Documento unitario su:
"Schema di decreto legislativo recante Norme per la
Razionalizzazione
del Servizio Sanitario Nazionale"
Prima
di entrare nel merito del testo di "schema di decreto legislativo",
le scriventi Federazioni non possono non rilevare la grave procedura seguita
dal Governo e dal Parlamento nel riscrivere la riforma sanitaria del 1992,
sottraendola alla normale prassi.
Peraltro
le previste consultazioni non possono ovviare in termini risolutivi tale
situazione.
Da
un primo esame del provvedimento legislativo si può riscontrare un
miglioramento dello stesso rispetto ai testi precedenti, anche per il forte
impegno delle Confederazioni Cgil, Cisl e Uil. In particolare sono
apprezzabili:
·
la
riconferma del principio universalistico del Servizio Sanitario Nazionale;
·
la
integrazione fra il servizio sanitario e quello socio-assistenziale;
·
il
rafforzamento della aziendalizzazione per via del ricorso ad atti aziendali di
diritto privato;
·
l’organizzazione
dipartimentale;
·
l’articolazione
per distretti ed il relativo spostamento del baricentro sul territorio che
richiede comunque un rafforzamento ulteriore mediante il superamento delle
convenzioni degli specialisti e una più forte integrazione dei medici di
famiglia;
·
la
previsione di un dipartimento di prevenzione adeguatamente organizzato;
·
la
previsione di un ruolo degli E.L. solo riferita al controllo della
realizzazione del piano attuativo locale e non invece alla funzione di
controllo degli atti di direzione gestionale;
·
il
ribadimento del sistema di remunerazione a tariffa, pur temperato da una
previsione dell’aggiornamento delle stesse e dal ricorso al pagamento a costo
in presenza di particolari attività;
·
i criteri di
accreditamento validi tanto per il "pubblico" che per il
"privato";
·
la
previsione dell’avvio delle mutue integrative aperte a tutti gli utenti e da
tutte le categorie attivabili, anche per la possibilità del rimborso ai
cittadini dei tickets e degli oneri sostenuti per l’eventuale ricorso
all’utilizzo di servizi a pagamento offerti dall’azienda ivi compresa
l’attività libero professionale aziendale;
·
la nuova età
pensionabile per i medici e la docenza universitaria impegnata sull’assistenza,
per la quale riteniamo si debba sostenere il limite dei 65 anni, prevedendo -
semmai - un prolungamento utile al raggiungimento del limite di anzianità.
Rimangono, tuttavia, degli
aspetti che lasciano forti perplessità:
·
non è stato
chiarito, perchè rinviato alla legge finanziaria di accompagnamento, il sistema
di detrazioni fiscali per la contribuzione che dovrà finanziare il "fondo
integrativo";
·
resta da
definire l’intera questione riguardante la "ricerca biomedica e sanitaria",
difatti la normativa di riforma degli IRCCS, in particolare quelli pubblici
(commissariati da anni) è ancora in una fase di preparazione: vi è il
ragionevole dubbio che, nel frattempo, alcuni di questi perdano le
caratteristiche dei loro fini istituzionali e si possa disperdere il patrimonio
di conoscenze scientifiche, oltrechè delegare l’intero pacchetto della ricerca
biomedica all’Università, snaturandone la peculiarità;
·
la
formazione e l’aggiornamento devono trovare il momento di definizione, attraverso
la contrattazione e la concertazione, a livello decentrato piuttosto che a
quello nazionale (art. 6 -ter).
Si
esprime contrarietà netta nei confronti di alcune scelte previste nella bozza
di decreto legislativo che, se confermate, rischiano di abbattere alcuni dei
principali fondamenti su cui si basa il Servizio Sanitario e confliggono con le
regole della partecipazione; in particolare:
·
il terzo
comma dell’art. 1, in cui si stabilisce che "l’individuazione delle
priorità assistenziali e delle prestazioni assicurate a garanzia dei livelli
essenziali di assistenza è contestuale alla determinazione delle risorse
finanziarie da assegnare alla tutela della salute" inverte il processo di
finanziamento ed introduce un processo che rende precario ed indefinito l’ammontare
(collegandolo alle scelte che ogni anno saranno definite nella legge
finanziaria). Ciò, di fatto, costringe a riscrivere, ogni anno, le norme di
erogazione dei servizi, rendendo pressoché inapplicabili i principi di
salvaguardia della salute, in particolare per le fasce sociali più deboli, e
costringe il sistema organizzativo a "ritarare" continuamente le
modalità di attuazione, trasformando il "patto per la salute"
previsto dal piano sanitario nazionale in "patto di compatibilità".
Pur salvaguardando l’esigenza di governo del bilancio dello Stato, occorre
prevedere una base minima di finanziamento collegandola alla percentuale del
PIL (es. 5%, 6%), allineata alla media europea;
·
nel testo
elaborato non sono mai citati momenti di confronto e di concertazione con le
parti sociali, introducendo una cultura dirigistica che depotenzia l’esigenza
di democrazia partecipativa.
In aggiunta a quanto sopra, la bozza
di decreto definisce materie che sono attinenti alla contrattazione tra cui ad
esempio l’art. 15 - ter, commi 1 e 2 (incarichi di direzione e di funzioni).
Si
evidenziano ancora i seguenti punti critici che necessitano di una riscrittura:
·
art. 15 -
ter, comma 3, si istituisce una "dirigenza professionale" di
"serie b". Per questo personale si propone la piena applicazione
della legge 300/70 e una reale valorizzazione della professionalità;
·
art. 15 - quinques, commi 7, 8, 9. Non può essere prevista in alcun modo la
possibilità di conferire incarichi di struttura al personale che non abbia
optato per il rapporto di lavoro esclusivo. Il combinato dei commi suddetti
costituisce, addirittura, un arretramento rispetto al CCNL vigende che esclude
tale possibilità per i direttori di dipartimento.
·
si agevola
ed incoraggia il ricorso alla "dirigenza esterna" demotivando le
professionalità dirigenziali interne;
·
la politica
del personale e la individuazione delle dotazioni organiche devono essere
definite a livello regionale e di azienda, sulla base degli obiettivi e delle
risorse;
·
è
inaccettabile la previsione della direzione distrettuale ad un medico di base o
ad un dirigente di secondo livello. E’ opportuno prevedere che tale funzione
possa essere attribuita ad un dirigente (non necessariamente sanitario),
dipendente dell’Azienda;
·
crea forti
perplessità che nel collegio sindacale (art. 3 ter) entrino figure diverse da
quelle dei revisori contabili iscritti nell’apposito registro, perchè ciò
rischia di aprire la strada alla costituzione di una sorta di "nuovo
parallelo comitato di gestione politica";
·
occorre
introdurre parametri di controllo e verifica della qualità dei servizi erogati,
per conto del SSN, evitando la introduzione di corsie preferenziali che abbiano
come riferimento la natura giuridica dei soggetti erogatori e/o che abbiano il
semplice abbattimento di costi.
Dirigenza
infermieristica:
è condivisibile il principio che
apre la previsione di una dirigenza infermieristica, tuttavia si ritiene
opportuno prevedere analoga soluzione per tutto il personale sanitario,
compreso quello tecnico e della riabilitazione, collegandolo alle funzionalità
dei modelli organizzativi che la programmazione regionale e di azienda
prevederanno, rispetto agli obiettivi, definiti nell’ambito della sede negoziale
e nel rispetto dei CCNL. Va rilevata
anche, una non chiara attuazione della fase transitoria di tale funzione, in
attesa che si possa definire in sede negoziale una adeguata formazione
manageriale. Si ritiene, inoltre, che questi dirigenti devono fare parte dei
punti di direzione individuati dalle Aziende.
Roma,
4 maggio 1999
LE SEGRETERIE NAZIONALI
FP CGIL FIST CISL UIL SANITA’