Accordo 23 Luglio 1993
Presidenza del Consiglio dei Ministri
Protocollo sulla politica dei redditi e
dell'occupazione, sugli assetti contrattuali,
sulle politiche del lavoro e sul sostegno al
sistema produttivo
(3 luglio 1993)
1. Politica dei redditi e dell'occupazione
La politica dei redditi è uno strumento indispensabile della politica
economica, finalizzato a conseguire una crescente equità nella
distribuzione del reddito attraverso il contenimento dell'inflazione e dei
redditi nominali, per favorire lo sviluppo economico e la crescita
occupazionale mediante l'allargamento della base produttiva e una maggiore
competitività del sistema delle imprese.
In particolare il Governo, d'intesa con le parti sociali, opererà con
politiche di bilancio tese:
a) all'ottenimento di un tasso di inflazione allineato alla media dei
Paesi comunitari economicamente più virtuosi:
b) alla riduzione del debito e del deficit dello Stato ed alla stabilità
valutaria.
L'attuale fase d'inserimento nell'Unione Europea sottolinea la centralità
degli obiettivi indicati e la necessità di pervenire all'ampliamento delle
opportunità di lavoro attraverso il rafforzamento dell'efficienza e della
competitività delle imprese, con particolare riferimento ai settori non
esposti alla concorrenza internazionale, e della Pubblica
Amministrazione.
Una politica dei redditi così definita, unitamente all'azione di riduzione
dell'inflazione, consente di mantenere l'obiettivo della difesa del potere
d'acquisto delle retribuzioni e dei trattamenti pensionistici.
Le parti ritengono che azioni coerenti di politica di bilancio e di
politica dei redditi, quali quelle sopraindicate, concorreranno ad
allineare il costo del denaro in Italia con quello del resto d'Europa.
Il Governo dichiara di voler collocare le sessioni di confronto con le
parti sociali sulla politica dei redditi in tempi coerenti con i processi
decisionali in materia di politica economica, in modo da tener conto
dell'esito del confronto nell'esercizio dei propri poteri e delle proprie
responsabilità.
Sessione di maggio-giugno
Saranno indicati, prima della presentazione del Documento di
programmazione economico-finanziaria, gli obiettivi della politica di
bilancio per il successivo triennio.
La sessione punterà a definire, previa una fase istruttoria che selezioni
e qualifichi gli elementi di informazione necessari comunicandoli
preventivamente alle parti, con riferimento anche alla dinamica della
spesa pubblica, obiettivi comuni sui tassi d'inflazione programmati, sulla
crescita del PIL e sull'occupazione.
Sessione di settembre
Nell'ambito degli aspetti attuativi della politica di bilancio, da
trasporre nella legge finanziaria, saranno definite le misure applicative
degli strumenti di attuazione della politica dei redditi, individuando le
coerenze dei comportamenti delle parti nell'ambito dell'autonomo esercizio
delle rispettive responsabilità.
Impegni delle parti
A partire dagli obiettivi comuni sui tassi di inflazione programmati, il
Governo e le parti sociali individueranno i comportamenti da assumere per
conseguire i risultati previsti.
I titolari d'impresa, tra cui lo Stato e i soggetti pubblici gestori di
imprese, perseguiranno indirizzi di efficienza, innovazione e sviluppo
delle proprie attività che, nelle compatibilità di mercato, siano tali da
poter contenere i prezzi entro livelli necessari alla politica dei
redditi.
Il Governo come datore di lavoro terrà un coerente comportamento anche
nella contrattazione delle retribuzioni dei pubblici dipendenti e nelle
dinamiche salariali non soggette alla contrattazione.
Le parti perseguiranno comportamenti, politiche contrattuali e politiche
salariali coerenti con gli obiettivi di inflazione programmata.
Nell'ambito delle suddette sessioni il Governo definirà i modi ed i tempi
di attivazione di interventi tempestivi di correzione di comportamenti
difformi dalla politica dei redditi. Il Governo opererà in primo luogo
nell'ambito della politica della concorrenza attivando tutte le misure
necessarie ad una maggiore apertura al mercato. Il Governo dovrà altresì
disporre di strumenti fiscali e parafiscali, con particolare riferimento
agli oneri componenti il costo del lavoro, atti a dissuadere comportamenti
ti difformi.
Si ribadisce l'opportunità di creare idonei strumenti per l'accertamento
delle reali dinamiche dell'intero processo di formazione dei prezzi. E'
perciò necessaria la costituzione di uno specifico Osservatorio dei
prezzi, che verifichi le dinamiche sulla base di appositi studi economici
di settore.
Rapporto annuale sull'occupazione
Nella sessione di maggio il Governo predisporrà un rapporto annuale
sull'occupazione, corredato di dati aggiornati per settori ed aree
geografiche, nel quale saranno identificati gli effetti sull'occupazione
del complesso delle politiche di bilancio, dei redditi e monetarie, nonché
dei comportamenti dei soggetti privati.
Sulla base di tali dati, il Governo sottoporrà alle parti le misure,
rientranti nelle sue responsabilità, capaci di consolidare o allargare la
base occupazionale. Tra esse, con particolare riguardo alle aree di crisi
occupazionale e con specifica attenzione alla necessità di accrescere
l'occupazione femminile così come previsto dalla legge 125 /91:
a) la programmazione e, quando necessaria, l'accelerazione degli
investimenti pubblici, anche di concerto con le amministrazioni
regionali;
b) la programmazione coordinata del Fondo per l'occupazione e degli altri
Fondi aventi rilievo per l'occupazione, compresa la definizione e
finalizzazione delle risorse destinate all'attivazione di nuove iniziative
produttive economicamente valide;
c) la definizione di programmi di interesse collettivo, predisposti dallo
stato d'intesa con le Regioni, nei quali avvalersi di giovani disoccupati
di lunga durata e di lavoratori in Cigs o in mobilità, affidando la
realizzazione di tali programmi a soggetti qualificati e verificandone
costantemente l'efficacia e gli effetti occupazionali attraverso gli
organi preposti;
d) la programmazione del Fondo per la formazione professionale e
dell'utilizzo dei fondi comunitari, d'intesa con le Regioni.
2. Assetti contrattuali
1. Gli assetti contrattuali prevedono:
-un contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria
-un secondo livello di contrattazione, aziendale o alternativamente
territoriale, laddove previsto, secondo l'attuale prassi nell'ambito di
specifici settori.
2. Il CCNL ha durata quadriennale per la materia normativa e biennale per
la materia retributiva.
La dinamica degli effetti economici del contratto sarà coerente con i
tassi di inflazione programmata assunti come obiettivo comune.
Per la definizione di detta dinamica sarà tenuto conto delle politiche
concordate nelle sessioni di politica dei redditi e dell'occupazione,
dell'obiettivo mirato alla salvaguardia del potere d'acquisto delle
retribuzioni, delle tendenze generali dell'economia e del mercato del
lavoro, del raffronto competitivo e degli andamenti specifici del settore.
In sede di rinnovo biennale dei minimi contrattuali, ulteriori punti di
riferimento del negoziato saranno costituiti dalla comparazione tra
l'inflazione programmata e quella effettiva intervenuta nel precedente
biennio, da valutare anche alla luce delle eventuali variazioni delle
ragioni di scambio del Paese, nonché dall'andamento delle retribuzioni.
3. La contrattazione aziendale riguarda materie e istituti diversi e non
ripetitivi rispetto a quelli retributivi propri del CCNL. Le erogazioni
del livello di contrattazione aziendale sono strettamente correlate ai
risultati conseguiti nella realizzazione di programmi, concordati tra le
parti, aventi come obiettivo incrementi di produttività, di qualità ed
altri elementi di competitività di cui le imprese dispongano, compresi i
margini di produttività, che potrà essere impegnata per accordo tra le
parti, eccedente quella eventualmente già utilizzata per riconoscere gli
aumenti retributivi a livello di CCNL, nonché ai risultati legati
all'andamento economico dell'impresa.
Le parti prendono atto che, in ragione della funzione specifica ed
innovativa degli istituti della contrattazione aziendale e dei vantaggi
che da essi possono derivare all'intero sistema produttivo attraverso il
miglioramento dell'efficienza aziendale e dei risultati di gestione, ne
saranno definiti le caratteristiche ed il regime
contributivo-previdenziale mediante un apposito provvedimento legislativo
promosso dal Governo, tenuto conto dei vincoli di finanza pubblica e della
salvaguardia della prestazione previdenziale dei lavoratori.
La contrattazione aziendale o territoriale è prevista secondo le modalità
e negli ambiti di applicazione che saranno definiti dal contratto
nazionale di categoria nello spirito dell'attuale prassi negoziale con
particolare riguardo le piccole imprese. Il contratto nazionale di
categoria stabilisce anche la tempistica, secondo il principio
dell'autonomia dei cicli negoziali, le materie e le voci nelle quali essa
si articola.
Al fine dell'acquisizione di elementi di conoscenza comune per la
definizione degli obiettivi della contrattazione aziendale, le parti
valutano le condizioni dell'impresa e del lavoro, le sue prospettive di
sviluppo anche occupazionale, tenendo conto dell'andamento e delle
prospettive della competitività e delle condizioni essenziali di
redditività.
L'accordo di secondo livello ha durata quadriennale. Nel corso della sua
vigenza le parti, nei tempi che saranno ritenuti necessari, svolgeranno
procedure di informazione, consultazione, verifica o contrattazione
previste dalle leggi, dai CCNL, dagli accordi collettivi e dalla prassi
negoziale vigente, per la gestione degli effetti sociali connessi alle
trasformazioni aziendali quali le innovazioni tecnologiche, organizzative
ed i processi di ristrutturazione che influiscono sulle condizioni di
sicurezza, di lavoro e di occupazione, anche in relazione alla legge sulle
pari opportunità.
4. Il CCNL di categoria definisce le procedure per la presentazione delle
piattaforme contrattuali nazionali, aziendali o territoriali, nonché i
tempi di apertura dei negoziati al fine di minimizzare i costi connessi ai
rinnovi contrattuali ed evitare periodi di vacanze contrattuali.
Le piattaforme contrattuali per il rinnovo dei CCNL saranno presentate in
tempo utile per consentire l'apertura delle trattative tre mesi prima
della scadenza dei contratti. Durante tale periodo, e per il mese
successivo alla scadenza, le parti non assumeranno iniziative unilaterali
né procederanno ad azioni dirette. La violazione di tale periodo di
raffreddamento comporterà come conseguenza a carico della parte che vi
avrà dato causa, l'anticipazione e lo slittamento di tre mesi del termine
a partire dal quale decorre l'indennità di vacanza contrattuale.
5. Il Governo si impegna a promuovere, entro la fine del 1997, un incontro
di verifica tra le parti finalizzato alla valutazione del sistema
contrattuale previsto dal presente protocollo al fine di apportare, ove
necessario, gli eventuali correttivi.
Indennità di vacanza contrattuale
Dopo un periodo di vacanza contrattuale pari a 3 mesi dalla data di
scadenza del CCNL, ai lavoratori dipendenti ai quali si applica il
contratto medesimo non ancora rinnovato sarà corrisposto, a partire dal
mese successivo ovvero dalla data di presentazione delle piattaforme ove
successiva, un elemento provvisorio della retribuzione.
L'importo di tale elemento sarà pari al 30% del tasso di inflazione
programmato, applicato ai minimi retributivi contrattuali vigenti, inclusa
la ex indennità di contingenza.
Dopo 6 mesi di vacanza contrattuale, detto importo sarà pari al 50%
dell'inflazione programmata. Dalla decorrenza dell'accordo di rinnovo del
contratto l'indennità di vacanza contrattuale cessa di essere erogata.
Tale meccanismo sarà unico per tutti i lavoratori.
Rappresentanze sindacali
Le parti, al fine di una migliore regolamentazione del sistema di
relazioni industriali e contrattuali, concordano quanto segue:
a) le organizzazioni sindacali dei lavoratori stipulanti il presente
protocollo riconoscono come rappresentanza sindacale aziendale unitaria
nelle singole unità produttive quella disciplinata dall'intesa quadro tra
CGIL-CISL-UIL sulle Rappresentanze sindacali unitarie, sottoscritta in
data 1 marzo 1991.
Al fine di assicurare il necessario raccordo tra le organizzazioni
stipulanti i contratti nazionali e le rappresentanze aziendali titolari
delle deleghe assegnate dai contratti medesimi, la composizione delle
rappresentanze deriva per 2/3 da elezione da parte di tutti i lavoratori e
per 1/3 da designazione o elezione da parte delle organizzazioni
stipulanti il CCNL, che hanno presentato liste, in proporzione ai voti
ottenuti;
b) il passaggio dalla disciplina delle RSA a quello delle RSU deve
avvenire a parità di trattamento legislativo e contrattuale, nonché a
parità di costi per l'azienda in riferimento a tutti gli istituti;
c) la comunicazione all'azienda e all'organizzazione imprenditoriale di
appartenenza dei rappresentanti sindacali componenti le RSU ai sensi del
punto a) sarà effettuata per iscritto a cura delle organizzazioni
sindacali;
d) le imprese, secondo modalità previste nei CCNL metteranno a
disposizione delle organizzazioni sindacali quanto è necessario per lo
svolgimento delle attività strumentali all'elezione delle predette
rappresentanze sindacali unitarie, come, in particolare, l'elenco dei
dipendenti e gli spazi per l'effettuazione delle operazioni di voto e di
scrutinio;
e) la legittimazione a negoziare al secondo livello le materie oggetto di
rinvio da parte del CCNL è riconosciuta alle rappresentanze sindacali
unitarie ed alle organizzazioni sindacali territoriali dei lavoratori
aderenti alle organizzazioni stipulanti il medesimo CCNL, secondo le
modalità determinate dal CCNL
f) le parti auspicano un intervento legislativo finalizzato, tra l'altro,
ad una generalizzazione dell'efficacia soggettiva dei contratti collettivi
aziendali che siano espressione della maggioranza dei lavoratori, nonché
alla eliminazione delle norme legislative in contrasto con tali principi.
Il Governo si impegna ad emanare un apposito provvedimento legislativo
inteso a garantire l'efficacia erga omnes, nei settori produttivi dove
essa appaia necessaria al fine di normalizzare le condizioni
concorrenziali delle aziende.
Nota.
Il presente capitolo sugli assetti contrattuali contiene principi
validi per ogni tipo di rapporto di lavoro. Per il rapporto di lavoro con
la Pubblica Amministrazione resta fermo il D.L. 29/1993.
Nota.
CGIL CISL UIL e CNA CASA e CLAAI dichiarano che per quanto riguarda la
struttura contrattuale e retributiva l'Accordo interconfederale 3 agosto/3
dicembre 1992 tra le Organizzazioni dei lavoratori e le Organizzazioni
artigiane per il comparto dell'artigianato è compatibile con il presente
protocollo, fatta salva la clausola di armonizzazione prevista
dall'Accordo interconfederale stesso nella norma transitoria.
3. Politiche del lavoro
Il Governo predisporrà un organico disegno di legge per modificare il
quadro normativo in materia di gestione del mercato del lavoro e delle
crisi occupazionali, al fine di renderlo più adeguato alle esigenze di un
governo attivo e consensuale e di valorizzare le opportunità occupazionali
che il mercato del lavoro può offrire se dotato di una più ricca
strumentazione che lo avvicini agli assetti in atto negli altri paesi
europei.
Il disegno di legge verrà redatto, attraverso un costruttivo confronto con
le parti sociali, sulla base delle linee guida di seguito indicate.
Il Governo si impegna, inoltre, a completare la disciplina del mercato del
lavoro operata con la legge n. 223/91, integrandola con la nuova normativa
sul collocamento obbligatorio per gli invalidi già in discussione in
Parlamento.
Gestione delle crisi occupazionali
a) Revisione della normativa della Cassa Integrazione per crisi aziendale
onde renderla più funzionale al governo delle eccedenze di personale e
delle connesse vertenze. Si dovrà mirare, in particolare, alla
semplificazione ed accelerazione delle procedure di concessione
dell'intervento, prevedendo un termine massimo di 40 giorni. Nell'ambito
dei limiti finanziari annuali stabiliti dal CIPI, il Ministro del Lavoro
gestisce l'intervento con l'ausilio degli organi collegiali, periferici e
centrali, di governo del mercato del lavoro.
L'intervento della Cigs per crisi può essere richiesto dall'impresa anche
durante le procedure iniziate ai sensi dell'art. 24 della legge 223/91
quando sia intervenuto accordo sindacale in vista dell'obiettivo di
ricercare soluzioni funzionali al reimpiego dei lavoratori eccedenti con
la collaborazione degli organismi periferici del Ministero del Lavoro, ed
in particolare delle Agenzie per l'impiego, della Regione, delle
associazioni imprenditoriali e dei lavoratori o degli enti bilaterali da
esse costituiti;
b) previsione delle modalità per la valorizzazione del contributo che le
Regioni e gli enti locali possono offrire alla composizione delle
controversie in materia di eccedenze del personale attraverso
l'utilizzazione delle competenze in materia di formazione professionale e
di tutte le altre risorse di cui essi dispongono;
c) con la gradualità richiesta dalle condizioni della finanza pubblica,
elevazione I trattamento ordinario di disoccupazione, sino al 40% per
consentire un suo più efficiente impiego sia da un punto di vista
generale, per soddisfare in maniera adeguata le esigenze di protezione del
reddito e le esigenze di razionale governo del mercato del lavoro, sia, in
particolare con riferimento ai settori che non ricadono nel campo di
applicazione della Cigs nonché alle forme di lavoro discontinuo e
stagionale;
d) adozione di misure legislative che fino al 31 dicembre 1995 consentano
alle imprese che occupano fino a 50 dipendenti e rientrano nel campo di
applicazione della Cigo, di usufruire di quest'ultimo trattamento in
termini più ampi degli attuali.
Modificazione della disciplina della Cigo, prevedendo che nel computo
della durata del predetto trattamento il periodo settimanale venga
determinato con riferimento ad un monte ore correlato al numero di
dipendenti occupati nell'impresa;
e) al fine di conseguire il mantenimento e la crescita occupazionale nel
settore dei servizi, si ritiene ormai matura una riconsiderazione del
sistema degli sgravi contributivi concessi in alcune aree del Paese, del
sistema di fiscalizzazione degli oneri sociali, nonché degli
ammortizzatori sociali al fine dell'approntamento di una disciplina di
agevolazione e di gestione delle crisi che tenga conto delle peculiarità
operative del settore terziario. Si prevede pertanto la istituzione di un
tavolo specifico, coordinato dal Ministero del Lavoro con le parti sociali
del settore, e delle diverse categorie in esso incluse, per la
predisposizione dei necessari provvedi menti di legge, in armonia con la
politica della concorrenza a livello comunitario, e nel quadro delle
compatibilità finanziarie del bilancio dello Stato.
Occupazione giovanile e formazione
a) Il contratto di apprendistato va mantenuto nella funzione tradizionale
di accesso teorico-pratico a qualifiche specifiche di tipo tecnico. Ne va
comunque valorizzata la funzione di sviluppo della professionalità, anche
mediante l'intervento degli enti bilaterali e delle Regioni, e la
certificazione dei risultati. I programmi di insegna mento complementare
potranno essere presentati alle Regioni per il successivo inoltro al Fondo
sociale europeo. In relazione all'ampliamento dell'obbligo scolastico sarà
consentito, attraverso la contrattazione collettiva, uno spostamento della
soglia di età;
b) la disciplina del contratto di formazione-lavoro va ridefinita
prevedendo una generalizzazione del limite di età a 32 anni, ed
individuando due diverse tipologie contrattuali, che consentano di
modularne l'intervento formativo e la durata di funzione delle diverse
esigenze.
Ferme rimanendo le attuali disposizioni in materia di durata massima del
contratto, per le professionalità medio-alte sarà previsto un
potenziamento ed una migliore programmazione degli impegni formativi.
Per le professionalità medio-basse ovvero per quelle più elevate che
richiedano solamente un'integrazione formativa, il contratto di
formazione-lavoro per il primo anno di durata sarà caratterizzato da
formazione minima di base (informazione sul rapporto di lavoro, sulla
specifica organizzazione del lavoro e sulla prevenzione ambientale ed
anti-infortunistica) e da un'acquisizione formativa derivante dalla
esperienza lavorativa e dall'affiancamento. I contratti collettivi
potranno inquadrare i giovani assunti con questa tipologia di contratto a
livelli inferiori rispetto a quelli cui esso è finalizzato.
Non potranno aver luogo assunzioni con il contratto di formazione-lavoro
presso imprese nelle quali non siano stati convertiti a tempo
indeterminato almeno il 60% dei contratti di formazione lavoro stipulati
precedentemente.
Va inoltre prevista una verifica dei risultati formativi raggiunti, da
compiere, con la partecipazione degli enti bilaterali, secondo la
classificazione CEE delle qualifiche, e che potrà consistere, per le
qualifiche medio-alte, in un'apposita certificazione. Le Regioni dovranno
disciplinare, secondo criteri uniformi, le modalità di accesso dei
progetti formativi ai finanziamenti del Fondo sociale europeo.
L'armonizzazione con il sistema formativo avverrà nella riforma della
legge 845/1978.
Riattivazione del mercato del lavoro
a) Nell'ambito delle iniziative previste nella sezione «politica dei
redditi e dell'occupazione», oltre ai programmi di interesse collettivo a
favore dei giovani disoccupati del Mezzogiorno ivi previsti, per agevolare
l'insediamento di nuove iniziative produttive nelle aree deboli, di cui
alla legge 488/92, le parti sociali potranno contrattare appositi
pacchetti di misure di politica attiva, di flessibilità e di formazione
professionale con la collaborazione delle Agenzie per l'impiego e delle
Regioni. Tali pacchetti potranno prevedere una qualifica di base e la
corresponsione di un salario corrispondente alle ore di lavoro prestato,
escluse le ore devolute alla formazione;
b) saranno definite le azione positive per le pari opportunità uomo-donna
che considerino l'occupazione femminile come una priorità nei progetti e
negli interventi, attraverso la piena applicazione delle leggi n. 125 e n.
215, un ampliamento del loro finanziamento, una loro integrazione con gli
altri strumenti legislativi e contrat tuali, con particolare riferimento
alla politica attiva del lavoro;
c) ferme restando le misure già approntate sui contratti di solidarietà,
si procederà ad una modernizzazione della normativa vigente in materia di
regimi di orario, valorizzando pienamente le acquisizioni contrattuali del
nostro Paese e sostenendone l'ulteriore sviluppo nella tutela dei diritti
fondamentali alla sicurezza, con l'obiettivo di favorire lo sviluppo
dell'occupazione e l'incremento della competitività delle imprese;
d) per rendere più efficiente il mercato del lavoro va disciplinato anche
nel nostro Paese il lavoro interinale. La disciplina deve offrire garanzie
idonee ad evitare che il predetto istituto possa rappresentare il mezzo
per la destrutturazione di lavori stabili.
In particolare, il ricorso al lavoro interinale sarà consentito alle
aziende del settore industriale e terziario, con esclusione delle
qualifiche di esiguo contenuto profes sionale. Il ricorso al lavoro
interinale sarà ammesso nei casi di temporanea utilizzazione in qualifiche
non previste dai normali assetti produttivi dell'azienda, nei casi di
sostituzione dei lavoratori assenti nonché nei casi previsti dai contratti
collettivi nazionali applicati dall'azienda utilizzatrice.
La disciplina deve prevedere: che l'impresa fornitrice sia munita di
apposita autorizzazione pubblica; che i trattamenti economici e normativi
del rapporto di lavoro alle dipendenze delle dette imprese siano
disciplinati da contratti collettivi; che si agevoli la continuità del
rapporto con l'impresa fornitrice; che quest'ultima si impegni a garantire
un trattamento minimo mensile; che il lavoratore abbia diritto per i
periodi lavorati presso l'impresa utilizzatrice, ad un trattamento non
inferiore a quello previsto per i lavoratori dipendenti da quest'ultima.
Trascorsi sei mesi senza che sia intervenuta la stipula del contratto
collettivo, la disciplina che sarebbe stata di competenza dello stesso,
sarà emanata con regolamento del Ministro del Lavoro, sentite le parti
sociali.
Dopo due anni di applicazione, va prevista una verifica tra le parti,
promossa dal Governo, mirante a valutare la possibilità di un ampliamento
dell'ambito di applicazione dell'Istituto;
e) forme particolari di lavoro a tempo determinato, gestite da organismi
promossi o autorizzati dalle Agenzie per l'impiego, possono essere
previste in funzione della promozione della ricollocazione e
riqualificazione dei lavoratori in mobilità o titolari di trattamenti
speciali di disoccupazione.
Il Ministro del Lavoro si impegna ad approfondire la possibilità di una
riforma delle Agenzie per l'impiego mirata a consentire ad esse di operare
nel predetto campo, escludendo comunque l'ipotesi dell'instaurazione di un
rapporto di lavoro con le stesse;
f il Ministro del Lavoro si impegna a predisporre attraverso il confronto
con le parti sociali, una riforma degli strumenti di governo del mercato
del lavoro agricolo, mirata a favorire l'occupazione ed un uso più
efficiente e razionale delle risorse pubbliche;
f) il Ministro del Lavoro si impegna a ridefinire l'assetto organizzativo
degli Uffici periferici del Ministero del Lavoro perché questi possano
adempiere ai necessari compiti di politica attiva del lavoro e di
esprimere il massimo di sinergie con la Regione e le parti sociali. Si
impegna inoltre perché ne risulti un rafforzamento d funzione ispettiva.
4. Sostegno al sistema produttivo
1. Ricerca ed innovazione tecnologica
Nella nuova divisione internazionale del lavoro e delle produzioni tra le
economie dei Paesi più evoluti e le nuove vaste economie caratterizzate da
bassi costi del lavoro, un più intenso e diffuso progresso tecnologico è
condizione essenziale per la competitività dei sistemi
economico-industriali dell'Italia e dell'Europa. Negli anni '90 scienza e
tecnologia dovranno assumere, più che nel passato, un ruolo primario.
Una più intensa ricerca scientifica, una più estesa innovazione
tecnologica ed una più efficace sperimentazione dei nuovi processi e
prodotti saranno in grado di assicurare il mantenimento nel tempo della
capacità competitiva dinamica dell'industria italiana. Alle strutture
produttive di ricerca scientifica e tecnologica, il paese deve guardare
come ad uno dei principali destinatari di investimenti per il proprio
futuro.
Ma non basta incrementare le risorse, occorre avviare quell'effettivo
progresso scientifico/tecnologico per l'industria che nasce
prevalentemente dal lavoro organiz zato di strutture adeguatamente dotate
di uomini e mezzi, impegnati permanentemente in singoli campi o settori.
E' in particolare nell'organizzazione strutturata dell'attività di ricerca
che si alimentano le reciproche sollecitazioni a lavorare nei diversi
campi di indagine, che si favorisce lo scambio di conoscenze, che si
moltiplicano e si accelerano gli effetti indotti dell'indagine e della
sperimentazione.
Pari urgenza e importanza riveste per il Paese l'obiettivo
dell'innovazione tecnologica nelle attività di servizio, commerciali ed
agricole.
L'efficienza e l'evoluzione tecnologica dei servizi (da quello bancario a
quello del trasporto a quello dei servizi di telecomunicazione e di
informatica) sono condizioni essenziali per la concorrenzialità delle
imprese in ogni settore di attività.
E d'altra parte, la modernizzazione dell'agricoltura, oltre a preservare
importanti quote del reddito nazionale e contenere il deficit della
bilancia commerciale, costituisce se raccordata alla ricerca scientifica,
il mezzo privilegiato di una effettiva politica di difesa del territorio e
di tutela dell'equilibrio ambientale fondata sulla continuità della
presenza e dell'attività delle comunità rurali.
L'attuale sistema della ricerca e dell'innovazione è inadeguato a questi
fini. Occorre una nuova politica per dotare il Paese di risorse, strumenti
e «capitale umano)> di entità e qualità appropriata ad un sistema
innovativo, moderno, finalizzato e orientato dal mercato. Interventi
miranti a dare al Paese una adeguata infrastruttura di ricerca scientifica
e tecnologica industriale, si dovranno ispirare al consolidamento,
adeguamento ed armonizzazione delle strutture esistenti, alla
realizzazione di nuove strutture di adeguata dimensione nonché ad una
sempre maggiore interconnessione tra pubblico e privato.
Tutto ciò nelle tre direzioni:
a) del riordino, valorizzazione e rafforzamento delle strutture di ricerca
pubbliche quali l'Università, il CNR, l'ENEA, anche in direzione di una
migliore finalizzazione delle loro attività;
b) della valorizzazione delle strutture organizzate interne alle imprese
c) della creazione di strutture di ricerca esterne sia ai complessi
aziendali che alle strutture pubbliche, alla cui promozione, sostegno ed
amministrazione siano chiamati soggetti privati e pubblici in forme
costitutive diverse.
Tra gli obiettivi della politica dei redditi va annoverato quello della
creazione di adeguati margini nei conti economici delle imprese per le
risorse finalizzate a sostenere i costi della ricerca.
Per supportare un'infrastruttura scientifica e tecnologica che sostenga un
sistema di ricerca ed innovazione si richiede:
a) la presentazione al Parlamento entro tre mesi del piano triennale della
ricerca ai sensi dell'art. 2 della legge 168 del 1989, al fine di definire
le scelte programmatiche, le modalità per il coordinamento delle risorse,
dei programmi e dei soggetti, nonché le forme attuative di raccordo tra
politica nazionale e comunitaria. La presenta zione di tale piano sarà
preceduta da una consultazione con le parti sociali;
b) un aumento ed una razionalizzazione delle risorse destinate
all'attività di ricerca e all'innovazione, concentrando gli interventi
nelle aree e nei settori prioritari del sistema produttivo italiano
privilegiando le intese e le sinergie realizzate in sede europea, anche
rafforzando l'azione sul sistema delle piccole e medie imprese e sui loro
consorzi.
A tali fini saranno adottate misure di rifinanziamento, riorientamento e,
ove necessario, di riforma della legislazione esistente. In particolare,
il rifinanziamento è necessario per le leggi 46/82 e 346/88 per la ricerca
applicata, per le nuove finalità dell'intervento ordinario nelle aree
depresse del Paese, per la legge 317/91;
c) l'introduzione, attraverso la presentazione di un apposito
provvedimento legislativo, di nuove misure automatiche di carattere
fiscale e contributivo, in particolare mediante la defiscalizzazione delle
spese finalizzate all'attività di ricerca delle imprese nonché la
deducibilità delle erogazioni liberali a favore di specifici soggetti
operanti nel campo della ricerca;
d) la revisione e semplificazione del regime esistente di sostegno alle
imprese, con l'obiettivo di accelerare i meccanismi di valutazione dei
progetti e di erogazione dei fondi;
e) l'attivazione ed il potenziamento di «luoghi» di insediamento organico
di iniziative di ricerca, quali i parchi scientifici e tecnologici, con la
finalità, tra l'altro, di promuovere la nascita di istituti dedicati alla
ricerca settoriale interessante le problematiche specifiche dell'economia
del territorio funzionali alla crescita ed alla nascita di iniziative
imprenditoriali private.
Si potranno collocare in tale ambito e nelle forme di collaborazione che
esso comporta tra università, enti pubblici e imprese, i progetti rivolti
alla innovazione tecnologica nei settori di interesse prioritario delle
amministrazioni locali quali, in primo luogo, la tutela dell'ambiente le
reti locali ed i sistemi di mobilità. Per il reperimento delle risorse
necessarie potrà essere utilizzato lo strumento degli accordi di programma
previsto dall'art. 3 comma 3 della legge 168/89 con specifici
finanziamenti. Al finanziamento di tali iniziative dovranno concorrere
capitali privati;
7 il ricorso al mercato finanziario e creditizio, ad oggi praticamente
inoperante, attraverso la creazione di appositi canali e l'utilizzo di
specifici strumenti capaci di attrarre capitale di rischio su iniziative e
progetti nel settore della ricerca e dell'innovazione.
Interessanti prospettive possono discendere dalla recente introduzione di
nuovi intermediari finanziari rivolti al capitale di rischio (fondi
chiusi, fondi d'investimento, venture capital, previdenza complementare);
g) lo sviluppo di progetti di ricerca promossi dalle imprese sui quali far
convergere la collaborazione delle università. Un più stretto rapporto tra
mondo dell'impresa e mondo dell'università potrà inoltre rilanciare, anche
attraverso maggiori disponibilità finanziarie, una politica di
qualificazione e formazione delle «risorse umane», in grado di creare
nuclei di ricercatori che, strettamente connessi con le esigenze delle
attività produttive, possano generare una fertilizzazione tra innovazione
e prodotti, ponendo una particolare attenzione anche ai processi di
sviluppo delle piccole e medie imprese;
h) l'attivazione di programmi di diffusione e trasferimento delle
tecnologie a beneficio delle piccole e medie imprese e dei loro consorzi,
che costituiscono obiettivo rilevante dei parchi tecnologici e
scientifici, per i quali sono già previsti appositi stanziamenti di
risorse, anche attraverso la rivitalizzazione delle stazioni
sperimentali;
i) la valorizzazione, nel processo di privatizzazione e riordino
dell'apparato industriale pubblico, del patrimonio di ricerca ed
innovazione presente al suo interno;
l) l'attivazione di una politica della domanda pubblica maggiormente
standardizzata e qualificata, attenta ai requisiti tecnologici dei
prodotti nonché volta alla realizzazione di un sistema di reti
tecnologicamente avanzate. A tali fini acquisisce particolare importanza
il collegamento sistematico con l'attività delle strutture di
coordinamento settoriale, immediatamente attivabile con l'Autorità per
l'informatica nella pubblica amministrazione, ed estendibile ai settori
della sanità e del trasporto locale.
Per consentire la realizzazione degli obiettivi fin qui indicati è
necessario che la spesa complessiva per il sistema della ricerca e dello
sviluppo nazionale, pari a 1,4% del Pil, cresca verso i livelli su cui si
attestano i paesi più industrializzati 2,5-2,9% del Pil. Il tendenziale
recupero di tale differenza è condizione essenziale perché la ricerca e
l'innovazione tecnologica svolgano un ruolo primario per rafforzare la
competitività del sistema produttivo nazionale. In tale quadro appare
necessario perseguire nel prossimo triennio l'obiettivo di una spesa
complessiva pari al 2% del Pil. Tale obiettivo non può essere realizzato
con le sole risorse pubbliche. Queste dovranno essere accompagnate da
un'accresciuta capacità di autofinanziamento delle imprese, da una
maggiore raccolta di risparmio dedicato, da una maggiore propensione di
investimento nel capitale di rischio delle strutture di ricerca e delle
imprese ad alto contenuto innovativo. Dovrà necessariamente registrarsi
l'avvio di un crescente impegno delle autonomie regionali e locali
nell'ambito delle risorse proprie.
Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri sarà periodicamente svolto
un confronto tra i soggetti istituzionali competenti e le parti sociali
per una verifica dell'evoluzione delle politiche e delle azioni sopra
descritte nonché dell'efficacia degli strumenti a tali fini predisposti.
2. Istruzione e formazione professionale
Le parti condividono l'obiettivo di una modernizzazione e riqualificazione
dell'istruzione e dei sistemi formativi, finalizzati all'arricchimento
delle competenze di base e professionali e al miglioramento della
competitività del sistema produttivo e della qualità dei servizi.
Tale processo comporta, da un lato decisi interventi di miglioramento e
sviluppo delle diverse tipologie di offerte formative, dall'altro una
evoluzione delle relazioni industriali e delle politiche aziendali per la
realizzazione della formazione per l'inserimento, della riqualificazione
professionale, della formazione continua. Risorse pubbliche e private
dovranno contribuire a questo scopo.
Su queste premesse, il Governo e le parti sociali ritengono che occorra:
a) un raccordo sistematico tra il mondo dell'istruzione ed il mondo del
lavoro, anche tramite la partecipazione delle parti sociali negli
organismi istituzionali dello Stato e delle Regioni dove vengono definiti
gli orientamenti ed i programmi e le modalità di valutazione e controllo
del sistema formativo;
b) realizzare un sistematico coordinamento interistituzionale tra i
soggetti protagonisti del processo formativo (Ministero del Lavoro,
Ministero della Pubblica Istruzione, Ministero dell'Università e della
Ricerca Scientifica, Regioni) al fine di garantire una effettiva gestione
integrata del sistema;
c) istituire il Consiglio Nazionale della Formazione Professionale, presso
il Ministero del Lavoro con i rappresentanti dei Ministeri suindicati, del
Ministero dell'In dustria, delle Regioni e delle parti sociali;
d) prontamente realizzare l'adeguamento del sistema di formazione
professionale con la revisione della Legge quadro 845/78, secondo le linee
già prefigurate, tenuto conto dell'apporto che può essere fornito dal
sistema scolastico:
rilievo dell'orientamento professionale come fattore essenziale;
definizione di standards formativi unici nazionali coerenti con
l'armonizzazione in atto in sede comunitaria;
ridefinizione delle responsabilità istituzionali tra il Ministero del
Lavoro (potere di indirizzo e ruolo di garanzia sulla qualità della
formazione e sulla validazione dei suoi risultati) e Regioni (ruolo di
progettazione della offerta formativa coerentemente con le priorità
individuate nel territorio). In questo ambito, alla Conferenza
Stato-Regioni dovrà essere affidato il compito di ricondurre ad un
processo unitario di programmazione e valutazione le politiche formative;
ruolo decisivo degli osservatori della domanda di professionalità
istituiti bilateralmente dalle parti sociali;
specifica considerazione degli interventi per i soggetti deboli del
mercato;
sistema gestionale pluralistico e flessibile;
avvio della formazione continua;
e) elevare l'età dell'obbligo scolastico a 16 anni, mediante iniziativa
legislativa che, fra l'altro, valorizzi gli apporti che al sistema
scolastico possono essere offerti da interventi di formazione
professionale; per assicurare la maggiore efficacia sociale a tale
obiettivo, esso dovrà essere accompagnato dalla messa a punto di strumenti
idonei alla prevenzione ed al recupero della dispersione scolastica,
individuando tra l'altro in tale attività uno dei possibili campi di
applicazione dei programmi di interesse collettivo;
f) portare a termine la riforma della scuola secondaria superiore,
nell'ottica della costruzione di un sistema per il 2000, integrato e
flessibile tra sistema scolastico nazionale e formazione professionale ed
esperienze formative sul lavoro sino a 18 anni di età;
g) valorizzare l'autonomia degli istituti scolastici ed universitari e
delle sedi qualificate di formazione professionale, per allargare e
migliorare l'offerta formativa post-qualifica, post-diploma e post-laurea,
con particolare riferimento alla preparazione di quadri specializzati
nelle nuove tecnologie, garantendo il necessario sostegno legislativo a
tali percorsi formativi;
h) finalizzare le risorse finanziarie derivanti dal prelievo dello 0,30% a
carico delle imprese (L. 845/78) alla formazione continua, al di là di
quanto previsto del D.L. n. 57/93, privilegiando tale asse di intervento
nella futura riforma a livello comunitario del Fondo Sociale Europeo;
i) prevedere un piano straordinario triennale di riqualificazione ed
aggiornamento del personale, ivi compresi i docenti della scuola e della
formazione professionale, per accompagnare il decollo delle linee di
riforma suindicate.
3. Finanza per le imprese ed internazionalizzazione
Per il pieno inserimento del sistema produttivo italiano e quello europeo
e per l'effettiva integrazione dei mercati finanziari italiani in quelli
comunitari, occorre affrontare in tutta la sua portata il problema del
trattamento fiscale delle attività economiche e delle attività
finanziarie. Si tratta di un vasto campo di riforme da svolgere in armonia
con gli obiettivi di controllo e di risanamento del bilancio pubblico per
superare le numerose distorsioni del sistema attuale e rendere più
equilibrate le condizioni operate dai mercati nel finanziamento delle
imprese.
L'esigenza di reperire le risorse utili alla crescita richiede un mercato
finanziario più moderno ed efficace, in grado di assicurare un maggior
raccordo diretto e diffuso tra risparmio privato ed imprese, anche
ampliando la capacità delle imprese di ricorrere a nuovi strumenti di
provvista.
Va affrontato il problema del ritardo dei pagamenti del settore statale al
sistema produttivo al fine di eliminare un ulteriore vincolo alla finanza
d'impresa, attraverso la predisposizione di procedure, anche con eventuali
possibili forme di compensazione, che impediscano il ripetersi dei
ritardi.
A tal fine vanno introdotti nel nostro ordinamento con rapidità i fondi
chiusi ed i fondi immobiliari, va sviluppata la previdenza complementare,
va dato impulso alla costituzione dei mercati mobiliari locali, vanno
favorite forme di azionariato diffuso anche se in gestione fiduciaria, va
infine sviluppata una politica delle garanzie, che tenga conto anche delle
iniziative comunitarie.
Si favorirà altresì la costituzione e lo sviluppo di consorzi di garanzia
rischi, di consorzi produttivi tra imprese e di imprese di «venture
capital» anche attraverso l'uso della 317/91.
Quanto al sistema degli intermediari finanziari e alle possibilità
concesse agli stessi dal recepimento della II direttiva sulle banche, va
facilitata l'operatività nel campo dei finanziamenti a medio termine e di
quelli miranti a rafforzare il capitale di rischio delle imprese, in primo
luogo accelerando i processi di concentrazione e privatizzazione del
sistema bancario e di una sua apertura alla concorrenza internazionale, in
secondo luogo rimuovendo contestualmente gli ostacoli che ritardano
l'attuazione concreta della suddetta direttiva.
Per aumentare la penetrazione delle imprese italiane nei mercati
internazionali occorre definire strumenti più efficaci e moderni per la
politica di promozione e per il sistema di assicurazione dei crediti
all'export. Dovrà essere sviluppata la capacità di promozione e gestione
di strumenti operativi che riducano il rischio finanziario quali il
«project financing» e il «counter trade», anche promuovendo una più
incisiva capacità di trading gestito da operatori nazionali.
E' necessario razionalizzare e rendere più trasparente l'intervento
pubblico a sostegno della presenza delle imprese italiane sui mercati
internazionali, considerando anche le esigenze delle piccole e medie
imprese, facilitando l'accesso di tutti gli operatori alle informazioni ed
aumentando le capacità istruttorie al fine di rendere più produttivo l'uso
delle risorse pubbliche e di orientare queste su obiettivi economici
strategici e di politica estera definiti a livello di governo e in
confronto con le imprese. Appare inoltre importante garantire un coerente
coordinamento dei soggetti preposti al rafforzamento della penetrazione
all'estero del sistema produttivo per offrire una più vasta e coordinata
gamma di strumenti operativi.
In questo quadro va riformata la SACE, aumentandone la capacità di
valutazione dei progetti e del rischio paese. L'attività di copertura dei
rischi di natura commer ciale va nettamente separata da quella connessa ai
rischi politici e svolta in più stretta collaborazione con le società
assicurative private.
4. Riequilibrio territoriale, infrastrutture e domanda pubblica
La situazione di crisi e le tensioni sociali che si registrano in Italia
si presentano differenziate a livello territoriale. In queste condizioni,
un processo di ripresa economica, in assenza di una politica di
riequilibrio territoriale, rischia di produrre un aumento del divario tra
aree in ritardo di sviluppo, aree di declino industriale, aree di
squilibrio tra domanda e offerta di lavoro.
La tradizionale politica sulle aree deboli, incentrata soltanto
sull'intervento straordinario nel mezzogiorno, appare superata dai recenti
provvedimenti governativi. Questi disegnano una nuova strategia di
intervento, orientata su di una politica regionale «ordinaria» più ampia,
mirata a sostenere e creare le premesse per lo sviluppo economico di tutte
le aree deboli del Paese.
Tale politica deve essere, inoltre, coordinata con i nuovi strumenti
comunitari che divengono parte integrante dell'azione per il sostegno allo
sviluppo e, allo stesso tempo, criterio guida per la definizione delle
modalità e dell'intensità degli interventi. Occorre, pertanto, giungere ad
un'ottimizzazione delle risorse finanziarie provenienti dai fondi
strutturali della Cee, assicurandone il pieno utilizzo, soprattutto in
vista del programma 1991999.
Il Ministero del Bilancio e della Programmazione Economica diviene la sede
centrale di indirizzo, coordinamento, programmazione e vigilanza per
ottimizzare l'azione di governo e per massimizzare l'efficacia delle
risorse pubbliche ordinarie a vario titolo disponibili. In questo modo
sarà possibile dare maggiore trasparenza alle risorse destinate agli
investimenti ed assicurarne una più rapida erogazione alle imprese. La
creazione di un organo indipendente presso lo stesso Ministero del
Bilancio e della Programmazione Economica, quale l'Osservatorio delle
politiche regionali, per verificare l'andamento e l'efficacia degli
interventi nelle aree deboli rappresenta un'ulteriore iniziativa per
garantire l'effettivo dispiegarsi della politica regionale.
La politica regionale, oltre a flussi finanziari diretti allo sviluppo,
dovrà prevedere una forte e mirata azione di sostegno alla riduzione delle
diseconomie esterne, individuate nei diversi livelli di
infrastrutturazione, nello sviluppo dei servizi a rete, nel funzionamento
della Pubblica Amministrazione. Per conseguire tale obiettivo va
rilanciata l'azione di programmazione degli investi4nti infrastrutturali,
riqualificando la domanda pubblica come strumento di sostegno alle
attività produttive. In particolare, devono essere sostenuti gli
investimenti nelle infrastrutture metropolitane, viarie ed idriche, nei
settori dei trasporti, energia e telecomunicazioni, nell'ambiente e nella
riorganizzazione del settore della difesa. A tal fine, la Presidenza del
Consiglio dovrà assumere compiti e responsabilità di coordinamento della
domanda e della spesa pubblica di investimenti, istituendo specifiche
strutture di coordinamento, quale quella introdotta per la spesa di
informatica nella pubblica amministrazione, a partire dai settori di
maggiore interesse per lo sviluppo produttivo e sociale.
Questa politica regionale dovrà, infine, consentire l'avvio di azioni di
politica industriale volte alla reindustrializzazione delle aree in
declino industriale ed alla promozione di nuove attività produttive. Il
Ministero del Bilancio e della Programmazione Economica ed il Comitato per
il coordinamento delle iniziative per l'occupazione, istituito presso la
Presidenza del Consiglio, svolgeranno un ruolo di indirizzo e di
coordinamento delle iniziative in tali aree, che dovranno essere gestite
con maggiore efficacia e finalizzazione e che saranno affidate alle
agenzie ed ai comitati oggi esistenti, anche mediante accordi di
programma.
La politica regionale dovrà, altresì, promuovere la realizzazione delle
condizioni ambientali che consentano un recupero di competitività delle
imprese agricole e turistiche, considerata la loro importanza sia sotto
l'aspetto produttivo, sia sotto quello della generazione di attività
agro-industriali e di servizio ad esse collegate.
Gli investimenti pubblici, anche in presenza di forti ristrettezze di
bilancio, devono essere rilanciati attraverso una più efficace e piena
utilizzazione delle risorse disponibili, riducendo la generazione di
residui passivi per l'insorgere di problemi procedurali e di natura
allocativa. In questa direzione si muovono i provvedimenti recentemente
varati dal Governo e soprattutto la riforma degli appalti che appare
idonea a rilanciare la realizzazione di opere di utilità pubblica oggi
completamente ferme.
Inoltre, l'azione di rilancio degli investimenti pubblici dovrà essere
distribuita in modo tale da poter favorire l'impiego aggiuntivo di risorse
private, insistendo in modo particolare nelle aree dove più grave è la
crisi produttiva ed occupazionale. Pertanto, appare importante favorire il
coinvolgimento del capitale privato, nazio nale ed internazionale, nel
finanziamento delle dotazioni infrastrutturale, garantendo la
remunerazione dei capitali investiti, attraverso l'utilizzo di apposite
strutture di «project financing». Tali strutture potrebbero interessare,
in via sperimentale, le infrastrutture metropolitane, viarie ed idriche.
In questo quadro è necessario perseguire un dialogo costruttivo tra le
amministrazioni pubbliche centrali e regionali e le parti sociali per
definire le linee di intervento più appropriate atte a promuovere le
condizioni di sviluppo delle aree individuate anche attraverso una valida
politica di infrastrutturazione con particolare riferimento a quelle
mirate allo sviluppo di attività produttive.
I criteri di tale politica devono, pertanto, essere:
a) la definizione di un nuovo ambito territoriale di intervento
individuato in armonia con le scelte che verranno operate dalla Comunità
Europea;
b) l'individuazione di interventi infrastrutturali a livello regionale,
interregionale e nazionale sulle grandi reti con l'obiettivo della
riduzione dei costi del servizio e la sua qualificazione tecnologica;
c) il mantenimento di un flusso di risorse finanziarie anche nella fase
transitoria di definizione del nuovo intervento regionale;
d) il rafforzamento del decentramento delle decisioni a livello regionale,
con la realizzazione di accordi di programma Stato-Regioni ed attribuendo
maggiore spazio al ruolo dei soggetti privati (partenariato);
e) la revisione delle competenze delle amministrazioni interessate agli
interventi pubblici e all'erogazione dei pubblici servizi, ai fini di una
loro maggiore efficienza, efficacia e tempestività;
f) la concentrazione nelle aree individuate dell'azione di qualificazione
professionale del personale impiegato nelle realtà produttive a maggior
specificazione tecnologica.
g) la piena e completa attivazione della legge 317/91 al fine di
promuovere lo sviluppo di servizi reali alle piccole e medie imprese.
Gli strumenti guida attraverso cui sarà possibile sviluppare la nuova
politica regionale possono essere così individuati:
a) strutture di coordinamento settoriale (Authority), sulla base delle
analoghe iniziative intraprese a livello nazionale, inizialmente limitate
al settore sanitario ed in quello del trasporto locale;
b) accordi di programma tra Governo centrale e amministrazioni regionali,
al fine di concertare le scelte prioritarie per l'infrastrutturazione del
territorio ed accelerare le procedure relative ad atti di concessione ed
autorizzazione;
c) norme specifiche tendenti a rimuovere ostacoli di natura procedurale
(anche in conseguenza del decreto legislativo n. 29/93), che permettano
una rapida approva zione ed attuazione degli interventi. In tale quadro è
necessario prevedere appropriati strumenti normativi finalizzati al
riorientamento su obiettivi prioritari delle risorse disponibili, al fine
di consentire una rapida cantierizzazione delle opere già approvate.
5. Politica delle tariffe
Il protocollo del 31 luglio 1992 conteneva l'impegno del Governo a
perseguire una politica tariffaria per i pubblici servizi coerente con
l'obiettivo di riduzione dell'inflazione. Tale obiettivo è stato
perseguito, consentendo di ottenere risultati molto positivi. Al fine di
mantenere l'obiettivo della riduzione dell'inflazione e nel contempo, di
consentire il mantenimento dei programmi di investimento, sarà svolto un
confronto con le parti per verificare la politica tariffaria, già definita
e da definire, per il periodo 1993-94.
Una politica tariffaria di carattere europeo non può soltanto limitarsi al
perseguimento di obiettivi di carattere macroeconomico, quali il
contenimento dell'inflazione, bensì deve anche essere utilizzata per lo
sviluppo di un efficiente sistema di servizi pubblici.
La necessità di rilanciare la domanda pubblica e quella di investimenti
del sistema delle imprese, unitamente all'avvio del processo di riordino
delle società di gestione dei servizi pubblici, impone l'esigenza di
superare la logica del contenimento delle tariffe e di avviarsi verso un
sistema che dia certezza alla redditività del capitale investito in dette
imprese e che non limiti lo sviluppo degli investimenti.
A tal fine, è necessario stimolare ampi recuperi di produttività.
Raccordare più direttamente il livello delle tariffe ai costi effettivi
del servizio, garantendo altresì adeguati margini di autofinanziamento in
grado di favorire la realizzazione degli investimenti necessari. In questo
quadro, appare altrettanto importante prevedere una graduale correzione
della struttura delle tariffe vigenti, per avvicinarla a quelle in vigore
nei maggiori Paesi europei Dovranno essere liberalizzati i settori che non
operano in regime di monopolio.
Nella definizione dei criteri di determinazione tariffaria si dovranno
inoltre tutelare le esigenze dell'utenza, anche con riferimento alle
piccole e medie imprese e ai conseguenti effetti indotti sul livello dei
prezzi, definendo standard qualitativi determinati, in linea con quelli
vigenti nei maggiori paesi industrializzati, su cui si eserciterà
l'attività di regolazione.
A tal fine, infatti, si dovranno istituire appropriate autorità autonome
che in sostituzione dell'attività attualmente svolta dalle amministrazioni
centrali e delle corri spondenti strutture, garantiscano, con una
continua, indipendente e qualificata azione di controllo e
regolamentazione, gli obiettivi sopra indicati. Dette autorità dovranno
essere strutturate in modo tale da favorire l'espressione delle esigenze
dell'utenza. Dovranno altresì adottare una metodologia di definizione dei
prezzi dei pubblici servizi attraverso lo strumento del price cap e dei
contratti di programma, che rispetti le differenti esigenze emergenti.
Saranno previste conferenze di coordinamento tra dette autorità autonome
al fine di assicurarne comportamenti coerenti.
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