Comitato Direttivo nazionale della FP CGIL
20 luglio 2001

Ordine del Giorno

 

I primi atti e comportamenti del Governo Berlusconi confermano, ove ce ne fosse ancora bisogno, che ci troviamo di fronte ad una chiara e consapevole azione proiettata a destrutturate il sistema dei rapporti sociali ed istituzionali su cui si è basata e sviluppata la vita democratica del nostro paese dall’atto di approvazione della Carta Costituzionale.

In questo senso le iniziative già assunte o soltanto annunciate dal Governo in tema di Federalismo, Sanità, Giustizia, Scuola ed istruzione, Mercato del lavoro, riforme dei servizi pubblici locali, di polizia e sicurezza, costituiscono un insieme di provvedimenti funzionali a tale disegno strategico.

Si tratta, quindi, di uno scenario inquietante e pericoloso che va adeguatamente contrastato rilanciando l’iniziativa politica e sindacale ad iniziare dai posti di lavoro.

E’ in questo scenario che si svolgeranno le prossime elezioni per il rinnovo delle RSU nei comparti pubblici.

Il risultato elettorale che ne scaturirà, inevitabilmente, avrà un significato politico che andrà ben oltre quello strettamente legato al rapporto tra lavoratori e sindacati; servirà per rilanciare una battaglia complessiva per ottenere la legge sulla rappresentanza per tutto il mondo del lavoro.

Il voto alla FP CGIL  misurerà non solo il nostro consenso, ma darà anche la prima risposta di massa, elettorale, a queste iniziative del Centro-destra.

Il nostro impegno nella campagna elettorale dovrà quindi essere all’altezza della situazione.

Tutti i livelli della nostra organizzazione dovranno concretamente lavorare perché nostre liste si formino in ogni sede dove si vota, perché i nostri candidati esprimano il massimo di rappresentatività delle differenze di genere, di pluralismo, delle diverse professionalità, di credibilità personale, di rinnovamento, di apertura verso settori nuovi e verso non iscritti.

Il contemporaneo svolgimento del dibattito congressuale, caratterizzato dal confronto dialettico fra le diverse posizioni, costituisce l’occasione per rafforzare l’identità programmatica ed ideale della nostra organizzazione, promuovendo il massimo di partecipazione al dibattito di tutti i lavoratori, favorendo anche così il nostro successo elettorale.

La FP-CGIL è inoltre impegnata, unitamente alla Confederazione, nella campagna “Al lavoro sicuri”, con l’obiettivo di giungere all’elezione generalizzata di tutti i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza, rivedendo a tal fine l’Accordo Quadro del ’96.

 

Roma, 20 luglio 2001 

 

APPROVATO ALL’UNANIMITA’


ORDINE DEL GIORNO

C.D. Fp Cgil 
20 luglio 2001

  

Il Comitato direttivo nazionale della FP-CGIL riunitosi a Roma il 20 luglio 2001, nel procedere agli adempimenti congressuali assume i documenti varati dal CD nazionale della CGIL e, su proposta della Segreteria Nazionale fissa in 1 a 400 il rapporto iscritti-delegati per il Congresso nazionale della FP Cgil.

 

In relazione alla data di svolgimento del Congresso Nazionale FP Cgil, sentite le motivazioni esposte, il Comitato direttivo da’ mandato alla Segreteria nazionale di fissare la data precisa di svolgimento del Congresso, che si terra’ a Roma tra il 18 ed il 26 Gennaio 2001, dandone formale comunicazione alla Commissione nazionale di Garanzia.

  

APPROVATO ALL’UNANIMITA’


 

Documento di Programmazione Economico Finanziaria 2002/2006

(Sintesi della Relazione di Lorenzo Mazzoli al C.D. FP CGIL del 20 luglio 2001)

  

Nel valutare il DPEF 2002/2006  - di legislatura, come è stato definito dal Governo – la prima sensazione è il disagio che si prova nella difficoltà di relazionare le cose scritte nel documento con le dichiarazioni riportate dai mass media e rilasciate da diversi esponenti di Governo o rappresentanti dei partiti del polo di centro destra

     E’ come se l’incompiutezza del testo fosse una scelta strategica per consentire in questa fase di poter effettuare annunci e di verificare gli effetti che gli stessi provocano nelle parti sociali e nell’opinione pubblica per poi presentare, a partire da settembre, un pacchetto di provvedimenti finalizzato a creare le condizioni per consolidare il patto con Confindustria e costituire un più ampio blocco sociale che ponga al centro l’impresa e qualsiasi attività imprenditoriale di tipo privato anche sotto forma di lavoro autonomo ed individuale.

 In buona sostanza, è come se si stesse giocando una partita a carte truccate in cui non è esplicitata l’ostilità e per ciò stesso ancora più pericolosa.

  Per individuare la strategia in materia di politica sociale ed economica del Governo è necessario prestare forse più attenzione alle proposte, agli annunci, alle indiscrezioni, ai comportamenti di singoli componenti del Governo, di Capi gabinetto, di Sottosegretari senza delega.

Credo di non esagerare nel dire che questo è un altro aspetto della “fase inedita“della politica italiana.

Si può rilevare, in questo senso, una preoccupante coerenza con ciò che sta accadendo anche sul piano dei rapporti istituzionali.

Due esempi su quest’ultimo punto.

 

1) Il Decreto Legge sulla nuova istituzione dei Ministeri della Sanità e delle Comunicazioni senza che il Governo avesse ottenuto la fiducia del Parlamento.

 

2) Le dichiarazioni del Ministro Tremonti al TG1 sul cosiddetto “extra deficit” quando era in corso la riunione tra Governo e Parti sociali - in cui non si era fatto cenno di ciò – che oltre a delegittimare l’autorevolezza del Presidente del Consiglio, ha messo in forte imbarazzo, contemporaneamente, Ragioneria Generale dello Stato, Banca d’Italia ( che pure a maggio aveva segnalato un indebitamento che tendeva a superare l‘1% del PIL rispetto allo 0.8% già indicato dal Governo Amato ) e ISTAT ( cui per legge spetta la conversione in saldo delle amministrazioni tra fabbisogno ed indebitamento).Per avere la dimensione della gravità del comportamento del Ministro basta ricordare che l’Istituto di statistica, sulla scorta del balletto delle cifre di cui il Ministro si è reso protagonista, ha inviato la documentazione alla Commissione di garanzia statistica che ha le competenze per vigilare sulla qualità dei conteggi.

Ciò che a volte sembra folclore, improvvisazione, in realtà nasconde una cultura del modo di intendere la funzione di governo.

  Una cultura fatta di diverse cose: decisionismo - che sfocia nell’arroganza come nei casi appena citati del DL sui Ministeri e lo show del Ministro Tremonti in TV; scarso senso dello Stato - il Sottosegretario al Ministero dell’Interno Taormina che contemporaneamente difende i mafiosi in qualità di avvocato senza che ciò crei il minimo imbarazzo in chi ha la responsabilità di Governo; non trasparenza sul piano economico – denuncia del buco di 45000 o 62000 miliardi, PIL previsto 2002 pari al 3,1% (tendenziale 2001 pari al 2,3%) ed inflazione 2002 dell’1,7% (tendenziale 2001 pari al 2,8/3%). Ad ulteriore prova della tesi di non trasparenza verrei segnalare la confusione artatamente creata tra fabbisogno di cassa, esercizio di competenza ed indebitamento netto e la conferma, da parte del Governo, dell’indebitamento netto per il 2001 pari allo 0,8% del PIL.

  Allo stesso tempo il Governo vuole essere rassicurante – riduzione della pressione fiscale ed aumento delle pensioni al minimo; aperto formalmente al confronto – con rischi, per noi, che spesso si possa trattare di un vuoto rispetto protocollare considerati i numeri di cui il governo dispone in Parlamento, cosa che non raramente viene fatta notare da esponenti della maggioranza.

  Ciò che è chiaro, almeno per noi, per l‘analisi che abbiamo svolto in queste settimane – il DPEF conferma tale linea di direzione – è che al centro dei parametri decisionali è collocata l’impresa e la tutela dei suoi interessi. Ed  così centrale (per la prima volta nella storia repubblicana) perché l’impresa non ha più bisogno della mediazione politica, l’impresa si materializza direttamente nella decisione politica!

  Due esempi dal DPEF, dei tanti che si potrebbero fare e che danno la dimensione del fenomeno.

  Il primo: emersione del lavoro sommerso. Viene indicato un meccanismo di valorizzazione a fini previdenziali e tributari degli oneri a carico del datore di lavoro senza minimamente porsi il problema di dare una risposta anche ai  lavoratori interessati. Il secondo: riedizione della Legge Tremonti. Si prospetta il drenaggio indistinto di risorse – le aree depresse ed il Mezzogiorno vengono completamente trascurate in termini di specificità dello sviluppo imprenditoriale – verso qualsiasi tipo di attività privata, artigianale ed addirittura libero-professionale, con rischi di passaggio repentino dalla centralità dell’impresa, alla centralità della ricchezza, del successo individuale; non della persona, dei suoi diritti, dei suoi bisogni, delle sue aspirazioni, delle sue opportunità.

  In tema di politiche sociali – a proposito di centralità della ricchezza – anche qui due esempi delle scelte compiute con il DPEF.

  L’abolizione della tassa di successione. C’è materia per esprimere un giudizio etico e morale per un’ elargizione a chi non avrebbe alcun bisogno di questi “regali”, ma è sufficiente citare l’economista Modigliani – noto per non avere nel suo bagaglio genetico la minima traccia di DNA da estrema sinistra. In un’intervista ad un quotidiano ha evidenziato che con tale misura “…si perpetua un sistema negativo, si ribadiscono le disparità”. Allo stesso tempo, in materia di pensioni sociali, la formulazione del testo è a dir poco bizzarra in termini di trasparenza. Testualmente dal DPEF: “Sull’adeguamento ad un milione al mese delle pensioni più basse, il Governo intende mantenere l’impegno a partire dal 2002, iniziando dai soggetti più anziani e più deboli”. Non sembra vero che in poche settimane ciò che ha rappresentato la promessa popolare più consistente sia così manipolata! Che significa “iniziando “? E “più anziani e più deboli”?

  Questi due esempi per dimostrare una tesi: laddove il testo è più “debole”, più ambiguo, lì si nascondono i rischi più grandi.

  Più organicamente sul testo.

  Il quadro macro economico assunto – internazionale ed interno - per indicare la politica economica che si intende perseguire evidenzia forti caratteri di inattendibilità.

Il PIL previsto  per il 2002 pari al 3,1%, si colloca allo 0,5% in più previsto per l’area Euro per il prossimo anno ed allo 0,8% in più a quello tendenziale nazionale del 2001 che presumibilmente sarà del 2,3%.

  E’ indicativo che nello stesso documento viene scritto sia che “il miracolo economico è possibile”, sia del “possibile deteriorarsi delle prospettive di sviluppo dell’economia”.

  La previsione dell’inflazione dell’1,7%, sempre per il prossimo anno, è molto lontana, come già detto, dal tasso reale considerando che il tendenziale 2001 è pari al 2,8/3%.

  Come è noto, questa scelta produce effetti indiretti sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti producendo tre effetti distorsivi nella politica dei redditi e nella dinamica economica: non si tutela il potere d’acquisto delle retribuzioni nel periodo considerato, l’inflazione subirebbe un’infiammata al momento del conguaglio tra tasso reale e programmato, la domanda interna sarebbe sottoposta a fasi d’incertezza che renderebbe ancor più precario il tasso di sviluppo. Confindustria aveva chiesto addirittura l’1,2, ma ciò non giustifica una così elevata discrezionalità politica sulla dura realtà dei numeri.

  L’inattendibilità del riferimento economico è pericolosa anche in relazione al cosiddetto provvedimento dei “cento giorni”.

  Ancora non è dato sapere come il Governo farà fronte a questo pacchetto di promesse, ma è chiaro che  drogare i dati per poter programmare il rispetto degli impegni assunti in campagna elettorale è esercizio pericoloso soprattutto per le fasce più deboli della popolazione qualora la priorità assunta sarà la riduzione della spesa a favore della ipotetica espansione dell’offerta produttiva.

  I segnali contenuti nel DPEF di possibile rinegoziazione del Patto di stabilità con l’Unione Europea testimonia questi timori.

  A questo si aggiungono i segnali di riduzione dell’intervento dello Stato attraverso il principio della devoluzione.

  Per Sanità ed Istruzione il DPEF parla di affidare sempre più i servizi “.. ad operatori diversi da quelli organizzati nella forma burocratica classica” e quando si fa riferimento al terzo settore, si parla di famiglie, volontariato, mutue, fondazioni.

  Per la Previdenza si assume la verifica come occasione per “…migliorare i livelli di equità all’interno e tra generazioni e la competitività…” ed all’interno di un quadro in cui viene evidenziata una spesa pensionistica di quattro punti superiore alla media UE.

  Sembra evidente un disegno di forte rimessa in discussione dell’attuale equilibrio pubblico-privato a favore di quest’ultimo, malgrado i richiami, è il caso della sanità, alla “salvaguardia dei principi universalistici del SSN”.

  La valutazione che si può fare è che rispetto alla direzione indicata, la devoluzione viene ad assumere i connotati di un’evoluzione da destra del principio di sussidiarietà. Partendo dalla libertà di scelta – del sistema d’istruzione, dei servizi sanitari, della previdenza complementare in direzione indifferentemente di fondi chiusi o di fondi aperti, alla famiglia ed al singolo vengono affidate responsabilità di carattere generale in cui viene quasi a perdersi la dimensione collettiva e la cultura della solidarietà.

  La stessa indicazione di riduzione della pressione fiscale viene relazionata, oltre che alla riduzione della spesa – si parla di un 1% all’anno del PIL della spesa corrente (equivalente a 25000 mld) - alla contemporanea ed ulteriore flessibilità del mercato del lavoro. Viene affermata la volontà di andare avanti sul Tempo determinato facendo proprio l’accordo del 4 maggio 2001 che ha visto la CGIL contraria (la flessibilità in uscita più volte dichiarata non è stata esplicitata, almeno per il momento, nel DPEF) e di procedere in materia fiscale individuando due sole aliquote – 23% fino a 200 milioni e 33% sopra i 200 milioni – senza precisarne le modalità e gli effetti – tranne il “riferimento al nucleo familiare come soggetto d’imposta”.

  Per quanto riguarda la Pubblica Amministrazione.

  Per simpatia, non per polemica, è appena il caso di notare che il DPEF prevede l’istituzione del Giudice Unico – è stato istituito con D.Lgs n. 51 del 19 febbraio 1998 (G.U. n.66 del 20/03/98) e l’istituzione degli Uffici Territoriali del Governo – sono stati istituiti con il D.Lgs.n.300 del 30 luglio 1999 ed il DPR n.287 del 17 maggio 2001 che ne regolamenta il  funzionamento è stato pubblicato sulla G.U. n.164 del 17 luglio 2001.

  Per quanto riguarda la politica sul personale della  P.A., per capire meglio i contenuti del DPEF è opportuno fare riferimento anche all’audizione del Ministro Frattini in sede di XI Commissione della Camera Lavoro pubblico e privato.

  Innanzitutto l’indicazione dell’1,7% di inflazione programmata, a cui si aggiunge un 1% legato al principio del “ … risultato di merito e di professionalità individuale”. E’ bene dire esplicitamente due cose: in presenza di un inflazione molto più alta di quella indicata, quell’1% rischia di essere una sorta di autofinanziamento da parte dei lavoratori e che di quell’1%, lo 0,4% era già previsto dai documenti economico-finanziari precedenti. Il riferimento alla professionalità individuale può avere  significati diversi e quindi vanno chiarite le intenzioni. Per quanto ci riguarda, non esiste qualità dei servizi senza una professionalità diffusa e quindi anche di carattere individuale. Ciò è cosa diversa da eventuali riedizioni di meccanismi scollegati dall’organizzazione del lavoro.

  Per quanto riguarda la riduzione del personale pubblico, in riferimento al personale dei Ministeri e degli Enti pubblici non economici, nella su citata audizione il Ministro ha evidenziato una riduzione del 3,5% dal 1997 al 2000 rispetto ad una programmazione del 2,5%. In buona sostanza il personale è diminuito più di quanto stabilito dalle leggi finanziarie. La “parziale copertura del turn over” previsto dal DPEF sta a significare che verrà sostituito il 2,2% del personale dell’ipotetico 3,2% che dovrebbe cessare dal servizio.

  Dovremo valutare più in dettaglio le ricadute sulla qualità e sulla quantità dei servizi alla luce di una politica di ulteriore riduzione del personale e capire la sostanza delle affermazioni in materia di riordino della pubblica amministrazione laddove si dice ”…l’eliminazione della proliferazione di enti e organismi pubblici, come in particolare le agenzie ed enti non economici che spesso non corrispondono ad effettive esigenze di interesse pubblico”.

  Sulla dirigenza, dall’audizione del Ministro Frattini si evince la volontà di approfondire le modalità di valutazione dei risultati da cui far discendere un giudizio sull’operato del dirigente evitando eccessi d discrezionalità. Ciò che lascia dubbiosi è che non si fa riferimento allo strumento della  contrattazione collettiva.

 

In conclusione.

  Per evidenza di contenuti e per esplicita affermazione del DPEF – vedi Cap. V Sessione di bilancio – saranno i provvedimenti collegati a dirimere dubbi ovvero a confermare le preoccupazioni.

Ricordo brevemente quanto scritto nel Documento del Governo.

 “I provvedimenti collegati costituiranno la vera struttura portante delle politiche di governo nei vari settori: mediante essi si provvederà a trasferire in legge il programma del Governo. …Il Governo considera collegati: Fisco; Devoluzione su Sanità, Istruzione, Sicurezza; Previdenza (soprattutto costruendo il secondo pilastro dell’integrativa); Istruzione e Ricerca; Infrastrutture e Trasporti; PA e sua informatizzazione; Gestione del patrimonio pubblico; Mezzogiorno; Liberalizzazione dei mercati e dei servizi pubblici; Tutela dell’ambiente”:

  Come si vede, una qualità e quantità di materie che non saranno inserite nella Legge Finanziaria, ma che saranno oggetto di atti distinti e che se saranno definiti rispettando il programma di Governo, quella “macelleria sociale” che oggi viene negata rischia di ripresentarsi in tutta la sua drammaticità.