Welby, cambiare il codice deontologico dei medici Da un lato il codice deontologico impone al medico di risparmiare inutili sofferenze su richiesta consapevole del paziente, dall’altro lato vieta allo stesso medico, anche se su richiesta del paziente, di effettuare trattamenti diretti a provocarne la morte. Si tratta di due percorsi che si possono intrecciare in situazioni limite come nel caso Welby, e dove il medico rischia di essere accusato dall’Ordine di eutanasia. Alla luce poi dell’orientamento della magistratura che sembra riconoscere nel caso Welby l’accanimento terapeutico con il conseguente diritto a staccare la spina, il medico, pur attenendosi al parere della magistratura, potrebbe essere perseguibile sul piano deontologico, nel caso che l’Ordine lo valuti invece come un caso di eutanasia. Ritengo perciò che la maggioranza dei medici voglia e debba essere tutelata dal codice deontologico nelle scelte più difficili da prendere nei casi limite. Per questo, in attesa delle decisioni del Parlamento in materia, non va persa l’occasione che si presenterà a partire da giovedì 14 dicembre 2006, quando la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici, dopo otto anni, affronterà il varo del nuovo codice. C’è bisogno di un cambiamento del codice deontologico che, garantendo la laicità della professione, con chiarezza consenta al medico di assumere, in scienza e coscienza, la scelta giusta, nel rispetto delle leggi vigenti. Personalmente ritengo che l’etica del terzo millennio dovrebbe consentire al medico, senza essere accusato di eutanasia, di poter lasciare morire con dignità una persona gravemente ammalata, quando non c’è più niente da fare, l’unica certezza è il dolore, ed è chiara la scelta consapevole di voler porre fine all’accanimento terapeutico. Roma, 12 dicembre 2006
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