro della salute e per l’altra metà dal Presidente della Regione»
nonché, con riferimento al Presidente dell’istituto, alle parole «nominato
dal Ministro della salute».
12. – Le dichiarazioni di incostituzionalità dei principî e criteri
direttivi contenuti nelle disposizioni di delega incidono solo su parti
marginali del decreto legislativo n. 288 del 2003 e permettono quindi di
esaminare le diverse questioni sollevate dalle Regioni ricorrenti in
riferimento a questo testo normativo. Testo che va considerato, sulla base
di quanto asserito in precedenza, come una normativa di cornice, seppur
alquanto analitica, in quanto riferita ad una categoria di enti operanti
in un settore di particolare rilevanza anche a livello nazionale e
comunque sottoposti ad un innovativo procedimento di modernizzazione e
trasformazione.
13. – Preliminarmente devono essere dichiarate inammissibili le censure
indicate al n. XIX (Regione Marche), dal momento che la ricorrente si
limita a prospettare generiche doglianze concernenti la asserita lesione
della propria potestà legislativa concorrente e delle proprie competenze
amministrative nei confronti di un insieme di disposizioni del d.lgs. n.
288 del 2003 dal contenuto estremamente variegato ed eterogeneo, senza la
necessaria individuazione degli specifici contenuti normativi che si
porrebbero in contrasto con i parametri evocati.
14. – Un gruppo di censure (XXIII, XXIV, XXVII, XXVIII, XXIX, XXX e XXXI)
denuncia essenzialmente un eccesso di analiticità di molte disposizioni
contenute nel decreto legislativo con specifico riferimento ai profili
organizzativi delle Fondazioni e degli IRCCS non trasformati: peraltro,
come già accennato al punto 10, la previsione di una nuova tipologia di
persona giuridica, la Fondazione IRCCS di diritto pubblico, esige
necessariamente una disciplina uniforme della sua fondamentale
caratterizzazione organizzativa, pur nel riconoscimento di una sua
autonoma potestà statutaria, così come l’eventuale permanenza di alcuni
IRCCS che non si possano trasformare in Fondazioni richiede che ad essi si
dia comunque un sicuro assetto organizzativo, di cui finora non
disponevano a causa delle loro complesse e tormentate evoluzioni
normative. Da quest’ultimo punto di vista, vanno respinti i rilievi
concernenti l’art. 2, commi 2 e 3, e l’art. 11 del d.lgs. n. 288 del 2003
(questioni XXIII e XXIV), con cui si censura la disciplina degli enti
fondatori e dei possibili enti partecipanti, nonché del legame di
continuità fra le nuove Fondazioni e gli IRCCS di cui rappresentano la
trasformazione. Le disposizioni di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 288 del
2003 appaiono tutt’altro che irragionevoli dinanzi ad un procedimento di
trasformazione complessivo degli IRCCS pubblici attualmente esistenti in
un nuovo tipo di ente di diritto pubblico, e, d’altra parte, lasciano
spazio ad una serie di specificazioni che potranno essere operate tramite
la potestà statutaria delle Fondazioni.
Sono, invece, in parte fondate le questioni di cui ai numeri XXVII, XXVIII,
XXIX, XXX, XXXI, limitatamente alla denunciata eccessiva analiticità delle
disposizioni relative alla composizione e designazione dei consigli di
amministrazione, dei Presidenti e dei collegi sindacali delle Fondazioni;
le disposizioni contenute nell’art. 3, commi 2 e 3, e nell’art. 4, comma
3, del d.lgs. n. 288 del 2003, appaiono ingiustificatamente dettagliate e
quindi invasive, ad un tempo, sia dell’area di autonomia statutaria
riconosciuta alle Fondazioni, che dell’ambito lasciato all’eventuale
esercizio della potestà legislativa regionale. Al tempo stesso, queste
disposizioni sono incostituzionali nella parte in cui – come già rilevato
al paragrafo 11 in relazione ad alcuni analoghi criteri direttivi
contenuti nell’art. 42 della legge n. 3 del 2003 – pretendono di
riservare, mediante obblighi legislativi, alcune designazioni ministeriali
in ordinari organi di gestione o di controllo di enti pubblici che non
appartengono più all’area degli enti statali.
Su questa base, deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale
dell’art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 288 del 2002, limitatamente alle
parole: «dei quali tre designati dal Ministro della salute, tre dal
Presidente della Regione e uno dal Comune in cui insiste la sede
prevalente di attività clinica e di ricerca, se si tratta di Comune con
più di diecimila abitanti, ovvero dalla Conferenza dei Sindaci, qualora il
Comune abbia dimensione demografica inferiore».
Del pari deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale del comma 3
del medesimo articolo, limitatamente alle parole «nominati dal Ministro
della salute e dal Presidente della Regione».
Per le medesime ragioni, ai sensi dell’art. 27 della legge n. 87 del 1953
(Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale),
deve essere dichiarata in via consequenziale l’illegittimità
costituzionale dell’art. 13, comma 1 del d.lgs. n. 288 del 2003,
limitatamente al terzo e al quarto periodo.
Deve, inoltre essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art.
4, comma 3, del d.lgs. n. 288 del 2003, limitatamente alle parole «di cui
due designati dalla Regione, uno designato dal Ministro dell’economia e
delle finanze, uno dal Ministro della salute e uno dall’organismo di
rappresentanza delle autonomie locali. In casi di strutture nelle quali
insiste la prevalenza del corso formativo della Facoltà di medicina e
chirurgia ai sensi dell’art. 13, comma 1, il membro designato dalle
autonomie locali viene sostituito da un membro designato dal Rettore
dell’Università».
15. – Analoghi rilievi vengono prospettati in riferimento alle
disposizioni che impongono particolari ed uniformi caratteristiche alle
Fondazioni sul piano della loro organizzazione amministrativa, del
raccordo fra di esse in rete, del finanziamento, del regime giuridico del
loro personale (questioni nn. XXXIV, XXXV, XXXVI, XXXVII sub b, XXXVIII
sub b, XXXIX); peraltro, ove si assuma come scelta caratterizzante del
legislatore nazionale la affermata necessità di un rinnovato modello di
Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico come enti autonomi
altamente specializzati sia sul piano della ricerca che del ricovero e
cura, ma al tempo stesso capaci di operare in coordinamento tra loro anche
su impulso a livello statale (si vedano in particolare l’art. 1, comma 1,
e gli artt. 8, 9, del d.lgs. n. 288 del 2003, nonché lo stesso art. 43
della legge n. 3 del 2003), possono ritenersi non implausibili e
pienamente compatibili con il riparto di competenze definito negli artt.
117 e 118 Cost. le scelte, pur alquanto innovative, imposte all’intera
categoria di queste istituzioni.
Per ciò che riguarda specificamente l’art. 10 del d.lgs. n. 288 del 2003
(questioni nn. XXXVII sub a e XXXVIII sub a), la Regione Emilia-Romagna
censura non già il meccanismo fondamentale di finanziamento degli IRCCS,
caratterizzato dalla utilizzazione dei finanziamenti di cui all’art. 12,
comma 2, del d.lgs. n. 502 del 1992, ma solo la possibilità che parte di
questi fondi siano destinati dal Ministro al “finanziamento di progetti
gestiti mediante organizzazione a rete”. Peraltro, quanto già espresso al
paragrafo 10 in relazione all’art. 43 della legge n. 3 del 2003 ed al
criterio direttivo di cui all’art. 42, comma 1, lettera f), della medesima
legge, rende evidente l’insussistenza di ragioni di incostituzionalità per
una previsione del genere, che concretizza uno degli strumenti attribuiti
al Ministro della salute sulla base dell’art. 118, primo comma, Cost.
16. – Altre censure (questioni nn. XXI, XXVI, XXXIII, XL, XLI, XLV, XLVI,
XLVII) si riferiscono alla asserita insussistenza di esigenze unitarie che
possano legittimare la attribuzione di una serie di funzioni
amministrative ad organi statali ed alla carenza comunque in queste
ipotesi, ove siano ammissibili, di idonee forme di coinvolgimento delle
Regioni interessate in questi procedimenti.
Tali questioni risultano non fondate.
Il richiamo a quanto già affermato al punto 10 permette di giustificare
l’adozione di alcune delle disposizioni impugnate; ciò è anzi del tutto
necessitato per quanto riguarda la nomina dei direttori scientifici da
parte del Ministro della salute, “sentito il Presidente della Regione
interessata”, sia nelle fondazioni che negli IRCCS non trasformati (di cui
all’art. 3, comma 4, e all’art. 5 del d.lgs. n. 288 del 2003), dal momento
che tali disposizioni costituiscono mera attuazione del criterio direttivo
contenuto nelle lettere b) e p) dell’art. 42, comma 1, della legge n. 3
del 2003 ed oggetto di questo giudizio.
Peraltro, più in generale, nel paragrafo 10 si è affermata la
compatibilità costituzionale, ai sensi dell’art. 118 Cost., di un ruolo
significativo riconosciuto al Ministro della salute nei processi di
gestione di questa legge, al fine di garantire una adeguata uniformità e
la tutela di alcuni interessi unitari esistenti, seppure a condizione che
parallelamente siano configurati significativi istituti di partecipazione
delle Regioni interessate. Numerose disposizioni del decreto legislativo
prevedono poteri ministeriali e procedure di leale collaborazione fra
Stato e Regioni e ciò non solo nella fondamentale fase della adozione
dello statuto, ma anche nel riconoscimento di nuovi IRCCS, nella conferma
o revoca del riconoscimento, nello scioglimento degli organi delle
Fondazioni e degli IRCCS non trasformati, nella nomina dei commissari,
nelle procedure di devoluzione dei patrimoni degli IRCCS estinti, nella
conferma provvisoria del carattere scientifico degli Istituti esistenti (cfr.,
in particolare, artt. 2, 3, 5, 14, 15, 16, 17, 19 del d.lgs n. 288 del
2003). Tali poteri, tuttavia, sono opportunamente affiancati dalla
previsione di una necessaria intesa fra il Ministro ed il Presidente della
Regione interessata.
Quanto specificamente alle censure concernenti l’art. 17, comma 2, del
d.lgs. n. 288 del 2003 anche in relazione all’ipotizzata esorbitanza dai
vincoli imposti dal legislatore delegante (questione n. XLVI sub b), la
dichiarazione di infondatezza trova altresì fondamento nel fatto che tale
disposizione costituisce attuazione non irragionevole proprio della delega
di cui all’art. 42, comma 1, lettera n), della legge n. 3 del 2003.
17. – Fra le funzioni amministrative affidate al Ministro della salute vi
sono quelle previste dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 288 del 2003 in
esame, definite come “funzioni di vigilanza e di controllo”, che poi
trovano concretizzazione in quanto analiticamente disciplinato negli artt.
15, 16, 19. Un potere di vigilanza sugli IRCCS è altresì attribuito al
Ministro dell’economia e delle finanze dall’art. 2, comma 1 del decreto n.
288 del 2003.
Appare in parte fondata la censura formulata con riguardo al solo art. 1,
comma 2 (questione n. XX), limitatamente al profilo in cui si rileva la
ampiezza ed eterogeneità dei compiti di vigilanza e di controllo,
indistintamente affidati a livello ministeriale, e la conseguente
sostanziale espropriazione delle corrispondenti funzioni regionali in
relazione ad enti pubblici di ricerca operanti a livello regionale.
In effetti, il riconoscimento degli IRCCS come enti autonomi, dotati di
propri statuti ed organi di controllo interni, ed operanti nell’ambito
della legislazione regionale di tipo concorrente, rende manifesto come non
sia conforme a Costituzione attribuire al Ministro della salute veri e
propri poteri di controllo amministrativo su di essi. In particolare,
appare estraneo alla ricostruzione della natura e della posizione
giuridica degli IRCCS la previsione, contenuta nei commi 1 e 2 dell’art.
16 del d.lgs. n. 288 del 2003 (oggetto delle censure di cui alle questioni
nn. XLII, XLIII e XLIV), di un vero e proprio controllo amministrativo di
tipo preventivo sugli atti fondamentali degli IRCCS, controllo affidato ad
appositi organi statali (i Comitati periferici di vigilanza) operanti su
scala regionale.
Un controllo del genere, ormai escluso sia per le Regioni che per gli enti
locali dalla intervenuta abrogazione degli stessi artt. 125 e 130 della
Costituzione, potrebbe essere ammissibile solo all’interno di una
ricostruzione, che si è già esclusa, degli IRCCS come “enti pubblici
nazionali”. Ma essendo gli istituti in esame enti pubblici operanti
nell’ambito regionale, non è configurabile alcun controllo di questo tipo.
Occorre pertanto dichiarare la illegittimità costituzionale dell’art. 1,
comma 2, del d.lgs. n. 288 del 2003, limitatamente alle parole «e di
controllo», nonché dei commi 1 e 2 dell’art. 16 del medesimo decreto
delegato.
Trova, invece, giustificazione in quanto argomentato nei paragrafi 10 e
16, la previsione dei controlli sugli organi degli IRCCS, disciplinata dai
commi 3 e 4 dell’art. 16 del d.lgs. n. 288 del 2003, nonché il potere di
vigilanza riconosciuto al Ministro dell’economia dall’art. 2, comma 1 del
medesimo decreto (questione XXII).
18. – Infondata è altresì la censura concernente l’art. 3, comma 1, del
d.lgs. n. 288 del 2003 (questione n. XXV), con cui si lamenta la totale
compressione della potestà legislativa regionale in tema di disciplina
delle Fondazioni IRCCS, ad integrazione di quanto già determinato nel
decreto delegato, che scaturirebbe da quanto previsto nell’ultimo periodo
della disposizione impugnata, la quale stabilisce: «Alle Fondazioni IRCCS
si applicano, per quanto compatibili con le disposizioni del presente
decreto legislativo, le disposizioni di cui al Libro I, Titolo II del
Codice civile».
Di quest’ultima disposizione deve darsi, in coerenza con il suo tenore
letterale, e comunque in conformità a quanto in precedenza espresso da
questa sentenza in riferimento alla competenza legislativa regionale su
questi particolari enti pubblici, il significato di una norma che
legittima, in assenza di una esplicita disciplina, statale o regionale, la
applicazione della normativa generale dettata dal codice civile a
proposito delle persone giuridiche, purché sia ovviamente compatibile con
quanto stabilito dal d.lgs. n. 288 del 2003.
L’art. 3 non esclude, quindi, che le singole Regioni possano esercitare i
propri poteri normativi in materia, in funzione integrativa di quanto
determinato in tema di ordinamento delle Fondazioni IRCCS dal decreto
delegato.
19. – Quanto alla censura concernente l’art. 5, comma 1, (questione n.
XXXII) nella parte in cui prevede che l’atto di intesa, da assumere in
sede di Conferenza fra Stato, Regioni e Province autonome di Trento e di
Bolzano, deve determinare «le modalità di organizzazione, di gestione e di
funzionamento degli IRCCS non trasformati in Fondazioni», nel rispetto di
una serie di indicazioni organizzative ivi elencate, la Regione
ricorrente, considerando questa intesa come una vera e propria fonte
normativa, ne rileva la profonda anomalia e comunque rivendica in
alternativa la possibilità di disciplinare la materia mediante la legge
regionale.
Mentre non vi sono dubbi che un atto di intesa non possa produrre una vera
e propria fonte normativa, della disposizione si può però dare una diversa
interpretazione compatibile con la disciplina costituzionale.
Questa Corte ha già più volte affermato che l’interpretazione dei decreti
legislativi deve essere compiuta anche considerando quanto contenuto nelle
disposizioni di delega legislativa (cfr. sentenze n. 125 del 2003 e n. 15
del 1999); applicando questo criterio interpretativo e quindi considerando
anche quanto stabilito nella lettera p) del comma 1 dell’art. 42 della
legge n. 3 del 2003, emerge che sono gli IRCCS non trasformati in
fondazioni i soggetti che devono comunque adeguare la loro organizzazione
ed il loro funzionamento ad alcuni principî della delega e che quindi
l’intesa di cui all’art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 288 del 2003
rappresenta semplicemente una modalità di determinazione, condivisa fra
Stato e Regioni ed uniforme sull’intero territorio nazionale, di quali
debbano essere le caratteristiche comuni di questa categoria residuale di
istituti, ovviamente nel rispetto di quanto determinato a livello delle
fonti primarie statali. Ciò non esclude che in ambiti ulteriori ciascuna
Regione possa esercitare il proprio potere legislativo anche in questo
particolare settore.
20. – Quanto fin qui chiarito conduce, infine, a dichiarare infondate
anche le questioni indicate al n. XLVIII, in relazione all’asserita
violazione degli artt. 117, terzo e sesto comma, e 118 Cost. ad opera
dell’art. 4, comma 236, della legge n. 350 del 2003, nella parte in cui
autorizza le Fondazioni IRCCS e gli Istituti non trasformati ad alienare i
beni immobili del proprio patrimonio al fine di ripianare i debiti
pregressi maturati fino al 31 ottobre 2003, stabilendo che «le modalità di
attuazione sono autorizzate con decreto del Ministero della salute, di
concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze». In particolare, è
evidente da un lato che la disposizione in questione può senz’altro essere
qualificata come principio fondamentale in ordine alla gestione del
patrimonio degli IRCCS, dall’altro che il potere ministeriale circa le
modalità di attuazione delle operazioni di alienazione si configura come
potere amministrativo di autorizzazione da esercitare nei confronti del
singolo ente e fondato sulle più volte richiamate esigenze unitarie e non
come potere normativo in deroga al riparto delle competenze regolamentari
di cui all’art. 117, sesto comma, Cost.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata ogni decisione sulle restanti questioni di legittimità
costituzionale concernenti, rispettivamente, la legge 16 gennaio 2003, n.
3 (Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione), e
la legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004),
sollevate dalla Regione Veneto e dalla Regione Emilia-Romagna con i
ricorsi indicati in epigrafe,
riuniti i giudizi,
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 1, lettera
b) della legge 16 gennaio 2003, n. 3 (Disposizioni ordinamentali in
materia di pubblica amministrazione), limitatamente alle parole «Ministero
della salute, regioni e comuni, con rappresentanza paritetica del
Ministero della salute e della regione interessata»;
2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 1, lettera
p) della legge n. 3 del 2003, limitatamente alle parole «designati per la
metà dal Ministro della salute e per l’altra metà dal Presidente della
Regione» nonché, con riferimento al presidente dell’istituto, alle parole
«nominato dal Ministro della salute»;
3) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, del
decreto legislativo 16 ottobre 2003, n. 288 (Riordino della disciplina
degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, a norma
dell’art. 42, commi 1, della legge 16 gennaio 2003, n. 3), limitatamente
alle parole «e di controllo»;
4) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 2, del
d.lgs. n. 288 del 2003, limitatamente alle parole «dei quali tre designati
dal Ministro della salute, tre dal Presidente della Regione e uno dal
Comune in cui insiste la sede prevalente di attività clinica e di ricerca,
se si tratta di Comune con più di diecimila abitanti, ovvero dalla
Conferenza dei Sindaci, qualora il Comune abbia dimensione demografica
inferiore»;
5) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 3, del
d.lgs. n. 288 del 2003, limitatamente alle parole «nominati dal Ministro
della salute e dal Presidente della Regione competente»;
6) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 3, del
d.lgs. n. 288 del 2003, limitatamente alle parole «di cui due designati
dalla Regione, uno designato dal Ministro dell’economia e delle finanze,
uno dal Ministro della salute e uno dall’organismo di rappresentanza delle
autonomie locali. In casi di strutture nelle quali insiste la prevalenza
del corso formativo della Facoltà di medicina e chirurgia ai sensi
dell’art. 13, comma 1, il membro designato dalle autonomie locali viene
sostituito da un membro designato dal Rettore dell’Università»;
7) dichiara, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87,
l'illegittimità costituzionale dell’art. 13, comma 1 del d.lgs. n. 288 del
2003 limitatamente alle parole «In caso di riconoscimento di strutture
nelle quali insiste la prevalenza del corso formativo della Facoltà di
medicina e chirurgia e per le quali l’Università contribuisce in misura
pari ad almeno un terzo del patrimonio indisponibile della costituenda
Fondazione, il Consiglio di amministrazione di cui all’articolo 3, comma
2, è composto da due componenti designati dal Ministro della salute, due
dal Presidente della Regione, due dal rettore dell’Università e uno dal
Comune in cui insiste la sede prevalente di attività clinica e di ricerca,
se trattasi di Comune con più di diecimila abitanti, ovvero dalla
Conferenza dei Sindaci, qualora il Comune abbia dimensione demografica
inferiore. In caso di presenza di soggetti rappresentativi degli interessi
originari e/o di soggetti partecipanti, ai sensi dell’articolo 2, comma 1,
il numero dei consiglieri è elevabile fino a nove per consentire
l’elezione di un rappresentante degli interessi originari e di uno dei
soggetti partecipanti»;
8) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 16, commi 1 e 2 del
d.lgs. n. 288 del 2003;
9) dichiara estinti, per rinuncia accettata dalla controparte, i giudizi
promossi dalla Regione Siciliana con i ricorsi nn. 30 e 98 del 2003 e
dalla Regione Veneto con il ricorso n. 31 del 2003, quest’ultimo
limitatamente agli artt. 42 e 43 nei confronti della legge 16 gennaio
2003, n. 3;
10) dichiara inammissibili le questioni proposte dalla Regione Marche nei
confronti degli artt. 1, comma 2, 2, commi 1, 2 e 3, 7, commi 1, 2, 3 e 4,
8, 11, commi 1 e 2, 12, comma 2, del d.lgs. n. 288 del 2003, per
violazione degli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., con il ricorso
indicato in epigrafe;
11) dichiara inammissibili le questioni proposte dalla Regione
Emilia-Romagna, nei confronti dell’art. 42, comma 1, lettera c) della
legge n. 3 del 2003 e dell’art. 11, commi 1 e 2 del d.lgs. n. 288 del
2003, in relazione all’art. 3 Cost., con i ricorsi indicati in epigrafe;
12) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale
dell’art. 42, comma 1, lettere a), c), d), e), f), g), i), m) ed n) della
legge n. 3 del 2003, per violazione degli artt. 117, terzo comma, 118, 119
Cost., sollevate dalla Regione Emilia-Romagna e dalla Regione Marche con i
ricorsi indicati in epigrafe;
13) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale
dell’art. 43, della legge n. 3 del 2003, per violazione degli artt. 117,
terzo e sesto comma e 118 Cost., sollevate dalle Regioni Emilia-Romagna e
Marche con i ricorsi indicati in epigrafe;
14) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale
dell’art. 2, commi 1, 2 e 3; dell’art. 3, commi 1, 4, 5 e 6; dell’art. 4,
commi 1, 2, 4, 5 e 6; dell’art. 5; dell’art. 7, commi 1, 2, 3 e 4;
dell’art. 8; dell’art. 10, comma 1; dell’art. 11, commi 1 e 2; dell’art.
12, comma 2; dell’art. 14; dell’art. 15 commi 1 e 2; dell’art. 16, commi 3
e 4; dell’art. 17, comma 2; dell’art. 19 del d.lgs. n. 288 del 2003, per
violazione degli artt. 117, terzo, quarto e sesto comma, 118 primo e
secondo comma, 119 Cost., sollevate dalle Regioni Emilia-Romagna e Marche
con i ricorsi indicati in epigrafe;
15) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale
dell’art. 4, comma 236, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge
finanziaria 2004), per violazione degli artt. 117, terzo e sesto comma, e
118 della Costituzione, sollevate dalla Regione Emilia-Romagna con il
ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della
Consulta, il 23 giugno 2005.
F.to:
Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente
Ugo DE SIERVO, Redattore
Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 7 luglio 2005.
Il Cancelliere
F.to: FRUSCELLA
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