L’invecchiamento della popolazione e lo sviluppo delle tecnologie sanitarie sono le cause principali dell’aumento della spesa sanitaria nei paesi industrializzati. Come è a tutti noto, tale crescita richiede la destinazione di una quota crescente di PIL (la crescita della spesa è maggiore della crescita PIL + l’inflazione). Questa prospettiva terrorizza la destra che non sa come fronteggiare questo problema, se non attraverso il disimpegno dello stato, la privatizzazione dei sistemi sanitari, la partecipazione diretta dei cittadini alla spesa, le assicurazioni, fino al razionamento delle prestazioni. Viene così meno il diritto universale alla salute, ridotta a merce, e la sanità ad un mercato improprio, in cui i cittadini-utenti non hanno le conoscenze necessarie per scegliere le prestazioni di cui hanno bisogno e gli erogatori sono direttamente interessati. La nostra proposta deve sostenere con chiarezza l’obiettivo della salute come diritto universale ed affrontare il problema della spesa, · sia sostenendo la necessità di adeguare il finanziamento sulla base dei bisogni di salute e degli obiettivi raggiungibili, · sia sostenendo la ricerca e la innovazione come scelta strategica per dare sviluppo alla sanità. L’adeguamento strutturale della rete ospedaliera e dei servizi territoriali insieme all’innovazione tecnologica vanno sottratti a progetti di privatizzazione, ma vanno invece sostenuti come scelta di crescita civile ed economica delL’Italia, all’interno del Servizio Sanitario Nazionale pubblico. Risulta fallimentare la strada della privatizzazione dei servizi percorsa dalla Regione Lombardia, con risultati negativi sia sul piano gestionale che su quello della tutela della salute dei cittadini. Sono significativi in tal senso la crisi grave delle aziende sanitarie ed ospedaliere pubbliche, la crescita delle strutture private, l’incremento delle prestazioni opportunistiche (remunerative) come i parti cesarei, gli interventi di rivascolarizzazione cardiaca, gli esami e le visite inutili. La nostra proposta deve reggersi sulla individuazione di obiettivi di salute raggiungibili attraverso azioni efficaci. Questo processo richiede un radicale ed ampio cambiamento del sistema sanitario che coinvolga direttamente le forze politiche e sindacali, i cittadini e gli operatori. La prevenzione e l’individuazione dei bisogni di salute sono alla base del nuovo sistema. La programmazione deve sostituire il mercato, che in sanità non ha alcuna ragione nè scientifica, nè sperimentale. Il territorio deve individuare i bisogni di salute mediante i Comuni, le strutture sanitarie (ASL, Distretti, Medici di Base, Ospedali), le Associazioni dei pazienti e le forze sociali. L’erogazione del servizio deve essere programmata e pianificata a livello del territorio perseguendo livelli di eccellenza, la quale non deve essere confinata solo negli ospedali dotati di alte specialità e tecnologie, ma deve riguardare tutte le prestazioni erogate ai cittadini in ogni struttura. La qualità delle prestazioni sanitarie sia a livello territoriale che ospedaliero deve riguardare l’aspetto professionale fondato sulla ricerca e l’attuazione di percorsi diagnostico terapeutici oltre che su prestazioni di provata efficacia, intorno ai quali si deve costruire il massimo consenso attraverso la formazione e l’aggiornamento degli operatori, la partecipazione di centri di ricerca autorevoli e delle società scientifiche, l’informazione oggettiva ai cittadini ed alle loro associazioni per una scelta consapevole e libera. La qualità inoltre deve essere ricercata per quegli aspetti maggiormente percepiti dal cittadino come la informazione, l’accessibilità ai servizi, l’umanizzazione delle relazioni fra operatori e pazienti, il comfort alberghiero. L’Oms ha da sempre messo al centro della sua iniziativa l’importanza dello sviluppo di un efficace sistema di cure primarie, ritenendolo l’unico mezzo realmente efficace per la realizzazione di un’effettiva equità tra i cittadini nella promozione e nella tutela della salute. Nel nostro Paese il sistema sanitario continua ad essere basato su una visione ospedalocentrica, con l’assegnazione di un ruolo secondario e residuale alla medicina del territorio e alle cure primarie, un sistema che risulta inadeguato a rispondere alle mutate condizioni epidemiologiche e demografiche. La FP CGIL medici ha condiviso e vuole contribuire all’elaborazione di tutta la CGIL, mirata alla modificazione di questo modello con lo sviluppo su tutto il territorio nazionale di una rete efficiente di servizi territoriali alla persona e di distretti sociosanitari, nel cui ambito prevedere, in una sede decentrata “la Casa della salute” (come presentata dalla CGIL) accanto alla valorizzazione del medico di medicina generale, la presenza di diverse professionalità integrate anche nel sociale, capaci di offrire una risposta qualificata ai bisogni di salute dei cittadini. L’accesso ai servizi e la risposta qualificata alla domanda di salute deve fondarsi sull’integrazione fra la medicina generale con la medicina specialistica e con i servizi sociali del territorio, con l’obiettivo di offrire una risposta qualificata e idonea a semplificare la vita dei pazienti e dei cittadini. Oggi i percorsi dei cittadini sono sempre più complessi per il numero e le tipologie di prestazioni richieste, per cui si rende necessario offrire soluzioni organizzate che esprimano l’attenzione da parte dei servizi nei confronti dei cittadini, che offrano prestazioni in tempi certi e che eliminino inutili tempi di attesa e lungaggini di vario tipo (prenotazioni in serie, ritiro degli esiti ....) Del resto anche la Commissione europea nel 2003 allo scopo di coordinare le politiche nazionali e di dare vita a una strategia comune per i sistemi di assistenza focalizzava la sua attenzione su tre obiettivi primari, legati gli uni agli altri: · accessibilità alle cure, · alta qualità dell’assistenza · sostenibilità finanziaria a lungo termine del sistema sanitario.
Cosa effettivamente si intende per accessibilità, qualità e sostenibilità. Con il primo aspetto, si indica la possibilità per tutti i cittadini di accedere al sistema sanitario, con particolare riguardo per chi ha un reddito basso e per chi richiede cure intensive, palliative, di lunga durata e per i malati terminali. Ostacoli in questo senso sono, tuttora, la distribuzione diseguale delle strutture e la carenza di personale adeguato. La qualità rende opportuni controlli e test per verificare quali, tra i tanti farmaci e terapie a disposizione, sono quelli che veramente garantiscono il benessere del paziente. Per fare ciò è necessario coinvolgere tutti gli attori del sistema e responsabilizzarli sulle risorse da amministrare. Governo clinico e appropriatezza diventano pertanto elementi inseparabili. Per quanto riguarda i finanziamenti alla Sanità, questi dovranno essere garantiti senza che ciò vada a discapito di altri settori. L’aspetto più preoccupante, in questo senso, è costituito dal debito pubblico. Per questo la Commissione Europea invita gli Stati membri a tagliare rapidamente il disavanzo accumulato affinché non pregiudichi il sovvenzionamento della Sanità. Come Medici della FP CGIL insieme a tutta la Funzione Pubblica CGIL continueremo ad opporci ad ogni delega al privato per la gestione della sanità, convinti come siamo che mentre il privato non può che cercare in primo luogo il profitto, il pubblico può e deve cercare in primo luogo risposte ai bisogni di salute dei cittadini. Dobbiamo rilanciare una politica sanitaria di integrazione tra territorio ed ospedale, sviluppando il concetto di dipartimento non solo come strumento interno all’ospedale, ma come modello organizzativo che rende solidale i servizi territoriali con i servizi ospedalieri. La ricerca e la formazione dovrebbero essere i pilastri sui quali ricostruire una nuova etica della salute. Ma ad entrambe andrebbe aggiunto un aggettivo: indipendente! Un ruolo fondamentale deve essere giocato da tutti i medici, troppo spesso lusingati dalla ricerca di fette di mercato. La FP CGIL Medici rappresenta i medici che credono nel servizio sanitario pubblico, che vogliono aggiornarsi e portare avanti una pratica quotidiana che tenga conto non solo delle evidenze scientifiche e della propria esperienza professionale ma anche e soprattutto dei bisogni del cittadino che necessita della prestazione. Pilastro dell’etica della salute, nella quale crediamo, è la prevenzione, che non deve essere limitata o scambiata con gli screening, ma deve consistere in interventi efficaci sui fattori ambientali, a partire dalla sicurezza sui luoghi di lavoro. Investire in superspecialistiche attrezzature sanitarie serve a poco per chi lavora, se prima non pensiamo a rendere sicuri i posti di lavoro ed in primo luogo i cantieri. La parola prevenzione si deve coniugare con la parola programmazione. Ed entrambe con il concetto di appropriatezza. Appropriatezza nelle scelte politiche, nelle scelte delle aziende sanitarie ed ospedaliere, e nelle scelte del medico e di tutti gli operatori sanitari. Ma l’appropriatezza non può più prescindere dalla disponibilità di risorse sufficienti mentre oggi abbiamo un sistema da una parte sottofinanziato e dall’altra contemporaneamente pervaso da una deriva economicistica. Non c’è bisogno di nuove leggi per superare il decreto legislativo 229 del 1999, basta tagliare i fondi e il personale. I medici e gli infermieri non vengono sostituiti, gli ospedali non vengono ammodernati, il territorio sembra dimenticato. Proliferano i contratti di lavoro atipici dei medici a tempo determinato creando nelle aziende medici di serie A, sempre di meno, e medici di serie B, sempre di più. Noi quindi continuiamo a rivendicare una politica sanitaria basata sulla prevenzione, sulla programmazione e sull’appropriatezza. Per queste ragioni crediamo nella valorizzazione anche della medicina veterinaria, in particolare nell’ambito della prevenzione. Non crediamo sia necessario ricordarne qui il ruolo e l’importanza, sia nelle attività di sanità animale che in quelle di sanità pubblica. Eppure, nonostante il riconosciuto ruolo strategico nelle attività di prevenzione, anche la veterinaria è sottoposta ad un drastico ridimensionamento di risorse ed organici. Non vogliamo una sanità pubblica in declino, vogliamo una sanità pubblica con risorse adeguate e non frammentata a livello locale. Per quanto riguarda la gestione delle aziende, chiediamo una maggiore trasparenza nel conferimento degli incarichi, attraverso l’obbligatorietà di un atto pubblico, scritto e motivato, da cui risultino i criteri di scelta, convinti che il principio condiviso della discrezionalità, non può essere sostituito da quello dell’arbitrarietà. Porremo con forza l’obbiettivo di una nuova regolamentazione della libera professione intramuraria, dando il nostro contributo anche alla riduzione delle liste di attesa; problema complesso, che vede come primi attori le Regioni, le direzione aziendali e non certamente i medici, almeno quelli che noi rappresentiamo e vogliamo rappresentare. Non possiamo però più tollerare che lo stesso medico la mattina operi in modo limitato nell’ospedale pubblico, ed il pomeriggio, in libera professione intra o extramoenia, raddoppi il numero degli interventi in casa di cura privata o nel proprio studio professionale. Dalla parte del cittadino, si traduce in "se pago vengo visitato subito, se no aspetto il mio turno", che a volte arriva dopo mesi. Non era e non è certamente questa la ratio della libera professione intramoenia, che per noi si deve tradurre nella possibilità del cittadino di poter scegliere quando e da chi farsi visitare od operare, e un più alto livello di comfort alberghiero; fermo restando per tutti i cittadini, anche non paganti, il diritto ad essere visitati ed operati nei tempi giusti, e con un livello accettabile dello stesso comfort alberghiero. Vale ancora la proposta di una regolamentazione del sistema che sia più equo e solidale. Ribadiamo la necessità di attivare un meccanismo di verifica preventiva, in base al quale le aziende subordinano l’accesso alla libera professione intramoenia, allo svolgimento da parte dell’interessato di un volume di prestazioni istituzionale predeterminato e concordato. Il mancato raggiungimento di tale obbiettivo prestazionale, non dovuto ad eventuali inadempienze dei medici, costituirebbe condizione ostativa, e non superabile, per l’attività intramoenia. Chiederemo al nuovo governo di abolire la legge sulla reversibilità del rapporto di lavoro ed in primo luogo che venga eliminata la possibilità per chi ha incarichi di direzione di struttura di poter operare anche nel privato. La stagione contrattuale ha visto negli ultimi due anni accanto alla dipendenza, un altro fondamentale rinnovo, quello della convenzione di medicina generale. Siamo sempre più convinti che l’ area della medicina convenzionata, ed in particolare il medico di medicina generale, costituiscono l’altro sistema portante della sanità pubblica, al quale la CGIL non può non far riferimento in tutte le sue diverse componenti, medica e sanitaria a livello di Funzione Pubblica, di milioni di utenti pensionati a livello di SPI, e di milioni di lavoratori a livello di Confederazione. Anche per questo siamo contrari ad ogni tentativo di modifica del rapporto ottimale (attualmente un medico ogni mille cittadini residenti), che vada nella direzione di un aumento del numero dei cittadini per medico che determinerebbe una diminuzione della qualità dell’assistenza e la chiusura di spazi occupazionali. L’obiettivo di integrazione tra territorio ed ospedale non può infatti prescindere dal ruolo della medicina convenzionata, vero ordinatore di governo clinico prima che di spesa. Il principio sul quale le nostre proposte complessive sulla medicina generale ruotano, non può che essere la presa in carico della salute dei cittadini, in modo appropriato e continuo. I cittadini, 24 ore su 24, devono potersi rivolgere a presidi territoriali di primo livello, dove sia conosciuta la loro storia di salute, e dove, pertanto, possono ricevere risposte appropriate. Questo sistema garantirebbe risposte più efficaci ed efficienti per i bisogni di salute, senza inutili se non dannose ripetizioni di analisi, e soprattutto senza ricoveri impropri, e senza abbandono. Una tale organizzazione d’altro lato determina una nuova valorizzazione della professione del medico di medicina generale, troppo spesso vissuta come centro di smistamento e ripiego, ed afferma un nuovo ruolo per i medici della guardia medica. La nostra proposta nasce dalla scelta del distretto sanitario come rete di servizi nell’ambito della quale il medico dell’area della medicina generale costituisce lo snodo principale. Il distretto sanitario andrà visto come la sede di integrazione e di coordinamento di tutte le attività riguardanti la tutela della salute, partendo dalla prevenzione, passando attraverso la cura e la riabilitazione. Va realizzata la massima integrazione possibile tra assistenza primaria, continuità assistenziale e medicina di emergenza sanitaria, allo scopo di evitare l’attuale drammatico fenomeno dell’improprio ricorso al pronto soccorso per patologie banali con aggravio esponenziale della spesa sanitaria. In particolare è necessaria implementare l’integrazione dei medici di emergenza sanitaria nell’ambito dei Dipartimenti di Emergenza Urgenza. Per quanto concerne il rinnovo contrattuale del 2° biennio economico della dirigenza medico veterinaria la FP CGIL Medici valuta inaccettabile la proposta presentata dall’Aran e dalle Regioni che porterebbe alla quadruplicazione delle indennità notturna dei medici, ed al peggioramento della qualità del lavoro Verrebbe infatti così sancita una politica di monetizzazione del disagio, già avviata con le guardie in libera professione, che determinerebbe una rincorsa alle prestazioni, all’abbandono delle assunzioni, e che porterebbe sempre di più verso la privatizzazione. Verrebbe frantumato il principio di equità tra gli operatori sanitari: il disagio di lavorare la notte in ospedale, che fino ad oggi era uguale sia per il medico che per l’infermiere, continuerebbe ad essere lo stesso, solo che mentre l’indennità notturna dell’infermiere rimarrebbe la stessa, per il medico sarebbe quadruplicata. I medici potrebbero riguadagnare i soldi che gli vengono tolti dal trattamento fondamentale, pensionabile nonché valido per il Tfr e certo a fine mese, solo in cambio della effettuazione di guardie notturne, con una penalizzazione ancor più grave per i veterinari ed i medici del territorio. Invece di continuare nella linea di dare sicurezza economica a tutti i medici ed i veterinari, destinando il 90% al trattamento fondamentale ed il 10% all’accessorio, come ottenuto dai sindacati confederali e come richiesto dalla FPCGIL Medici, una parte rilevante dell’aumento (circa il 25%), diventerebbe accessorio, unico caso in tutto il pubblico impiego. Si riprodurrebbe nuovamente una sperequazione in basso del tabellare rispetto a quello degli altri dirigenti e per la valorizzazione della professionalità rimarrebbero pochi euro. Noi vogliamo invece valorizzare i medici ed i veterinari che scelgono di lavorare nel pubblico e che vogliono migliorare la qualità del loro lavoro, senza andare oltre le 38 ore settimanali, ed affrontando il disagio in primo con una politica che ne affronti le cause. Va infine evidenziato che sempre più medici si iscrivono alla FP CGIL Medici. Il successo del percorso della FP CGIL Medici è dovuto all’impegno di tanti medici, a chi continua a credere che la CGIL possa rappresentare anche nuove figure professionali, alla Funzione Pubblica che ha promosso una nuova organizzazione strutturata della FP CGIL medici, a livello aziendale, territoriale, regionale e nazionale, con un suo specifico regolamento attuativo. Ma, come già dicevamo due anni all’assemblea nazionale del novembre 2003 fa, “con una altrettanto chiara scelta di rimanere all’interno della categoria della Funzione Pubblica, convinti che la confederalità è un valore, che passa attraverso la comunanza e l’integrazione tra i lavoratori, al di là delle diverse professionalità. E questo è ancor più vero nella sanità, dove il medico, solo lavorando in modo integrato con le altre figure professionali, ed in primo luogo, con l’infermiere, può rispondere in modo adeguato ai bisogni di salute”. In conclusione i medici della FP CGIL sono per una sanità che veda garantiti livelli essenziali di assistenza uniformi su tutto il territorio nazionale, e nella quale i medici siano motivati, attraverso la valorizzazione delle professionalità, il riconoscimento del loro ruolo, il coinvolgimento nelle scelte e da adeguate politiche retributive almeno uguali a quelle degli altri operatori della dipendenza. I principi di universalità, di solidarietà, di responsabilità, in un quadro di livelli essenziali ed uniformi dei diritti sociali e sanitari, rappresentano il punto di riferimento della nostra azione.
Massimo Cozza Segretario Nazionale FP CGIL Medici Tommaso Terrana Segretario FP CGIL Medici Regione Lombardia Aldo Santese Segretario FP CGIL Medici Roma Lazio Anna Baldi Segretaria FP CGIL Medici Regione Toscana Renato Costa Segretario FP CGIL Medici Regione Sicilia Dario Piersanti Segretario FP CGIL Medici Regione Abruzzo Giosuè Di Maro Segreteria FP CGIL Medici Regione Campania Antonio Mazzarella Segreteria FP CGIL Medici Regione Puglia Giovanna Di Pede Segretario FP CGIL Medici Matera Giovanni Figini Segretario FP CGIL Medici Milano Vittorio Artoni Segretario FP CGIL Medici Brescia
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