Circolare
del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali del 26.9.2001
in materia di tutela e sostegno della maternità e della
paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8.3.2000, n.53.
DIRAMAZIONE
GENERALE All. vari
La legge
08/03/2000 n. 53, pubblicata nella G.U. n. 60 del 13/03/2000 ed entrata
in vigore dal 28/03/2000, ha dapprima innovato in più punti le leggi
30/12/ 1971, n. 1204, 09/12/1977, n. 903 e 05/02/1992, n. 104. Il D.Lgs.
26/03/2001, n. 151, pubblicato nel supplemento ordinario alla G.U. n.96
del 26.4.2001, ha poi riunito in un Testo unico le succitate
disposizioni, apportando alcune modifiche per esigenze di coordinamento,
ed ha stabilito contestualmente all’art.86 l’abrogazione di una
serie di norme.
Con la presente circolare si illustra la normativa in esame,
con particolare riferimento agli istituti connessi al sostegno della
maternità e della paternità, e si forniscono direttive per la sua
corretta applicazione.
Congedo
di maternità e paternità (artt. 16 e ss. D.Lgs. 151/2001)
Rimangono ferme le disposizioni
relative ai periodi di astensione obbligatoria, d’ora innanzi
denominata congedo di maternità, per effetto delle quali è vietato
adibire al lavoro le donne nei due mesi antecedenti e nei tre mesi
successivi alla data del parto, nonché nell’ipotesi di parto avvenuto
dopo la data presunta nel periodo intercorrente tra la data effettiva e
quella presunta, risultante dal certificato medico che la dipendente è
tenuta a presentare in ogni caso (art.16 T.U.). Costituisce, invece, una novità la
previsione introdotta dall’art.11 della legge 53/2000 e ribadita
dall’art. 16 del D.Lgs. 151/2001, in base alla quale nel caso che il
parto avvenga in data anteriore a quella presunta, i giorni di congedo
di maternità non goduti prima si aggiungono al periodo di congedo dopo
il parto, fermo restando il limite complessivo di cinque mesi. Quanto
precede, ovviamente, è applicabile a decorrere dall’entrata in vigore
della legge 53/2000, in virtù del principio generale
dell’irretroattività delle disposizioni di legge. L’art. 12 della legge 53/2000,
riprodotto dall’art. 20 del D.Lgs. 151/2001, ha previsto poi la facoltà
per le lavoratrici di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente
la data presunta del parto e nei quattro mesi successivi al medesimo,
dietro presentazione di certificato medico, rilasciato dal ginecologo
del Servizio Sanitario Nazionale ovvero con esso convenzionato, e dal
medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei
luoghi di lavoro, previsto dall’art. 17 del D.Lgs. n. 626/94, con i
quali si attesta che la scelta operata dalla lavoratrice madre non
arreca pregiudizio alla salute della stessa e del nascituro. La normativa in esame attribuisce,
poi, al padre lavoratore il diritto di astenersi dal lavoro per tutta la
durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe
spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della
madre, di abbandono del figlio da parte di quest’ultima o di
affidamento esclusivo al padre (art. 28 T.U.). Per godere di tale
diritto il dipendente deve documentare in modo idoneo le situazioni
sopra riferite. In caso di abbandono è data facoltà di rendere
dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà. Il congedo di maternità o paternità
compete anche ai genitori affidatari e adottivi (artt. 26 e 31 T.U.). Se
il bambino è stato adottato o affidato entro il sesto anno di età,
oppure entro il diciottesimo in caso di adozione internazionale, spetta
un periodo di astensione di tre mesi da fruire a decorrere dalla data di
effettivo ingresso nella famiglia. Il diritto in esame può essere
esercitato dal padre in alternativa alla madre che non abbia chiesto di
esercitarlo, sia deceduta o gravemente ammalata, ovvero nel caso di
abbandono o di affidamento del minore in via esclusiva al padre. Qualora
tali situazioni - che in ogni caso devono essere debitamente documentate
- si verifichino quando la madre ha già iniziato a fruire del periodo
di congedo, il padre ha diritto a fruire del restante periodo; lo stesso
dicasi al verificarsi delle circostanze sopra illustrate che abilitano
il padre naturale a godere del congedo parentale in alternativa alla
madre. Ai fini del congedo in esame i
genitori adottivi o affidatari devono allegare alla domanda il documento
di adozione o affidamento; in luogo di tale documento, qualora non
ancora disponibile, può essere presentata dichiarazione sostitutiva
dell’atto di notorietà, fatta salva la facoltà
dell’amministrazione di richiedere successivamente il documento
originale. Il padre deve altresì produrre dichiarazione sostitutiva in
ordine alle anzidette situazioni che lo abilitano a fruire del beneficio
in alternativa alla madre, ovvero un provvedimento formale da cui
risulti che il bambino è stato affidato in via esclusiva al padre
adottivo o affidatario, oppure certificazione sanitaria circa la grave
infermità della madre.
Trattamento economico
Durante
il congedo di maternità o di paternità il personale conserva il
trattamento economico in godimento, esclusi i compensi connessi
all’effettiva prestazione del servizio. Tale periodo è computato
interamente a tutti i fini giuridici, economici e previdenziali.
Congedo
per adozione e affidamento internazionale (artt 27 e 31 D.Lgs. 151/2001)
Per l’adozione e affidamento
preadottivo internazionali, la lavoratrice ha, poi, diritto a fruire di
un congedo di durata corrispondente al periodo di permanenza nello Stato
straniero richiesto per l’adozione e l’affidamento. Il congedo non
comporta indennità né retribuzione (art. 27 T.U.). Tale congedo spetta alle medesime
condizioni al lavoratore (art.31 T.U.). Congedo parentale ( artt. 32 e ss. D.Lgs. 151/2001) L’istituto dell’astensione
facoltativa, ora congedo parentale, già disciplinato nel testo
dell’art. 7 della legge n. 1204/1971, è quello che ha subito le
maggiori e più rilevanti innovazioni con l’entrata in vigore della
legge n. 53/2000 e del successivo testo unico. L’art. 3, comma 1, della L.
08/03/2000, n. 53, in materia di congedi parentali, ha attribuito
infatti al genitore lavoratore il diritto ad astenersi facoltativamente
dal lavoro, anche se l’altro genitore non ne aveva diritto,
disposizione riprodotta ora dall’art. 32, ultimo comma, del D.Lgs.
151/2001. E’ riconosciuto ai genitori il
diritto di astenersi dal lavoro, anche contemporaneamente, nei primi
otto anni di vita del bambino. Alla madre lavoratrice, trascorso il
periodo di congedo per maternità, compete un periodo continuativo o
frazionato di congedo parentale pari a sei mesi; lo stesso diritto è
riconosciuto anche al padre lavoratore a partire dalla nascita del
bambino. I congedi parentali dei genitori
non possono complessivamente eccedere il limite di dieci o undici mesi.
Se il padre lavoratore usufruisce di un periodo continuativo o
frazionato non inferiore a
tre mesi, il proprio diritto viene elevato da sei a sette, elevando, in
tal modo, il relativo limite complessivo di congedo parentale dei
genitori da dieci a undici mesi. Si sottolinea la circostanza che
entrambi i genitori possono utilizzare detto congedo parentale fino al
compimento dell’ottavo anno di vita del bambino anche
contemporaneamente ed in particolar modo il padre lavoratore lo può
utilizzare anche durante i mesi di congedo per maternità post partum
della madre e durante i periodi nei quali la madre beneficia dei riposi
orari di cui all’art. 39 del D.Lgs. n.151/2001. Qualora ci sia un solo genitore, il
periodo di congedo parentale da fruire continuativamente o in modo
frazionato non può essere superiore a dieci mesi. Detta ipotesi può
verificarsi in caso di morte di un genitore, di abbandono del bambino da
parte di uno dei due genitori, ovvero di affidamento del figlio ad uno
solo dei genitori, quando ciò risulti da un provvedimento formale.
L’elevazione del congedo fino a dieci mesi è ammessa anche quando la
situazione in cui il genitore che accudisce il bambino a titolo
esclusivo si sia verificata successivamente alla fruizione del proprio
periodo massimo (sei mesi da parte della madre - sette mesi da parte del
padre), ma nel calcolo dei dieci mesi complessivi devono essere
computati tutti i periodi fruiti precedentemente da parte di entrambi i
genitori. Si evidenzia inoltre che i genitori
di bambini con handicap grave di cui agli artt. 3 e 4 della legge 5
febbraio 1992, n. 104 hanno diritto alternativamente tra loro, sempre
che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti
specializzati, al prolungamento del congedo parentale fino al compimento
del terzo anno di vita del bambino. Tale prolungamento, previsto
dall’art. 33, comma 1, del D.Lgs. n.151/2001, inizia a decorrere una
volta trascorso il periodo corrispondente alla durata massima
individuale del congedo parentale ordinario spettante al richiedente.
Pertanto, ad esempio, se la madre ha fruito dei propri sei mesi di
congedo parentale, perché ovviamente il padre non ne ha fruiti più di
cinque, ed il bambino ha appena compiuto un anno l’interessata potrà
permanere in congedo parentale per altri due anni fino al giorno del
terzo compleanno del figlio. In alternativa alla madre potrà godere del
congedo prolungato alle stesse condizioni il padre una volta esaurito il
suo autonomo periodo di congedo parentale ordinario – nell’esempio
fatto pari a cinque mesi – il quale può essere goduto
contemporaneamente al prolungamento della madre. Al posto del suddetto prolungamento
i genitori possono chiedere di fruire, alternativamente, di due ore di
permesso giornaliero retribuito fino al compimento del terzo anno di
vita del bambino, ai sensi dell’art. 33, comma 2, della legge
5.2.1992, n.104. Tali ore di riposo non hanno effetto ai fini della
maturazione delle ferie e della tredicesima mensilità; al riguardo per
le modalità applicative si rinvia a quanto precisato più avanti nel
paragrafo relativo ai riposi giornalieri
di cui all’art.39 del testo unico. Per potersi avere frazionamento del
congedo parentale è necessario che tra un periodo e l’altro di
assenza ci sia ripresa effettiva del lavoro. Nel computo dei periodi di
assenza sono compresi i giorni festivi e quelli comunque non lavorativi
(es. il sabato nel caso di orario di lavoro articolato su cinque
giorni). E’ da escludere, pertanto, la possibilità di fruire del
congedo in esame dal lunedì al venerdì per più settimane, omettendo
di computare il sabato e la domenica. Per effetto della previsione di cui
all’art. 36, comma 1, del D.Lgs. n.151/2001 hanno diritto al congedo
parentale anche i genitori adottivi o affidatari. Questi possono
usufruirne entro i primi tre anni dall’ingresso del minore nella
famiglia con le stesse modalità dei genitori naturali. Qualora all’atto del
preaffidamento o dell’adozione il bambino abbia un’età compresa tra
i sei e i dodici anni, il diritto al congedo parentale può essere
esercitato entro i primi tre anni dall’ingresso del minore nella
famiglia. Modalità procedurali e documenti
da presentare La domanda di congedo
parentale deve essere prodotta almeno quindici giorni prima
dell’inizio del periodo, salvo casi di forza maggiore; in essa deve
essere specificato il figlio cui si riferisce il congedo, ma non occorre
che sia motivata. Alla domanda vanno allegati un certificato di nascita
del bambino o dichiarazione sostitutiva, se non inoltrati già
all’amministrazione, e un attestato del datore di lavoro dell’altro
genitore lavoratore dipendente da cui risultino i periodi di congedo
parentale già fruiti e in corso di fruizione da parte di
quest’ultimo, nonché l’indicazione in misura percentuale del
trattamento economico applicato agli stessi. In luogo di tale attestato
può essere prodotta dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà
con l’osservanza delle modalità di cui all’art. 38 del D.P.R.
28.12.2000, n. 445, a condizione che l’altro genitore dipenda da
un’amministrazione pubblica. Identica dichiarazione sostitutiva va
prodotta per attestare che l’altro genitore non è lavoratore
dipendente. Per i genitori adottivi o affidatari il documento certificante
la nascita del bambino è ovviamente sostituito dall’atto di adozione
o affidamento, se non trasmesso in precedenza all’amministrazione.
Come per il congedo di maternità o paternità in luogo di tale atto,
qualora non ancora disponibile, può essere presentata dichiarazione
sostitutiva dell’atto di notorietà, fatta salva la facoltà
dell’amministrazione di richiedere successivamente il documento
originale. In considerazione della natura di
diritto soggettivo dell’istituto, la fruizione del congedo parentale
non è subordinata al parere del capo dell’ufficio da cui dipende il
richiedente, bensì soltanto alla sussistenza delle condizioni previste
dalla legge. A titolo puramente indicativo si
allegano alla presente diramazione i modelli di domanda del beneficio in
esame.
Trattamento
econom Quarantacinque giorni
complessivi di congedo parentale fruiti nell’arco dei primi tre anni
di vita del bambino sono retribuiti a richiesta dell’interessato con
il trattamento economico del congedo straordinario, qualora non fruito
ad altro titolo, vale a dire con tutti gli assegni fissi e continuativi
esclusi i compensi connessi alla effettiva prestazione del servizio.
Resta fermo in ogni caso il noto limite annuale del congedo
straordinario di 45 (quarantacinque) giorni, anche ai soli fini
economici. Per i restanti periodi di congedo
parentale fruiti entro il compimento del terzo anno di vita del bambino
- e in alternativa al predetto trattamento del congedo straordinario se
il dipendente desidera conservare quest’ultimo per altre esigenze che
a norma di legge ne consentono la concessione - spetta il 30% della
retribuzione entro il limite massimo complessivo tra i genitori di sei
mesi, limite che in ogni caso comprende anche i periodi già retribuiti
con il trattamento economico del congedo straordinario o comunque
retribuiti per l’altro genitore. Per i genitori adottivi o affidatari
il predetto limite di età del terzo anno è elevato a sei anni. Durante gli ulteriori
quattro/cinque mesi, nonché dopo il compimento del terzo anno di vita
del bambino, è riconosciuto il diritto al congedo senza alcun assegno,
salvo che il reddito individuale dell’interessato sia inferiore a 2,5
volte l’importo del trattamento minimo di pensione a carico
dell’assicurazione generale obbligatoria (in pratica il reddito del
dipendente deve essere inferiore a £ 24.061.375 a.l., importo definito
per l’anno 2001 nella circolare Inps n. 73/2001); in tal caso compete
un’indennità pari al 30% degli assegni fissi e continuativi. La stessa indennità pari al 30%
della retribuzione spetta durante il periodo di prolungamento del
congedo parentale fino al terzo anno riconosciuto ai genitori di bambini
portatori di handicap (art.34, comma 2, T.U.). Qualora il dipendente, dopo aver
fruito del congedo parentale esaurendo tutti i giorni retribuiti con il
trattamento del congedo straordinario disponibile nell’anno, debba
richiedere necessariamente il congedo straordinario per gravi motivi,
perché ad esempio l’assenza per propria malattia non supera sette
giorni lavorativi, verrà commutato il trattamento economico a suo tempo
applicato per il congedo parentale con la corresponsione del 30% della
retribuzione, ovviamente sempre nei limiti dei sei mesi tra i genitori,
ai sensi dell’art. 34 del testo unico, ed il periodo di congedo
straordinario sarà retribuito per intero. I periodi di congedo parentale
retribuiti al 30% e quelli non retribuiti sono coperti da contribuzione
figurativa e unitamente ai periodi durante i quali spettano gli assegni
interi sono computati nell’anzianità di servizio, esclusi gli effetti
sulla tredicesima mensilità e sulle ferie. In ogni caso i periodi di
astensione facoltativa fruiti prima dell’entrata in vigore della legge
n. 53/2000, qualunque sia stato il trattamento economico applicato,
vengono computati a tutti gli effetti. Il trattamento economico sopra
precisato si applica anche nei confronti dei genitori adottivi o
affidatari. Riposi
orari nel 1° anno di vita del bambino ( artt. 39 e ss.
D.Lgs. 151/2001)
Le lavoratrici madri continuano ad avere diritto nel primo anno
di vita del bambino a due periodi di riposo al giorno, di un’ora
ciascuno, anche cumulabili, a condizione che l’orario di lavoro sia di
almeno sei ore; in caso di orario inferiore il periodo è ridotto ad
un’ora di riposo (art. 39 T.U.). Prima la legge 53/2000 e poi il
vigente art. 41 del Testo unico hanno innovato tale disciplina
prevedendo in caso di parto plurimo il raddoppiamento dei periodi di
riposo e la possibilità da parte del padre di utilizzare le ore
aggiuntive. Tali ore possono essere riconosciute al padre anche durante
i periodi di congedo di maternità o parentale della madre. L’art.40 del D.Lgs. 151/2001
contempla anche per il padre la possibilità di fruire dei citati riposi
orari previsti dall’art. 39 dello stesso Testo unico, con il relativo
trattamento economico. Ciò è ammesso nel caso in cui il figlio sia
affidato al solo padre, oppure quando la madre lavoratrice dipendente
non si avvalga di tale facoltà, a condizione che la stessa non si trovi
in congedo di maternità o parentale, ovvero nell’ipotesi che la madre
non sia lavoratrice dipendente oppure sia deceduta o gravemente inferma.
Tali circostanze devono essere debitamente documentate. La fruizione delle ore di riposo
verrà autorizzata in sede locale previa verifica dell’esistenza dei
presupposti di legge, senza inoltrare alla scrivente le domande di
ammissione al beneficio in esame. I periodi di riposo in parola sono
considerati ore lavorative agli effetti dell’orario di lavoro, della
retribuzione e riducono le ferie e la tredicesima mensilità. Pertanto
ogni 6 ore di permesso fruite deve essere sottratto un giorno ai fini
della determinazione dell’importo della tredicesima mensilità e della
maturazione del congedo ordinario disponibile nell’anno successivo. A
tale scopo i Coordinamenti regionali manterranno il computo per ciascun
dipendente e provvederanno alla prescritta riduzione delle ferie, dando
comunicazione all’Ufficio Trattamento Economico Centralizzato delle
ore di permesso fruite ai fini della determinazione dell’importo della
tredicesima mensilità. Assenze
per malattie del bambino (art. 47 e ss.
D.Lgs. 151/2001) In occasione delle malattie di
ciascun bambino fino al 3° anno di età ad entrambi i genitori, anche
adottivi o affidatari, è riconosciuto il diritto di assentarsi dal
lavoro alternativamente, ai sensi dell’art.47 del Testo unico. Per i bambini di età compresa fra
i 3 e gli 8 anni il citato diritto è di soli 5 giorni lavorativi
all’anno per ciascun genitore, non trasferibili dall’uno all’altro
e da fruire alternativamente. Il beneficio in esame compete anche
se il coniuge non svolge alcuna attività lavorativa. Le assenze in questione non sono
retribuite, ma vengono computate nell’anzianità di servizio, esclusi
gli effetti relativi alle ferie ed alla tredicesima mensilità, e sono
coperte da contribuzione figurativa. Per la loro effettuazione è
necessario presentare un certificato medico rilasciato da uno
specialista del Servizio Sanitario Nazionale, o con questo
convenzionato, comprovante la malattia del bambino insieme ad una
attestazione del datore di lavoro dell’altro coniuge, qualora sia
lavoratore dipendente, in cui si dichiara che quest’ultimo non
usufruisce contemporaneamente del medesimo beneficio in relazione allo
stesso motivo; in luogo di tale attestazione può essere prodotta
dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà nell’ipotesi che
il coniuge dipenda da un’amministrazione pubblica o sia lavoratore
autonomo. In alternativa all’esercizio del
diritto di assentarsi sopra descritto, il dipendente può chiedere la
concessione del congedo straordinario per gravi motivi, ai sensi
dell’art. 37 del D.P.R. n. 3/1957, allegando la stessa documentazione
richiesta per l’assenza non retribuita. Spetta alle competenti
divisioni del personale della scrivente
accogliere o meno tali istanze, che devono essere sempre
inoltrate alle stesse con la massima tempestività seguendo la procedura
stabilita nella direzionale n. 1083/ris del 21/07/2000. Il responsabile
della struttura da cui dipende il richiedente che esprima parere
sfavorevole all’accoglimento dell’istanza di congedo straordinario
deve motivare il proprio avviso contrario alla concessione. La malattia del bambino che
comporta il ricovero ospedaliero, opportunamente documentato, interrompe
la fruizione delle ferie da parte del genitore. Quest’ultimo durante
le assenze per malattia dei figli non è soggetto all’obbligo di
reperibilità previsto in caso d’infermità del lavoratore.
Permessi
previsti dall’art 33 legge 5.2.1992, n.104 Con gli articoli 19 e 20 della
legge 53/2000 sono modificate anche alcune disposizioni dell’articolo
33 della legge 5.2.1992, n.104. In particolare viene stabilito che i tre
giorni di permesso mensile, di cui al comma 3 del citato articolo 33,
spettanti alternativamente ai genitori, anche adottivi, di minore di età
superiore ai tre anni con handicap in situazione di gravità competono
anche nel caso in cui l’altro coniuge non ne abbia diritto, in quanto
non lavoratore dipendente. I suddetti permessi mensili
spettano altresì a coloro che assistono con continuità e in via
esclusiva un parente o un affine entro il terzo grado portatore di
handicap grave, benché non convivente. Il carattere esclusivo
dell’assistenza comporta che il disabile non deve convivere con altra
persona maggiorenne che non svolga attività lavorativa, salvo casi di
oggettiva e documentata impossibilità di tale persona a prestare la
necessaria assistenza. I tre giorni di permesso in esame
devono essere fruiti entro il mese e non sono quindi cumulabili con
quelli spettanti nei mesi successivi; possono invece essere cumulati con
il congedo parentale e con i congedi per malattia del figlio. I permessi
in esame riducono in proporzione le ferie e la tredicesima mensilità. Con l’occasione si ricorda che
per la concessione dei permessi sopra menzionati è necessario che il
dipendente presenti i sottoelencati documenti: 1)
Verbale – in originale o copia conforme
– della apposita Commissione Medica istituita presso le A.S.L.
attestante lo stato di grave handicap in capo al soggetto che necessita
di assistenza e recante l’indicazione del rilascio per le finalità
della legge n. 104/1992; 2)
Dichiarazione sostitutiva dell’atto di
notorietà da cui risulti che il parente o affine entro il terzo grado
non è ricoverato a tempo pieno presso istituti di assistenza e cura,
nonché in caso di convivenza stato di famiglia o dichiarazione
sostitutiva di certificazione; 3)
Per i soli genitori di portatori di
handicap grave conviventi, dichiarazione del datore di lavoro del
coniuge attestante la rinuncia di quest’ultimo a fruire del beneficio
in parola ovvero dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà in
ordine alla condizione di lavoratore autonomo o non lavoratore del
coniuge stesso; 4)
Per l’assistenza di parente o affine
entro il terzo grado convivente, esclusi i figli, dichiarazione
sostitutiva dell’atto di notorietà da cui risulti che non esistono
nel nucleo familiare altre persone maggiorenni che non svolgono attività
lavorativa e siano in grado di prestare assistenza; 5)
Per i parenti o affini entro il terzo
grado non conviventi, compresi i figli maggiorenni, dichiarazione
sostitutiva dell’atto di notorietà attestante che il disabile non
convive con altra persona maggiorenne che non svolga attività
lavorativa e sia in grado di prestare assistenza. Le diverse dichiarazioni sostitutive possono essere rese contestualmente
in un unico documento, ferme restando le modalità prescritte per
ciascuna di esse dagli artt. 38 e 46 del D.P.R. 28.12.2000, n.445. Si invitano tutte le strutture
periferiche a dare la massima diffusione tra il personale alla presente
diramazione ed ai modelli di domande allegati.
IL DIRETTORE GENERALE Alla
Direzione Generale delle Risorse Forestali, Montane e Idriche –
|