Siamo giunti al termine dei lavori del nostro Comitato Direttivo ed è
utile fare un bilancio dei risultati.
E’ intenzione della Segreteria Nazionale sottoporvi un ordine del
giorno che consenta di fare il punto sulla nostra discussione, anche
al fine di fare pesare il nostro orientamento nel confronto si
svilupperà sia nella Confederazione che nella categoria sui contenuti
della legge Finanziaria e sulle iniziative che dovremo prendere.
Noi avremo fatto un buon lavoro se usciremo da questo Direttivo avendo
più chiari l’impianto della Finanziaria e la complessità dei giudizi
che su di essa si possono dare.
Per quel che mi riguarda, dopo questa nostra discussione ho le idee un
po' più chiare sull'orientamento da assumere, sul lavoro che dobbiamo
fare, sul livello di difficoltà con il quale ci siamo chiamati a
confrontarci.
Mi auguro che sia così anche per voi, perché è proprio dal livello di
comprensione della situazione e di convincimento sulle iniziative da
assumere che ciascuno di noi ha maturato , che dipenderà gran parte
del lavoro che da domani dovremo fare e il suo esito positivo.
Ho già detto che il giudizio sulla Finanziaria non è un giudizio
semplice, bensì complesso poiché si tratta di una materia complessa.
Tuttavia c'è un punto sul quale, secondo me, non possiamo non
convenire: che questa è la migliore Finanziaria che degli ultimi
cinque anni perché non c'è dubbio che essa capovolga completamente la
politica del Governo Berlusconi.
Da qui dobbiamo partire, facendo chiarezza tra di noi, senza
nasconderci che vi sono parti che non ci trovano d’accordo e sulle
quali dobbiamo esprimerci senza infingimenti e senza timidezze.
Ma non possiamo non esprimere una particolare sensibilità se la
guardiamo dal punto di vista del lavoro dipendente e dei pensionati e
di quella parte della cittadinanza italiana che noi pensiamo di
rappresentare.
Aggiungerei che tutte le Finanziarie del governo Berlusconi che erano
tenute ad indicare le poste relative al rinnovo dei contratti di
lavoro, si sono sempre mosse come se il problema non esistesse.
Quindi,dobbiamo riconoscere che, da questo punto di vista, un primo
passo in avanti è stato fatto, altrimenti rischiamo di mandare un
messaggio sconfortante alle persone che rappresentiamo.
Certo, rispetto al livello di aspettative che ciascuno di noi poteva
avere rispetto alla formazione del nuovo Governo, al superamento del
berlusconismo, che indubbiamente è lenta e faticosa, il risultato può
apparire non all'altezza della nostra situazione, tuttavia c'è.
Sulla questione delle tabelle ci lavoreremo, in particolare lo farà
Vincenzo Di Biasi, tenendo conto che ci sono anche relazioni tecniche
e altri documenti un po' più complessi da analizzare che, però, ci
aiutano a capire meglio la situazione.
Nella mia relazione ho parlato di una fascia di reddito fino a 27 mila
euro nella quale sta l'84% delle persone che noi rappresentiamo, e di
quel 50% che è invece compreso in una fascia di reddito che arriva a
25 mila euro. Non c'è dubbio che la manovra proposta anziché sottrarre
risorse, come è successo con la riforma Tremonti, per quelli che non
hanno familiari a carico porta ad una riduzione che va da un massimo
di 137 euro ad un minimo di 59-60 euro. Tutti valori che sono
destinati a crescere a seconda della composizione del nucleo familiare
grazie alle misure di sostanziale incremento degli assegni familiari.
Se vogliamo mantenere come metro di giudizio il raffronto tra gli
obiettivi che ci siamo posti e i risultati che si possono conseguire,
dobbiamo dire che la leva fiscale sta cominciando a funzionare. E
credo sia doveroso riconoscerlo perché è un successo della nostra
iniziativa.
Sul fondo per la non autosufficienza ci sono risposte significative,
così come per le risorse per i nostri contratti, sia pure con quel
meccanismo complicato che ho spiegato e in una situazione ancora da
consolidare prima di aprire il confronto con l'ARAN.
Dobbiamo però sapere che se non siamo in grado di valorizzare e
sostenere i risultati positivi, questa Finanziaria rischia di essere
senza padre. Ma io, più banalmente, penso che se viene criticata da
destra e da sinistra, alla fine non si capisce quale parte del Paese
dovrebbe sostenerla.
Per non essere superficiali occorrerà tener conto della disposizione
delle forze in campo rappresentata da tutti i partiti che compongono
la coalizione di Governo, compresi quelli della cosiddetta sinistra
radicale, che hanno convintamente votato questa legge Finanziaria, e
quelle che mostrano qualche segno di pentimento lo fanno non da
sinistra, ma da destra.
Il rischio che su questi aspetti la legge Finanziaria possa peggiorare
è consistente. Molti dei leader che vengono intervistati spesso non
sanno quello che votano perché si occupano di politica e non di banali
questioni tecniche. Io non sono d'accordo con questo modo di fare
politica e, qualche volta, di fare sindacato perché i numeri contano,
eccome.
E trovo sbagliato e fuorviante che ai giornalisti che chiedono "avete
dato 2 miliardi per i contratti pubblici", qualcuno risponda "ma non
nel 2007", quasi che questi 2 miliardi gravassero sui conti della
Finanziaria del 2007.
Noi abbiamo utilizzato un artificio, facendo scrivere sulla
Finanziaria del 2007 - perché ci serviva un ancoraggio - che c'erano
le risorse per il biennio 2006-2007, ma che stanno nei conti della
Finanziaria 2008.
Rutelli ad una domanda specifica di un giornalista de "il Sole 24Ore"
che gli chiede: "in fin dei conti questi soldi potevate utilizzarli
per gli ammortizzatori sociali per i lavoratori pubblici in esubero",
non risponde come avrebbe dovuto.
Ma poi, in esubero da che? Da cosa? Dal momento che noi abbiamo un
numero di lavoratori che sia per l'incidenza sul PIL, sia per quanto
riguarda il raffronto con il resto del lavoro dipendente che per
quanto riguarda l'incidenza sulla popolazione residente, è uguale o
addirittura inferiore rispetto a quello dei paesi europei considerati
nostri competitori, vale a dire Francia, Germania e Gran Bretagna.
Quindi, che cosa si intende quando si parla di esuberi o di un
apparato particolarmente pesante nelle pubbliche amministrazioni?
Parliamo per sentito dire? O in preda ad una emozione viscerale?
Sicuramente non parliamo di un dato macro economico. Tuttavia il
dibattito sulle risorse recuperate per i nostri contratti è questo.
Così come la questione del fisco. Sembrava che il ministro Visco si
fosse spinto a dire che questi soldi verranno restituiti, poi leggendo
più attentamente la sua dichiarazione, si scopre che in realtà non
parla di restituzione, ma dice che "se le entrate vanno bene si potrà
attenuare la pressione fiscale". Un ragionamento del tutto ovvio
perché, a quel punto, una parte delle risorse che oggi sono state
tolte saranno restituite, ma a tutti.
Leggendo la stampa, persino Visco, che è l'autore di questa manovra,
sembrava che si fosse in qualche modo già quasi pentito.
Lo dico perché nella costruzione del sistema di alleanze delle quali
abbiamo bisogno per far passare le modifiche che riteniamo necessarie,
dobbiamo tener conto dei movimenti e dei soggetti interessati alle
cose che sosteniamo, a cominciare dai cittadini che dovrebbero essere
i primi a sostenere il mantenimento di una gamma di servizi
quantitativamente e qualitativamente rilevanti, ma anche dalle forze
politiche che compongono questa maggioranza. Altrimenti questa
Finanziaria è destinata rapidamente a peggiorare se non sosteniamo e
valorizziamo adeguatamente gli aspetti che consideriamo positivi e che
certamente saranno quelli che verranno messi in discussione, con il
risultato che alla fine incontreremo difficoltà a modificare gli
aspetti che consideriamo negativi e subiremo un peggioramento degli
aspetti positivi.
Tutto ciò comporta, da parte nostra, un sovraccarico di responsabilità
perché abbiamo la necessità di fare questa operazione ma,
contemporaneamente, di comunicare alle persone che rappresentiamo, al
nostro quadro attivo, ai comitati degli iscritti, alle assemblee dei
lavoratori e delle lavoratrici, che non intendiamo venir meno in alcun
modo al mandato che abbiamo assunto e che si può riassumere nello
slogan della campagna elettorale delle precedenti elezioni delle RSU:
“pubblico è meglio".
Se questo è il nostro orientamento dobbiamo lavorare perché la nostra
iniziativa vada in quella direzione,avendo la forza e la capacità di
resistere alla tentazione di “buttare il cappello per aria”.
Tentazione alla quale, qualche volta, anch’io faccio fatica a
sottrarmi, perché mi capita di frequentare ambienti e palazzi in cui
prevale una certa omologazione del pensiero, con una certa tendenza a
farti sentire isolato.
E’ un problema che esiste, e quando , a un certo punto, saremo
costretti a mettere in campo le necessarie iniziative di conflitto nel
caso in cui non si riesca a cambiare le parti della Finanziaria che
non ci convincono, dovremo evitare il rischio di essere additati come
responsabili di una reazione di natura corporativa.
Nei prossimi tre mesi non possiamo diventare "i tassisti" del caso.
Uso questa frase banale per capirci meglio, perché questo rischio
esiste anche dentro la CGIL.
Dovremo, dunque, spiegare con chiarezza il nostro punto di vista che
consiste nell'indicare, a fronte dei risultati che noi consideriamo
positivi, quali sono le cose che, a nostro avviso, debbono in tutti i
modi essere cambiate. Dobbiamo però farlo in modo serio, evitando, per
esempio, di mettere in giro documenti di critica che citano
personalmente il Segretario generale della Funzione Pubblica.
Il diritto di critica, di dissenso è garantito dallo Statuto della
CGIL; fare altre operazioni non aiuta, secondo me, la formazione di un
punto di vista forte, di massa in grado di sostenere la nostra
posizione.
Il nostro obiettivo è quello di migliorare la Finanziaria cancellando
le parti che consideriamo negative, che non sono, cioè, utili a
migliorare la condizione non solo delle persone che noi
rappresentiamo, ma dei cittadini in generale che il nostro lavoro deve
mettere in grado di esigere i loro diritti fondamentali.
Dobbiamo aprire rapidamente un confronto con il Governo per dare vita
a un protocollo che renda chiaro il dispositivo di esigibilità delle
risorse messe a disposizione per i contratti nazionali e renda
evidente, com’è successo nel passato, qual è la cifra esemplificativa
per i dipendenti dello Stato. Non possiamo, infatti, prestarci a un
giochino per il quale, una volta individuate le risorse in
Finanziaria, ci lavora la Ragioneria e quando andiamo all'ARAN
scopriamo che la cifra che noi avevamo in mente è del tutto diversa da
quella che "oggettivamente" discende dall'analisi della legge
Finanziaria.
Poiché negli anni precedenti abbiamo detto prima quanto valgono quelle
cifre, sarà bene farlo anche adesso.
Abbiamo, cioè, bisogno di sottoscrivere un protocollo che capovolga il
metodo di riorganizzazione dei ministeri proposto in questa legge
Finanziaria e lo schema di contrazione della spesa per gli Enti locali
e per il Servizio Sanitario Nazionale, che determina i problemi che
ben conosciamo sia rispetto al mantenimento, nei fatti, del secondo
livello di contrattazione, che rispetto alla questione del precariato.
Per fare tutto questo noi abbiamo bisogno di rilanciare la nostra
proposta di “patto per il lavoro”, magari specificandolo meglio e
chiedendo al Governo di sottoscrivere un'intesa che trovi la sua
concretizzazione in un emendamento che di fatto modifichi i contenuti
della Finanziaria. L'ultimo appuntamento possibile,a questo fine, è il
maxi emendamento, quello con cui si concluderà l'iter della
Finanziaria.
In particolare, visto che siamo tutti lavoratori pubblici, mi
riferisco agli articoli 32, 57, 60, quelli cioè che si riferiscono al
Servizio Sanitario Nazionale e alla possibilità per le Regioni e
Province a statuto autonomo di assorbire lo svolgimento di funzioni di
carattere nazionale. Questi articoli vanno modificati, insieme alla
ripresa dell'iniziativa di carattere culturale per rimontare la
difficoltà che ci ha creato la campagna sui fannulloni. Una campagna
pericolosa non perché la sostiene Ichino, ma perché da due mesi viene
ospitata dal maggiore quotidiano d'Italia, che pesa nella formazione
delle opinioni non solo dei cittadini, ma di chi gestisce le decisioni
politiche e il potere in questo Paese.
Dobbiamo, quindi, ridare corpo in modo più sistematico ad alcune
iniziative che qui sono già state ricordate. Penso alla nostra
adesione al Comitato per una proposta di legge popolare sulla
questione dell'acqua; penso ai risultati della ricerca, fondata su un
campione scientifico, che insieme con ARCI, ARTAG e altri abbiamo
fatto sulle esternalizzazione dei servizi pubblici, con giudizi che
vengono sia dai lavoratori direttamente interessati che dai cittadini.
Si tratta di risultati sorprendenti rispetto a quella che può essere
considerata la vulgata generale. Poter contare anche su elaborazioni
di questa natura, che hanno un contenuto di natura "scientifica", ci
può aiutare a sostenere la nostra campagna d’informazione.
Allo stesso modo, l'iniziativa che prenderemo a proposito del disegno
di legge Lanzillotta, rispetto al quale condivido tutte le critiche
che sono state qui avanzate, parte da un primo appuntamento che
realizzeremo grazie all'ospitalità della nostra rivista "Quale Stato".
Per quanto motivo, per quanto mi riguarda, il 23 ottobre è un
appuntamento tutt'altro che rituale. Se abbiamo messo in campo
un'assemblea di 5 mila delegati, l'idea è di trasformare quella
giornata in una prima manifestazione, di utilizzare quella vetrina,
resa più "lucente", dal punto di vista dell'attenzione dei media,
dalla presenza dei tre Segretari generali, per dire cosa pensiamo del
lavoro fin qui fatto per ottenere le modifiche che oggi abbiamo
richiamate.
Io credo che le nostre discussioni, i confronti avuti e la stessa
partecipazione del Segretario generale alla riunione del nostro
Comitato Direttivo, hanno fatto sì, ad esempio, che nel documento che
è stato varato ieri dalle Segreterie unitarie di Cgil, Cisl e Uil
sulla questione del precariato e su quella degli Enti locali e Sanità
vi siano, siano contenute posizioni assai nette e chiare, comunque più
nette e più chiare di quelle espresse la scorsa settimana.
C'è un livello di comprensione e di analisi che va aldilà della nostra
Federazione, del nostro gruppo dirigente di categoria, ed è un fatto
importante per la costruzione di quelle alleanze delle quali abbiamo
bisogno per battere un’idea della riorganizzazione della nostra
società e della politica economica nel nostro Paese che, in maniera
diametralmente opposta a ciò che noi intendiamo, pensa che il lavoro
pubblico sia una cosa da comprimere il più possibile. Per battere
questo disegno non possiamo essere da soli, ma dobbiamo poter contare
sulla solidarietà, il sostegno degli altri, facendo diventare questa
nostra impostazione, ancor più di quanto non lo sia stata nei mesi
passati, patrimonio di tutta l'organizzazione e, se possibile, di un
sistema di alleanza ancor più vasto.
Voglio aggiungere una cosa per far comprendere quanto tutto questo sia
complicato. Il giorno dopo l’approvazione della Finanziaria, ho letto
con molta attenzione i commenti che sono apparsi su tutti i giornali.
Ebbene, quello più vicino alle ragioni del lavoro dipendente era
quello di “Liberazione”, dove Maurizio Zipponi, un giornalista che
conosco e stimo, a proposito del pubblico impiego ha scritto che
abbiamo trovato le risorse per i contratti pubblici, ignorando i
disastri che provocherebbero, se passassero, le parti sulla
riorganizzazione dei ministeri, sugli Enti locali, sullo sanità e
sull’assenza totale di qualsiasi riferimento al precariato.
Lo dico perché persino orecchie che riteniamo siano particolarmente
sensibili a temi come questi, fanno fatica a comprendere la vera
situazione del lavoro pubblico.
Si tratta, dunque, di una partita assai complessa, ed è per questo che
abbiamo bisogno di una grande misura da parte nostra, perché dobbiamo
dare non la sensazione, ma la certezza alle persone che rappresentiamo
che non siamo diversi dal 6 aprile:continuiamo a pensare le stesse
cose e intendiamo sostenerle con la stessa forza.
Il problema è, allora, quello di convincere uno schieramento vasto a
sostenere il nostro punto di vista e questo si fa costruendo una
posizione anche culturale, avendo la capacità di elaborare una
piattaforma e di sostenerla con tutti i mezzi e gli strumenti
necessari.
Guglielmo Epifani, che non può essere considerato un rappresentante
dell'ala estrema della nostra Confederazione, ma che, essendo il
Segretario generale, rappresenta per definizione l'insieme della
Confederazione, ha usato questa frase: "utilizzando tutti gli
strumenti e attivando le forme di mobilitazione che si renderanno via
via necessarie man mano che questo confronto va avanti".
La mia traduzione è che nel confronto con il Governo, quando i
risultati verranno, se verranno, faremo le assemblee e gli attivi e,
ad un certo punto, se dovesse essere necessario, faremo anche lo
sciopero.
Del resto, per quanto ci riguarda, lo abbiamo detto con molta
chiarezza anche durante l'intera stagione congressuale e nel corso
dello stesso Congresso Nazionale di Rimini.
C'è, poi, la questione dei precari, per noi fondamentale.
Ce lo siamo detto qualche tempo fa: staremo in tutti i luoghi nei
quali sarà possibile sostenere il nostro punto di vista. Per questo
motivo ho personalmente ritenuto di aderire e di contribuire a
costruire l'appello “stop alla precarietà ora” e alla manifestazione
del 4 novembre. Del resto, a quello stesso cartello appartengono per
intero due partiti di Governo, insieme alla sinistra DS, al movimento
di iniziativa popolare "precariare stanca" e a molti dirigenti della
nostra Confederazione, oltre a ad altri compagni della nostra
categoria.
Penso che quella sia una manifestazione significativa e posso
anticipare che nel documento finale non troverete la richiesta di
un'adesione formale della Funzione Pubblica, una responsabilità di cui
non vi chiedo di farvi carico.
Di queste cose dobbiamo imparare a parlare con chiarezza e la verità è
che questa manifestazione è vissuta con qualche sofferenza da una
parte della nostra organizzazione perché non è del tutto chiara la
"compagnia", anche se è la stessa con cui facciamo le manifestazioni
per la pace. Abbiamo lavorato per tanti anni con questi movimenti. E’
per questo che non capisco quale sia il problema, oggi, ma se anche
per uno solo degli interlocutori il problema c'è, è inutile affannarsi
a dire che non esiste.
Se si crea una situazione per la quale dentro l'organizzazione questa
cosa viene vissuta come fosse ai confini dell'eresia, e se anche
dentro la nostra stessa categoria c'è qualche sofferenza tra le
compagne e i compagni, di questa sofferenza tutti insieme dobbiamo
farci carico, perché noi siamo un gruppo dirigente alla pari e se
vogliamo continuare a stare assieme, dobbiamo farlo sforzandoci di
compenetrarci gli uni nelle ragioni degli altri.
Io continuo a sostenere quell'appello, aderirò a quella
manifestazione, ci andrò e mi auguro che molte compagne e molti
compagni della nostra organizzazione, ad iniziare dai segretari
regionali, facciano altrettanto. Sono convinto che molti lo faranno,
che una buona parte dell'organizzazione lavorerà per questo, ma non vi
chiederò di aderire formalmente perché non scaricherò
sull'organizzazione una tensione che c'è e non voglio sottoporre le
compagne e i compagni a tensioni che da questa scelta deriverebbero,
nei rapporti con le Camere del Lavoro e le CGIL regionali.
Ci ho riflettuto. Noi abbiamo fatto una riunione dei Segretari
regionali in cui ho espresso la convinzione che questa fosse la strada
da seguire. In seguito si sono manifestati punti di vista, nella
nostra categoria, nel centro confederale nazionale e in giro per
l'Italia che mi portano, oggi, a pensare che sia più opportuno
muoverci in questa direzione.
Aggiungo che se per noi è vero quello che ci siamo sempre detti , e
cioè che saremo presenti in ogni luogo in cui sarà possibile far
valere le nostre ragioni, la manifestazione rappresenta un deterrente
per far sì che in altri luoghi, anche più propriamente sindacali, si
parli di queste cose. Io voglio fino in ultimo tentare di fare lo
sciopero generale con CISL e UIL e voglio fino in ultimo provare a far
sì che la CGIL, nel suo insieme, assuma una grande iniziativa sul
precariato.
Quando ne ho parlato con Guglielmo Epifani, che mi ha manifestato
qualche dubbio su questa nostra impostazione, gli ho detto: "caro
Guglielmo, il mio punto di vista è molto semplice: questo è un tema
che noi non possiamo abbandonare; se la CGIL lo assume nel suo insieme
noi stiamo con la CGIL, se si riesce a fare un'iniziativa unitaria
seria, noi staremo in quell’iniziativa. Personalmente, però, penso che
ciascuno di noi il 4 novembre sia libero di andare dove vuole, perché
non è detto che le cose si facciano nella stessa data, ma è ovvio che
il mio impegno in una manifestazione è di un certo tipo se c'è solo
quella, ed è di un altro se quella è una delle manifestazioni”.
Non credo che tra di noi ci dobbiamo dire che, essendo un sindacato,
se ci fosse un’iniziativa strettamente sindacale, questa avrebbe la
primazìa.
Quello che io temo è che mentre facciamo questo dibattito sulla
primazia - lo dico ai compagni che hanno espresso sofferenza, proprio
perché voglio condividere questa loro sofferenza e trovare un accordo
- finisce che non c'è alcuna iniziativa e questo non è accettabile,
perché io non intendo regalare a RDB la rappresentanza dei precari.
Non possiamo infatti consentire che accadano cose come quelle accadute
al ministero dei Trasporti, retto da un ministro della sinistra
radicale, che di fronte ad un emendamento, che era stato convenuto, da
presentare in Finanziaria, per stabilizzare i lavoratori dei call
center - quelli per i quali solo noi, lo scorso anno, ci siamo mossi
durante tutta l'estate per impedire che venissero licenziati - a
fronte di un risparmio di spesa, e non di una parità in varianza di
spesa, stimato in 200 mila euro, la risposta venuta dalla politica è
stata la seguente : “no, non lo facciamo perché se sono precari
rendono di più”. Ovvero, aggiungiamo noi, se diventano pubblici
dipendenti diventano anche fannulloni.
Questo è il problema con il quale dobbiamo confrontarci e per questo
motivo dobbiamo stare nei luoghi in cui è possibile sostenere il
nostro punto di vista, perché ciò che conta è quello che noi riusciamo
a dire e i luoghi che abbiamo a disposizione per dirlo.
Nel documento finale non troverete una formulazione sulla questione
del 4 novembre, perché penso che la responsabilità di questa scelta
debba essere condivisa da tutto il gruppo dirigente, e non solo dai
compagni del Comitato Direttivo.
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