Linee di indirizzo per la piattaforma contrattuale 2006/2009 – Comparto Sicurezza -
Premessa
Il rinnovo contrattuale relativo al quadriennio normativo 2006/2009 si inserisce in un quadro politico-sindacale dalle potenzialità enormi che, per quel che attiene il comparto contrattuale della Sicurezza, sono ancora in buona parte da esplorare La legge finanziaria 2007 ed il memorandum d’intesa sul lavoro pubblico tracciano una precisa direttrice di marcia delle relazioni politico-contrattuali dei prossimi anni . Il Memorandum, in particolare, documento di intenti e di impegno tra le parti, definisce un macro obiettivo per il raggiungimento del quale la Fp Cgil si impegna con comportamenti coerenti anche nella particolare fase di rinnovo contrattuale del Comparto della Sicurezza: il riconoscimento della complessità del lavoro pubblico, della sua natura articolata e delle tante specificità delle amministrazioni e dei servizi che lo costituiscono. Si riconosce, inoltre, il valore del lavoro pubblico quale elemento per la garanzia della piena ed universale disponibilità dei diritti di cittadinanza e si ripongono al centro dell’azione politico sindacale fattori decisivi per lo sviluppo economico e sociale del nostro Paese. L’incrocio fra le affermazioni contenute nel memorandum e le previsioni contenute nella legge finanziaria 2007 definiscono, poi, uno scenario per il quale l’obiettivo di fondo sarà un forte processo di riorganizzazione del lavoro pubblico attraverso coerenti scelte normative e legislative e adeguate politiche contrattuali di sostegno. Su questo il memorandum pone l’attenzione su almeno tre scelte di fondo che potrebbero riguardare più da vicino il Comparto:
Al netto delle specifiche valutazione sui riflessi che questi obiettivi potrebbero provocare sul particolare mondo dei lavoratori in divisa e sulle peculiarità, formalmente riconosciute, del sistema contrattuale pubblicistico del comparto, l’atteggiamento contrattuale della Fp Cgil in occasione del rinnovo non potrà che essere quello di spingere il più possibile su questi temi, fino al limite della forzatura di un sistema che comunque, a nostro giudizio, mostra da tempo il bisogno di riformarsi radicalmente.
Scelte per una nuova politica retributiva e salariale
V’è da assumere, a premessa, una riflessione articolata su quanti e quali siano stati i guasti prodotti nell’ultima tornata contrattuale che ha interessato questo particolare settore. Gli ultimi rinnovi relativi all’arco temporale 2002/2005 sono stati caratterizzati da un orientamento del Governo, della maggioranza Parlamentare, alimentato e sostenuto dall’endemica predisposizione corporativista dei sindacati autonomi del settore, tutto teso a retribuire in termini economici la sottrazione di diritti fondamentali del lavoro e del sistema delle relazioni che ne governa le dinamiche. Si è interrotto un lento ma inesorabile processo di evoluzione del sistema contrattuale delle forze dell’ordine e delle forze armate che traeva origine dalla straordinaria stagione riformatrice del 1992. L’istituzione del comparto contrattuale della sicurezza (legge 216/92), le prospettive di avanzamento del sistema di garanzia dei diritti collettivi e soggettivi degli operatori della sicurezza aperte con il decreto legislativo 195/95 e proseguite con le positive modifiche apposte nel 1999, sono state repentinamente espunte dal dibattito contrattuale procedendo, con la complicità delle parti sindacali più retrive e reazionarie, a ripristinare un quasi inevitabile approccio residuale sul tema dei diritti e della democrazia partecipativa. Ciò ha reso più che mai chiaro quanto la partita di scambio, per la verità smaccatamente truffaldina, si sia giocata sui due livelli storici che sempre hanno pervaso questo particolare mondo: diritti/retribuzioni. Tutto ciò deve costringerci in primis ad interrompere questa perversa spirale e a rilanciare, sia sotto il profilo delle scelte retributive che di quelle normative, proprio quel percorso interrotto dalla disastrosa esperienza del Governo Berlusconi. Dobbiamo a questo punto superare le endemiche resistenze di questo settore ad accedere a soluzioni e percorsi innovativi e moderni, anche sotto il profilo salariale. Non è un caso che la recente modifica della struttura salariale, con la introduzione dei parametri retributivi sia stata presentata a questo mondo come elemento di novità e modernità mentre, in realtà, così non è. Quello della sicurezza, poi, è l’unico contratto nel panorama pubblico a non aver ancora garantita una condizione, seppur minima, di supporto alle specificità di ogni singolo Corpo in sede di contrattazione integrativa. Continuano a permanere nel primo livello di contrattazione riconoscimenti salariali legati a specifiche indennità di lavoro che negli altri comparti di contrattazione sono già stati ampiamente devoluti proprio la dove si sostanzia la rivendicata specificità di ogni singolo settore dell’attività pubblica: la contrattazione integrativa. Punto di innovazione e di avanzamento non solo sotto il profilo salariale ma anche di quello riguardante il sistema delle relazioni sindacali può essere quello che ci vede verificare e sostenere la necessità di liberare temi particolari quali, ad esempio, l’ordine pubblico, i servizi esterni e le indennità legate a particolarissimi settori (oltretutto non ascrivibili al comparto, ma a singoli corpi di Polizia) dalle maglie rigide della contrattazione nazionale di comparto, affidandole, anche attraverso un’operazione di riorganizzazione complessiva, alle relazioni sindacali di ogni singola amministrazione. Un’operazione così tranciante deve avere, però, come precondizione una puntuale verifica degli investimenti salariali destinati per queste specifiche attività ad ogni singola Forza di Polizia, verifica che deve essere preceduta dal recupero secco dello scarto esistente fra le quantità economiche destinate attualmente alla contrattazione integrativa. Abbiamo ripetutamente denunciato come nel corso di questi ultimi anni le retribuzioni accessorie (quelle cioè definite nelle contrattazioni integrative) siano state condotte verso una condizione di sperequazione e di disomogeneità a sfavore proprio dei Corpi che rappresentiamo. Questo scarto, frutto delle sciagurate scelte assunte nel biennio 2002/2003, va assolutamente e preventivamente recuperato e, nella prospettiva di una semplificazione della struttura retributiva di primo livello, deve precedere ed accompagnare, quindi, anche un riequilibrio della massa salariale utilizzata per quelle indennità di cui si faceva cenno in precedenza, in un’ottica di riconquistata pari dignità di ogni singola forza di Polizia rispetto alle altre. Un’operazione di riorganizzazione della struttura salariale potrebbe concorrere alla ricostruzione di quel percorso di armonizzazione di questo comparto a quelli generalmente assunti nel lavoro pubblico e favorirebbe, sul tema della destinazione delle risorse contrattuali previste in finanziaria, una possibile scelta tesa concentrare sulla struttura retributiva di base la maggior parte degli incrementi. Particolare rilievo assume, inoltre, l’esigenza di ricondurre il valore dell’ora di lavoro straordinario a livelli superiori di quelli attuali. Infatti, l’aver scelto, disgraziatamente, di sospendere gli effetti degli ultimi aumenti contrattuali sull’indennità oraria di lavoro straordinario ha prodotto l’insostenibile situazione che vede ormai retribuito il lavoro ordinario più di quello straordinario.
Scelte per un nuovo modello di relazioni sindacali
Il memorandum sul lavoro pubblico, come ripetuto in premessa, individua nella contrattazione uno degli strumenti più qualificanti per raggiungere gli obiettivi che si prefigge. Il recupero di un principio di terzietà ed imparzialità dell’amministrazione, come premessa per la separazione tra l’indirizzo politico e le attività amministrative, può e deve passare per un vero e proprio investimento straordinario sul tema delle relazioni sindacali. La netta distinzioni tra i poteri, in questo comparto, rappresenta una garanzia anche nei termini di un ripristino del principio di legalità fortemente eroso dalle politiche moleste esercitate in questi ultimi anni sul tema della sicurezza e delle forze di Polizia dai governanti. La permeabilità della pubblica amministrazione ai fenomeni di illegalità è, però, anche il frutto delle sua mancata capacità di garantire modelli organizzativi funzionali all’esercizio dei diritti richiesti dai cittadini. La via per rompere questo intreccio perverso fra disfunzionalità, parzialità ed autoreferenzialità è, anche sotto il profilo contrattuale, il rilancio della concertazione. Una concertazione sulla quale si ricominci ad investire anche in termini “sociali”. I vantaggi di questo strumento vanno oltre le normali politiche contrattuali e si spingono fin sul terreno di una concreta e generale assunzione di responsabilità non solo dei soggetti contrattuali, ma anche della cittadinanza attiva. Immaginare un nuovo sistema di relazioni che partendo dalla soddisfazione di un bisogno di maggiore partecipazione degli operatori in divisa sappia attraversare il terreno del coinvolgimento dei cittadini in una logica di condivisione degli strumenti è sfida tanto ambiziosa quanto ineludibile. I vantaggi di questo investimento in termini di partecipazione sono evidenti e vanno dall’assicurare quel principio di solidarietà necessario in un sistema di relazione a quello di dover far leva sulle risorse che già esistono. Su questo il memorandum ci impegna fortemente: valorizzare sempre più un sistema di partecipazione e di concertazione sindacale ed istituzionale è obiettivo irrinunciabile anche e soprattutto su temi quali la sicurezza dei cittadini.
Scelte per una nuova politica di democratizzazione delle forze di Polizia
L’arretramento sul terreno dei diritti collettivi e sui sistemi di partecipazione democratica delle rappresentanze dei lavoratori della sicurezza si è sostanziato anche sul terreno delle libertà sindacali e dell’esercizio della titolarità sindacale. Ad oggi la titolarità è riconosciuta sulla base di criteri di misurazione della rappresentatività che continuano ad espungere, nonostante la norma lo preveda, qualsiasi possibilità elettorale. L’articolo 3 del decreto legislativo 195/95, il provvedimento che regola e disciplina i contenuti del rapporto di lavoro ha già previsto l’introduzione di un elemento di misurazione simile a quello già assunto sulla rappresentanza nel pubblico impiego. L’aver sottratto questo argomento dal tavolo contrattuale in questi anni evidenzia quanto reazionari siano stati questi ultimi anni in questo comparto contrattuale. Appare superfluo evidenziare come su questo tema la posizione della Fp Cgil non può che essere netta e in equivoca: il prossimo contratto collettivo nazionale di lavoro per le forze di Polizia ad ordinamento civile dovrà prevedere l’introduzione di un sistema di misurazione del consenso di tipo elettorale e l’assunzione di un nuovo modello di relazioni sindacali che tengano conto della nascita di un nuovo soggetto contrattuale – la rappresentanza sindacale unitaria – Questa rivendicazione, che potrebbe davvero qualificare da sola un’intera stagione contrattuale, la Fp Cgil la inserisce in un piano straordinario per la riconquista di un livello dignitoso di democrazia e di libertà a partecipare degli operatori in divisa. Non secondaria, quindi, la richiesta di un ripristino delle regole più generali riguardanti la libertà associativa degli operatori della sicurezza, in primis di quelli che rappresentiamo. La Sicurezza è l’unico comparto contrattuale nel quale l’adesione al sindacato è “obbligatoria”, nel caso di iscrizione, per un intero anno; ciò oltre a sostanziare un odioso impedimento degli associati della loro volontà provoca distorsioni e degenerazioni che sono ormai sotto gli occhi di tutti, finanche della magistratura inquirente. Ripristinare il generale sistema che lega l’adesione al sindacato alla cadenza delle retribuzioni è, quindi, obiettivo da non mancare. Dovremmo, infine, affrontare la questione relativa alle cd. forme di partecipazione (commissioni e comitati paritetici) tentando di ripristinare modalità di intervento in tali consessi più ampie e più rispettose del sistema di rappresentazione generale dei bisogni. L’introduzione di meccanismi di partecipazione alle commissioni seccamente ricondotti ad un principio di proporzionalità, limitato oltretutto da un ambito predefinito sulle composizioni ha snaturato, di fatto, i principi ed i valori di tali forme di partecipazione; altra contraddizione, che ci deve spingere per il recupero di norme più aperte, è quello della natura non contrattuale, ma consultiva di tali comitati che dovrebbe spingere al riconoscimento generale di ogni forma di rappresentanza, seppur minima. Rispetto alla questione più specifica interna ai Corpi di Polizia che rappresentiamo vogliamo innanzitutto distinguere due filoni di possibili interventi: quello che, nel rapporto con le Amministrazioni interessate, deve tendere a ripristinare elementi di certezza, trasparenza e legalità nel sistema di certificazione del dato associativo e quello relativo a possibili interventi di natura contrattuale su alcune insostenibili degenerazioni di quel sistema. Il primo punto trova la sua ragione nella totale inaffidabilità del sistema usato dalle Amministrazioni per l’accertamento delle deleghe rilasciate, inaffidabilità che è certificata anche dalle seguenti circostanze: · Le deleghe vengono autenticate dai rappresentanti sindacali nei luoghi ove le deleghe vengono rilasciate · Quasi tutte le deleghe risultano mancanti della data, che di solito viene apposta da un soggetto diverso dal delegante ed in un diverso momento · Assenza di un meccanismo di certificazione del protocollo della delega Tutto ciò, unito ad una mai evidente necessità delle Amministrazioni di rendere trasparente e normale il sistema di accreditamento delle deleghe sindacali è già di per se elemento che determina una frequente adulterazione del dato effettivo di rappresentatività. Sul secondo punto, invece, il problema, ampiamente diffuso in tutto il comparto della Sicurezza, è ascrivibile al fenomeno delle deleghe multiple. Nella sola Polizia penitenziaria, tanto per quantificare il fenomeno ed i suoi effetti, allo stato attuale su circa 42.000 addetti sono state certificate 44.000 iscrizioni al sindacato e, ciò, a fronte di un numero considerevole di persone non iscritte a nessuna organizzazione sindacale. L’assoluta assenza di qualsivoglia distinzione tra deleghe da valere sia come iscrizioni ad un sindacato che ai fini del calcolo della rappresentatività e deleghe da valere solo quale adesione determina di fatto e già di per se un fortissimo elemento adulterante del dato. Se a ciò aggiungiamo le degenerate possibilità che questo sistema offre ( accordi informali fra organizzazioni sindacali che, nello scambio di pacchetti di adesioni, vedono aumentare considerevolmente il numero degli associati e a costo zero), il quadro che ne emerge è ormai non più sostenibile. La rappresentatività effettiva, intesa nei termini anche di una legittima e legale aspirazione ad accrescere il consenso sulle politiche sindacali, quindi, è falsata. Il percorso di soluzione che noi complessivamente proponiamo, quindi, è di duplice aspetto: il primo prevede interventi normativo-contrattuali, il secondo ha caratteristiche anche legali e di forte denuncia. Sul primo aspetto vogliamo lavorare per: · L’adozione di un accordo contrattuale volto alla disciplina delle modalità di espressione del dato elettorale come previsto da citato decreto legislativo 195/ 1995 · Un intervento contrattuale teso a normare il problema delle deleghe multiple ( a tale riguardo la soluzione potrebbe essere individuata con l’introduzione di un meccanismo che differenzi l’iscrizione al sindacato ai fini della determinazione della rappresentatività da quella espressa solo quale adesione) · Il ripristino, sempre per via contrattuale, del previgente sistema di accreditamento delle deleghe con cadenza mensile ( almeno per quelle forze di Polizia che non hanno tale previsione nella loro legge istitutiva, come, ad esempio,Polizia penitenziaria e Corpo Forestale dello Stato). In questo caso l’intervento contrattuale dovrebbe rideterminare anche i criteri di individuazione del dato associativo, non più legato al 31 dicembre di ogni anno, ma alla media associativa dell’intero anno. Appare ovvio che qualora tutto ciò, o parte di ciò, non sia risolvibile contrattualmente siamo orientati a assumere qualsivoglia iniziativa tesa a ripristinare punti di legalità e trasparenza del sistema.
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