"il Lavoro
– la Repubblica", 12 febbraio 1999
di Monica Neri
Un precariato
tutt’altro che precario: l’esplorazione nel mondo dei "giovani"
genovesi che si dedicano alla ricerca prosegue al Gaslini.
Medici,
terapisti, tecnici, anche amministrativi, ma soprattutto biologi: sono più di
cento le persone che vengono pagate con borse "di studio" o contratti
a termine nel prestigioso ospedale dei bambini di Quarto; e restano fuori dal
conto i frequentatori "volontari" e le persone pagate con notule. I
loro compiti vanno dalla ricerca scientifica, anche di alto livello, alle
prestazioni assistenziali di routine (per esempio, sofisticate analisi
diagnostiche), secondo il servizio o il laboratorio dove operano, spesso da
molti anni.
Le borse di
studio sono di solito annuali e bloccate rigidamente a 20 milioni lordi l’anno;
vi si accede tramite concorso. Sono istituite su fondi di progetti finalizzati,
su donazioni di privati e anche su fondi per la ricerca corrente. Attualmente
sono attive 50-60 di queste borse.
I contratti sono
più o meno altrettanti, vengono attribuiti "ad personam" e si basano
su fondi per progetti finalizzati. Per un regolamento interno del Gaslini
quantomeno sorprendente, non possono superare i 32 milioni lordi l’anno,
neppure se i soldi ci sono e il responsabile del progetto sarebbe felicissimo
di pagarsi qualcuno di valore.
Per il resto,
borsisti e contrattisti si assomigliano molto. L’assicurazione (obbligatoria) è
a spese loro, la mensa anche, il camice pure. Anzi, quando è sporco (per
esempio di sangue infetto o di sostanze radioattive), devono pure portarlo a
casa e lavarselo nella lavatrice di famiglia (ma "di solito se ne trovano
uno all’interno dei reparti; noi non abbiamo mai avuto lamentele",
sostengono in direzione scientifica). A proposito di radioattivi, il personale
che fa le pulizie nei laboratori dove si trattano questi materiali ha diritto a
indennità e ferie aggiuntive, come è giusto; chi ci lavora tutti i giorni da
anni, con una laurea ma senza posto fisso, no.
Un tocco crudele
d’indifferenza burocratica tutta gasliniana è l’"antitredicesima":
poiché il conguaglio fiscale si fa in dicembre, succede che, mentre nell’aria
risuona "Jingle bells" e le strade della città si riempiono di luci
colorate e animazione, i precari ricevono uno stipendio pesantemente decurtato.
Si capisce
l’atmosfera di rabbia e frustrazione che si respira parlando con alcune di
queste persone, spaurite dal "meglio non fare nomi e cognomi" del
primario e legate a un "vedrà che prima o poi arriverà anche il suo
momento".
E c’è in più
l’amarezza di vedere che se partecipi a uno dei rari concorsi, ad esempio per
biologo in una Asl, i tuoi titoli scientifici contano pochissimo, e gli anni di
lavoro neppure quello (borse e contratti non danno anzianità di servizio).
Senza contare l’ostacolo della specializzazione: da qualche anno è un requisito
obbligatorio per il ruolo dirigenziale nella Sanità; di fatto, per chi non è
medico, specializzarsi è difficile e costoso.
I borsisti più
anziani, inoltre, hanno una nuova preoccupazione: il limite di età fissato da
poco a 35 anni per le borse; non sono pochi quelli che l’hanno già
abbondantemente oltrepassato. "Il mio capo mi dice "stai tranquillo,
qualche cosa troveremo" – confida uno di loro -. Purché non sia un altro
biologo."