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Quesito Orario di lavoro Quali sono le norme che regolano l’orario di lavoro oltre il contratto ?
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risposta L’organizzazione del tempo di lavoro (direttiva di base) è regolamentta dalla Direttiva (CE) n. 88/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, riguardante alcuni aspetti dell'organizzazione del tempo di lavoro. SINTESI Ai fini della chiarezza e della trasparenza del diritto comunitario, la presente direttiva codifica la vecchia direttiva di base (CE) n. 104/93 del Consiglio, del 23 novembre 1993, nonché la sua modifica tramite la direttiva (CE) n. 34/2000, del 22 giugno 2000, del Parlamento europeo e del Consiglio. Essa si prefigge di realizzare un equilibrio tra l'obiettivo principale di salute e sicurezza dei lavoratori e le esigenze di un'economia europea moderna. Organizzazione del tempo di lavoro Il tempo di lavoro corrisponde al periodo durante il quale il lavoratore è al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività ovvero delle sue funzioni, in conformità delle legislazioni e/o delle prassi nazionali. Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari affinché ogni lavoratore possa beneficiare: • di un periodo minimo di riposo giornaliero di undici ore consecutive su ventiquattro ore; • di un tempo di pausa per un lavoro giornaliero superiore a sei ore; • di un periodo minimo di ventiquattro ore di riposo in media senza interruzione successivo ad ogni periodo di sette giorni, che va ad aggiungersi alle undici ore di riposo giornaliero; • di una durata massima settimanale lavorativa di quarantotto ore, ivi comprese le ore di lavoro straordinario;
• di un congedo annuale
retribuito di almeno quattro settimane. Per calcolare le medie settimanali, gli Stati membri possono prevedere periodi di riferimento: • non superiori a quattordici giorni per il riposo settimanale; • non superiori a quattro mesi per la durata massima settimanale del lavoro; • in consultazione con le parti sociali o affidando ad esse tale possibilità attraverso contratti collettivi, per quanto riguarda la durata del lavoro notturno. Il lavoro notturno * costituisce un caso a sé stante, in quanto la sua durata non deve superare otto ore in media su ventiquattro ore. Il lavoro notturno che comporti rischi particolari o tensioni fisiche ovvero mentali viene regolamentato da normative o da prassi nazionali, ovvero tramite contratti collettivi. I lavoratori notturni devono beneficiare di un livello di protezione in materia di salute e di sicurezza commisurato alla natura del loro lavoro. Essi beneficiano di una valutazione gratuita del loro stato di salute prima di essere assegnati ad un lavoro notturno e periodicamente in seguito. Se essi vengono giudicati non idonei, devono essere trasferiti ogniqualvolta ciò sia possibile ad un lavoro diurno. Il datore di lavoro che organizza il lavoro stabilendone il ritmo deve tener conto del principio generale di adattamento del lavoro all'uomo, in particolare al fine di limitare il lavoro monotono e cadenzato. Il datore di lavoro che faccia regolarmente ricorso ai lavoratori notturni deve informarne le autorità competenti in materia di sanità e sicurezza. Alcune deroghe ai principi suddetti possono essere concesse in forza di contratti collettivi o d'accordo con le parti sociali. Le deroghe possono in particolare essere concesse: • nel rispetto dei principi generali della protezione, della sicurezza e della salute dei lavoratori allorquando la durata del lavoro non è misurata e/o predeterminata dallo stesso lavoratore; • per alcune attività caratterizzate da un allontanamento fra il luogo di lavoro e il luogo di residenza del lavoratore; • per le attività di guardia o di sorveglianza destinate a garantire la protezione di beni ovvero di persone; • per le attività caratterizzate dalla necessità di garantire la continuità del servizio, come nel caso delle cure ospedaliere, dell'agricoltura ovvero dei servizi di stampa e di informazione; • in caso di aumento prevedibile dell'attività, segnatamente nei settori dell'agricoltura, del turismo o dei servizi postali, nonché per le persone che lavorano nel settore del trasporto ferroviario; • a condizione che sia previsto un riposo compensativo: - secondo criteri indicati dalla direttiva, ad esempio per le attività caratterizzate dalla necessità di garantire la continuità del servizio ovvero della produzione; - tramite contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali. Le deroghe per i periodi di riferimento per il calcolo della durata del tempo di lavoro settimanale non possono superare sei mesi ovvero, se vi è un contratto collettivo, dodici mesi. Uno Stato membro può autorizzare un datore di lavoro a derogare al limite di quarantotto ore settimanali di lavoro, a condizione che il lavoratore sia d'accordo. Quest'ultimo non deve peraltro subire alcun pregiudizio in caso di rifiuto. Il datore di lavoro si impegna a tenere un registro, accessibile alle autorità competenti, su ogni lavoratore che accetti di superare i limiti di orario di lavoro. I principi generali di sanità e sicurezza devono essere rispettati. Alcune disposizioni particolari si applicano ad alcuni settori lavorativi: • lavoratori mobili * e attività «offshore * »: le disposizioni sul riposo giornaliero, sul tempo di pausa, sul riposo settimanale e sul lavoro notturno non si applicano ai lavoratori mobili; tuttavia gli Stati membri garantiscono un riposo sufficiente * in base agli orientamenti della direttiva. I periodi di riferimento per i lavoratori offshore possono essere portati a dodici mesi; • lavoratori operanti a bordo di navi da pesca: le disposizioni sul riposo giornaliero, sulla durata massima settimanale del lavoro e sul lavoro notturno non si applicano ai lavoratori a bordo di una nave da pesca di uno Stato membro; tuttavia la media settimanale di lavoro non deve superare le quarantotto ore su un periodo di riferimento di un anno. Il numero massimo di ore lavoro è pari a quattordici ore per ogni periodo di ventiquattro ore e settantadue ore settimanali. Il numero minimo di ore di riposo non è inferiore a diciassette ore quotidiane e a settantasette ore settimanali. Disposizioni nazionali, contratti collettivi o accordi con le parti sociali, stabiliscono il numero massimo di ore in questi due settori. Entro il 2009, la Commissione riesaminerà le disposizioni in questo settore; • medici in formazione: un periodo transitorio di cinque anni, a decorrere dal 1° agosto 2004, è stato stabilito per i medici in formazione. Nei tre primi anni di tale periodo, la durata del lavoro settimanale non dovrà superare in media le 58 ore. Successivamente, nel corso dei due anni seguenti, tale limite non dovrà superare in media le 56 ore. Un sesto anno di transizione può essere concesso a taluni Stati membri. In quest'ultimo caso, il tempo di lavoro non dovrà superare in media 52 ore la settimana. Al termine di tale periodo di transizione, il tetto massimo sarà di 48 ore settimanali. Ogni cinque anni, gli Stati membri e la Commissione redigono una relazione sull'attuazione pratica della direttiva.
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